mercoledì 24 febbraio 2016

Apologia della Mordacchia


di Quirino Tirelli


Fui creata per uno scopo, il mio compito ho assolto seguendo le direttive che mi avevano assegnato. Molte sono state le occasioni in cui sono stata utilizzata, a volte ho incontrato anche persone famose.  Non potrò mai dimenticare, ad esempio, quel tal Giordano Bruno a cui il mio nome è indissolubilmente legato. Dicevano essere un eretico persistente ed impenitente. Dicevano essere un mago. Dicevano che avesse posto in discussione i dogmi della fede cattolica, non credendo nella trinità. 
Molte domande, a dir il vero, non me le sono poste come non me le sono poste tutte le altre volte in cui ho assolto efficacemente il mio compito. Molte volte sono stata utilizzata per eretici e streghe e nessuno si è mai lamentato del mio operato. In cosa consiste la mia opera? Mettere a tacere il condannato ed evitare che le sua urla, durante il rogo, potessero turbare gli spettatori. È la mia natura e lo scopo della mia esistenza. Sono stata progettata per questo. 
Ma dal 17 febbraio del 1600 qualcosa è cambiato. Cominciarono a diffondersi delle strane voci. Si cominciò a dire che IO avrei impedito che il Bruno, negli ultimi momenti della sua vita, avesse potuto divulgare chissà quale verità. Si cominciò a sospettare di me. Cominciarono a dubitare della mia funzione e del mio scopo. Non potrò mai dimenticare quella gelida mattina di febbraio. Erano tutti riuniti attorno alla pira aspettando un gesto, un lamento o una piccola smorfia da parte del condannato. Tutti si aspettavano chissà che cosa da questo Bruno, chissà quali rivelazioni! 
Posso assicurarvelo, dato che l'ho visto poche ore prima del suo supplizio. Quell'eretico, così come veniva definito e c'è una sentenza che lo attesta, non proferiva nessuna parola già prima di incontrarmi. Era fermo nella cella, immobile, assente. Queste mie affermazioni possono essere confermate dai suoi carcerieri. Tutti, infatti, ci siamo meravigliati della calma che il condannato ostentava. Se non mi credete potete chiedere a quelli dell'arciconfraternita di San Giovanni decollato. È loro compito, infatti, quello di portare i condannati al rogo. Mai prima di allora, ve lo posso garantire, avevano visto una persona più calma e serena che pareva andare alla messa la domenica invece che al rogo. Nulla, quindi, aveva più da dire in quei frangenti. Nulla! 
Io credo poi, che chi avesse detto e scritto tanto nella sua vita non aspetti il momento della sua morte per proferire verità che, altrimenti, avrebbe potuto dire in altri momenti. 
Io credo che il mio ruolo quella mattina sia stato prettamente inutile e solo pro forma. Non credo che il Bruno, anche senza il mio intervento, avesse avuto la minima intenzione di proferire alcunché ne tantomeno di lamentarsi turbando, in questo modo, la serenità degli astanti. Rispettare le proprie funzioni e i propri compiti deve essere un imperativo categorico. Lo stesso Bruno è stato un fulvido esempio di ciò. Proprio lui che ha preferito una morte orribile piuttosto che venir meno a questo paradigma esistenziale che move il cielo e le altre stelle. 
Siamo fatti come siamo fatti per svolgere delle funzioni a cui non possiamo sottrarci, ce lo impone la nostra natura