Cari Fratelli della Catena Mistica,
la notte sta rapidamente svanendo:
Il nostro lavoro è terminato,
la festa è finita,
questo è l'ultimo brindisi.
Ed ora per ordine del Maestro Venerabile,
vi propongo il Brindisi del Guardiano:
A tutti i Fratelli poveri e afflitti,
ovunque siano dispersi sulla faccia della terra e sui mari,
augurando a loro una pronta ripresa dalle loro sofferenze,
ed un felice ritorno al loro paese natio,
se così è nei loro desideri.
Buon Fuoco, Fratelli.
giovedì 31 luglio 2008
ITACA
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere d’incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo
nè nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti - finalmente, e che con gioia
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta, più profumi
inebrianti che puoi,va in molte citta egizie
impara una quantita di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca
raggiugerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada,
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
in viaggio: che cos’altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
mercoledì 30 luglio 2008
I Quattro Santi Coronati
Uno dei più antichi documenti sulla Massoneria è rappresentato dal manoscritto Regius o di Halliwell del sec. IV. Si tratta di un poema massonico, scritto in inglese arcaico, composto da 796 versi di cui 37 sono riservati al culto dei Quattro Santi Coronati, patroni dell’arte edilizia.
Ecco come ci descrive la leggenda Jacopo da Varagine nella "Leggenda aurea":
"I Quattro Coronati furono Severo, Severino, Carpoforo, Vittoriano; per ordine di Diocleziano furono battuti sino a che non furono morti, con flagelli terminanti in pallottole di piombo. Per molto tempo i loro nomi restarono sconosciuti, ma furono poi rivelati dal Signore e la loro festa fu fissata insieme a quella di cinque altri martiri: Claudio, Castore, Nicostrato, Sinforiano e Simplicio che subirono il martirio due anni dopo i quattro Coronati. Questi cinque erano scultori e perché rifiutarono di scolpire la statua di un idolo, come Diocleziano aveva comandato, e di sacrificare agli dei, furono condannati ad essere chiusi vivi in una cassa di piombo e gettati in mare nell’anno 287 del Signore. Furono venerati insieme agli altri quattro di cui si ignorava il nome e che il papa Melchiade volle fossero chiamati i Quattro Coronati; quando più tardi i loro nomi furono conosciuti, l’uso continuo a chiamarli così".
Certamente in questa leggendo vennero fuse due storie: una relativa a cinque muratori o scalpellini (mirificos in arte quadratana) dell’antica Sirmio, i quali rifiutarono di eseguire una statua del dio Esculapio; l’altra relativa a quattro soldati romani che non vollero sacrificare allo stesso dio.
I nove martiri vennero posti in una medesima sepoltura. Nel 310 il papa Melchiade diede ai quattro soldati il titolo di Quatuor Coronati. Nel VII secolo il papa Onorio eresse sul monte Celio una basilica in memoria dei Quatuor Coronati. Nell’anno 848 i resti dei nove martiri furono portati nella chiesa dei Quatuor Coronati e da qui nacque la confusione: mentre i cinque scalpellini (marmorarii) furono dimenticati, i Quatuor Coronati divennero i protettori dell’arte del costruire in sostituzione degli altri cinque la cui professione venne unita al nome dei quattro.
Una rappresentazione dei Quattro Coronati si trova nella cattedrale di Pavia. Ogni statua ha il suo nome che però differisce da quelli enumerati da Jacopo da Varagine: Claudio, Nicostrato, Simplicio e Sinforiano. Essi hanno un martello, un compasso, uno scalpello ed altri utensili.
R. Freke Gould asserisce che i quattro martiri fossero dei soldati dell’esercito romano (Cornicularii) da cui il nome di Coronati. Secondo il Leti furono chiamati Coronati perché probabilmente portavano la corona di centurione che costituiva la più alta classe dei graduati dell’esercito romano.
I Quatuor Coronati divennero uno dei miti (come quello di Hiram) delle varie gilde, corporazioni e fraternite che precedettero lo stabilirsi della Massoneria propriamente detta.
La fama dei Quatuor Coronati si diffuse rapidamente dall’Italia all’Europa. Gli Statuti dei tagliapietre pubblicati a Strasburgo nel 1459 menzionano il patronato dei Quattro Santi Coronati. Secondo Goblet d’Alviella, nel secolo XV esistevano a Bruxelles e ad Anversa delle corporazioni dei Quattro Coronati comprendenti muratori, scalpellini, scultori; i loro membri erano conosciuti sotto il nome di "compagni delle logge" (Gesellen van der Logen).
Pierre Mariel segnala che nella chiesa di Notre-Dame-du-Font a Etampes, una delle chiavi di volta delle navate laterali nord del coro porta l’effige dei Quatuor Coronati. Si trovano pure su una chiave di volta della chiesa di San Sulpicio a Chars (Seine-et-Oise).
Paul Naudon ha dimostrato che la più antica menzione dei Quattro Coronati risale al 1317 e si trova negli Statuti di maestria dei tagliapietre di Venezia. In alcune città fiamminghe, il nome dei Quatuor Coronati era dato ad alcuni mestieri dell’arte edilizia riuniti in una unica corporazione (Ambacht).
La leggenda penetrò anche in Inghilterra assai presto. Il Beda nella sua "Historia Ecclesiastica" narra che a Canterbury si manifestò un incendio che per poco non distrusse anche la chiesa dedicata ai Quattro Coronati: erat autem eo loci, flammarum impetus maxime incumbebat, martyrum beatorum Quatuor Coronatorum.
Secondo l’Ireland questa chiesa fu eretta nel 597 subito dopo l’arrivo in Inghilterra di Sant’Agostino, Ma un altro autore, C. Purdon Clarke, sostiene che se la chiesa resistette al fuoco, si deve al fatto che essa venne costruita nell’epoca romana con materiali resistenti, mentre le altre costruzioni erano sorte dopo la conversione dei Sassoni nel 597 quando tutti gli edifici erano di legno.
Il culto dei Quattro Santi Coronati scomparve con la Riforma Protestante; si preferì onorare altri santi e soprattutto i due Giovanni (il Battista e l’Evangelista) che in Massoneria vennero ad occupare un posto assai importante sia per la loro posizione nel calendario, sia dal punto di vista del simbolismo massonico.
Ecco come ci descrive la leggenda Jacopo da Varagine nella "Leggenda aurea":
"I Quattro Coronati furono Severo, Severino, Carpoforo, Vittoriano; per ordine di Diocleziano furono battuti sino a che non furono morti, con flagelli terminanti in pallottole di piombo. Per molto tempo i loro nomi restarono sconosciuti, ma furono poi rivelati dal Signore e la loro festa fu fissata insieme a quella di cinque altri martiri: Claudio, Castore, Nicostrato, Sinforiano e Simplicio che subirono il martirio due anni dopo i quattro Coronati. Questi cinque erano scultori e perché rifiutarono di scolpire la statua di un idolo, come Diocleziano aveva comandato, e di sacrificare agli dei, furono condannati ad essere chiusi vivi in una cassa di piombo e gettati in mare nell’anno 287 del Signore. Furono venerati insieme agli altri quattro di cui si ignorava il nome e che il papa Melchiade volle fossero chiamati i Quattro Coronati; quando più tardi i loro nomi furono conosciuti, l’uso continuo a chiamarli così".
Certamente in questa leggendo vennero fuse due storie: una relativa a cinque muratori o scalpellini (mirificos in arte quadratana) dell’antica Sirmio, i quali rifiutarono di eseguire una statua del dio Esculapio; l’altra relativa a quattro soldati romani che non vollero sacrificare allo stesso dio.
I nove martiri vennero posti in una medesima sepoltura. Nel 310 il papa Melchiade diede ai quattro soldati il titolo di Quatuor Coronati. Nel VII secolo il papa Onorio eresse sul monte Celio una basilica in memoria dei Quatuor Coronati. Nell’anno 848 i resti dei nove martiri furono portati nella chiesa dei Quatuor Coronati e da qui nacque la confusione: mentre i cinque scalpellini (marmorarii) furono dimenticati, i Quatuor Coronati divennero i protettori dell’arte del costruire in sostituzione degli altri cinque la cui professione venne unita al nome dei quattro.
Una rappresentazione dei Quattro Coronati si trova nella cattedrale di Pavia. Ogni statua ha il suo nome che però differisce da quelli enumerati da Jacopo da Varagine: Claudio, Nicostrato, Simplicio e Sinforiano. Essi hanno un martello, un compasso, uno scalpello ed altri utensili.
R. Freke Gould asserisce che i quattro martiri fossero dei soldati dell’esercito romano (Cornicularii) da cui il nome di Coronati. Secondo il Leti furono chiamati Coronati perché probabilmente portavano la corona di centurione che costituiva la più alta classe dei graduati dell’esercito romano.
I Quatuor Coronati divennero uno dei miti (come quello di Hiram) delle varie gilde, corporazioni e fraternite che precedettero lo stabilirsi della Massoneria propriamente detta.
La fama dei Quatuor Coronati si diffuse rapidamente dall’Italia all’Europa. Gli Statuti dei tagliapietre pubblicati a Strasburgo nel 1459 menzionano il patronato dei Quattro Santi Coronati. Secondo Goblet d’Alviella, nel secolo XV esistevano a Bruxelles e ad Anversa delle corporazioni dei Quattro Coronati comprendenti muratori, scalpellini, scultori; i loro membri erano conosciuti sotto il nome di "compagni delle logge" (Gesellen van der Logen).
Pierre Mariel segnala che nella chiesa di Notre-Dame-du-Font a Etampes, una delle chiavi di volta delle navate laterali nord del coro porta l’effige dei Quatuor Coronati. Si trovano pure su una chiave di volta della chiesa di San Sulpicio a Chars (Seine-et-Oise).
Paul Naudon ha dimostrato che la più antica menzione dei Quattro Coronati risale al 1317 e si trova negli Statuti di maestria dei tagliapietre di Venezia. In alcune città fiamminghe, il nome dei Quatuor Coronati era dato ad alcuni mestieri dell’arte edilizia riuniti in una unica corporazione (Ambacht).
La leggenda penetrò anche in Inghilterra assai presto. Il Beda nella sua "Historia Ecclesiastica" narra che a Canterbury si manifestò un incendio che per poco non distrusse anche la chiesa dedicata ai Quattro Coronati: erat autem eo loci, flammarum impetus maxime incumbebat, martyrum beatorum Quatuor Coronatorum.
Secondo l’Ireland questa chiesa fu eretta nel 597 subito dopo l’arrivo in Inghilterra di Sant’Agostino, Ma un altro autore, C. Purdon Clarke, sostiene che se la chiesa resistette al fuoco, si deve al fatto che essa venne costruita nell’epoca romana con materiali resistenti, mentre le altre costruzioni erano sorte dopo la conversione dei Sassoni nel 597 quando tutti gli edifici erano di legno.
Il culto dei Quattro Santi Coronati scomparve con la Riforma Protestante; si preferì onorare altri santi e soprattutto i due Giovanni (il Battista e l’Evangelista) che in Massoneria vennero ad occupare un posto assai importante sia per la loro posizione nel calendario, sia dal punto di vista del simbolismo massonico.
lunedì 28 luglio 2008
Celebrazioni Equinozio di Autunno e XX Settembre
20 settembre 2008
Celebrazioni Equinozio di Autunno e XX Settembre
Roma, Palazzo Giustiniani: il 27 dicembre 1947 Enrico De Nicola, all'epoca Capo provvisorio dello Stato, firma il testo della Costituzione italiana entrato in vigore il 1° gennaio successivo. Sono presenti il Primo Ministro Alcide De Gasperi (a sinistra) e il Presidente dell'Assemblea Costituente Umberto Terracini.
Il Grande Oriente d'Italia celebrerà i sessant'anni della Carta costituzionale il 20 settembre 2008
Con la Costituzione
Con la Costituzione
Nella Patria
Per la Democrazia
a 60 anni dalla Carta costituzionale
è il titolo del convegno che darà il via alle celebrazioni nel parco di Villa 'Il Vascello' la mattina del 20 settembre - alle 10,30 - dopo la consueta deposizione delle corone ai monumenti ai caduti a Porta Pia e a Garibaldi al Gianicolo. Interverranno, moderati dal filosofo della politica Claudio Bonvecchio, gli storici Lucio Villari e Carlo Ricotti, il politologo Massimo Teodori, il giornalista Oscar Giannino e il costituzionalista Antonio Baldassarre. Nel tardo pomeriggio, dalle ore 18, si svolgeranno i festeggiamenti che culmineranno con l'allocuzione del Gran Maestro Gustavo Raffi rivolta ai fratelli per la ripresa dei lavori delle logge dopo la pausa estiva. Prima dell'intervento sono previsti un intrattenimento musicale del duo "I Fabula Rosa" dal titolo Il canto e l'ironia e la proiezione del film "1849 La difesa del Vascello" e di una inedita selezione di brani delle opere "Cavalcata d'Eroi" di Mario Costa (1950) e "Camicie Rosse" di Alessandrini-Rosi (1952) realizzata dal Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale. Introdurranno Sergio Toffetti e Mario Musumeci della Cineteca Nazionale. Questa iniziativa è a cura del Servizio Biblioteca del Grande Oriente d'Italia. Un buffet nel parco chiuderà la serata.
L'accesso a Villa 'Il Vascello sarà libero solo la mattina mentre nel pomeriggio sarà riservato agli invitati. I maestri venerabili sono perciò invitati a comunicare alta Gran Segreteria (fax o6 5818096, email: gran.segreteria@grandeoriente.it), entro il 1° settembre, i nominativi dei partecipanti che verranno verificati dai questori all'ingresso. Per evidenti motivi di agibilità e sicurezza - e alla luce dell'affluenza record degli ultimi anni e dei problemi ad essa connessi - la Gran Segreteria rinnova l'invito ai maestri venerabili di non segnalare più di cinque fratelli per loggia.
giovedì 17 luglio 2008
Gianfranco Funari un Massone?
Roma, 15 luglio 2008(Velino) - Funari un Massone? Gustavo Raffi: L'ho letto, ma non lo so...Funari massone o meno poco importa in tema di cristianesimo e religione: le due cose possono tranquillamente coesistere. Il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Gustavo Raffi, in un'intervista ad Affaritaliani.it, svela: "Si puo' essere cattolici e massonici? Reputo che sia possibile, che siano scelte che attengono alla sfera del singolo. Mi faccia chiarire.. Bisogna sempre far distinzione fra la massoneria che non si costituisce in chiesa e non si e' mai posta come religione e...". I suoi aderenti... "Che sono liberi di esprimere la loro spiritualita' nelle forme religiose che ritengono. Fermo restando che l'unico punto fermo che la massoneria richiede la credenza in un Ente Supremo. Possiamo chiamarlo come vogliamo, e' la credenza in Dio". Quindi, la Massoneria regolare non ammette gli atei? "Esatto. Un uomo va accettato per quello che e' a prescindere dal suo credo politico, religioso. L'importante e' che quando manifesta le proprie credenze sia rispettoso dell'alterita', sia tollerante e sia un uomo del dialogo". Facciamo un passo avanti. Il buon massone puo' e deve andare in Chiesa, ricevere i sacramenti... "Un momento. Attiene alla sfera del singolo. Poi il buon massone puo' anche essere ebreo...". Funari secondo lei aveva simpatie per la massoneria? "Non l'ho mai conosciuto personalmente. Ho letto che sarebbe stato membro di una sigla massonica. Pero' non so...". (com/udg)
martedì 15 luglio 2008
Lettera Aperta dell'Ill.mo e Ven.mo Gran Maestro Raffi alla Comunione
Carissimi Fratelli,
Nei momenti più oscuri di questa nostra Repubblica, quando lo scontro politico, aperto e democratico, lascia il posto ai “regolamenti di conti” e alle faide più o meno “sanguinose”, riemergono – non inaspettate ma sempre dolorose – quelle ombre che la società, da sempre, proietta sulla Libera Muratoria.
Sono le ombre di un passato che sembrava definitivamente archiviato ma che, invece, ripropone all’attenzione mass-mediatica i soliti, vecchi, logori, noiosi luoghi comuni nei confronti della Massoneria.
Così si ipotizzano presunte Logge segrete, collusioni con la criminalità organizzata a ogni livello, loschi interessi nella gestione della cosa pubblica, subdole ingerenze nell’attività giudiziaria: e chi “più ne ha ne metta”.
Ora, è sempre pericoloso e puerile “addormentarsi sugli allori” e ritenere come acquisito – una volta per tutte – quel prestigio che la Libera Muratoria italiana del Grande Oriente d’Italia si è guadagnata, negli ultimi dieci anni, con una politica di coraggio, rigore e trasparenza.
Malgrado l’attenzione che la politica, la cultura, le Università, le Istituzioni e la società civile ci hanno riservato, esistono sempre sacche di diffidenza, di dubbio, di preconcetto, di malafede e di velleitaria, arrogante e ideologica ostilità.
Non possiamo e non dobbiamo sottovalutarle anche se abbiamo l’incrollabile certezza che l’opinione pubblica ha mutato atteggiamento nei nostri confronti.
Ma non per questo dobbiamo abbassare la guardia, in quanto se per costruire una casa si impegna molto tempo, per distruggerla ce ne vuole molto meno.
Per questo dobbiamo essere ancora più vigili e attenti che nel passato.
Infatti, noi abbiamo l’onore di aver costruito una casa di vetro – senza cantine, porte segrete, vie nascoste, veli e altre cialtronerie – che va difesa in ogni modo, opponendo alle facili generalizzazioni la più rigorosa correttezza e la più assoluta precisione.
Il modello dell’attacco – di ogni attacco – alla Libera Muratoria segue sempre uno stesso percorso obbligato.
Prima si da la notizia di un fatto criminoso, poi si ipotizza un coinvolgimento di sedicenti massoni o di sedicenti logge spurie, infine si generalizza, “facendo di tutte le erbe un fascio”, estendendo la giusta riprovazione anche a chi nulla ha a che fare con questi malavitosi e con queste associazioni per delinquere.
La superficialità dei mezzi di comunicazione di massa e il desiderio di “fare notizia” completa l’opera, attribuendo patenti di colpevolezza a chi non ne ha: come il Grande Oriente d’Italia.
Per comprendere la gravità della situazione è sufficiente ricordare i titoli dei telegiornali e dei quotidiani che hanno diffuso la notizia secondo cui “mafiosi e massoni” erano impegnati a ritardare l’iter dei processi penali avanti la Corte di Cassazione, per far saltare – attraverso la prescrizione – i processi, nei confronti di boss mafiosi. Solo in un secondo tempo – a fronte della ferma smentita che i personaggi indagati non appartenevano al Grande Oriente – veniva specificato, sia pure in tono minore e tra le righe, che costoro, compresi vari sedicenti Gran Maestri, appartenevano a obbedienze spurie.
Come si può immaginare, il rischio che l’opinione pubblica possa trarre da questo tipo di intervento un giudizio errato sulla Libera Muratoria e sul Grande Oriente è elevatissimo e a ben poco vale a contrastarlo il nostro patrimonio storico, i nostri ideali, la nostra correttezza, la nostra fedeltà alle leggi, allo Stato e alla Democrazia.
Nella società mass-mediatica la notizia tende a prevalere su tutto: tende a “fare opinione”.
Con le conseguenze che ciascuno può immaginare.
Bisogna, pertanto, respingere con fermezza ogni indebito attacco e nel contempo fare chiarezza, individuando e denunciando le sedicenti Gran Logge che operano sul territorio e rendendo pubblici – a qualsiasi livello, tanto centrale che periferico – le denominazioni e i vertici di queste sedicenti Obbedienze.
A questo proposito, l’impegno del Gran Maestro sarà assoluto e senza requie: come sempre è stato.
Ma è necessaria anche la piena e fattiva collaborazione dei Maestri Venerabili, dei Presidenti dei Collegi, dei Dignitari del Grande Oriente e di tutti i Fratelli cui sta a cuore il buon nome della Obbedienza Massonica di cui ci onoriamo di far parte.
La Gran Segreteria sarà il punto di raccolta di tutte le informazione utili che farete pervenire.
In questa direzione, cari Fratelli, ci attendiamo da parte vostra – in questo difficile momento – compattezza, lealtà e attenzione nel difendere l’onorabilità di ciascuno e del Grande Oriente.
Ci attendiamo che tutti si sentano, in una ideale Catena d’Unione, in comunione col Grande Oriente d’Italia, convinti, come siamo, di aver sempre operato nel giusto e nel rispetto dei nostri Ideali di Libertà, Uguaglianza e Fraternità.
Gustavo Raffi
Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia
giovedì 10 luglio 2008
La studiosa Cerrini: "Il tesoro dei Templari? Una bellissima invenzione"
PARMA, 9 LUGLIO - "Mi dispiace dirlo ma il tesoro dei Templari non esiste". Simonetta Cerrini, una delle più importanti studiose dell'ordine cavalleresco sfata il mito del leggendario tesoro che ha appassionato per secoli esperti di tutto il mondo ma anche scrittori di romanzi e registi cinematografici.Simonetta Cerrini ha appena dato alle stampe per la collana "Le scie" di Mondadori "La rivoluzione dei Templari", una storia perduta del dodicesimo secolo, un libro che si pone come obiettivo quello di sfatare le leggende fiorite nel corso dei secoli e soprattutto di intraprendere nuove vie di ricerca basandosi sull'analisi sistematica dei testi fondatori dell'ordine del Tempio."Il vero tesoro dei Templari - dice Simonetta Cerrini - sono gli insegnamenti che sono arrivati fino ai nostri giorni, soprattutto quelli che riguardano la tolleranza tra le religioni".
mercoledì 9 luglio 2008
Il Rituale Emulation
Il Rituale praticato dalla nostra Loggia è chiamato “Emulation”. (scarica il Rituale Emulation in pdf)
Questo rituale, praticato universalmente, ed in particolare nelle logge di tradizione anglossassone, deriva da quello ufficialmente approvato dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra nel 1816, nella versione in cui, in tale occasione, fu “proposta” dai membri della Loggia di Riconciliazione.
Tale particolare Loggia aveva a lungo lavorato alla definizione di un rigoroso ed uniforme Rituale fin dal momento dell’unione fra le due Grandi Logge rivali: quella dei Moderni e quella degli Antichi, avvenuta nel 1813.
Il modo di lavorare “Emulation” prende il nome, però, dall’Emulation Lodge of Improvement (Loggia Emulation di Perfezionamento) di Londra, il cui Comitato è custode di questo particolare rituale.
L’Emulation Lodge of Improvement si riunisce ogni Venerdì alle 18.15, da Ottobre a Giugno, alla Freemasons Hall, Great Queen Street, a Londra, ed effettua le cerimonie e le “Letture”, o “Lezioni”, secondo la tradizionale e rigorosa ritualità Emulation.
Questa particolare Loggia, riunitasi per la prima volta il 2 Ottobre 1823, fu specificamente formata per soli Maestri Muratori, allo scopo di dare istruzione a coloro che desideravano prepararsi ad un ufficio di Loggia e, quindi, alla successione nel Seggio di Maestro Venerabile.
I fondatori dell’Emulation Lodge of Improvement provenivano principalmente dalle Logge d’Istruzione Burlington e Perseverance, la prima formata nel 1810, l’altra nel 1817. Entrambe avevano insegnato il nuovo rituale approvato dalla Gran Loggia nel Giugno del 1816, ma tendevano a concentrarsi esclusivamente sul lavoro del Primo Grado e ad istruirne i Candidati.
In origine l’istruzione avveniva tramite le cosiddette “lezioni” muratorie, secondo il sistema della Grand Steward’s Lodge, le cui lezioni descrivevano in dettaglio le cerimonie.
Dal 1830, secondo la pratica generale allora sviluppatasi, vennero anche introdotte le rappresentazioni delle cerimonie stesse.
L’Emulation Lodge of Improvement si è sempre riunita, senza mai alcuna interruzione, fin dalla sua fondazione ed è sempre riuscita a preservare le cerimonie da qualsiasi influenza di modifica o cambiamento, sia essa volontaria o meno, o comunque non autorizzata.
Le forme rituali in uso nella Gran Loggia Unita d’Inghilterra, come dimostrate dalla Loggia di Riconciliazione, formata specificamente per produrle, furono “approvate e convalidate” dalla Gran Loggia nel Giugno del 1816. Da allora ci sono stati solamente aggiustamenti occasionali di natura rituale, approvati peraltro dalla Gran Loggia stessa; i più importanti sono le variazioni apportate per gli Impegni Solenni, permesse da una risoluzione della Gran Loggia nel Dicembre 1964 e, molto più recentemente, il più ampio cambiamento nel procedimento, introdotto dalla risoluzione della Gran Loggia del Giugno del 1986, concernente la formula usata negli Impegni stessi.
Continuità del Sistema Emulation
La diffusione e la trasmissione del Rituale Emulation venne affidata, nel 1816, agli stessi membri della Loggia di Riconciliazione, a quanti avevano assistito alle dimostrazioni da essa sostenute ed a varie annotazioni ed appunti che furono allora redatti per motivi strettamente pratici.
Nessuna pubblicazione ufficiale, a stampa, di tale Rituale fu però mai consentita.
Due Logge, in seguito, rivendicarono una costante pratica delle Cerimonie in stretta osservanza con quanto stabilito nel 1816: la Stability Lodge e la Emulation Lodge of Improvement.
Il Comitato dell’Emulation Lodge of Improvement ha sempre tentato di conservare il rituale il più aderente possibile alla forma in cui è stato originariamente approvato dalla Gran Loggia ed ha fatto in modo che non fosse apportata alcuna modifica non autorizzata dalla stessa fonte.
Così, se in questi anni vi sono stati aggiustamenti minori per autorità della Gran Loggia, nessun minimo errore casuale è mai passato inavvertito, al fine di non farlo diventare, col tempo, una pratica consolidata.
In Inghilterra – pur costantemente richiamandosi al Rituale Emulation approvato nel 1816 – esistono molteplici rituali, più o meno famosi e diffusi, che differiscono talora per piccole sfumature, in altri casi per aspetti più sostanziali.
Questa premessa è necessaria per spiegare come, se differenze possono esistere nell’ambito del Rituale, ancor più ve ne possono essere per quelle procedure che ad esso non sono strettamente correlate e che rientrano nel costume delle singole Logge.
In questo opuscolo ne sono riassunte ed illustrate alcune, di più rilevante carattere pratico e maggiormente diffuse.
La pubblicazione del Rituale Emulation
Per molti anni dopo la sistemazione del rituale da parte della Loggia di Riconciliazione e la sua approvazione nel 1816 dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra (seguita nel 1827 dalla sistemazione della Cerimonia d’Installazione), questa ultima fu rigorosamente del parere che non si dovesse in alcun modo dare alle stampe il rituale.
Pertanto nel periodo subito successivo - e per circa mezzo secolo dopo - l’unica forma d’apprendimento fu la ripetizione orale. Le riunioni settimanali dell’Emulation Lodge of lmprovement fornivano un ottimo punto di riferimento. Certamente, nel tempo, apparvero alcuni rituali stampati e manoscritti, benché, dalle differenze riscontrate tra questi, è sicuro che non fossero del tutto accurati. Non fu prima degli anni 1870 che libri stampati del rituale iniziarono a diventare generalmente accettati.
Da quel momento ne sono stati pubblicati diversi con lo scopo di esporre il sistema di lavoro Emulation; tuttavia nessuno di questi aveva mai avuto alcuna autorizzazione dall’Emulation Lodge of Improvement.
Il Rituale, nella forma autorizzata, è stato dato alle stampe, perla prima volta, solo nel 1969.
La stesura del rituale ha posto un problema immediato. Avrebbe dovuto documentare il sistema esattamente come dimostrato nella Emulation Lodge of Improvement, o avrebbe, invece, dovuto avere lo scopo di fornire una guida per le Logge ordinarie?
La questione nasce dal fatto che all’Emulation Lodge of Improvement possono partecipare soltanto Maestri Muratori, mentre nelle Logge ordinarie va, ovviamente, considerata la presenza di AA e CdM.
Ciò comporta inevitabilmente alcune differenze nei procedimenti rituali. Ad esempio nella cerimonia rituale della Emulation Lodge of Improvement, il Maestro non chiederà agli AA ed ai CdM di uscire, prima di aprire la Loggia nel grado superiore successivo, in quanto la richiesta non avrebbe fondamento. Essa invece è assai necessaria in una Loggia ordinaria.
La pubblicazione del rituale ha, quindi, come unico scopo quello di poter fornire il massimo aiuto possibile agli Ufficiali delle Logge Emulation. Resta evidente che, né questo libro, né qualsiasi altro, può mai sostituire il poter assistere ad una cerimonia ben organizzata o la partecipazione ai lavori di una Loggia d’Istruzione: poiché è unicamente lì che si pone in essere ciò che il libro del rituale vuole esporre.
Templari e Benedettini in Sardegna
I Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone («Pauperes Commilitones Christi Templique Salomonis»), ordine monastico-cavalleresco fondato in Terra Santa nel 1118 (o 1119) da Hugues de Payns (o Payens), meglio conosciuti come Cavalieri Templari.
Fin dal Medio Evo la Sardegna era una rotta importante nel turismo religioso caratterizzato da pellegrini e crociati che partendo dal Nord si recava nei luoghi sacri di Gerusalemme e della Terra Santa.
L'isola era uno scalo ideale perché aveva nella parte settentrionale del Giudicato di Torres alcuni porti ben protetti come quello di 'Turris Lybissonis' e come 'Castel Genovese' odierna CastelSardo.
Non molto lontano dalla Città Regia di Castelgenovese stavano 'Ampurias' e l'abbazia di Tergu, centro monastico che commerciava il vetro con gli arabi e con l'oriente. (vedi De Re Monastica, Committenza, scelte insediative e organizzazione patrimoniale nel Medioevo, atti Convegno di studio, Tergu, 15 -- 17 settembre 2006).
La regola dei Templari o dei Cavalieri di Cristo consisteva nell'aiutare i pellegrini a raggiungere i luoghi sacri ed il Santo Sepolcro.
Secondo gli studiosi più eminenti di cose sarde e sacre, le 'Bocche di Bonifacio' erano un passaggio obbligato per raggiungere il sud del Mediterraneo e la Terra Santa.
I Templari lasciarono tracce della loro opera anche in Sardegna, costruendo e restaurando luoghi sacri come quello del complesso Monastico di Tergu; di Porto Torres (San Gavino) di San Pietro di Sorres,Borutta; di San Leonardo Siete Fuentes, Cuglieri; della Basilica di Saccargia, Codrongianus; di Santa Maria di Paulis, Uri; e della stessa Santa Maria di Corte, presso Sindia.
Secondo l'eminente studioso di cose sacre Don Tamponi fu lo stesso Giudice di Torres Gonario II uno dei protagonisti più importanti di questo movimento religioso: ... Gonario che, in base a precise ricostruzioni, documentate dalla mostra "I templari in Sardegna" tenutasi a Santa Teresa di Gallura nel 2005, fece ampliare importanti strutture in tutta la provincia di Sassari, tra cui la basilica romanica di San Gavino di Porto Torres, che sorge sull'antico martirion dei tre martiri Gavino, Proto e Gianuario."
Fece costruire inoltre il Simbolo del Goceano, il Castello di Burgos, sede oggi di convegni e manifestazioni culturali, maniero voluto da Gonario II di Torres, in un periodo presumibilmente da porsi tra il 1127 e il 1129.
Questo eminente Giudice ebbe rapporti molto amichevoli con San Bernardo ed i Cistercensi tanto che invitò una comunità di monaci a stabilirsi nel Giudicato di Torres, presso 'Cabbu Abbas' nella basilica di Santa Maria di Corte, Sindia.
Il complesso Monastico Benedettino di Nostra Signora di Corte o di Santa Maria Cabuabbas,(fondata nel 1147 dai Cistercensi).
Il Casula presenta una variabile paradigmatica dello stesso giudice presentandolo come Gonario de Lacon: "un bell'esempio si trova in clace ad una donazione fatta da Gonario de Lacon ai Benedettini di Montecassino, scritta in carolina dallo scrivano presbitero Furato" (pag.226 - Storia della Sardegna).
Dallo stesso testo apprendiamo che Gonnario dopo aver sposato Maria Ebriaci torno nel Logudoro con quattro galere armate sconfiggendo in modo cruento gli avversaria ad Ardara e Pozzomaggiore e nel Castello del Goceano da lui fatto costruire...
La chiesa sita nell'agro di Sindia rappresenta oggi unico dei pochi esemplari in Europa, di architettura in stile borbonico/borgognone).
I Cavalieri di Cristo lasciarono tracce anche presso altre chiese adiacenti il territorio di Bosa e forse lo stesso Castello del Monti Ferru potrebbe avere avuto contatti con questo movimento.
Per chi volesse avere maggiori informazioni si consiglia l'ultimo testo di B.Fois riguardante il ruolo dei 'Donnos Pauperos' nei Condaghi che presentano tracce linguistiche della presenza dei Cavalieri del Tempo in Sardegna.
Resta un mistero capire quali fossero i legami tra i Monaci Cistercensi, i Benedettini e gli stessi Cavalieri Poveri.
Una delle tante risposte ci viene in aiuto da http://www.duepassinelmistero.com/: Il Giudice Gonario II di Torres, che governava tutta la zona da Porto Torres fino al 'confine' con la Gallura, era divenuto molto amico di San Bernardo di Clairvaux (tra i fondatori storici dell'Ordine Cistercense e sostenitore di quello Templare), conosciuto al ritorno del suo viaggio in Terra Santa.
Gonario vi si era recato in occasione della seconda sfortunata Crociata, insieme al vescovo di Sorres, alcuni nobili sardi e un Cavaliere Templare, di cui è citato il nome, magister curiae Roberto Turonensis o di Tours.
Recatosi a Montecassino, poichè il padre (Costantino) aveva intrapreso rapporti con i potenti monaci benedettini, cui aveva affidato importanti monasteri in Anglona, vi aveva incontrato San Bernardo che tanto deve avere influito sulla sua vita tanto da fargli decidere di abbandonare tutto, nel 1154, dividere il suo regno tra i quattro figli e farsi monaco Cistercense a Citeaux (la casa-madre dei Cistercensi) dove morì e fu sepolto.
Fin dal Medio Evo la Sardegna era una rotta importante nel turismo religioso caratterizzato da pellegrini e crociati che partendo dal Nord si recava nei luoghi sacri di Gerusalemme e della Terra Santa.
L'isola era uno scalo ideale perché aveva nella parte settentrionale del Giudicato di Torres alcuni porti ben protetti come quello di 'Turris Lybissonis' e come 'Castel Genovese' odierna CastelSardo.
Non molto lontano dalla Città Regia di Castelgenovese stavano 'Ampurias' e l'abbazia di Tergu, centro monastico che commerciava il vetro con gli arabi e con l'oriente. (vedi De Re Monastica, Committenza, scelte insediative e organizzazione patrimoniale nel Medioevo, atti Convegno di studio, Tergu, 15 -- 17 settembre 2006).
La regola dei Templari o dei Cavalieri di Cristo consisteva nell'aiutare i pellegrini a raggiungere i luoghi sacri ed il Santo Sepolcro.
Secondo gli studiosi più eminenti di cose sarde e sacre, le 'Bocche di Bonifacio' erano un passaggio obbligato per raggiungere il sud del Mediterraneo e la Terra Santa.
I Templari lasciarono tracce della loro opera anche in Sardegna, costruendo e restaurando luoghi sacri come quello del complesso Monastico di Tergu; di Porto Torres (San Gavino) di San Pietro di Sorres,Borutta; di San Leonardo Siete Fuentes, Cuglieri; della Basilica di Saccargia, Codrongianus; di Santa Maria di Paulis, Uri; e della stessa Santa Maria di Corte, presso Sindia.
Secondo l'eminente studioso di cose sacre Don Tamponi fu lo stesso Giudice di Torres Gonario II uno dei protagonisti più importanti di questo movimento religioso: ... Gonario che, in base a precise ricostruzioni, documentate dalla mostra "I templari in Sardegna" tenutasi a Santa Teresa di Gallura nel 2005, fece ampliare importanti strutture in tutta la provincia di Sassari, tra cui la basilica romanica di San Gavino di Porto Torres, che sorge sull'antico martirion dei tre martiri Gavino, Proto e Gianuario."
Fece costruire inoltre il Simbolo del Goceano, il Castello di Burgos, sede oggi di convegni e manifestazioni culturali, maniero voluto da Gonario II di Torres, in un periodo presumibilmente da porsi tra il 1127 e il 1129.
Questo eminente Giudice ebbe rapporti molto amichevoli con San Bernardo ed i Cistercensi tanto che invitò una comunità di monaci a stabilirsi nel Giudicato di Torres, presso 'Cabbu Abbas' nella basilica di Santa Maria di Corte, Sindia.
Il complesso Monastico Benedettino di Nostra Signora di Corte o di Santa Maria Cabuabbas,(fondata nel 1147 dai Cistercensi).
Il Casula presenta una variabile paradigmatica dello stesso giudice presentandolo come Gonario de Lacon: "un bell'esempio si trova in clace ad una donazione fatta da Gonario de Lacon ai Benedettini di Montecassino, scritta in carolina dallo scrivano presbitero Furato" (pag.226 - Storia della Sardegna).
Dallo stesso testo apprendiamo che Gonnario dopo aver sposato Maria Ebriaci torno nel Logudoro con quattro galere armate sconfiggendo in modo cruento gli avversaria ad Ardara e Pozzomaggiore e nel Castello del Goceano da lui fatto costruire...
La chiesa sita nell'agro di Sindia rappresenta oggi unico dei pochi esemplari in Europa, di architettura in stile borbonico/borgognone).
I Cavalieri di Cristo lasciarono tracce anche presso altre chiese adiacenti il territorio di Bosa e forse lo stesso Castello del Monti Ferru potrebbe avere avuto contatti con questo movimento.
Per chi volesse avere maggiori informazioni si consiglia l'ultimo testo di B.Fois riguardante il ruolo dei 'Donnos Pauperos' nei Condaghi che presentano tracce linguistiche della presenza dei Cavalieri del Tempo in Sardegna.
Resta un mistero capire quali fossero i legami tra i Monaci Cistercensi, i Benedettini e gli stessi Cavalieri Poveri.
Una delle tante risposte ci viene in aiuto da http://www.duepassinelmistero.com/: Il Giudice Gonario II di Torres, che governava tutta la zona da Porto Torres fino al 'confine' con la Gallura, era divenuto molto amico di San Bernardo di Clairvaux (tra i fondatori storici dell'Ordine Cistercense e sostenitore di quello Templare), conosciuto al ritorno del suo viaggio in Terra Santa.
Gonario vi si era recato in occasione della seconda sfortunata Crociata, insieme al vescovo di Sorres, alcuni nobili sardi e un Cavaliere Templare, di cui è citato il nome, magister curiae Roberto Turonensis o di Tours.
Recatosi a Montecassino, poichè il padre (Costantino) aveva intrapreso rapporti con i potenti monaci benedettini, cui aveva affidato importanti monasteri in Anglona, vi aveva incontrato San Bernardo che tanto deve avere influito sulla sua vita tanto da fargli decidere di abbandonare tutto, nel 1154, dividere il suo regno tra i quattro figli e farsi monaco Cistercense a Citeaux (la casa-madre dei Cistercensi) dove morì e fu sepolto.
lunedì 7 luglio 2008
Nessun convento templare a Cagliari
Allo stato attuale delle conoscenze, non si ha alcuna prova di eventuali proprietà templari nell’area dell’odierna città di Cagliari, poiché i documenti non ricordano alcuna fondazione rossocrociata.
Già nella prima pubblicazione del 1996 si faceva notare la difficoltà a dimostrare una purché minima presenza in questo settore.
Dov’è lo scandalo? Forse che l’attuale ruolo di capoluogo regionale deve significare un automatico reclutamento di diritto tra i siti di sicura presenza rossocrociata?
Vi sono altri capoluoghi di regione che non ospitarono mai monasteri dell’Ordine e non per questo ci si straccia le vesti: Aosta (Valle d’A.), Trieste (Friuli), Bolzano (Alto Adige), Ancona (Marche), Campobasso (Molise), Catanzaro (Calabria), Potenza (Basilicata), Palermo (Sicilia).
Non si fa cenno a Templari in Cagliari e dintorni nelle bolle pontificie e nelle cronache sull’assedio e caduta di Santa Igia (1257-58), dove pure intervenne un dignitario templare mandato direttamente dalla Santa Sede (evidentemente sul posto non ve n’erano), né nella relazione della visita alla città dell’arcivescovo di Pisa, Federico Visconti (1263), né ancora nelle cronache dell’ultima Crociata quando le navi di San Luigi IX ripararono una settimana nel porto di Cagliari (1270).
Non si fa cenno a Templari in Cagliari e dintorni nelle bolle pontificie e nelle cronache sull’assedio e caduta di Santa Igia (1257-58), dove pure intervenne un dignitario templare mandato direttamente dalla Santa Sede (evidentemente sul posto non ve n’erano), né nella relazione della visita alla città dell’arcivescovo di Pisa, Federico Visconti (1263), né ancora nelle cronache dell’ultima Crociata quando le navi di San Luigi IX ripararono una settimana nel porto di Cagliari (1270).
Né ha valore di prova la generica citazione di Templari nelle lettere papali del 1216, 1291 e 1308, poiché dirette a tutta la Cristianità: peraltro la lettera di Onorio III con data 21 novembre 1216 era indirizzata all’arcidiocesi kalaritana, non alla città di Cagliari, che venne fondata dai Pisani l’anno seguente !
È nota pure la risposta dell’arcivescovo di Cagliari nel 1308 sull’assenza di beni templari nel territorio di sua competenza, ossia tutto l’ex giudicato di Kalari, compresa, quindi, l’attuale città.
Una voce corrente vuole che siano appartenute ai Templari la chiesa secentesca del Santo Sepolcro, nel rione Marina, e quella distrutta di San Francesco di Stampace. Tale affermazione, accreditata solo da pochi storici del XIX secolo, Martini, Manno e Spano, e acriticatamente ripresa da qualche autore moderno, si basa esclusivamente sulle parole di due scrittori secenteschi Bonfant e Aleo. Và decisamente negato che la “voce” sia di provenienza medievale: durante il secondo assedio di Cagliari nel 1325-26 gli Aragonesi occuparono e incendiarono i due sobborghi di Stampace e Villanova, massacrandone tutti gli abitanti, come riportava la Cronaca del Muntaner, mentre tutti i Pisani, dopo la pace, furono costretti ad abbandonare il Castello e le loro case occupate dai Catalani; ed una volta saturata la città alta, gli altri Iberici si riversarono sulle abitazioni di Stampace, Villanova e Marina. In seguito, affluirono anche abitanti sardi dal Campidano: tutte le tradizioni culturali cagliaritane più antiche sono perciò di matrice iberica o, al più, della Sardegna dell’interno. Nei secoli seguenti Castello e le appendici si riempirono di artigiani genovesi, napoletani, siciliani, spagnoli, ecc., che contribuirono alle tradizioni della città. In questo frangente, nessun se pur vago ricordo anteriore al 1326 può essere sopravvissuto.37 Dove proviene allora la memoria nebulosa rimasta sino all’epoca dell’Aleo? La risposta è nell’archivio della chiesa di San Clemente a Bari, dove è riportato un riferimento di una proprietà trecentesca dell’ordine agostiniano dei Canonici Regolari del Tempio di Gerusalemme (Ordo Templi Domini), che molti tuttora confondono coi Templari. Ulteriore sentenza inappellabile, nonché conferma scientifica di quanto appena detto, è il risultato degli scavi e dei restauri alla fine del XX secolo: la chiesa del Santo Sepolcro di Cagliari fu costruita ex novo nel XVI secolo. La totale assenza di reperti medievali e di tracce di edifici precedenti la fabbrica gotica cinquecentesca, esclude qualsiasi ipotesi di preesistenze anteriori, relegando nel campo delle leggende la voce sui presunti Templari.38
In definitiva, mancando la documentazione storica il discorso si deve ritenere chiuso: non vi furono Templari a Cagliari.
È nota pure la risposta dell’arcivescovo di Cagliari nel 1308 sull’assenza di beni templari nel territorio di sua competenza, ossia tutto l’ex giudicato di Kalari, compresa, quindi, l’attuale città.
Una voce corrente vuole che siano appartenute ai Templari la chiesa secentesca del Santo Sepolcro, nel rione Marina, e quella distrutta di San Francesco di Stampace. Tale affermazione, accreditata solo da pochi storici del XIX secolo, Martini, Manno e Spano, e acriticatamente ripresa da qualche autore moderno, si basa esclusivamente sulle parole di due scrittori secenteschi Bonfant e Aleo. Và decisamente negato che la “voce” sia di provenienza medievale: durante il secondo assedio di Cagliari nel 1325-26 gli Aragonesi occuparono e incendiarono i due sobborghi di Stampace e Villanova, massacrandone tutti gli abitanti, come riportava la Cronaca del Muntaner, mentre tutti i Pisani, dopo la pace, furono costretti ad abbandonare il Castello e le loro case occupate dai Catalani; ed una volta saturata la città alta, gli altri Iberici si riversarono sulle abitazioni di Stampace, Villanova e Marina. In seguito, affluirono anche abitanti sardi dal Campidano: tutte le tradizioni culturali cagliaritane più antiche sono perciò di matrice iberica o, al più, della Sardegna dell’interno. Nei secoli seguenti Castello e le appendici si riempirono di artigiani genovesi, napoletani, siciliani, spagnoli, ecc., che contribuirono alle tradizioni della città. In questo frangente, nessun se pur vago ricordo anteriore al 1326 può essere sopravvissuto.37 Dove proviene allora la memoria nebulosa rimasta sino all’epoca dell’Aleo? La risposta è nell’archivio della chiesa di San Clemente a Bari, dove è riportato un riferimento di una proprietà trecentesca dell’ordine agostiniano dei Canonici Regolari del Tempio di Gerusalemme (Ordo Templi Domini), che molti tuttora confondono coi Templari. Ulteriore sentenza inappellabile, nonché conferma scientifica di quanto appena detto, è il risultato degli scavi e dei restauri alla fine del XX secolo: la chiesa del Santo Sepolcro di Cagliari fu costruita ex novo nel XVI secolo. La totale assenza di reperti medievali e di tracce di edifici precedenti la fabbrica gotica cinquecentesca, esclude qualsiasi ipotesi di preesistenze anteriori, relegando nel campo delle leggende la voce sui presunti Templari.38
In definitiva, mancando la documentazione storica il discorso si deve ritenere chiuso: non vi furono Templari a Cagliari.
Massimo Rassu
Tratto da: Massimo Rassu, I Templari in Sardegna: la ricerca, in «Templari e Ospitalieri in Sardegna» Atti del Convegno, Cagliari 2006, Grafica del Parteolla, Dolianova 2008
venerdì 4 luglio 2008
4 luglio 1776 - Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d'America
“Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli
uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi
inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e la
ricerca della Felicità”.
Così recita la Dichiarazione di Indipendenza, proclamata il 4 luglio 1776.
E' la nascita di un nuovo Stato, la prima affermazione degli inalienabili diritti naturali dell’uomo.
Ecco perché il 4 luglio è un giorno che ogni americano è orgoglioso di celebrare: perché festeggia la propria identità e i propri valori, con un patriottismo e una passione davvero straordinari.
L'Unanime Dichiarazione dei Tredici Stati Uniti d'America.
Quando nel corso di eventi umani, sorge la necessità che un popolo sciolga i legami politici che lo hanno stretto ad un altro popolo ed assuma tra le potenze della terra lo stato di potenza separata ed uguale a cui le Leggi della Natura e del Dio della Natura gli danno diritto, un conveniente riguardo alle opinioni dell'umanità richiede che quel popolo dichiari le ragioni per cui è costretto alla secessione.
Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e la ricerca della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare la sua Sicurezza e la sua Felicità.
Certamente, prudenza vorrà che i governi di antica data non siano cambiati per ragioni futili e peregrine; e in conseguenza l'esperienza di sempre ha dimostrato che gli uomini sono disposti a sopportare gli effetti d'un malgoverno finché siano sopportabili, piuttosto che farsi giustizia abolendo le forme cui sono abituati. Ma quando una lunga serie di abusi e di malversazioni, volti invariabilmente a perseguire lo stesso obiettivo, rivela il disegno di ridurre gli uomini all'assolutismo, allora è loro diritto, è loro dovere rovesciare un siffatto governo e provvedere nuove garanzie alla loro sicurezza per l'avvenire. Tale è stata la paziente sopportazione delle Colonie e tale è ora la necessità che le costringe a mutare quello che è stato finora il loro ordinamento di governo. Quella dell'attuale re di Gran Bretagna è storia di ripetuti torti e usurpazioni, tutti diretti a fondare un'assoluta tirannia su questi Stati. Per dimostrarlo ecco i fatti che si sottopongono all'esame di tutti gli uomini imparziali e in buona fede.
Egli ha rifiutato di approvare leggi sanissime e necessarie al pubblico bene.
Ha proibito ai suoi governatori di approvare leggi di immediata e urgente importanza, se non a condizione di sospenderne l'esecuzione finchè non si ottenesse l'assentimento di lui, mentre egli trascurava del tutto di prenderle in considerazione.
Ha rifiutato di approvare altre leggi per la sistemazione di vaste zone popolate, a meno che quei coloni rinunziassero al diritto di essere rappresentati nell'assemblea legislativa — diritto di inestimabile valore per essi e temibile solo da un tiranno.
Ha convocato assemblee legislative in luoghi insoliti, incomodi e lontani dalla sede dei loro archivi, al solo scopo di indurre i coloni, affaticandoli, a consentire in provvedimenti da lui proposti.
Ha ripetutamente disciolto assemblee legislative solo perché si opponevano con maschia decisione alle sue usurpazioni dei diritti del popolo.
Dopo lo scioglimento di quelle assemblee si è opposto all'elezione di altre: ragion per cui il Potere legislativo, che non può essere soppresso, è ritornato, per poter funzionare, al popolo nella sua collettività, — mentre lo Stato è rimasto esposto a tutti i pericoli di invasioni dall'esterno, e di agitazioni all'interno.
Ha tentato di impedire il popolamento di questi Stati, opponendosi a tal fine alle leggi di naturalizzazione di forestieri rifiutando di approvarne altre che incoraggiassero la immigrazione, e ostacolando le condizioni per nuovi acquisti di terre.
Ha fatto ostruzionismo all'amministrazione della giustizia rifiutando l'assentimento a leggi intese a rinsaldare il potere giudiziario.
Ha reso i giudici dipendenti solo dal suo arbitrio per il conseguimento e la conservazione della carica, e per l'ammontare e il pagamento degli stipendi.
Ha istituito una quantità di uffici nuovi, e mandato qui sciami di impiegati per vessare il popolo e divorarne gli averi.
Ha mantenuto tra noi, in tempo di pace, eserciti stanziali senza il consenso dell'autorità legislativa.
Ha cercato di rendere il potere militare indipendente dal potere civile, e a questo superiore.
Si è accordato con altri per assoggettarci a una giurisdizione aliena dalla nostra costituzione e non riconosciuta dalle nostre leggi, dando il suo assentimento alle loro pretese disposizioni legislative miranti a:
acquartierare tra noi grandi corpi di truppe armate;
proteggerle, con processi da burla, dalle pene in cui incorressero per assassinii commessi contro gli abitanti di questi Stati;
interrompere il nostro commercio con tutte le parti del mondo;
imporci tasse senza il nostro consenso;
privarci in molti casi dei benefici del processo per mezzo di giuria;
trasportarci oltremare per esser processati per pretesi crimini;
abolire il libero ordinamento dileggi inglesi in una provincia attigua, istituendovi un governo arbitrario, ed estendendone i confini si da farne nello stesso tempo un esempio e un adatto strumento per introdurre in queste Colonie lo stesso governo assoluto;
sopprimere le nostre carte statutarie, abolire le nostre validissime leggi, e mutare dalle fondamenta le forme dei nostri governi;
sospendere i nostri corpi legislativi, e proclamarsi investito del potere di legiferare per noi in ogni e qualsiasi caso.
Egli ha abdicato al suo governo qui, dichiarandoci privati della sua protezione e facendo guerra contro di noi.
Egli ha predato sui nostri mari, ha devastato le nostre coste, ha incendiato le nostre città, ha distrutto le vite del nostro popolo.
Egli sta trasportando, in questo stesso momento, vasti eserciti di mercenari stranieri per completare l'opera di morte, di desolazione e di tirannia già iniziata con particolari casi di crudeltà e di perfidia che non trovano eguali nelle più barbare età, e sono del tutto indegni del capo di una nazione civile.
Egli ha costretto i nostri concittadini fatti prigionieri in alto mare a portare le armi contro il loro paese, a diventare carnefici dei loro amici e confratelli, o a cadere uccisi per mano di questi.
Egli ha incitato i nostri alla rivolta civile, e ha tentato di istigare contro gli abitanti delle nostre zone di frontiera i crudeli selvaggi indiani la cui ben nota norma di guerra è la distruzione indiscriminata di tutti gli avversari, di ogni età, sesso e condizione.
Ad ogni momento mentre durava questa apprensione noi abbiamo chiesto, nei termini più umili, che fossero riparati i torti fattici; alle nostre ripetute petizioni non si è risposto se non con rinnovate ingiustizie. Un principe, il cui carattere si distingue così per tutte quelle azioni con cui si può definire un tiranno, non è adatto a governare un popolo libero.
E d'altra parte non abbiamo mancato di riguardo ai nostri fratelli britannici. Di tanto in tanto li abbiamo avvisati dei tentativi fatti dal loro parlamento di estendere su di noi una illegale giurisdizione. Abbiamo ricordato ad essi le circostanze della nostra emigrazione e del nostro stanziamento in queste terre. Abbiamo fatto appello al loro innato senso di giustizia e alla loro magnanimità, e li abbiamo scongiurati per i legami dei nostri comuni parenti di sconfessare queste usurpazioni che inevitabilmente avrebbero interrotto i nostri legami e i nostri rapporti.
Anch'essi sono stati sordi alla voce della giustizia, alla voce del sangue comune. Noi dobbiamo, perciò, rassegnarci alla necessità che denuncia la nostra separazione, e dobbiamo considerarli, come consideriamo gli altri uomini, nemici in guerra, amici in pace.
Noi pertanto, Rappresentanti degli Stati Uniti d'America, riuniti in Congresso generale, appellandoci al Supremo Giudice dell'Universo per la rettitudine delle nostre intenzioni, nel nome e per l'autorità del buon popolo di queste Colonie, solennemente rendiamo di pubblica ragione e dichiariamo:
Che queste Colonie Unite sono, e per diritto devono essere, Stati liberi e indipendenti;
che esse sono sciolte da ogni sudditanza alla Corona britannica, e che ogni legame politico tra esse e lo Stato di Gran Bretagna è, e deve essere, del tutto sciolto; e che, come Stati liberi e indipendenti, essi hanno pieno potere di far guerra, concludere pace, contrarre alleanze, stabilire commercio e compilare tutti gli altri atti e le cose che gli stati indipendenti possono a buon diritto fare. E in appoggio a questa dichiarazione, con salda fede nella protezione della Divina Provvidenza, reciprocamente impegnamo le nostre vite, i nostri beni e il nostro sacro onore.
John Mancock(Seguono 55 firme di Rappresentanti dei 13 Stati)
giovedì 3 luglio 2008
LA PERGAMENA DI CHINON - L'ASSOLUZIONE DI PAPA CLEMENTE V AI CAPI DELL’ORDINE TEMPLARE
Chinon, diocesi di Tours, 1308 agosto 17-20 (view)
La pergamena originale è formata da un unico foglio membranaceo di grandi dimensioni (mm. 700x580), in origine munito dei sigilli pendenti dei tre legati apostolici che formavano la speciale Commissione apostolica ad inquirendum nominata da Clemente V: Bérenger Frédol, cardinale prete del titolo dei SS. Nereo ed Achilleo e nipote del papa, Étienne de Suisy, cardinale prete di S. Ciriaco in Thermis, Landolfo Brancacci, cardinale diacono di S. Angelo.
Lo stato di conservazione è discreto, anche se sono presenti vistose macchie violacee dovute ad attacco batterico.
L’originale era corredato da una copia semplice coeva, tuttora conservata presso l’Archivio Segreto Vaticano con segnatura Archivum Arcis, Armarium D 218. ASV, Archivum Arcis, Arm. D 217.
Il documento contiene l’assoluzione impartita da Clemente V all’ultimo Gran Maestro del Tempio, frate Jacques de Molay, e agli altri capi dell’Ordine dopo che questi ultimi hanno fatto atto di pentimento e richiesto il perdono della Chiesa; dopo l’abiura formale, obbligatoria per tutti coloro che erano anche solo sospettati di reati ereticali, i membri dello Stato Maggiore templare sono reintegrati nella comunione cattolica e riammessi a ricevere i sacramenti.
Appartenente alla prima fase del processo contro i Templari, quando Clemente V era ancora convinto di poter garantire la sopravvivenza dell’ordine religioso-militare, il documento risponde alla necessità apostolica di rimuovere dai frati-guerrieri l’infamia della scomunica nella quale si erano precedentemente invischiati da soli ammettendo di aver rinnegato Gesù Cristo sotto le torture dell’Inquisitore francese.
Come confermano diverse fonti coeve, il papa appurò che fra i Templari si erano effettivamente insinuate gravi forme di malcostume e pianificò una radicale riforma dell’ordine per poi fonderlo in un istituto unico con l’altro grande ordine religioso-militare degli Ospitalieri.
L’atto di Chinon, presupposto necessario alla riforma, rimase però lettera morta.
La monarchia francese reagì innescando un vero meccanismo di ricatto, che costringerà in seguito Clemente V a compiere un passo definitivo durante il concilio di Vienne (1312): non potendo opporsi alla volontà di Filippo IV il Bello, re di Francia, che imponeva l’eliminazione dei Templari, il papa, sentito il parere dei padri conciliari, decise di sopprimere l’ordine «con norma irreformabile e perpetua» (bolla Vox in excelso, 22 marzo 1312).
Clemente V specifica però che tale sofferta decisione non costituisce un atto di condanna per eresia, al quale non si sarebbe potuti giungere sulla base delle diverse inchieste istruite negli anni precedenti il concilio.
Per emettere una sentenza definitiva sarebbe stato necessario infatti un regolare processo, che prevedesse anche l’esposizione delle tesi difensive da parte dell’ordine. Ma lo scandalo suscitato dalle infamanti accuse rivolte ai Templari (eresia, idolatria, omosessualità e pratiche oscene) avrebbe dissuaso chiunque, secondo il pontefice, dall’indossare l’abito templare e, d’altra parte, una dilazione nella decisione in merito a tali questioni avrebbe prodotto la dilapidazione delle ingenti ricchezze offerte dai cristiani all’ordine, incaricato di accorrere in aiuto della Terrasanta per combattere i nemici della fede.
L’attenta considerazione di questi pericoli, unitamente alle pressioni di parte francese, convinsero il papa a sopprimere l’Ordine dei Cavalieri del Tempio.