martedì 26 luglio 2016

Riflessioni sull'ideale massonico, oggi


di Augusto Menduini



Attraverso l’iniziazione simbolica, chi già sa e può trasmettere a chi è giudicato in grado di sapere e di potere, il tesoro della dottrina e della sua applicazione, e in tal modo si propaga quel raggio di luce sapienziale e che trasformerà il gesso in fuoco, i metalli vivi in essenze sempre più sottili, l’oro in Oro. Così nel tempo si perpetua la tradizione ovvero la libera Muratoria si riconduce direttamente alle forme con la quale la sophia perennis è più saldamente attiva in Occidente.

In ambito esoterico, diversamente da ciò che avviene in temperie profana, scopo-fine-meta sono qualità per certo necessarie ma in effetti ben fruibili se non animate da uno fra i più potenti di tutti i fuochi: dall’energia dell’ideale.

È chiaro che, per l’iniziato, fondamento  di un fruttuoso futuro è saper riconoscere il proprio ideale e farne l’impulso di ogni pensiero e di ogni azione e di tutto quanto collega il pensare all’agire, sommo dono o faticata conquista.

Se un alto ideale ispira costantemente la nostra volontà profonda, se siamo direzionati con fermezza verso uno scopo che di continuo, giorno e notte, ci mostra la via corretta per proseguire nel nostro lavoro, allora dobbiamo procedere con decisione perché il cammino è fissato dentro di noi mentre il breve succedersi dei giorni ci sfiora.

Ovviamente l’ideale non è solo una motivazione anche ottima; esso è una fortissima calamita spirituale, un magnete che ci attrae verso il giusto nel modo corretto, e dovrà essere operante, sinchè non saremo divenuti solamente quello che siamo:  puri perché purificati.

Senza ideale non c’è senso possibile per la nostra avventura terrena, ma se viviamo noi stessi alla luce di una radiante dinamo interiorizzata che indica il percorso e lo nobilita, allora ogni superamento è possibile ogni trasformazione diviene perseguibile.

L’ideale a cui si ispira l’istituzione della quale ci gloriamo di far parte, parte viva e attiva che sente in sé la verità dell’assunto fondamentale e lo condivide perché lo ama, è lo stato esposto e ribadito molto spesso nel corso di questi ultimi trecento anni: esso è ricordato all’apertura dei lavori di ogni tornata in grado di apprendista. Recita il testo che il rito è compiuto “Per il bene dell’umanità” e anche per altra non secondaria ragione ma della quale in questa sede non dobbiamo occuparci; dobbiamo tuttavia farvi un fuggevole accenno per agevolare la comprensione del significato generale.

L’ideale fondamentale è dunque espresso dalla frase “Per il bene dell’umanità”; quanto a seguito dell’invocazione e cioè alle parole “e alla Gloria del Grande Architetto dell’Universo” si può avere in un certo modo l’impressione che il livello dell’enunciato sia improvvisamente diverso e che l’apodissi abbia ceduto il posto ad altro tipo di comunicazione, altrettanto salda, ma meno definibile nei suoi contorni, meno terrigena, una certezza che fa parte, in realtà di un’altra dimensione e, sostanzialmente, di un altro discorso.

Atteniamoci dunque all’esame della prima parte dell’enunciato in oggetto. Nostro ideale è pertanto un simbolo la prima parte del quale suona letteralmente “per il bene dell’umanità”. Non c’è dubbio che tale frase è soggetta alla possibilità d’interpretazioni alquanto diverse e con differenti sottolineature non marginali. Ma, non potendo ora procedere ad un esame comparato delle più notevoli, e cioè più profonde, tra le possibili letture del testo, citeremo, quella a nostro avviso più attendibile e più congrua, ossia la risposta data a tale domande dal Reghini nel suo contributo   allo studio dell’essenza della Libera Muratoria (da: Considerazioni sul rituale dell’Apprendista libero muratore):

«Il perfezionamento dell’uomo è il fine che si propone la massoneria, il mezzo è costituito dal lavoro massonico basato e sostenuto dalla iniziazione simbolica, ossia conferita ed ottenuta mediante l’intelligenza dei simboli muratori familiari, così come l’opera d’arte si ottiene facendo uso degli strumenti di mestiere. Questo linguaggio  rende possibili le comprensioni, le intuizioni, i contatti mentali e spirituali, la guida interiore e la trasmissione iniziatica».

Parole chiare perché chiarissimo è il principio concettuale che le ha ispirate, parole, comunque che implicano un ulteriore approfondimento.
Onde pervenire alle esegesi di un testo che è innegabilmente criptico è necessaria una premessa testuale: considerare cioè la parola umanità, come essa appare nel nostro testo, non nel senso di “somma di tutti gli uomini”, bensì in quella di “tutti i singoli uomini”. Come l’iniziazione, all’interno della tradizione è individuale e non può essere che tale, così il termine “umanità” ha valenze diverse a seconda del contesto in cui appare. In un testo sacro “umanità” varrà sempre e solo “tutti i singoli uomini”:
«All’empireo non si può giungere in gruppo ma, eventualmente, ognuno da solo e in virtù delle proprie forze».

Quando poi volessimo prendere in esame la parola “bene” inserita nell’invocazione, è evidente che le componenti del trinomio massonico unite al principio di “tolleranza”, a buon diritto guidano gli uomini verso il bene, in tal senso hanno fatto e fanno parte chiarificatrice della tradizione massonica. Tuttavia è fuor di ogni riserva: del trinomio massonico si incominciò a parlare – sembra ormai accertato – dopo l’impiego che ne fece L.C. de Saint Martin posteriormente al 1780. La massoneria speculativa, con margini alquanto ampi, nacque nel 1717 e quindi certamente per molti decenni non portò quei termini sui propri stendardi.

Ma ai nostri giorni qualche evento, per nostra fortuna accaduto, genera la necessità di più acuto lavoro.

Quale istituzione, stato, compagine rifiuta oggi, almeno in linea teorica, l’applicazione pratica delle componenti del nostro trinomio o della tolleranza? Chi oserebbe opporre altro modo di pensare a quello che esalta la libertà, esige la parità, si inebria per la fratellanza, il tutto permeato del nobile afflato della tolleranza?

E allora? Abbiamo forse esaurito il nostro compito?

Sosteneva giustamente C.G.Jung che “non esistono cose vive che non abbiano un senso finalistico” cioè che ciò che è vivo “tende” a qualche cosa, ovvero si muove in una direzione. Se nel nostro caso la meta della tensione fosse veramente e pienamente raggiunta, potrebbe di conseguenza accadere che la tensione si avvia ad allentarsi? Si potrebbe dapprima obiettare che, come notava Machiavelli, mantenere una acquisizione è ben più difficile che raggiungerla. Seguendo tale ordine di idee, la prova più dura da sostenersi per noi non sarebbe alle nostre spalle, bensì nel prossimo futuro. Secondariamente si dovrebbe ricordare che la storia di molte istituzioni, organismi viventi, insegna che i valori che le hanno sostenute non necessariamente sono stati sempre gli stessi.

Certo la dottrina è inamovibile, ma, all’interno della dottrina unica, alcuni valori emergono solo quando i tempi sono maturi.

Il tempo  sempre maturo è l’oggi.

Com’è noto la presenza documentabile della realtà massonica nell’Europa Occidentale è di poco posteriore al compiersi del primo Millennio, e, nella sua sostanza, aveva carattere operativo. La medesima realtà, nella sua versione più moderna, cioè speculativa, è tale dal secondo decennio del XVIII secolo. I tempi successivi alla fondazione dell’Istituzione furono ricchi di fermenti di non facile assimilazione e non sempre furono supportati dalla disciplina dei Fratelli.
Gradualmente quel messaggio che era stato dottrina agìta si trasformò in istruzione trasmessa oralmente secondo le prime forme fissate ritualmente. Verso la fine del XVIII secolo la realtà  massonica moderna era plasmata secondo una ritualità che, salvo poche eccezioni, ancora oggi è quella di duecento anni fa.

Se si tiene conto non tanto del numero degli anni trascorsi quanto piuttosto della sbalorditiva velocità progressiva dello scorrere degli avvenimenti nel tempo, non stupirà constatare che, se nulla è mutato nell’essenza ideale della dottrina massonica, “fare massoneria” non può essere identica attività spirituale nell’epoca della musica di Handel o di Vivaldi e ai nostri giorni nei quali accanto alle grandiose conquiste della scienza, guardiamo con qualche preoccupazione agli effetti sempre più speciali materiati dai superbi inganni della tekné.

Detto chiaramente: oggi è più faticoso più aleatorio restare concentrati sul proprio ideale mentre l’ambiente, molta parte della cultura, i nuovi riti della quotidianità, ci stappano al di fuori di noi stessi per poi attrarci nella civiltà che troppo indulge all’apparenza e alla simulazione.

Si fa un gran parlare, proprio ai nostri giorni di valori, inevitabilmente provvisori e mutevoli, perché noi viviamo nella dimensione del provvisorio e del mutevole, ma per noi è certezza assoluta che uno è il più alto valore, il Lavoro, ed unica è la ricompensa, la Luce.

Avviene invece che, attanagliato nella morsa “produzione-consumo” l’essere giovane o meno giovane che oggi si accosta alla Libera Muratoria o da tempo si nutre dei benefici della vita templare, avverte al di là dell’atmosfera del tempio uragani di confusione che rendono arduo procedere e assai precario il colloquio con un mondo che spesso ci guarda con incuriosito sospetto.

Oggi è molto apprezzata la pelle della terra, non tutto il corpo celeste che in ogni sua pietra è sacro, sicchè la superficie pullula di improvvisati incantatori che attraggono non poche anime arrugginite e frettolose. Molti Fratelli sono costretti a coabitare con un’umanità agitata e ansiosa che non cammina corre, non legge i pochi libri che dovrebbe “studiare”, dà loro “uno sguardo”.  Molto, troppo, si svolge a simile livello.
In questa temperie il massone  che già conosce l’evoluzione della pietra, non trova fatica a riconoscere il positivo e il negativo, a distinguerli, e a scegliere. Ma chi esce dal chiasso di una discoteca che ancora porta nell’animo, per entrare nella quiete di un tempio abbisognerà di tutto il sostegno, di tutto l’amore possibile da parte dei Fratelli.

Come custodire allora l’ideale massonico se i segni dei tempi non appaiono favorevoli? Ignorarli non si può e non si deve. Una improvvisa accettazione verificherebbe l’attività di  migliaia di anni vissuti secondo quei principi che sarebbero divenuti i principi stessi della Libera Muratoria.

La convinzione? La convinzione, da sola dà esiti positivi estremamente rari.

Resta tuttavia intatta l’efficacia del più alto mezzo di trasformazione che da sempre opera tra gli esseri anche solo relativamente puri: resta l’ESEMPIO, termine che andrebbe scritto in lettere d’oro nel piccolo vocabolario dell’esoterismo voluto, sentito e praticato.
Fratelli, essere esempi uno per l’altro e tutti per il mondo profano è con ogni probabilità il modo di superare vittoriosamente le difficoltà di questo lungo momento, nel quale il Libero Muratore guarda con calma e attenzione intorno a sé e porta un amore sempre più forte alla propria dottrina.

Certamente anche le dottrine dell’anima più solide e più vere hanno una storia, un continuo fluire interno, storia fatta di apparizioni, di soppressioni, d’innovazioni, di valorizzazioni, di elementi dapprima posti sullo sfondo buio di vicende marginali ma poi, gradualmente o repentinamente, emersi nella piena luce della dottrina. Ciò non può non avvenire poiché tutto respira tutto ciò che vuol vivere deve vibrare per ininterrotti adattamenti.

Il più probante degli esempi ci è offerto dalle vicende  connesse al Pantheon greco. Dopo la scomparsa dei Pelasgi una quantità di ierogamie di provenienza assai diverse dilagò nell’arcipelago e la si ebbe, un vero e proprio fenomeno di continui battimenti, riprendendo un dato scientifico proprio del mondo musicale. Infatti, mentre ancora la risonanza provocata dall’apparire di una figura sacra non era ancora assimilata, altre figure urgevano, provocando lo scontrarsi delle rispettive influenze e generando così grande confusione e facilità di letture contraddittorie.

Si può facilmente controllare quanto asserito: si veda come sono strutturati  i volumi, per altro sontuosi, “Miti greci”di R. Graves, oppure “miti ebraici” di Graves-Patai, o i volumi della scuola di Vienna dedicati allo studio delle antiche civiltà mesopotamiche. Colpisce come tali ricerche sono organizzate: in poche frasi, solitamente, si espone il nocciolo della vicenda indagata e poi segue un eccezionale apparato critico formato da grandissima quantità di versioni, varianti, vicende simili, possibili riferimenti che dovrebbero gettar luce sulla realtà dei fatti per portare un po’ d’ordine in quello che, ad oggi, è solo un insieme di tentativi a mezzo dei quali si tenta di superare il caos. Sia chiaro: non caos di natura originaria, ma caos per eccesso di informazione, dovuto a fantasie aggiunte da nature forse artisticamente dotate ma certo scarsamente scientifiche, sicchè arduo è diventato il riconoscere in semplicità ogni vera origine del mondo dello spirito, nel passato.
Forse solo i veri poeti... i poeti-profeti...  Intuitivamente.

Può essere che un tempo, quando erano incorrotte, le nostre parole sacre, e altre, fossero utilizzate come mantras ma oggi usurata o anche solo parzialmente dimenticata la vera grafia, possono essre solo oggetto di indagine accurata anche se il loro persistere ci ammonisce che, in un passato ormai lontano non si sa con certezza per quale scopo, quelle parole funzionavano. La storia dà molto e molto esige, molto si conquista su parecchi punti si fa chiarezza, ma molto si perde. La causa più frequente dell’inghiottimento nel nulla è data dalla perdita del significato. Il simbolo del Vecchio Saggio, cioè del significato, deve occupare un posto d’onore nell’ordine dei nostri studi esoterici.

Infine, prima di avviarci a concludere questa relazione, una constatazione, che su tutto quello che è stato detto sinora ha verosimilmente grande peso un quanto rigorosamente riferita al singolo, eppure di carattere generale:

il corpo e l’anima raramente hanno la stessa età

L’età del corpo infatti, con qualche approssimazione, è quella che appare.

Dell’età dell’anima e della sua connessione con quel corpo non è possibile parlare. E non è solo questione di differenti “tempi” di crescita ma di maturazioni difficilmente simultanee.

Ma se parlare non è opportuno, riflettere è sempre lecito.
Di fatto si tratta di una situazione della quale è necessario tener conto prima di iniziare qualsiasi impegnativo viaggio interiore. Qual è, ovviamente il cammino iniziatico.

Lungo il cammino ognuno di noi è in un certo modo responsabile per tutti, perché “la fratellanza” consiste in un gesto interiore di autoeliminazione della nostra libertà.

I fratelli liberi muratori, solidalmente responsabili, si riuniscono nel tempio, nel luogo sacro ove al primo sguardo di chi varca la soglia si offre, immediata e completa, la visione dell’ideale massonico esposto in plastica evidenza. Un lungo percorso è sintetizzato esaustivamente ma con estrema semplicità.

L’ideale massonico custodito ed esposto visivamente nel tempio non richiede una particolare intuizione, quanto meno: è necessaria solamente una certa disponibilità mentale ed emotiva e propensione nel riconoscere nessi e connessioni; soddisfatta questa condizione, la risposta è pronta e completa per quanto attiene la teoria.

Ma, come tutti sappiamo, la messa in opera di ogni teoria è lavoro d’artista.

Ai piedi del trono del M∴V∴ la framassoneria dice tutto di sé esponendo il proprio ideale alla vista dei Fratelli.

L’ideale massonico è l’agente che consente la progressiva trasformazione della Pietra Grezza; è la tintura che anima, nutre, e perpetua la nostra dottrina.