mercoledì 27 gennaio 2016

Lo Stemma della Repubblica (lo “Stellone”) disegnato da un massone


STEMMA REP 1
Inutile negare che in Italia ci sia ancora un forte pregiudizio nei confronti della Massoneria, che pur essendo “matrigna” di quasi tutte le moderne costituzioni democratiche dell’Occidente, in Italia viene assurdamente accusata di essere un potere occulto ed antidemocratico. Accuse che solo l’ignoranza storica e la sistematica disinformazione possono sostenere.
La maggioranza degli italiani ignora infatti il contributo che la Massoneria italiana ha dato ai contenuti della Costituzione Repubblicana ed alla sua simbologia. Un oblio storico tutt’altro che casuale, perpetuato con costanza dal dopoguerra ad oggi dai blocchi ideologici che in tutti questi anni hanno dominato la scena politica italiana – cattolici da una parte, sinistra comunista e post comunista dall’altra – entrambi pregiudizialmente ostili alla Massoneria.
Molti furono infatti i massoni impegnati nella Costituente, uno fra tutti il reggiano Meuccio Ruini, presidente della Commissione cui spettò il compito di redigere il testo definitivo della “Carta” fondante della Repubblica Italiana.
Ma fu un altro massone, di origine piemontese e di religione valdese, ad offrire un contributo ancora più “vistoso” al giovane Stato democratico e repubblicano sorto dalle rovine della guerra. Fu infatti l’artista Paolo Paschetto, l’autore dello stemma della Repubblica Italiana – il famoso “Stellone” – che compare spesso sulla bandiera ed in tutte le sedi pubbliche italiane, oltre che nella maggior parte dei documenti ufficiali che accompagnano la vita di ogni cittadino.
paschetto-ritratto
Paschetto, nato a Torre Pelice, capoluogo delle valli valdesi, enclave del protestantesimo italiano, il 12 Febbraio 1885 (passato all’Oriente Eterno il 9 Marzo 1963, a Torino),  vinse infatti il concorso bandito nel 1946 dal governo De Gasperi, che nominò un’apposita commissione presieduta da Ivanoe Bonomi, nella quale erano presenti anche due costituenti, tra i quali il comunista Enrico Minio, e fra gli altri lo scultore Duilio Cambellotti (va detto, buon amico dello stesso Paschetto).
Ci vollero due anni, e sostanzialmente non uno, ma due concorsi – per scegliere lo stemma definitivo della Repubblica. 
Ai concorrenti, che furono complessivamente più di 400, vennero fornite poche, ma sostanziali indicazioni: esclusione rigorosa dei simboli di partito, inserimento della stella d’Italia, riecheggiare il senso della terra e della tradizione dei comuni. Il premio previsto per i primi cinque classificati era di 10.000 lire.
La stella a cinque punte non fu dunque una voluta citazione della simbologia massonica (il Pentalfa) da parte del “libero muratore” Paschetto, come erroneamente si crede, ma un preciso dettato del bando redatto dalla Commissione Bonomi, la quale, per altro, si rifaceva ad un conclamato patrimonio iconografico della storia italiana. La Stella, infatti, aveva sempre avuto un ruolo centrale nella simbologia della nazione: splendeva in molte insegne del Risorgimento e fino al 1890 si trovò al centro dello stemma del nuovo Regno Unitario. Ed anche nei primissimi momenti del nuovo Stato Repubblicano la Stella era già stata adottata come emblema della prima onorificenza della ricostruzione: la Stella della Solidarietà italiana.
Un altro elemento iconografico fondamentale dello stemma della Repubblica, sarebbe stata la “Ruota Dentata d’Acciaio” su cui doveva risplendere la Stella a cinque punte. La Ruota Dentata, come ingranaggio forgiato dall’uomo, doveva simboleggiare il primo articolo della Carta Costituzionale: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
STEMMA rep 2Al bando della Commissione Bonomi risposero ben 341 artisti, che presentarono 637 bozzetti in bianco e nero. Ai cinque vincitori, fra cui Paschetto, venne imposta la preparazione di nuovi bozzetti con l’inserimento di un’ulteriore simbologia imposta dalla Commissione: “una cinta turrita in forma di corona, circondata da fronde della flora tipica nazionale, con in basso la rappresentazione del mare, ed in alto la Stella d’Italia dorata, ed infine un cartiglio con le parole “Unità” e “Libertà”.
Il bozzetto di Paolo Paschetto risultò vincitore. L’artista fu così incaricato, con un’ulteriore dotazione di 50.000 lire, di passare al disegno definitivo da trasmettere al Governo per l’approvazione definitiva. Nel frattempo – siamo nel 1947 – l’opera vincitrice e quelle degli altri finalisti furono esposte in una mostra pubblica, in via Margutta.
Il riscontro del pubblico, e di alcuni esponenti del Governo, non fu però positivo (ci fu anche chi definì la corona turrita dell’Italia “una tinozza”). Si decise così di bandire un secondo concorso, molto pubblicizzato anche attraverso la radio. Vennero presentati in questo caso altri 197 bozzetti, ad opera di 96 artisti.
Anche questa volta risultò comunque vincitore Paolo Paschetto. Il suo elaborato fu quindi sottoposto all’esame dell’Assemblea Costituente, dove, non senza un’accesa discussione, fu approvato nella seduta del 31 Gennaio 1948, mentre la sua adozione definitiva come emblema della Repubblica fu ufficializzata alcuno mesi dopo, per la precisione il 5 Maggio 1948, con il decreto legislativo numero 535 firmato dal Presidente della Repubblica Enrico De Nicola.
All’epoca Paolo Paschetto (allora 63enne) era già un artista conosciuto ed affermato. Aveva già ottenuto in passato importanti incarichi pubblici al Campidoglio, al Ministero degli Interni ed a Piazza Colonna. Si era inoltre distinto per le decorazioni murarie ed i disegni delle vetrate del Tempio Valdese di Roma, ed in altri palazzi privati della capitale. Era stato anche il principale collaboratore artistico della ditta “Nazareno Gabrielli” alla quale aveva fornito, fin dagli Anni Trenta, i disegni per la decorazione degli oggetti in cuoio per i quali l’azienda italiana era divenuta famosa in tutto il mondo. Inoltre fra il 1921 ed il 1845 lo stesso Paschetto aveva disegnato diverse serie di francobolli, come tornerà a fare nel 1962 (un anno prima di morire) con la sua famosa “rondine” della prima emissione italiana di posta aerea.
la rondine
Anche post-mortem (avvenuta nel 1963) un disegno di Paolo Paschetto entrò a far parte di un importante stemma religioso: quello dell’ADI, le Assemblee di Dio in Italia, adottato nel 1969.
ADI


fonte: www.loggiagiordanobruno.com