giovedì 18 febbraio 2016

«Un filosofo è morto»




Alba del 17 febbraio del 1600. Giordano Bruno viene condotto a Piazza Campo de' Fiori, in Roma. L'Inquisizione ha deciso che deve essere bruciato vivo sul rogo, perchè non ha abiurato alle sue idee eretiche. Sette padri di quattro ordini differenti, gli chiedono ancora una volta di rinunciare ai suoi "mille errori e vanità". Giordano rifiuta. La lingua gli fu inchiodata in bocca perchè non parlasse mai più, prima di essere dato alle fiamme. Su Roma cadeva una pioggerella sottile. Il momento forse fu scelto apposta. Il rogo così poteva durare molto più a lungo, come le indicibili sofferenze del filosofo nolano, ancora oggi non riabilitato da Santa Madre Chiesa. Non rinunciò alle sue idee, alla sua visione del mondo, a costo della vita. Un uomo fu arso vivo. Ma non le sue idee, che insistono ed esistono nel mondo. Come scrive Bertrand Levergeiois, uno dei fondamentali biografi di Bruno: «Si prepara a morire mentre gli mostrano l'immagine di Cristo.... Distoglie lo sguardo dal crocifisso. Un filosofo è morto».
Ma, al tempo stesso, superati i sentieri del tempo e dell'atroce sofferenza individuale, è incredibilmente vivo. Il libero pensiero continua ad esistere.
(Antonio De Fazio)