lunedì 16 maggio 2016

Grande partecipazione a Reggio Calabria per il convegno del Grande Oriente sui fenomeni migratori. La Calabria un ponte verso il Sud del mondo di una Umanità che va accolta ed integrata con equilibrio e politiche adeguate


imageReggio Calabria ha risposto con grande entusiasmo e con una sentita e massiccia partecipazione civile all’evento promosso dal Grande Oriente d’Italia per ricordare l’ormai prossima celebrazione dei 70 anni della Repubblica Italiana. Oltre 1200 persone hanno gremito sabato 14 maggio l’Auditorium Nicola Calipari del Consiglio Regionale della Calabria dove si è svolto il convegno su “L’evoluzione dell’Umanità nei fenomeni migratori” organizzato dal Collegio dei Maestri Venerabili della Calabria e dal Consiglio dei Maestri Venerabili dell’Oriente reggino.
L’attualità del tema prescelto ha calamitato l’interesse delle autorità imagepolitiche che hanno portato il saluto alla manifestazione patrocinata dal Grande Oriente rappresentato dal Gran Maestro Stefano Bisi, dal Gran Maestro Aggiunto Sergio Rosso, dal Primo Gran Sorvegliante Antonino Seminario, dai Gran Maestri onorari Ugo Bellantoni, Giuseppe Lombardo e Antonio Perfetti, diversi Grandi Ufficiali, consiglieri dell’Ordine e garanti d’amicizia della Calabria e della Sicilia.
I lavori sono stati moderati da Marcello Colloca, presidente del Collegio della Calabria che ha introdotto la tematica con un articolato intervento. “Per noi massoni e solidaristi la risposta sull’evoluzione dell’Umanità nei fenomeni migratori non può che essere positiva, perché innegabili sono i benefici sia per gli stranieri che migrano che per gli italiani e occidentali – in generale gli autoctoni – che dovrebbero riceverli”.
imageDopo l’inno nazionale e quella europeo suonati dai maestri Enzo Crucitti e Cosimo Ascioti e il silenzio in memoria dei migranti che non sono riusciti a raggiungere le nostre coste, hanno portato i saluti Giorgio Cotrupi coordinatore del Consiglio dei Maestri Venerabili dell’Oriente di Reggio e l’assessore comunale comunale Valerio Misefari in rappresentanza del sindaco Giuseppe Falcomata’.
Poi c’è stato il significativo saluto portato dal presidente della Regione Mario Oliverio. secondo il quale “le politiche di integrazione richiedono certamente risorse, ma anche grandi esempi di disponibilità umana, come si sta già facendo in Calabria. Ringrazio il Gran Maestro Bisi per la scelta di Reggio Calabria per questo importante convegno di straordinaria attualità. Nessuno può girare la testa, l’Europa deve mettere un’altra marcia per trovare una soluzione, e solo di recente sta cercando di farlo. image
La soluzione non può arrivare che da una politica lungimirante di apertura, di accoglienza, di comprensione del fenomeno migratorio. E la Calabria, questa terra, che ha ancora grandi difficoltà ha alti valori e un grande senso di accoglienza e comprensione da poter essere il ponte verso il Sud del Mondo”.
Interventi di saluto anche da due donne rappresentative di culture e nazioni diverse come Rama Hassan, addetto commerciale all’ambasciata somala di Roma e Elvira Aurora Leta delegata al consolato romeno di Catania.
Il primo dei relatori ad intervenire è stato Guido Salerno Aletta, editorialista del Gruppo Class, che ha parlato de “Le fasi migratorie nella storia europea contemporanea”. “Interi continenti – ha detto – non sarebbero oggi ciò che sono: il Nuovo Mondo, gli USA, il Canada, l’Australia, il Brasile, l’Argentina senza l’emigrazione europea sarebbero ben diversi. Oggi, per esempio, ci sono oltre 4 milioni di italiani in giro per il mondo, che hanno ancora la cittadinanza. In Europa, sono un po’ più della metà. Quattro le fasi che hanno caratterizzato le fasi migratorie. La prima negli anni Cinquanta nel secondo dopoguerra, la seconda negli anni Novanta con la caduta del Muro di Berlino, dopo quarant’anni. Poi due fasi pressoché contemporanee, la terza a seguito della crisi europea a partire dal 2010, e la quarta dopo la caduta delle democrature del nord Africa e nel medio Oriente nello stesso contesto di crisi economica”.
Molto interessante e un po’ controcorrente l’intervento di Guido Bolaffi, presidente della Fondazione WeST. “Ho accettato di venire da Bruxelles qui da voi sollecitato dall’amico Salerno e da mio fratello che è un vostro confratello. E perché il tema dell’immigrazione nell’ambito dei 70 anni della Repubblica mi stuzzicava. Devo dire che ci avete azzeccato. Basta guardare questa platea divisa in due metà: i 70 anni di qua, l’immigrazione di là. Uno dei rari casi in cui si celebrano le cose in modo non rituale. La retorica sull’immigrazione non mi piace. È un fenomeno molto complicato, con il quale non si scherza e di fronte al quale non servono le parole dolci. Bisogna sapere che è un processo ruvido e che c’è chi ci guadagna e chi ci perde, altrimenti non ci sarebbero quelli che, sbagliando, hanno paura ed alzano muri. Non tutti gli immigrati sono stranieri e non tutti gli stranieri sono immigrati e non si tratta di un gioco di parole. Chi scappa perché ha un fucile puntato dietro è protetto da una norma internazionale ed è un dovere dei paesi accoglierlo. Sennò non si capirebbe perché le madri mettono i figli su un barcone per dargli una possibilità su un milione. Altra cosa chi decide, pur con tutte le sacrosante ragioni del mondo, di venire. È una scelta, ma anche tante persone fuori da qui hanno fame. I primi sono profughi, i secondi immigrati. Bisogna affrontare le due cose in modo differente. Mettersi seduti, calmare le acque, perché in Europa c’è chi ha paura, e stabilire dei corridoi e delle regole ben precise”.
Ha chiuso la serie delle relazioni Mario Giuseppe Scali, già consigliere della Presidenza del Consiglio dei Ministri, autore di una lectio magistralis sulla storia dei Diritti Universali. “La più accreditata dottrina fa risalire al 539 a.c. Il primo documento al mondo sui diritti del cittadino. In quell’anno Ciro il Grande, primi Re dell’antica Persia, dopo avere conquistato la città di Babilonia, libero’ gli schiavi e decreto’ l’uguaglianza delle razze e il diritto di ciascun di scegliere la propria religione. Questi ed altri decreti, redatti con la scrittura cuneiforme, furono incisi su un cilindro di terracotta oggi meglio noto sotto il nome di “cilindro di Ciro”. Da Babilonia il bisogno di una disciplina dei diritti universali dei cittadini si diffuse rapidamente in India, in Grecia e, infine, a Roma. Qui soggiacque al concetto di “diritto naturale come logica conseguenza dell’evidenza che gli uomini nel corso della vita tendono a seguire determinate leggi non scritte basate su idee razionali derivate dalla natura delle cose. Il richiamo storico alle origini torna opportuno per capire la complessa situazione geopolitica lumeggiata oggi. Il bisogno dei cittadini acquista forma di esigenza irrinunciabile sempre a seguito di una grande sofferenza popolare per guerra o altro rivolgimento di grande impatto sociale e diventa norma di legge nelle aree geografiche volta a volta più sviluppate del pianeta. Nel gennaio 1948, la nostra Carta Costituzionale, segnata profondamente dal l’orrore della seconda guerra mondiale attraversata dalla barbarie dell’olocausto, sanciva tra i propri principi fondamentali i diritti universali. I principi fondanti della nostra Costituzione, iscritti negli articoli da 1 a 12 e nella parte prima relativa ai “diritti e doveri dei cittadini”, caratterizzano profondamente l’ordinamento Costituzionale al punto da poter affermare che la stessa organizzazione dei pubblici poteri sia prevalentemente funzionale al loro svolgimento e alla loro attuazione”. imageUn momento molto sentito ed emozionante è stato poi toccato con la proiezione del video sulla Costituzione che conteneva l’audio di un famoso discorso tenuto da Piero Calamandrei agli studenti milanesi il 26 gennaio 1955 nel salone dell’Umanitaria. “Questo è un testamento – disse riferendosi alla Costituzione -, un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”.
Molto bella la proclamazione dei vincitori della decima borsa di studio imageLogoteta-Mallamaci-Acacia agli studenti delle scuole provenienti con i loro insegnanti da tutte le provincie della Calabria realizzando una perfetta miscellanea tra la maturità dei grandi e la gioventù che è il futuro della Calabria e del nostro Paese. A premiare gli studenti sono stati fra gli altri il Gran Maestro Bisi e il presidente della Regione Oliverio.
La manifestazione ha poi avuto il suo momento culmine con l’intervento del Gran Maestro Stefano Bisi che ha espresso i motivi della precisa scelta di Reggio Calabria come sede del convegno e il forte senso di vicinanza della massoneria calabrese all’Istituzione e al Gran Maestro.
image“La Calabria è questa, è in questa sala. Sono gli studenti, gli insegnanti spesso male retribuiti ma che ci mettono tanto impegno per creare le nuove generazioni. E ci sono tanti fratelli che stamattina hanno riempito questo salone per partecipare insieme a noi a questo importante incontro organizzato dai fratelli reggini. Come ringrazio il presidente della Regione Mario Oliverio per aver accettato l’invito del Grande Oriente d’Italia. Ma ci sono tanti fratelli anche fuori. Come il fratello anziano Fortunato che si trova in ospedale e che ho sentito due giorni fa. Oggi avrebbe voluto essere qui con noi. Non sta bene ma ha tanta vitalità, tanta voglia di tornare in mezzo a noi. È un fratello al quale virtualmente ho attribuito la Giordano Bruno, la massima onorificenza che viene conferita ai fratelli che hanno dato è danno lustro alla nostra comunità. Reggio Calabria è una tappa del giro d’Italia che il Grande Oriente fa per celebrare i 70 anni della Repubblica. E dico con orgoglio che i massoni italiani sono stati i primi a promuovere le celebrazioni per la Repubblica accogliendo l’invito del nostro Presidente della Repubblicana Mattarella.
Insieme al Gran Maestro aggiunto Santi Fedele abbiamo fortemente voluto che un convegno si svolgesse qui, a Reggio Calabria, perché l’Italia è una ed indivisibile come avete visto e sentito dalle toccanti parole di Pieto Calamandrei che avete ascoltato. Abbiamo iniziato a Reggio Emilia, la città del tricolore, poi siamo andati a Colle Val d’Elsa cittadina di 20mila abitanti dove, dopo l’attentato delle torri gemelle, hanno deciso di costruire una moschea. Nessuna ha bombardato quella moschea come voleva accadesse Oriana Fallaci. Noi abbiamo fatto un bellissimo incontro qualche settimana fa insieme agli Imam di Colle e Perugia, parlando di integrazione, di nuovi italiani. E la cosa più bella è stato il gesto di un nonno musulmano che ha voluto offrire il cibo per festeggiare la nascita del suo nipotino. L’altra cosa bella è che davanti a questa moschea c’è un’altalena dove giocano insieme bambino cristiani e musulmani. Perché, come mi ha ricordato una volta il vescovo di Grosseto ora a Prato, il cielo è uguale per tutti. È uguale per quei migranti che scappano dalla guerra e dalla fame quando di notte su quei barconi guardano la volta stellata, ed è uguale per me che lo vedo stando seduto in poltrona, per tutti noi. Quando arrivano questi uomini, queste donne, questi bambini cercano un po’ di benessere. Noi non possiamo respingerli, buttarli in mare perché per tanti bambini purtroppo questo Mediterraneo diventa una culla e una bara. Non possiamo consentirlo. Noi dobbiamo allargare le nostre braccia per costruire dei ponti non dei fili spinati che fanno male, perché il filo spinato buca e noi non possiamo consentire che vengano bucati i bambini che potrebbero essere figli di ognuno di noi. Pensate a quelle madri che lasciano su quelle barche i loro figli perché possano trovare fortuna altrove. Riflettiamoci.
Il primo giugno saremo a Torre Pellice nella sala del sinodo Valdese col moderatore della tavola valdese Eugenio Bernardini. Perché ognuno deve esprimere tranquillamente la propria fede religiosa. E saremo lì per celebrare un uomo, il massone e valdese Paolo Paschetto, colui che ha realizzato lo stemma della Repubblica. Forse è poco conosciuto, ma era un massone l’ideatore dello stemma. Era un massone e lo dico in questa terra, in questa città dove in questi giorni si è parlato molto di Massoneria anche impropriamente purtroppo. Perché la Loggia è un luogo spirituale dove tutti insieme uomini si confrontano, dialogano per crescere e per lavorare al Bene dell’Umanità. Il resto sono cose deviate, che non ci appartengono e qualora ci appartenessero saremo i primi a colpire come abbiamo già dimostrato di sapere fare e di potere fare.
Noi siamo qui perché la nostra amata patria comincia da qui, dalle vostre coste, perché voi come il vostro sindaco, come quello di Lampedusa sapete accogliere con naturalezza tutti, perché fa parte della vostra storia. Voi siete stati i primi che siete andati in giro per il mondo come migranti
È bello sentire parlare calabrese. L’altro giorno ero ad Istanbul dove si è svolta la Gran Loggia di Turchia che dopo 22 anni ha restituito il riconoscimento al Grande Oriente, ebbene c’erano calabresi anche lì. Io mi sono sentito a casa. La Calabria è la Regione che dal 2014, da quando sono stato eletto, e voi non mi avete eletto con i voti della ndrangheta, è quella in cui sono venuto meno. Però mi trovo sempre come a casa in questa terra ricca di passione. Ricordo che quando venni eletto, Tonino Seminario, il nostro Primo Gran Sorvegliante mi disse: vedrai che della Calabria ti innamorerai. Ebbene io mi sono innamorato, ed il mio è un amore maturo, non adolescenziale, lo dico anche al nostro Marcello Colloca che ringrazio insieme ai fratelli che hanno organizzato questa bella giornata in cui uomini maturi, liberi muratori in grembiule, studenti ed insegnanti si sono incontrati in questo importante appuntamento. Noi siamo operai di un cantiere infinito dove si costruisce la Libertà, dove si deve operare per la salvaguardia dei diritti umani, civili. E siamo e vogliamo essere come un uomo, un fratello che tanti anni fa, nel 1944, pur avendo una situazione agiata decise di lasciare questa terra per andare nelle montagne del Friuli ed arruolarsi alle brigate partigiane e combattere per la Libertà che oggi abbiamo. Questo fratello è il partigiano Aldo Chiantella, il partigiano Fieramosca. E allora Fratelli e tutti gli altri alziamoci in piedi per lui. Gli consegnò l’onoreficenza Giordano Bruno, se lo merita per quello che ha fatto, che fa e per quello che farà. È un paladino della libertà di tutti ed anche un poeta. Leggete le sue poesie e amate la nostra Costituzione”.
A cura di Angelo Di Rosa