giovedì 7 dicembre 2017

Mosè fu un iniziato?


di Michele de Simone



[...] Trattare la figura di Mosè mi ha richiesto uno studio ed un impegno che sinceramente in qualche momento mi ha creato non poche perplessità. L’ho trovato un personaggio difficile da decifrare per quanto abbia cercato di cogliere tutte le sfumature che sono stato in grado di percepire.
Il metodo che ho usato per tracciare questo lavoro, è stato quello di partire da una sia pur breve ma necessaria ricostruzione della vita di Mosè e degli avvenimenti che sono narrati nella Bibbia, precisamente nell’Esodo; in un secondo momento Vi proporrò alcune considerazioni elaborate dalla lettura di autori del passato che hanno studiato la controversa figura di Mosè.
Nacque da Amron e Jochebed, sposi nomadi che con il loro popolo si erano stabiliti in Egitto vivendo per decenni pacificamente a stretto contatto con il popolo di quel paese.
Il faraone Ekenofi IV si rese conto, forse sarebbe meglio dire decise, che il popolo israelita all’interno dell’Egitto fosse diventato troppo numeroso e potente e pertanto, con il suo esercito, rese schiava la popolazione ebrea obbligandola a lavori pesantissimi e, affinchè non si moltiplicassero, ordinò alle levatrici di uccidere tutti i figli maschi che nascevano.
Sto sintetizzando molto gli eventi di cui parlo che pure potrebbero essere descritti in modo più dettagliato, ma non vorrei tediare[...], certamente queste vicende sono note.
Dicevo delle levatrici le quali, coraggiosamente, non rispettarono tali ordini e con scuse giustificarono il loro comportamento al Faraone.
Al fine di non far correre rischi a loro figlio, Amron e Jochebed decisero di affidarlo, sistemato in una cesta di papiro, alle acque del Nilo presso un folto canneto.
La sorella del Faraone, che era solita recarsi in quelle acque, lo trovò e, pur comprendendo che si trattava del figlio di Ebrei, decise di tenerlo con se adottandolo.

1.
Ricordo che siamo nell’ambito di leggende, di fatti narrati in un certo modo anche per compiacere alle aspettative del popolo, però non paia strano quanto detto, perché la religione egizia premiava le buone azioni e le donne egizie avevano raggiunto una discreta parità di diritti con gli uomini al punto di poter anche adottare un figlio.
Le antiche scritture ci dicono che la sorella di Mosè, Miriam, con uno stratagemma, fece in modo di far allattare Mosè alla vera madre che potè in questa maniera trasferire al ragazzo una sia pur minima conoscenza del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe.
Fu questo un primo iniziale incipit del giovane Mosè, il quale vivendo a corte, figlio della sorella del Faraone, fu istruito in tutta la saggezza degli Egiziani, come dice la Bibbia (7,22). Accadde un episodio che modificò l’esistenza di Mosè, sino ad allora apprezzato uomo inserito nella società egiziana.
Assistette al linciaggio di un israelita da parte di un egiziano ed ebbe una reazione drastica: uccise l’egiziano e nascose il cadavere. Tale reazione non fu quella di un uomo impulsivo come pure si è ipotizzato, ma fu probabilmente un gesto che evidenziava la fede di Mosè circa la promessa liberazione di Israele dall’Egitto.
Forse pensava che tale gesto avrebbe sollecitato il popolo a ribellarsi.
Non fu così, e quando la notizia giunse al Faraone, Mosè per salvarsi, fuggì a Madian dove sposò Zippora.
Qui visse 40 anni come pastore sino a quando, conducendo le greggi del suocero al pascolo, gli apparve l’Angelo di Geova in un roveto ardente, un rovo di acacia, che bruciava senza consumarsi mai; l’Angelo gli comandò di recarsi dal Faraone perché facesse uscire il popolo di Israele dall’Egitto.
Mosè, scosso da tale apparizione, superò i dubbi e le paure e decise di recarsi dal Faraone convinto di avere al proprio fianco il vero Dio; la tradizione cristiana ci racconta dei tanti tentativi fatti da Mosè per convincere il Faraone a lasciare andare il popolo ebraico; sappiamo che per dare forza alla richiesta di Mosè Iddio lo dotò anche di poteri soprannaturali che solo un essere superiore gli avrebbe potuto attribuire.
Mosè avvisò il Faraone che se non avesse fatto uscire il popolo di Dio dall’Egitto si sarebbero abbattute su quest’ultimo molti disastri, le famose dieci piaghe d’Egitto, la cui ultima culminava nell’uccisione da parte del Dio degli Israeliti di tutti i primogeniti degli egiziani.
Il Faraone non ascoltò ragioni, al contrario peggiorò le condizioni di vita degli schiavi ebrei.

2.
Arrivò dunque sull’Egitto anche l’ultima piaga minacciata dal Signore della quale l’Esodo ci fa un resoconto dettagliato e particolareggiato: la morte dei primogeniti egiziani fece alzare, in piena notte, un grido così grande ed atroce che mai vi era stato in Egitto e mai più si sarebbe udito.
Il popolo di Israele partì, sollecitato a farlo dagli egiziani che temevano di essere messi a morte anche loro dal Dio degli schiavi.
Mosè seguiva gli insegnamenti del suo Maestro e come sappiamo attraversò il Mar Rosso che invece inghiottì gli inseguitori egiziani; il popolo vide la grande potenza dell’Eterno, ne ebbe paura e credette in Lui e nel suo servo Mosè (così in Esodo 1-14).
Brevemente, ma necessariamente, devo continuare in questa mia narrazione di quanto è scritto nell’Esodo; serve a tratteggiare la figura di Mosè che superato l’ostacolo del Mar Rosso fece giungere il popolo a Mara dove non potè bere perché l’acqua era amara; il popolo si lamentò con Mosè, avevano sete.
Egli allora invocò il Signore che gli indicò un pezzo di legno da gettare in acqua; così fece e l’acqua immediatamente divenne dolce. In quel luogo il Signore diede al popolo un insegnamento, la Bibbia ci dice più esattamente, una legge ed una prescrizione: cito testualmente:
«Se tu popolo ascolti attentamente la voce del Signore io non ti infliggerò nessuna punizione come ho inflitto agli egizi, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce».
Il viaggio del popolo guidato da Mosè continua poi verso il Monte Sinai, ma essendo gli Israeliti un popolo “dal collo duro”, come viene detto più volte nella Bibbia, ed essendosi lamentati per la fame, il Signore interviene ancora rassicurandoli che avrebbero mangiato a sazietà carne alla sera e pane al mattino, per come gli sarebbe stato indicato di fare.
Il cammino della comunità guidata da Mosè con le continue indicazioni del Signore, fu lungo e pieno di ostacoli anche a causa del carattere del popolo che ad ogni difficoltà dubitava della presenza del Signore.
Giunti nel deserto del Sinai Dio disse a Mosè di allertare il popolo perché si sarebbe presentato loro sul Monte Sinai. Mosè così fece e dopo tre giorni un forte suono di tromba avvisò che qualcosa stava accadendo; il popolo uscì dall’accampamento e, condotto da Mosè, si fermò ai piedi del monte dal quale il Signore era sceso in mezzo al fuoco.
Dio chiamò Mosè che salì sul Sinai dove ricevette gli ordini da impartire al popolo ed ai Sacerdoti; nessuno poteva fare irruzione verso il Signore per guardarlo pena la morte, ed i Sacerdoti che pure potevano avvicinarsi di più, dovevano essere puri.

3.
Dio diede a Mosè, ai Sacerdoti ed al popolo dei comandi, ed ordinò loro di non adorare altri dei e di non costruire simulacri di oro e di argento, ma solo un altare dove offrire i sacrifici di ringraziamento.
Poi il Signore indicò a Mosè una serie di regole circa i rapporti tra le persone e lo chiamò sul Monte Sinai per consegnargli le tavole con le sue leggi scritte.
Mosè obbedì e gli fu rivelato come il popolo ebraico dovesse adorare Dio, delle offerte che questi dovevano fare e di come dovessero essere fatte; poi consegnò a Mosè le due tavole con le Leggi Divine, I Dieci Comandamenti.
Mosè comunicò al popolo di Israele le istruzioni che aveva ricevute dal Signore circa la costruzione del Tabernacolo, che nella tradizione ebraica significa “luogo della casa di Dio presso gli uomini”; inizialmente era trasportabile e veniva eretto nel deserto per adempiere ai riti sacri; comunicò loro quali fossero le offerte dei materiali che dovevano essere effettuate ed i nomi di coloro che il Signore aveva dotato di particolare intelletto per lo svolgimento di tali lavori, Bezaleel, Ooliab ed altri uomini abili che realizzarono quanto il Signore aveva ordinato.
[...] Non è mio costume scrivere molto, prediligo la sintesi, ma l’argomento di questa sera non mi è stato facile da sintetizzare e dunque perdonatemi se mi soffermo un momento ancora sulla descrizione che la Bibbia fa del Tabernacolo, penso sia utile;
era costituito da una recinzione rettangolare fatta da teli mantenuti da colonne e ricoperto da una tenda realizzata con pelli di animali; si accedeva attraverso due colonne che costituivano l’ingresso ed all’interno vi era un telo che divideva lo spazio in due luoghi; uno era detto Luogo Santo, dove potevano accedere sia i leviti, i sorveglianti del Tabernacolo, sia i Sacerdoti per svolgere i vari servizi previsti; l’altro era detto Luogo Santissimo al cui interno era conservata l’Arca dell’Alleanza che custodiva i Dieci Comandamenti, la verga di acacia di Aaronne e la manna; nel Luogo Santissimo si accedeva attraverso il Luogo Santo e poteva accedervi solo il Sommo Sacerdote che veniva scelto una volta all’anno.
Credo che si possano cogliere affinità, ovviamente considerando i millenni trascorsi, con il Tempio della nostra Istituzione e con quanto avviene nei nostri lavori.
[...]

4.
Il Signore comandò a Mosè quando avrebbe dovuto erigere il Tabernacolo, indicandogli tutti i rituali previsti; Mosè li rispettò: le colonne innalzate, l’altare all’ingresso del Tabernacolo, bruciò l’incenso ed offrì le oblazioni previste, pose la conca con l’acqua affinchè potessero lavarsi le mani ed i piedi prima di avvicinarsi all’altare, così come gli era stato ordinato.
Poi gli ebrei vagarono per molti anni nel deserto e giunti dalle steppe di MOAB sul Monte NEBO il Signore mostrò a Mosè tutto il paese: le terre di GALAAD, NEFTALI, il paese di Giuda sino al Mar Mediterraneo, il NEGHEB, il distretto della Valle di GERICO e le città delle palme sino a ZOAR; Mosè vide la terra promessa ma non vi entrò, morì in quel luogo, nel paese di MOAB, come il Signore aveva deciso per lui.
Fu sepolto nella valle ma sino ad oggi nessuno sa dove sia la sua tomba; aveva 120 anni.
[...] Questo è quanto ci narra la tradizione cristiana, o meglio quanto ho colto dalle letture fatte per affrontare questo lavoro; non faccio conclusioni circa la domanda che mi è stata posta ma credo che ognuno di noi possa trarre qualche convincimento.
Desidero adesso condividere con voi una serie di spunti che spero siano utili a chiarire, prima di tutti a me stesso, una figura tanto complessa ed importante per la storia della cristianità e della quale, sinceramente, mi sono oscure ancora molte cose.
La figura di Mosè è controversa, come detto, e la domanda che molti studiosi si sono posti è: Mosè è una figura della storia o è una figura della memoria?
Non ci sono prove certe della sua esistenza terrena, tutto ci è tramandato senza alcuna prova documentale; alcuni studiosi affermano di una sovrapposizione tra le figure di Ekhnaton (così si faceva chiamare il Faraone Amenofi IV di cui vi ho detto) e Mosè; il primo, il Faraone della cacciata degli Ebrei, fu artefice dello sviluppo in Egitto di una religione monoteista, dunque una contro religione rispetto agli innumerevoli dei che erano adorati all’epoca; non fu un cambiamento duraturo perché alla sua morte tutto ritornò come prima e di lui si cancellò quasi ogni traccia; il secondo, Mosè, anche lui, impose al popolo ebraico di adorare un solo Dio, del quale non si conosceva alcuna sembianza e del quale mai nessun fedele avrebbe potuto costruire immagini.

5.
Anche circa la sua origine ci sono più ipotesi, forse fantasiose o per qualcuno giustamente inverosimili che ritengo valga la pena condividere; il nome di Mosè è sicuramente di origine egizia e significa bambino; ce lo conferma anche Freud, che avventuratosi sul terreno controverso della storia biblica, si chiede per quale ragione nessuno abbia considerato la possibilità che il nostro fosse egizio.
A tale proposito fa delle ipotesi; può essere che un bambino di origine nobile (forse frutto non desiderato di qualche principessa dell’epoca) sia stato collocato in una cesta sul fiume, e qui trovato da un’umile famiglia che lo alleva. Se così fosse avremmo avuto, nelle storie che ci sono tramandate, una “inversione narrativa”; la famiglia è di umili origini mentre chi trova il bambino è una principessa. Quale poteva essere la ragione di questa inversione narrativa? La spiegazione fornita dall’autore, Sigmund Freud, è che tale storia servisse non a glorificare un eroe ma a giudaizzare un egizio. Di tale osservazione vi è riscontro nel racconto biblico dell’Esodo relativamente alla cacciata dall’Egitto; vi è prova infatti di un prolungato soggiorno di Semiti provenienti dalla Palestina in Egitto, gli Hyksos, che ivi regnarono per circa due secoli e furono poi cacciati dagli Egiziani che riconquistarono il potere; con l’inversione narrativa questi avvenimenti, per Freud, divennero una storia di schiavi che Dio liberò facendone il suo popolo eletto.
Teniamo presente, come detto precedentemente, che solo a pochi poteva essere elargita la conoscenza vera; al popolo dovevano essere diffuse storie facili, comprensibili e spaventevoli, affinchè fossero timorosi e rispettosi delle autorità costituite. Per altri autori la storia è diversa ancora; Ecateo ci dice che a causa di una improvvisa epidemia, che gli egiziani ritennero essersi diffusa per la numerosa presenza sul loro territorio di stranieri dediti a culti e costumi differenti dai loro, decisero di cacciarli. Mosè si mise alla guida degli Israeliti portandoli in Palestina, proibendo loro il culto degli dei ed inculcando il principio che “Dio non ha sembianza umana; solo il cielo che circonda la terra è Dio e Signore del Tutto”. Questo per dire come lo stesso personaggio sia visto e raccontato in maniera differente da molti studiosi. Ma torniamo ad una lettura più tradizionale del nostro uomo; tutto il viaggio raccontato nell’Esodo è un insegnamento che Dio fa a Mosè e che questi deve riversare, traducendolo in termini comprensibili, sul popolo di Israele. È un percorso di conoscenza per il protagonista, è una via iniziatica che Mosè percorre pur senza mai vedere il volto del suo Maestro.

6.
Nel suo insegnamento religioso Mosè utilizza molte delle cerimonie che presso gli Egizi costituivano i Misteri Minori (leggi rituali e cerimonie); ma fa ciò con astuzia, perché di fatto predisponeva una nuova scrittura delle leggi rituali in modo da far dimenticare la vecchia e portare gli Ebrei a compiere, in onore di Dio, tutti i riti che avevano svolto sino ad allora per gli idoli.
Perché Dio avrebbe scelto un uomo vissuto alla corte del Faraone per guidare il suo popolo se la dottrina egiziana non avesse incontrato il suo favore? Per tale ragione Dio condusse il suo popolo in Egitto inviandogli poi, per la salvezza, una guida iniziata ai misteri Egizi, una guida che avrebbe dovuto far percorrere ad un intero popolo un percorso di conoscenza e purificazione. Dio scelse Mosè perché era un uomo che aveva conoscenza della letteratura geroglifica egizia, laddove per geroglifici si intendono tutti quei segni simbolici di cui l’Egitto erudito era la patria e volle che scrivesse, occultandole sotto il velo di simboli e segni, alcune delle verità più sacre. Dunque molte di queste scritture contengono due livelli di significato: quelle che agli uomini semplici appaiono come semplici prescrizioni contengono, per i saggi, materie ed argomenti su cui riflettere. Mosè ordinò al popolo di rispettare i riti che erano contenuti nelle leggi, ma pretese anche che gli altri, il cui spirito e la cui comprensione erano superiori, si abituassero a vedere in profondità, a penetrare il significato più nascosto delle leggi.
Esisteva quindi una dottrina essoterica per il popolo ed una esoterica per la popolazione più erudita, i Sacerdoti.
Che compito arduo fu dato a Mosè: annunciare agli Ebrei una divinità senza nome e senza volto ed iniziarli al nuovo culto, all’adorazione di un Dio di cui nessun mortale aveva svelato il segreto; un’impresa impossibile, una doppia enorme fatica quella di far comprendere il concetto di “Io sono tutto” e la logica conseguenza di non far adorare tutti gli altri dei già noti al popolo, un popolo che ad ogni occasione scivolava nel politeismo.
A tale proposito noto similitudini tra le asserzioni della religione egizia ed il contenuto che Dio da disse nell’Esodo (3/14): “IO SONO COLUI CHE E’ ”; a Sais, località Egizia sul Nilo, la statua di Iside reca incisa la seguente epigrafe: “IO SONO TUTTO CIO’ CHE E’ STATO, CHE E’ E SARA’, NESSUN MORTALE HA MAI SCOPERTO IL MIO VELO”.

7.
C’è molta sovrapposizione tra le due affermazioni e nel caso degli egizi certamente si può fare riferimento al segreto della divinità senza nome del periodo di Ekhnaton nota solo a quella parte di uomini che potevano comprenderla, una parte degli eletti. Dunque al popolo una religione politeista, con tanti dei, tante raffigurazioni, tante immagini, tanti pretesi tributi e sacrifici diversi, agli iniziati la comprensione del concetto di Dio UNO-TUTTO, la rivelazione della verità ma anche lo smascheramento della finzione. Ancora qualche osservazione circa il differente livello di conoscenza riservato al popolo ed ai destinati alle cariche pubbliche, i Sacerdoti; [...] ai primi i misteri minori, costituiti da enigmi e simboli che servono ad introdurre gradualmente l’iniziando ai principi della religione: condotta di vita retta, dottrina delle punizioni e delle ricompense divine e tante altre semplici verità che venivano dispensate; ai secondi, i prescelti, la conoscenza dei misteri maggiori che vertono su due elementi: la disillusione (dell’iniziando al quale viene svelato il carattere ingannevole della religione a lui nota e della maggior parte di quanto contenuto nei misteri minori); ed il confronto con la verità (che non può essere insegnata o appresa ma solo contemplata ed acquisita mediante la ragione).
Quanto ci appartengono queste considerazioni! Mi avvio alla conclusione [...], ma consentitemi di dire ancora qualcosa sui simboli, quelli che abbiamo sotto gli occhi nella nostra Loggia; le due colonne del Tempio di Salomone, le frange del velo del Tempio, il pavimento a Mosaico ed il candelabro a sei bracci, le nostre parole sacre e di passo ed in particolare la parola perduta di cui in Massoneria si fa un uso misterioso. La nostra prima iniziazione all’Ordine è, nelle sue cerimonie principali, sovrapponibile all’iniziazione degli Israeliti a popolo di Dio ed al loro arrivo nella terra promessa; come loro, non abbiamo anche noi tutti patito una lunga e terribile sosta in un luogo deserto per prepararci? non abbiamo subito un passaggio attraverso il fuoco e l’acqua ed un viaggio faticoso e pieno di pericoli prima di raggiungere i luoghi sacri?

8.
[...]Io non so se ho risposto alla domanda che mi è stata posta: “Mosè fu un iniziato ?” personalmente ritengo non solo che lo fosse ma che sia stato poi anche un grande Maestro, capace di tutto quanto ci è stato tramandato dalle Sacre Scritture e dagli studi di tanti egittologi, uno per tutti il vescovo anglicano William Warburton il cui studio sulla missione divina di Mosè, diviso in tre volumi per un totale di nove libri, rappresenta uno dei testi di storia della religione e della cultura più significativi dell’Illuminismo europeo, per cui quanto da me elaborato, è veramente una umile tavola di un umile Maestro Apprendista. Or bene, le mie conoscenze limitate non mi consentono di andare oltre ma credo di poter dire che le dottrine degli ebrei possono essere o anche non essere legate a quelle massoniche, però ricordiamoci che in innumerevoli scritti massonici si fa riferimento a queste conoscenze ritenute di fonte divina, e ci basti sapere che vengono praticate nel nostro Ordine..