mercoledì 17 febbraio 2016

Il Giornale su ‘Cari fratelli massoni’ del cardinale Ravasi


Il caso, Dio e il Grande Architetto. Ravasi invita le logge al dialogo. I tradizionalisti insorgono sul web. Ecco la storia di un rapporto difficile.

Il cardinal Ravasi scrive una lettera ai «cari fratelli massoni» (Il Sole 24ore, ultimo inserto domenicale) e nel campo del cattolicesimo tradizionalista scoppia un putiferio (su internet). Ma a parlar male della Massoneria talvolta le si fa un piacere. Lo scandalo P2, per esempio, provocò una valanga di richieste di ingresso. Perché, di tutto, gli italiani avevano capito che esisteva una potente «associazione di mutuo soccorso tra “fratelli”» (parole del sociologo ed ex massone Léo Moulin). Forse per questo il cardinal Ravasi ha deciso di parlarne bene. Malizie a parte, Ravasi è un uomo di Chiesa tra i più colti e, se ha intitolato Cari fratelli massoni un suo articolo sull’inserto domenicale del Sole 24ore, non fa altro che inserirsi nel Giubileo della Misericordia e nella politica della mano tesa (che da parte clericale usa chiamar «dialogo») voluta e applicata da papa Francesco. Se con l’ultimo Concilio è cambiata la musica nei riguardi della religione ebraica (da «perfidi giudei» a «fratelli maggiori»), perché non si dovrebbe fare lo stesso con quella massonica? Il termine non stupisca. La libera muratoria accoglie ogni credo e chiama ciò «tolleranza»; invece per la Chiesa è relativismo, ed è qui il problema. Il massone venera un Dio molto diverso da quelli altrui, un Grande Architetto che lascia agli «iniziati» il compito di guidare l’umanità verso la perfezione morale. Che, però, non è quella predicata dalla Chiesa (si pensi, oggi, a divorzio, aborto e nozze gay). Da qui le oltre 500 condanne fulminate in tre secoli alla Massoneria. Con esse la Chiesa dice ai fedeli che non si può essere cattolici e massoni, come non si può essere cattolici e musulmani. La Massoneria dice di sì, ma la Chiesa dice no, perché non è affatto come essere cattolici e juventini. Chiarito ciò, nulla vieta che si possa dialogare ad libitum, perché, come sottolinea Ravasi e come concorda il sito del Grande Oriente, i punti in comune non mancano. La Massoneria fa molta beneficenza, per esempio, e tiene in grande onore Gesù e il Vangelo. Solo che Gesù è per essa alla stregua di un Socrate, e il Vangelo che onora è quello di Giovanni, sempre aperto in loggia alla pagina del Prologo (ma il Logos è letto in chiave gnosticheggiante). Il fatto è che anche gli islamici onorano Gesù e i vangeli, e pure loro annoverano punti di contatto. La storia, però, insegna che i contrasti fra parenti sono più aspri di quelli fra estranei. Si pensi a sunniti e sciiti: hanno quasi tutto in comune, ma per quel «quasi» si scannano da sempre. Ravasi non ha fatto altro che manifestare il desiderio di superare la stagione di «ostilità, oltraggi, pregiudizi» reciproci, poiché «rispetto ai secoli passati sono migliorati e mutati il tono, il livello e il modo di manifestare le differenze».
Aspettiamoci, chissà, la presenza anche di un Gran Maestro ai raduni multireligiosi di Assisi. La difficoltà, semmai, sarà per i massoni, non avendo essi un «papa» che li rappresenti tutti, divisi come sono nelle varie «obbedienze». A suo tempo una commissione congiunta di vescovi tedeschi e maestri massoni «dialogò» per anni, ma poi non se ne fece nulla per manifesta incompatibilità. Un illustre gesuita, il p. Esposito, scrisse anche un dettagliato volume sulle «grandi concordanze» tra Chiesa e Massoneria. E, come gesto di buona volontà, nel nuovo codice di diritto canonico la scomunica ai massoni non venne menzionata. Ma quando ci si accorse che ciò veniva letto come abolizione tout court la Congregazione per la Dottrina della Fede guidata da Ratzinger intervenne a precisare per iscritto: ti sei iscritto a una loggia? non puoi fare la comunione. Mutamento di toni e scambio di cortesie non implica affatto cambiamento di posizioni, cosa che Ravasi ha ribadito e cui la Fratellanza ha convenuto. Per quanto riguarda le «concordanze», be’, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Per forza, la Massoneria è nata in casa cristiana e molti dei simboli che usa sono giudaico-cristiani. La Massoneria odierna, detta «speculativa», nacque a Londra nel 1717 da quella «operativa», cioè dalle antiche corporazioni di costruttori (muratori). Queste, nei secoli, avevano sviluppato una complessa simbologia tratta dal cristianesimo e legata agli attrezzi e alle operazioni del mestiere: un apprendista, seguendo le indicazioni del suo maestro, diventava sia un buon costruttore che un buon cristiano. Scomparse le corporazioni rimasero i simboli e i rituali, su cui nel XVIII secolo si innestò la filosofia deista inglese (illuminista in Francia). In quel secolo appena uscito dalle guerre tra cattolici e protestanti, ecco la nuova religione che, levandosi al di sopra delle altre, poteva mettere d`accordo tutti. George Washington, dovendo giurare sulla Bibbia come primo presidente, tagliò il nodo gordiano (quale Bibbia, in un Paese diviso in miriadi di fedi cristiane?) usando quella della sua loggia. Sulla quale ancora oggi i presidenti americani giurano. Una nuova religione, appunto. E fin dal 1738 la Chiesa vietò ai suoi fedeli di farne parte. Da allora le legnate reciproche sono andate in crescendo. Leone XIII dedicò un’intera enciclica al tema, significativamente intitolata Inimica vis, «la forza nemica», e ancora oggi (posso assicurare per esperienza personale) l’odio per il «papismo» in certi attardati massoni rimane patologico. Ben venga, dunque, l’appaisement. Il problema, semmai, sarà come chiamarli. Fratelli «maggiori» sono gli ebrei, fratelli «separati» i protestanti; «minori» sarebbero gli islamici se non fossero usi a offendersi continuamente. «Cugini»? Così si chiamavano tra loro i carbonari, «braccio armato» risorgimentale. Boh. Già si fa fatica con i fratelli «dell`altro polmone» (copyright Wojtyla) ortodossi… (Rino Cammilleri)