lunedì 22 maggio 2017

Riflessioni sull'ego


di Nuccio Puglisi



Quando diciamo “io sono” non è il corpo che lo dice ma colui che è dentro.
L’ego materiale è molto astuto e non si fa ridurre tanto facilmente e per difendersi crea abilmente dei respingenti.
Qualcuno affermò che la più grande abilità del Diavolo è far credere che non esiste; noi possiamo parallelamente affermare che la più grande furbizia dell’ego è far credere a chi ce l’ha di non averlo o che non esiste.
L’ego non è uno ma una "legione di ego” come qualcuno la definisce.
Il Mito Della Medusa illustra questa situazione: essa rappresenta la personificazione della parte oscura della Luna, la sua parte malevola; i serpenti in testa alla medusa sono i raggi della Luna, emanazioni negative del pensiero conscio e per affrontarli bisogna fare proprio come ha fatto Perseo che vince la medusa distogliendo da essa lo sguardo ed osservandola attraverso i riflessi speculari dello scudo e così può tagliargli la testa. L’ego, o gli ego, attaccano l'individuo nelle cose materiali facendolo divenire pietra pesante, creano ostacoli.
Nel Primo Grado il candidato lavora sulla volontà perché senza quella non può proseguire oltre questo primo grado, e tale “primo anno” può allora arrivare a durare tre anni o più del nostro tempo.
Ma volontà non è semplicemente smettere di fumare o smettere di mangiare carne, queste sono piccole cose. Nel percorrere la Via si perdono cose di una dimensione e se ne acquistano altre appartenenti all’altra dimensione.
Chi domina la propria volontà, il cui simbolo lo ritroviamo nel tarocco dell’eremita con il bastone in mano che domina il serpente dei desideri, può iniziare col Secondo Grado dove l’amatore lavora sulla parte emozionale, sugli attaccamenti e realizza il vero distacco.
Al Terzo Grado l’ Artista realizza la Grande Opera, è il Templare che realizza il proprio tempio e la coscienza gli si illumina. Questa è la TERRA PREPARATA libera dalle gramigne = TERRA SANTA = TERRA GIUSTA per seminare il seme prezioso della virtù; allora ci si può definire alchimisti. Questi sono i gradini della scala. Ma se si saltano dei gradini allora non accade nulla, dentro non si forma nulla e non si sente nulla. Sul libro della natura è scritto “natura non facit saltus”.
Nella Via Inizatica non si ammette che si dica “non ci riesco” tuttalpiù è ammissibile che si dica “non voglio”. Non è un percorso obbligatorio: il mondo è pieno di mediocri ed uno più o uno meno poco conta; nella Vigna del Signore c’è di tutto. Se non si è disposti a percorrere i gradini uno alla volta è molto meglio non intraprendere nulla perché si perderebbe solo tempo. Ma se c’è la spinta interiore allora non ci si può negare il percorso, per quanto faticoso e duro possa essere. Se uno ha nostalgia del cielo o, come si dice, “sete di cielo” allora non può tornare indietro e dunque se dobbiamo fare il percorso facciamolo come deve essere fatto.
Molti se la prendono con il Maestro o con la Via, ma a torto perchè se l’iniziato non funziona la Via non è per lui e non funzionerà.
Non si tratta di avere il pennacchio in testa o di esibire medaglie, gradi o bandierine come quelle apposte nelle uniformi degli alti ufficiali militari. Simili gradi sono virtuali. La corsa ai gradi che ha imperato talvolta in alcuni ambienti è sterile. Il grado reale è quello che si forma dentro, lo si sente e lo si vive. Conta l’amore per la ricerca e l’esperienza vissuta sulla propria pelle: questo cambia l’essere non virtualmente ma realmente. Quando avremo attraversato il ponte che ci conduce da questo mondo a quell’altro non porteremo dietro nessun grado ma solo “ciò che si è”.
I gradi e l’umiltà non vanno molto d’accordo. “Chi si umilia sarà innalzato, chi s’innalza sarà umiliato”. Ciò significa che il vero potere nasce con l’umiltà. E ciò che realmente si è conta.
L’ego non serve nella Via, o ne serve poco. Il Maestro non dice al discepolo “bravo” perché lui non è bravo. Se gli dice “bravo” non gli fa del bene, lo illude è come sputargli addosso del veleno. Non funziona nella Via questo tipo di incoraggiamento. Ed un giorno che diventerà veramente bravo se ne accorgerà da solo, non avrà bisogno che qualcuno glie lo vada a dire.
Nelle comunità Essene si doveva obbedienza al Maestro di Giustizia e gli ego si riducevano; tra i Gesuiti si andava incontro ad una forte spersonalizzazione quindi si guardava per terra e non negli occhi perché l’ego è la prima cosa con cui si deve lavorare. In fondo siamo tutti una sola cosa: Luce. E ci siamo manifestati. Non c’è differenza se sono vivo o morto perché la Luce è sempre la stessa.