martedì 8 novembre 2016

Il testamento di Totò massone «Vorrei migliorare spiritualmente» | Corriere del Mezzogiorno


Convegno sugli aspetti poco noti del rapporto tra artista e logge, a partire dal Testamento Spirituale sottoscritto a Napoli.
di Alessandro Chetta
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Antonio De Curtis Gagliardi
Per iscriversi alla Fulgor, loggia massonica di Napoli, Totò dovette rispondere a tre domande, per iscritto, ermeticamente. Cosa dovete all’umanità? E il Principe della risata: «Aiutare il prossimo, fare del bene, senza limiti di sorta». Cosa dovete alla Patria? «Tutto, fino al sacrificio supremo» (qui assunse toni quasi da maresciallo di uno dei suoi film, visto che poi non fu soldato esemplare). Infine, cosa dovete a voi stesso? «Niente al di fuori del miglioramento spirituale».Si indica con testamento spirituale il documento, l’entry form da sottoporre a verifica, con cui l’iniziando marchese Antonio de Curtis Gagliardi chiese e naturalmente ottenne l’abbraccio dei confratelli. Era il 9 aprile 1945. Sostenne il rito d’iniziazione in un tempio massonico a Montedidio. Il «testamento» sarà uno dei pezzi forti del convegno «Totò massone» organizzato alla libreria Rotondi di Roma, in via Merulana (mercoledì 9 novembre alle 18:30, l’incontro sarà in seguito visibile sul canale YouTube della libreria). Relatore è Ruggiero di Castiglione, classe 1940, studioso del Settecento e autore di molti scritti sulla storia della massoneria. Il feeling tra Totò e le logge è abbastanza noto, anche se non proprio a tutti i cultori dell’artista napoletano, almeno non nel dettaglio. Secondo di Castiglione di idealità e simbolismo libero-muratorio sono permeati anche capolavori come «’A livella» e la «Preghiera del Clown».
Professore, nell’incontro romano si proverà a far luce su un talento che ai più giovani ammiratori del grande attore potrebbe suonare strano, se non sinistro.
«Ma no, le logge sono sempre state corporazioni fin dal Medioevo e salotti di cultura nell’800 e del ‘900, alle quali in passato aderivano quasi tutti gli esponenti più in vista di una società. Nel ‘700 sia giacobini che sanfedisti ne facevano parte, come le moderne associazioni. Con la caduta del fascismo e la Liberazione non ne parliamo: spuntavano come funghi. L’ombra è scesa dopo i fatti della P2 di Licio Gelli, da allora massoneria è diventato sinonimo di segretezza finalizzata all’illegalità. Non è così. Poi, certo, le logge sono state spesso fortemente osteggiate dalla Chiesa, additate come anticlericali. Quindi l’aura negativa in Italia, al contrario dei paesi anglosassoni, è evidentemente dovuta anche all’azione del Vaticano».
Totò costituì una loggia anche a Roma.
«Sì, ne fu artefice, autorizzato dal Gran Maestro dell’epoca. La chiamò Fulgor Artis. Radunava diversi esponenti di cinema e teatro. Come enunciò nel testamento spirituale, cercava un modo per elevarsi nello spirito ma non in senso egoistico, facendo del bene agli altri».
Qualche nome?
«Mario Castellani, sua celebre spalla. Carlo Campanini, Aldo Silvani, Carlo Rizzo, Vittorio Caprioli».
Totò dunque indossava guanti bianchi e grembiule?
«Certo, poiché aderiva a rito scozzese, il più antico, indossava anche fasce di diversi colori a seconda dei gradi (arrivò al trentesimo)».
Quanto durò la Fulgor artis?
«Più o meno sette anni. Poi Totò si mise ‘in sonno’».
In sonno?
«Sì, non frequentava, se ne allontanò più non rinnegando nulla. Si dice che per questo progressivo allontanamento dalle logge ebbe un ruolo Fabrizio Sarazani. Il giornalista romano era molto cattolico e fu vicino all’attore nel periodo nero della separazione dalla prima moglie. Fu probabilmente lui a consigliarlo di abbandonare i fratelli massoni e avvicinarsi di più alla Chiesa. Il fine di Totò era comunque fare del bene».
Sorgente: Corriere della Sera 8 novembre 2016
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