giovedì 4 settembre 2008

Infondate le accuse di eresia ai Templari. Lo rivelano degli atti originali rinvenuti nell'Archivio Segreto Vaticano



CITTA' DEL VATICANO, venerdì, 22 agosto 2008 (ZENIT.org)



Le carte originali del processo ai Templari rinvenute nell'Archivio Segreto Vaticano dimostrano l'infondatezza delle accuse di eresia, ha rivelato "L'Osservatore Romano".
Il quotidiano della Santa Sede ha pubblicato il 21 agosto un articolo a firma di Barbara Frale, ricercatrice della Biblioteca Vaticana e autrice di diversi libri sull'argomento, nel quale si getta nuova luce sull'ordine religioso-militare più potente del Medioevo.
In origine i Templari erano un gruppo di volontari. Vivevano presso il Santo Sepolcro offrendo la loro abilità di guerrieri per difendere i pellegrini in viaggio lungo le rotte della Terra Santa.
Grazie alla mediazione di san Bernardo, Papa Onorio II approvò la fondazione dell'Ordine templare nel Concilio di Troyes del 1129.
"In cinquant'anni il Tempio divenne una sorta di ricca multinazionale al servizio della crociata", spiega l'autrice. Agitando la falsa accusa di eresia il re di Francia Filippo il Bello, sull'orlo della bancarotta, si appropriò dei beni dell'Ordine, in seguito soppresso da Papa Clemente V.
Per raggiungere il suo obiettivo, il Re di Francia, nel 1307, si appoggiò all'Inquisizione di Francia.
"L'accusa era quella di eresia: secondo un'ordinanza d'arresto scritta dal braccio destro del sovrano, lo stesso giurista Guillaume de Nogaret che aveva partecipato all'attentato di Anagni contro Papa Bonifacio VIII (1303), i Templari praticavano in segreto riti pagani e avevano voltato le spalle alla fede cristiana".
"Grazie a fortunati ritrovamenti di atti originali conservati presso l'Archivio Segreto Vaticano – ha detto l'autrice – oggi sappiamo che la disciplina primitiva del Tempio, il suo spirito autentico, nel tempo si erano corrotti entrando in decadenza e lasciando aperta la porta alla diffusione del malcostume; ma i Templari non erano affatto diventati eretici in massa e il processo fu essenzialmente un mezzo per mettere le mani sul loro patrimonio".
"L'arresto di tutti i Templari di Francia ordinato da Filippo il Bello era un atto assolutamente illegale perché solo il Papa aveva facoltà di indagare su un ordine religioso della Chiesa di Roma, quale era appunto quello del Tempio", ha aggiunto.
"Pressato dalle emergenze finanziarie, con il regno di Francia sull'orlo della bancarotta, Filippo il Bello di fatto ne incamerò i beni sicuro di poter convincere Papa Clemente V (Bertrand de Got, 1305-1314), a condannare l'ordine dopo un processo-lampo".
"Il Pontefice invece reagì con un'energia inaspettata: dopo ben cinque anni di intense guerre diplomatiche, ricattato dal sovrano che lo minacciava di aprire uno scisma se si ostinava ancora a voler salvare i Templari, il Papa soppresse l'ordine senza mai pronunciare una sentenza e nel Concilio di Vienne del 1312 fece mettere agli atti che il processo non aveva fatto emergere prove concrete di eresia a loro carico".
"Non c'è da stupirsi – ha osservato Barbara Frale – se poco più tardi, nel Concilio di Vienne del 1312, Papa Clemente V farà mettere agli atti che i Templari non erano eretici; e anche se costretto a chiudere l'ordine per evitare che Filippo il Bello aprisse uno scisma in seno alla Chiesa cattolica, chiarì espressamente che l'ordine del Tempio non poteva essere condannato".
"Sulla storia dei Templari c'è ancora davvero tanto da indagare – ha aggiunto –. E lo studio della spiritualità di questo antico ordine religioso darà alla cultura contemporanea altri notevoli spunti di discussione".