martedì 24 gennaio 2017

Considerazioni sul Rituale del Grado di Eccellentissimo Maestro dell'Arco Reale


di Salvatore Sciuto



Il punto in questione su cui intendiamo soffermarci è tratto dai Salmi o Salterio, sacri Canti rituali per la maggior parte attribuiti al profeta Davide, da Dante considerato quale l’eccellente «Cantore dello Spirito Santo». Basterà al riguardo ricordare che una Tradizione (oralmente trasmessa) riferisce che «La Verità è celata nei Salmi e ne “Le Mille e Una Notte”».
     Estremamente prezioso sarebbe poter studiare ed approfondire il senso intimo, interiore, propriamente esoterico dei Salmi, e non accontentarsi di prendere in considerazione soltanto il senso esteriore e meramente letterale (pure «tradito») delle sovrapposte traduzioni che ne sono state fatte nel corso dei secoli e, purtroppo, nelle lingue occidentali, le quali sono le più inadeguate alla esposizione delle dottrine tradizionali. Per il vero, una autentica «traduzione» (noi la chiameremmo piuttosto «trasposizione» o «spiegazione») dovrebbe essere operata da personalità di altissimo rango esoterico e «dal di dentro», ovvero da un’autorità autentica che ne abbia realmente penetrato l’intima realtà.
     Occorre al riguardo tener presente che il testo masoretico (da masorah, Tradizione o, più estesamente, “catena tradizionale ininterrotta”, proprio della lingua ebraica, si compone di parole di cui ogni lettera è, ad un tempo, un simbolo e un numero, dal che la Scienza di altissimo (e riservato) rango esoterico dei numeri e delle lettere, scienza sconosciuta in Occidente, senza la quale nessuna accezione profonda del testo è possibile cogliere. Solo attraverso un attento e competente studio dello Zohar è possibile, per chi possieda le dovute qualificazioni, penetrare il senso interiore delle Scritture.
     Comunque sia, pur tenuto in debito conto quanto abbiamo accennato, occorrerà far ricorso al testo in atto disponibile, il quale risulta quantomeno da tre traduzioni successive: dall’ebraico al greco, dal greco al latino e da questo alle varie lingue d’Occidente. Inoltre vi è da considerare che della versione inglese o italiana, per esempio, ne sono sorte delle versioni talmente insulse da non rappresentare se non una vera e propria parodia, non soltanto del testo originale, ma persino della versione più coerente possibile, quanto meno curata da linguisti competenti.
     Ma rimane ancora una questione strettamente legata alla mentalità tipicamente occidentale, la quale consiste nel fatto che ognuno, fosse pure il più sprovveduto dei profani, poggiandosi al pernicioso postulato del «libero esame», crede potersi arrogare il «diritto» di interpretare, a modello della sua insolente ignoranza, qualsiasi cosa, soprattutto un testo sacro.
     Da qui tutte le assurdità e le innumerevoli congetture primariamente sorte dal protestantesimo e moltiplicatesi a dismisura nell’ambito della mistificante pletora di sette, non solo eterodosse ma pure antitradizionali e perfino pericolose.  Su una «prodigiosa» versione dei Vangeli (priva di imprimatur), a proposito del Pater si leggeva: «dacci oggi il nostro pasto quotidiano»!... Se tanto non fosse tragicamente ridicolo potrebbe essere perfino comico. Infatti ci venne di pensare che forse era una versione diretta… alle belve della savana! Senza offesa per tali creature, si capisce.
     Per il vero, se nella versione attuale è già un errore che sia stato scritto: «dacci oggi il nostro pane quotidiano», in quanto l’originale versione greca recitava assai ortodossamente: «dacci oggi il nostro pane sovraessenziale» – ton arton ton epiousion – (ossia il pane spirituale), figurarsi a quali devastanti aberrazioni si è giunti in questo tenebroso scorcio di fine ciclo!
     Ed è dopo queste pur brevi considerazioni che cercheremo, per quanto possibile, di entrare più direttamente nell’argomento.


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     Riportiamo quindi, contrassegnato dai versetti, il Testo in esame; Testo tratto dalla Sacra Bibbia recante l’attestazione di autenticità, ossia l’imprimatur dell’autorità vescovile, preposta alla sorveglianza dell’ortodossia.

Salmo 24 (23). SOLENNE INGRESSO NEL TEMPIO

1 Salmo di Davide.
Del Signore è la terra e quanto include; il mondo con i suoi abitatori.   
2 Poiché Egli la fondò sopra dei mari, la stabilì di sopra le correnti.
3 Chi ascenderà sul monte del Signore?
Chi potrà stare nel Suo luogo santo?
4 Colui che mani ha pure e mondo il cuore, chi l’animo non volge a cose vane.
5 Dal Signore egli avrà benedizione, e giustizia da Dio suo Salvatore.
6 È questa la stirpe dei Suoi devoti, che ricercano il Dio di Giacobbe.
7 Innalzate, o porte, le vostre cime, innalzatevi, o porte eternali. Che avanza il Re   della gloria.
8 Chi è questo Re della gloria? È Iddio, il Valido, il Prode, Iddio, il Prode nella pugna.
9 Innalzate, o porte, le vostre cime, innalzatevi o porte eternali, che avanza il Re della gloria.
10 Chi è questo Re della gloria? Il Signore (Iddio) delle schiere, è Lui, il Re della gloria. 
           
1 Salmo di Davide.
Del Signore è la terra e quanto include; il mondo con i suoi abitatori.   
     Del Signore: pura Essenza di ogni cosa, Spirito e Principio Supremo dell’Universo e della manifestazione universale, Principio, Mezzo e Fine.
     È la terra: la Sostanza universale, «Natura naturante», che nel mondo corporeo si manifesta come materia seconda , «natura naturata»; essa costituisce il piano di manifestazione dello stato umano.
     E quanto include: cioè tutte le possibilità suscettibili di essere «necessariamente» manifestate, sullo stesso piano, in certe modalità, quale quella corporea, al fine che le stesse possibilità, sviluppandosi secondo le virtualità che portano in sé stesse, concorrano alla «Realizzazione del Piano del G.A.D.U».
     Il mondo con i suoi abitatori: il mondo dell’uomo, ossia lo stato dell’Essere corrispondente a quello umano nella sua integralità, ivi compresi i «compossibili» inclusi nello stesso stato e nello stesso piano di manifestazione; cioè tutti gli esseri che rispetto all’uomo sono ad egli più o meno periferici, quali quelli appartenenti al regno animale, vegetale e minerale.

2 Poiché Egli la fondò sopra dei mari, la stabilì di sopra le correnti.
     Poiché Egli la fondò sopra dei mari: sopra i mari delle «acque inferiori» (le «acque superiori» sono i domìni degli stati superiori dell’Essere). Quindi la fondò sulla «sostanza» indifferenziata, la Hilè primordiale, Prakriti (Principio femminile – orizzontalità, asse orizzontale – ). Ciò tramite Purusha (principio maschile – verticalità, asse verticale – ), il quale è identico al Raggio Celeste, che è pure l’Asse del Mondo. Al punto dell’intersezione dei due assi si manifesta un Mondo; macrocosmicamente, uno stato dell’Essere totale, microcosmicamente, un essere individuale.
La stabilì di sopra le correnti: nella manifestazione cosmogonica primordiale dello stato umano, o del Mondo dell’Uomo, le condizioni erano totalmente diverse da quelle attuali. Il mondo e lo stesso uomo non erano affatto limitati dalle condizioni corporee, così come noi lo cogliamo o, meglio, come lo concepiamo nelle attuali condizioni, ma si ponevano interamente nello stato sottile o animico.    
È importantissimo comprendere che in tale stato primigenio, primordiale e propriamente «paradisiaco», il Mondo (lo stato umano nella sua interezza), non era affatto condizionato né dal tempo né dallo spazio; da tanto ne consegue che non era assoggettato alla «corrente delle forme», non era imprigionato nella catena delle nascite e delle morti, né da tutte le limitazioni dovute unicamente all’allontanamento dal Principio. «Di sopra le correnti», quindi.
     L’essere umano nello «stato primordiale», ossia in «possesso» del grado spirituale corrispondente (grado spirituale a cui può condurre la Via massonica), non «andava» verso le cose, ma erano queste che andavano a lui. Ma qui dobbiamo fermarci.        
     Aggiungeremo soltanto che fu soltanto dal suo allontanamento dal Principio, quindi dalla divisione insorta in se stesso che, caduto nella dualità, l’uomo perse il «senso dell’eternità», perse, appunto, ciò che la Tradizione iniziatica massonica designa come la «parola perduta». Allora il «Figliol prodigo», con un atto di divisiva superbia, si allontanò dal Padre; quale ladro e parassita di se stesso dilapidò ben presto i caduchi beni ai quali si era attaccato, e, illuso, si ridusse a rivoltarsi nel limo, disputando qualche fetida ghianda con i porci!...
     Il Signore Iddio stabilì dunque la terra «di sopra delle correnti».
     Non ci sarebbe qualche «Figliol prodigo» che, fidando nell’infinito Amore del Padre Misericordioso, con un atto di pura volontà si raddrizzi e si avvii verso di Lui?

3 Chi ascenderà sul monte del Signore?
     Chi, degli uomini, ascenderà sul Monte del Signore?
     Il Monte è la «Montagna Polare», la «Montagna Sacra», simbolo dalla stabilità della Tradizione primordiale che, immutabile, rimane inviolata e al di sopra di tutte le agitazioni del mondo e dei flutti del «mare delle passioni». È il «Monte Sion» della Tradizione Ebraica; l’Alborj dei Persiani; il Mêru degli Indù; il Monte Qâf della Tradizione Islamica; l’Olimpo dei Greci; il Montsalvat della leggenda del Graal.
Chi potrà stare nel Suo Luogo santo?
     Chi, degli uomini, potrà dunque stare nel Suo Luogo santo, ovvero stabilirsi nel «Soggiorno d’Immortalità»?

4 Colui che mani ha pure e mondo il cuore, chi l’animo non volge a cose vane.
     Solo colui le cui mani sono pure, e il suo cuore è mondato; reso puro dalle tenebre dell’ignoranza e delle passioni che essa genera; reso puro dagli attaccamenti e dalla sentimentalità; un cuore liberato dai «metalli», quindi non oppresso dal pesante bardo dell’ego che, quale potenza centrifuga, lo trattiene e lo spinge alla periferia del piano di manifestazione, invece di farlo vieppiù convergere verso il centro.
     Quindi, l’uomo il cui animo non volge a cose vane e che, ancorato il suo anelito alla santissima Verità, concentrando tutte le potenze dell’essere, verso la Verità si dirige; volge alla Retta Via, al «Retto Sentiero», al retto pensiero (retta intenzione), ossia all’evangelica «buona volontà».
     Peraltro, gli «uomini di buona volontà» (frase proferita dagli angeli alla nascita in questo mondo dell’Avatâra eterno, Gesù Cristo), non sono affatto, come il moralistico letteralismo suggerisce, le cosiddette «brave persone»; tali uomini sono precisamente gli iniziati ai Misteri; solo essi sono coloro che, dotati           del «retto intendimento», volgono e si dirigono alla visione del Volto Sublime.       «Gloria a Dio nell’alto dei Cieli, e Pace in terra agli uomini di buona volontà».  

5 Dal Signore egli avrà benedizione, e giustizia da Dio suo Salvatore.
     Siccome l’uomo di «buona volontà» riceve la «benedizione», cioè, assai più precisamente, le «influenze spirituali» (Berakhot) e la giustizia dal suo Signore, egli opera la Pace e la giustizia in terra per glorificare Iddio nell’alto dei Cieli. Cosicché i due aspetti complementari, celeste e terrestre, si fondono nell’Unica divina Realtà.
     Varrà precisare che i «cieli», altrimenti chiamati talvolta «mondi», non sono che gli stati superiori dell’Essere rispetto a quello umano; va detto altresì che tali stati sono in realtà gradi di iniziazione effettiva, cioè effettivamente (e non soltanto virtualmente) realizzati nella loro pienezza.
     Tali stati corrispondono ai domìni designati come essere quelli degli Angeli, Arcangeli, Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni ed Empireo.

6 È questa la stirpe dei Suoi devoti, che ricercano il Dio di Giacobbe.

7 Innalzate, o porte, le vostre cime (frontoni di legno delle porte del Tabernacolo), innalzatevi, o porte eternali. Ché avanza il Re della gloria.
     Così come sopra abbiamo detto, siccome gli uomini che costituiscono «la stirpe dei Suoi devoti» (l’élite spirituale) opera in terra imitando gli Archetipi Celesti, allo stesso tempo che si innalzano le porte del Tabernacolo (Luogo recondito, nascosto, corrispondente alla «nicchia del cuore»), si schiudono le «Porte Celesti» per accogliere «il Re della Gloria».

8 Chi è questo Re della gloria? È Iddio, il Valido, il Prode. 
Iddio, il Prode nella pugna (nella battaglia).

9 Innalzate, o porte, le vostre cime, innalzatevi o porte eternali, che avanza il Re della gloria.

10 Chi è questo Re della gloria? Il Signore (Iddio) delle schiere, è Lui, il Re della gloria. 

     Noteremo che allorquando in qualsiasi Testo sacro, nessuno escluso, si parla di «battaglie», di «eserciti», di «schiere», di «lotte» e di «guerre», bisogna intendere il senso simbolico di tali riferimenti, e non necessariamente ad eventi o ad azioni cruente; tali passi non hanno nulla a che vedere con l’esteriorità. Le «guerre» o le «battaglie» devono essere essenzialmente intese quelle combattute nel «campo» interiore dell’uomo dotato d’intelletto; in sé stesso infatti egli combatte per sconfiggere gli elementi disarmonici che si oppongono all’armonizzazione nell’Unità Totale e lo allontanano dalla Verità suprema.
     Tale aspetto, squisitamente interiore e altamente esoterico, è stato generalmente obliato, soprattutto dall’esteriore punto di vista exoterico degli aderenti «religiosi» alle tre forme tradizionali propriamente abramiche.

     Basterebbe al riguardo considerare che la Bhagavad-Gîtâ, uno dei più importanti Testi dei sacri Vêda, dove l’eminente simbolismo esoterico della «battaglia» è prevalente, non è mai stata dagli Indù interpretata alla stregua degli ottusi ignoranti, sempre e soltanto disposti a vedere dappertutto quanto corrisponde alla loro innata violenta barbarie.
     Tuttavia, «Tutto è puro per i puri», diceva San Paolo. Dal che può dirsi che, per inverso, tutto è impuro per gli impuri!        





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Ecco, sinteticamente, qualche notazione che in qualche modo abbiamo potuto esprimere riguardo al senso interiore dei Salmi citati.
     Non abbiamo ritenuto necessario riportare quanto sta scritto nel rituale, poiché il confronto sarà facile; potrà notarsi che così come è stato riportato risulta veramente inintelligibile.
     Per concludere, diremo soltanto che se è assai difficoltoso cogliere il senso profondo delle Scritture così come esse figurano nelle edizioni che abbiano almeno il crisma di una certa autorità «letterale», diviene veramente impossibile coglierlo in edizioni che rilevano da punti di vista che definirli solamente «profani» sarebbe fargli troppo onore.
     Occorre pur dire che l’influenza «protestante», tutta intrisa di materialistico sentimentalismo e di becero moralismo, ha sciaguratamente contribuito ad una vera e propria devastazione dei Testi sacri; una interpretazione fin troppo al di sotto del più insignificante letteralismo. Prova ne sia il fatto che una speciale sorta di «sermone» moralistico (a volte veramente disarmante e insopportabile) ha finito per sostituirsi all’essenza profonda di un rito iniziatico, rito pervicacemente appellato come «cerimonia»! (1)
     Tutto ciò ci fa pensare alla «predica da cinque lire», dove il predicatore e gli uditori non capivano un bel nulla… tranne complimentarsi a vicenda! «Più basso il servizio, maggiore il compenso», dice la Tradizione Estremo-Orientale.
      Ma c’è di peggio, poiché la sovversione prima e la contro-tradizione dopo, trovano così un campo ben preparato per il fine che (pure illusoriamente) si prefigge l’«abominio della desolazione» dei tempi ultimi.

In tali condizioni si è in presenza di una confusione a cui mai la presente umanità ha dovuto assistere!
     Quale verbo risuona dunque all’interno dei Templi, e quale comprensione è predisposta ad «aprire le porte del Tabernacolo»?
     Allora ci sovviene ricordare le sante parole della sacra Tradizione: «Raddrizzate le Vie del Signore».
     Forse, prima che sia troppo tardi, necessiterebbe un provvidenziale e magistrale intervento, onde liberare dagli opprimenti sterpi i preziosissimi rami del sacro «Albero di Luce».
     Ci sarebbero tante cose da dire in proposito, ma ci limitiamo qui a quanto, come che sia e come ci è stato dato, ci eravamo proposti.
     Vincit omnia Veritas.

(1) – È sempre l’occasione, ai nostri giorni, denunciare tale abuso di linguaggio, assolutamente improprio (e pure sospetto!) riguardo ai sacri riti; essi infatti discendono dall’Ordine divino e non possono mai essere assimilati a quanto tracima da cervellotiche, arbitrarie e fuorvianti invenzioni individuali, cioè quelle cosiddette «cerimonie», le quali non sono poste in essere e non si risolvono se non in una vera e propria ridicola parodia tendente ad usurpare i sacri riti; non si tratta in tutto ciò se non di degli «effetti speciali» atti a suggestionare e preparare la gran «massa» dei malcapitati ad accogliere passivamente quei «prodigi» messi in campo dalla menzogna; quei prodigi che sedurranno, se possibile, perfino gli eletti!