martedì 8 marzo 2016

Per ricordare l'8 marzo anche senza mimose


di Davide Riboli


Raccolgo volentieri l'invito di chi ha chiesto di non fare auguri mimosanti per questo otto marzo, ma di scegliere e presentare una grande donna del passato che ci sia stata in qualche modo di ispirazione.
La mia scelta è Erzsébet Báthory, contessa transilvana nata nel 1560 e morta di stenti nel 1614.
Alla storia è consegnata la pittoresca immagine di una sadica dagli appetiti insaziabili, dedita alla magia nera, che avrebbe ucciso più di seicentocinquanta persone, torturandole. Si mormorava facesse il bagno nel sangue delle vergini per mantenere artificiosamente la propria bellezza.
In verità, leggendo i pochi atti rimasti dell'epoca, si ha più l'impressione di una donna volitiva, probabilmente bellissima e molto colta. Parlava quattro lingue diverse che aveva studiato da sola. E più che carne umana, pare divorasse libri.
Rimasta vedova d'un marito rozzo e violento, avrebbe potuto regnare su una vera potenza dell'epoca, ma una donna alla guida di tale potenza sarebbe stata intollerabile per la maschia società transilvana e la santa chiesa.
Fu montata un'accusa mostruosa e, come sempre in questi casi, i testimoni accorsero a centinaia. Ai suoi servitori furono mozzate le membra e vennero bruciati vivi, mentre Erzsébet che essendo nobile non poteva essere condannata pubblicamente, fu murata nei suoi appartamenti.
Vennero murate anche le finestre e furono lasciate solo due fessure per l'aereazione minima, attraverso le quali le veniva passato il cibo e, d'inverno, una fascina per il camino.
Morì, grazie alla santa volontà degli uomini giusti e pii, dopo quattro anni di buio.