mercoledì 13 febbraio 2013

«Benedetto XVI come Celestino V, dimissionari per una Chiesa più spirituale», dice lo storico Paolo Golinelli, autore della biografia 'Celestino V, il papa contadino'


Celestino V"È chiaro che le dimissioni di papa Benedetto XVI rimandano gli storici alla più nota delle dimissioni pontificie, quella di Celestino V, che rinunciò al papato dopo sei mesi, senza essere mai riuscito a insediarsi a Roma, il 13 dicembre 1294". Così Paolo Golinelli, docente di Storia Medievale presso l'Università di Verona, e autore per Mursia di Celestino V, il papa contadino, la biografia di Pietro del Morrone in corso di traduzione negli Stati Uniti. Le analogie non si fermano qui: «Come quelle di Celestino V, anche le dimissioni di papa Ratzinger sono state spontanee, e non imposte da altri o da circostanze esterne al papato stesso. Entrambe vengono dalla constatata impossibilità da parte dei pontifici di portare a termine il loro ideale di Chiesa: per entrambi - fatte le dovute proporzioni - una Chiesa spirituale, meno compromessa con i poteri politici ed economici dei loro tempi». Ma, soprattutto, continua lo storico, «entrambe basate su di un principio teologico incontestabile: il ritiro da parte del papa dell'adesione data al momento dell'accettazione del pontificato». Nel suo saggio Golinelli dimostra inoltre che Celestino V aveva preparato, d'accordo col re di Napoli, Carlo II d'Angiò, la sua elezione, scrivendo ai cardinali riuniti a Perugia e che la sua rinuncia fu una scelta autonoma, e non voluta da Benedetto Caetani, che gli succedette col nome di Bonifacio VIII (come ha invece sostenuto la propaganda antibonifaciana), nel momento in cui si accorse di non poter prendere possesso della sede pontificia, "prigioniero" com'era del re di Napoli, in Castelnuovo.