mercoledì 16 dicembre 2009

Il Venerabilissimo Fratello Bent Parodi di Belsito, Grande Oratore Aggiunto del Grande Oriente d'Italia, è passato all'Oriente Eterno.


Roma, 16 dic. (Adnkronos) - "I nostri labari oggi hanno un nastro nero: piangiamo un grande Fratello, un uomo di Luce, protagonista di mille battaglie di libertà". Cosi' Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, ricorda insieme a tutta la Massoneria di Palazzo Giustiniani il giornalista Ben Parodi Di Belsito, Grande Oratore Aggiunto del Goi, scomparso oggi.
"I suoi scritti - conclude Raffi - ganno fatto strada al dialogo nel segno dell'umanità. Nel Pantheon del Grande Oriente d'Italia la voce di Bent Parodi Di Belsito ci chiamera' ancora a guardare lontano"."Stringendosi con profondo affetto al dolore della famiglia e di quanti lo hanno amato".



Morto Bent Parodi. In lutto il mondo del giornalismo.

Il giornalista, Presidente della Fondazione Culturale "Lucio Piccolo" di Capo d'Orlado, da tempo soffriva di problemi cardiaci.


È morto questa mattina a Palermo il giornalista Bent Parodi di Belsito, 66 anni, presidente dell'Ordine dei giornalisti di Sicilia sino al 2004.

Parodi, per molti anni redattore del Giornale di Sicilia, era attualmente a capo della presidenza della Fondazione Culturale "Lucio Piccolo" di Capo d'Orlando.

Autore di numerosi libri sul mito, sull'esoterismo, sulla storia del pensiero e della Sicilia, soffriva da tempo di problemi cardiaci. Questa mattina è stato colto da una grave crisi cardiaca. A nulla è valsa la corsa verso l'ospedale.
Parodi, infatti, è arrivato al pronto soccorso dell'ospedale Civico di Palermo già privo di vita.

di Alberto Visalli.

domenica 13 dicembre 2009

Itinerario in Sardegna sulle tracce dei Templari.


Oggi vi proponiamo qualcosa di particolare: un viaggio fra attualità e passato, un itinerario in una parte di Sardegna molto lontana dalla facciata vacanziera.
Per chi non è sardo può essere una buona occasione per un viaggio nella storia, nel silenzio e nel mistero. Per chi vive qui invece potrebbe essere un’opportunità per conoscere una zona poco battuta o, se la si conosce già, per collegare fra loro luoghi e atmosfere cariche di enigmi.
Ci troviamo nel nord-ovest della Sardegna, a poco più di 40 km da Sassari, vicino alla meravigliosa Castelsardo: siamo a Bulzi.
Proprio da qui comincia questo intrigante viaggio fra le tracce evidenti della storia: la Sardegna pare destinata a riservare sorprese mozzafiato.
Nel 12° secolo arrivano nell’isola degli uomini dal coraggio indomito, custodi di misteri: i Cavalieri Templari. Il loro ordine è stato istituito nel 1118 in Terrasanta da <> ai quali il re cattolico Baldovino III consegna le chiavi del Tempio di Salomone. La loro regola prevede, oltre ai voti di castità, povertà e obbedienza anche quello di lotta senza quartiere agli <>.
L’ordine viene quindi incaricato di controllare la sicurezza nelle strade del pellegrinaggio cristiano: i membi si dichiarano pronti a morire in difesa dei luoghi santi, dei pellegrini e del conseguente fiume di denaro che scorre in Palestina. Vestiti con la tunica bianca sormontata dalla croce rossa, i Cavalieri devono sottostare a regole durissime. Inibito qualsiasi contatto con le donne: non si può baciare nemmeno la propria madre. Abolito tutto ciò che è divertimento: vietato perfino parlare senza motivo.
I Templari però non sono soltanto soldati: grazie ad una organizzazione già modernissima e a generosi lasciti l’Ordine in pochi anni acquisisce terre, castelli, casali.
Costituisce in tutto il Mediterraneo -isole comprese- insediamenti agricoli ed economici. Gradualmente questi possedimenti diventano teste di ponte per i regni crociati d’Oltremare.
In epoca normanna, dopo il 1139, i Cavalieri approdano nel Sud Italia, aprendo le loro domus gerosolimitane soprattutto in Puglia, con la sede più importante a Barletta. In questa stessa fase arrivano anche in Sardegna e anche dalle nostre parti non pagano le tasse perchè esentati da Papa Innocenzo II proprio dal 1139.
Questo beneficio consente loro di finanziare e far costruire decine di chiese, monasteri e roccaforti nell’isola, rifugi per i pellegrini e centri di alchimie.
Il percorso sulle loro tracce in Sardegna non può che iniziare quindi dalle chiese, e riserva magnifiche sorprese.
Intraprendiamo questo viaggio a Bulzi, nella chiesa-orologio di San Pietro delle Immagini, teatro sacro di meraviglie insospettate.
Nota anche con la denominazione di “Su Rughifissu”, il crocefisso, per via del gruppo ligneo duecentesco della Deposizione, ora ospitato nella Parrocchia di Bulzi. Una copia del pannello è esposta sul lato sinistro del transetto, vicino all’antica acquasantiera con il fusto ricavato da un tronco d’albero fossilizzato proveniente dalla vicina foresta pietrificata.
Situata a tre km dal paese, nella vallata del Silanis, mostra un articolato sistema realizzato con antiche sapienze orientali che scandisce il passare del tempo religioso.
Le luci arrivano da aperture sui muri laterali e rischiarano l’interno con sprazzi a volte impercettibili e a volte più intensi.
I fasci illuminano quelli che in passato erano i luoghi di lavoro dei monaci e scandiscono le ore, sempre con un alone enigmatico.
Nella chiesa sopravvive infatti un labirinto di allegorie: strade tortuose, lastricate di metafore spesso oscure che toccano le strisce policrome sulla volta dell’abside e nelle navate laterali. Sentieri dell’intelletto che sembrano evocare gialli medievali.
Accogliendo la sfida che giunge fino a noi dalla profondità del Medioevo, tentiamo di riconoscere e decifrare i simboli, sopratutto numerici e apocalittici, presenti all’interno e all’esterno di questa chiesa.
Il segno della Trinità, il numero 3, è riconoscibile nel numero delle monofore dell’abside che permettono a tre fasci di luce di illuminare l’altare, fondendosi con altri due, due come la duplice natura di Cristo – provenienti dalle monofore del transetto.
La luce e l’ombra, ripresi dalla bicromia delle volte a botte del transetto e dal catino dell’abside, si uniscono a formare una penombra diffusa che rende facile la meditazione e la preghiera. Usciamo dalla chiesa attraverso la porticina laterale e vediamo ai suoi lati, incise sulla pietra, due meridiane, unici orologi per i monaci che regolavano la loro giornata di lavoro e di preghiera con il sorgere del sole, e con il tempo necessario alla recita di determinate orazioni.
Sollevando lo sguardo verso la parete del transetto osserviamo, sbalzato sotto il secondo archetto, il segno della fine, l’omega.
Qui, a ridosso della parete, recenti scavi hanno messo in luce antiche sepolture; le ossa che erano in alcune di esse trovano ora riposo all’interno dell’edificio, sotto la lastra di granito ai piedi dell’altare, nella stessa fossa probabilmente già ultima dimora di qualche Abate, e ormai violata da secoli.
Nella facciata il gioco di numeri è ancora più evidente: i numeri 3 e 2 sono presenti ovunque … basta cercarli.
È un richiamo continuo, ossessivo, che ci porta a riflettere come sia riduttivo fermarsi alle apparenze. Nella formella dell’architrave del portone di ingresso, tre figure sommariamente scolpite contrastano con l’eleganza della facciata: non si sa esattamente quale sia il loro significato, ma è ragionevole pensare che l’ignoto scultore, probabilmente un monaco, abbia voluto rappresentare S. Benedetto sorretto, in punto di morte, da due discepoli, così come vuole la tradizione. Forse la formella risale al primo ampliamento, ed è possibile che i monaci l’ abbiano voluta conservare ed evidenziare a perenne ricordo dei loro confratelli ai quali, probabilmente, dovevano anche la fondazione dell’adiacente monastero.
Le origini e le basi di San Pietro delle Immagini risalgono infatti a prima dell’anno Mille ma la chiesa assume l’attuale stile romanico-pisano dopo lo sbarco dei Templari nell’Isola: stile che nelle sue pietre si coniuga in un’incredibile bellezza, con caratteristiche architettoniche in grado di documentare perfino i solstizi e gli equinozi.
Sono evidenti i criteri della costruzione che presupponevano conoscenze nel taglio delle pietre, nell’astronomia sacra, nel simbolismo, nella liturgia, nell’arte e nella matematica, tutte discipline perfettamente dominate dai Templari.
Possiamo vedere ogni parte del giorno nei quattro tempi dell’anno: il momento di maggiore intensità mistica arriva la sera, quando la luce indica il tempo di compieta, ultima preghiera del dì, corrispondente in questo periodo alle ore 16:00.
Non sono questi, però, gli unici segni dei Cavalieri. San Pietro sorge in fondo ad un percorso monastico, dedalo di strade per i pellegrini, lungo il quale spiccano altre chiese del nord Sardegna. A poca distanza, la chiesa fortezza di San Pancrazio, a Sedini, altro centro dei Templari.
Se infatti queste due chiese sono gli emblemi più vistosi dell’Ordine nell’Isola, ci sono tanti altri luoghi che parlano delle loro gesta: San Giorgio, a Perfugas
E San Leonardo di Siete Fuentes, dove sorge un tempio di antica nobiltà.
San Nicola di Silanis, ormai distrutta,
La splendida Basilica di Saccargia:

La perla della Sardegna è comunque San Pietro delle Immagini, con le raffigurazioni esterne e, soprattutto, con il gruppo ligneo, ora custodito nella chiesa al centro di Bulzi, un tempo posizionato all’ingresso di San Pietro. Non un semplice crocefisso ma, forse, l’opera sacra più importante di tutta l’Isola.
Perchè allora non deviare un pò dai percorsi più classici per scoprire una perla quasi sconosciuta?
Prossimamente vi porteremo virtualmente a scoprire la più importante chiesa romanica della Sardegna e una delle più notevoli d’Europa: San Gavino a Porto Torres.

da www.unblogindue.it

MASSONERIA: RAFFI, TEMPLI GOI CHIUSI PER CHI HA O HA AVUTO PROBLEMI CON LA GIUSTIZIA


Catania, 12 dic. (Adnkronos) - "Il Grande Oriente d'Italia e' una Istituzione massonica che ogni giorno e' 'lievito sano' per la societa' ed esempio di tolleranza e confronto, non solo per i suoi 21mila iscritti, e tra questi migliaia di giovani, ma per l'intera societa'. Nei nostri Templi non puo' accedere chi ha, o ha avuto problemi con la giustizia. Siamo portatori di una tradizione di liberta' e di democrazia ed e' per questo motivo che il Grande Oriente d'Italia cresce in numero e qualita' e, allo stesso tempo, la societa' civile considera ormai la Libera Muratoria come un corpo vivo ed attivo, attento e sensibile ai problemi e ai drammi del presente". Lo ha detto Gustavo Raffi, il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia.

A Roma arriva l'anagrafe degli eletti. I massoni dovranno "svelarsi"


Da Il Messaggero.it

Approvata delibera all'unanimità. Grande Oriente: ci schedano. Alemanno: nessuna avversione contro massoneria.

ROMA (11 dicembre) - A Roma verrà istituita un'anagrafe pubblica degli eletti: consiglieri e assessori o le persone nominate nelle società comunali dovranno dichiarare l'appartenenza ad associazioni e organizzazioni, anche quelle massoniche. Violenta reazione del Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia Gustavo Raffi che ha parlato di schedature. Il testo approvato è stato emendato dalla maggioranza di centrodestra.


«Le facevano i nazisti e gli stalinisti» ha detto Raffi annunciando «le più ampie tutele in tutte le sedi». Commentando le dichiarazioni di ieri del sindaco Gianni Alemanno, secondo cui «i nominati e gli eletti non possono appartenere a società segrete, a prescindere se siano massoniche o meno» ha sottolineato: «Odorano di zolfo e riecheggiano, amiamo credere per ignoranza (nel senso latino del termine), le nefaste denunce del complotto demo, plutocratico, giudaico, massonico di triste e stucchevole memoria». Ribadendo che «la massoneria del Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani non è una società segreta ma opera alla luce del sole».


Alemanno: nessuna avversione contro la massoneria. «Non nutro nessuna avversione nei confronti della massoneria - ha affermato il sindaco Gianni Alemanno - Inviterò presto il Gran Maestro Raffi in Campidoglio per chiarire ogni equivoco e trovare una soluzione che garantisca la massima trasparenza sull'anagrafe degli eletti senza discriminare nè offendere nessuna sensibilità e nessuna cultura».


In particolare sono stati approvati sei dei sette emendamenti presentati: con quelli della maggioranza, primi firmatari Federico Mollicone e Andrea De Priamo, si estende l'anagrafe anche ai nominati cioè i destinatari di incarichi nell'amministrazione comunale e nelle istituzioni culturali oltre che nelle aziende partecipate del Comune di Roma. Inoltre in base ad un altro emendamento eletti e nominati dovranno dichiarare la propria appartenenza «ad associazioni culturali e sportive, a enti morali, a Onlus, a cooperative sociali, ad associazioni massoniche, a fondazioni e ad ogni altro genere di forma associativa pubblica e privata non coperta dalla privacy».


Tra gli emendamenti approvati anche quello a firma del consigliere comunale del Pdl Berruti con cui si istituisce l'obbligo di inserire anche il riepilogo semestrale delle iniziative consiliari cioè mozioni, delibere e interrogazioni. È passato un emendamento del consigliere della lista civica per Alemanno Antonino Torre di inserire l'elenco degli assenti ingiustificati nelle sedute del consiglio nelle quali manca il numero legale.


I primi firmatari Mollicone e De Priamo si sono detti «disponibili ad incontrare tutte le associazioni, compreso il Grand'Oriente, che ne facciano richiesta per spiegare che quest'obbligo è esclusivamente conoscitivo». «Siamo soddisfatti per l'approvazione della delibera - ha detto il capogruppo del Pd Umberto Marroni - perchè la trasparenza è l'elemento fondante di una democrazia partecipativa ed è alla base di un processo teso ad un maggiore coinvolgimento dei cittadini alla vita politica e delle istituzioni». Il capogruppo del Pdl Dario Rossin ha spiegato che «l'estensione dell'anagrafe anche ad amministratori e nominati è una scelta che va nel segno di una totale nitidezza amministrativa verso i cittadini».

mercoledì 9 dicembre 2009

Dagli al massone italiano! Mentre Dan Brown esalta quello americano.


MASSONERIA: RAFFI (GOI), P2 VECCHIA STORIA DA PALUDE, ORA FAZIO MI INVITI IN TV DAN BROWN HA COLTO ALCUNI SEGNI DELL'ISTITUZIONE, MA RESPINGIAMO CON FORZA EQUAZIONE CON GELLI


Parigi, 7 dic. (Adnkronos) - ''Certo giornalismo qualunquista e nalzionalpopolano non perde occasione per passare legna ad anacronistici roghi''. Non ci sta a ridurre la Massoneria alla P2, il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Gustavo Raffi, che in un’intervista da Parigi all'ADNKRONOS scuote le testa e con decisione spiega: ''Di fronte a Dan Brown, che giustamente parlava dello spirito della Massoneria come di una forza che unisce sotto lo stesso Tempio uomini di diverse fedi e storie nel segno dell'umanità e della tolleranza, Fabio Fazio ieri sera a 'Che tempo che fa', senza alcun contradditorio e parlando solo dalla sua parte di vetro, non trovava di meglio da fare che ricondurre la Massoneria italiana alla sola P2, evocando spettri e tristi periodi consegnati a un passato che non può ritornare e di cui siamo stati le prime vittime''.
''Per fare un esempio – aggiunge - sarebbe come parlare di tutta la Chiesa facendo riferimento ai roghi degli eretici e alla caccia alle streghe, o considerare il Pd ricordando di questo partito solo le radici comuniste. Ma gli esempi sarebbero milioni. L'equazione Massoneria uguale P2 e Licio Gelli - rimarca quindi il numero uno di Palazzo Giustiniani - è un'operazione che respingiamo con forza, tanto più che su quel signore di Villa Wanda ormai anche i muri sanno che fu messo alla porta dal Goi con sonore pedate al sedere e con una condanna morale senza appello. Ho ribadito sempre che Gelli sta al Grande Oriente come le Brigate Rosse stanno al Pci. Per questo non accettiamo improvvisate gogne mediatiche, da qualunque parte vengano''.
Quanto all'autore de 'Il Simbolo perduto', ''l'ho invitato da tempo al Vascello - rivendica Raffi - per un confronto a tutto campo e trasparente, come è nel nostro stile, sulle radici e il messaggio della Massoneria e anche per presentare il suo libro che in molti passaggi riesce a cogliere, da profano, alcuni spunti importanti della nostra scuola di pensiero che va oltre il tempo e le storie: per noi parlano i fatti, non i luoghi comuni di chi rimesta acque di palude''. (segue)
MASSONERIA: RAFFI (GOI), P2 VECCHIA STORIA DA PALUDE, ORA FAZIO MI INVITI IN TV (2) FA PIU' COMODO RIESUMARE UN EX MATERASSAIO CHE SEGNALARE IL LAVORO ONESTO DI VENTUNOMILA COSCIENZE
(Adnkronos) - ''A questo punto - incalza Raffi - se la terza rete Rai ha un sussulto di dignità, mi aspetto di sedere una sera, per pochi minuti, sulla poltrona di Fazio per spiegare agli italiani cosa è davvero la Massoneria e da quali uomini è formata. Se questo invito non dovesse arrivare, a mal partito si troverebbe chi pensa di detenere la verità entrando con delle falsità nelle case della gente e la televisione italiana avrebbe perso un'altra occasione per fare il suo compito: informare e raccontare come stanno le cose''.
''Rispetto alla P2, lo ripetiamo fino alla noia, abbiamo i guanti bianchi e puliti e il volto fermo. Forse, però - fa notare il Gran Maestro Raffi - fa più comodo riesumare le malefatte di un 'ex materassaio', come lo definisce il presidente Cossiga, che il lavoro silenzioso e operoso di 21mila persone e coscienze che ogni giorno portano il loro contributo onesto e costruttivo alla società italiana''.
''Ci permettiamo infine, con massonica umiltà e tolleranza, di ricordare al guru Fazio che la foresta che cresce fa meno rumore di un albero che cade, ma alla lunga quella foresta silenziosa è una boccata d'ossigeno per tutti. Nella vita, come nella tv, esiste il confronto e per farlo bisogna essere in due. E pensare che il primo dovere del giornalismo dovrebbe essere quello di verificare fatti e fonti. Nessuno - taglia corto l'avvocato ravennate alla guida del Goi - si stracci le vesti per queste doverose precisazioni: abbiamo un dovere morale di fare chiarezza, come abbiamo sempre fatto, nei confronti di migliaia di giovani che compongono come pietre di senso e di speranza le colonne dei nostri Templi. E costruiscono insieme a tutto il Grande Oriente il tempo della proposta per l'Italia, invitando al dialogo sempre. Il resto sono giochini da imbonitori catodici o chiacchiere da supermercato delle idee. E i trovarobe delle ideologie e degli schemi precostituiti da sempre non appartengono alla nostra storia di libertà di pensiero''.
(Red/Zn/Adnkronos)

mercoledì 2 dicembre 2009

Da “operativa” a “speculativa”: origini ed evoluzione della Massoneria


di Luigi Carlo Schiavone

“Il segreto della Libera Muratoria è inviolabile per sua propria natura, perché il libero muratore che lo conosce, lo conosce soltanto per averlo indovinato. Egli non lo ha appreso da alcuno. L’ha scoperto a forza di frequentare la loggia, di osservare, di ragionare di dedurre”.

Giacomo Casanova, “Memorie”Da sempre la Massoneria risulta oggetto di numerose disamine e copiose pubblicazioni ma tali opere presentano raramente un sufficiente grado di obiettività e veridicità. Alimentando il mercato del mistero, già fomentato dalle ansie e dalla richiesta di risposte tipico dei tempi di crisi, simile letteratura, infatti, tralascia gli aspetti specifici della Massoneria, le sue origini, il suo simbolismo ed i relativi rituali, preferendo far leva, sfruttando identità e coincidenze, su presunte derivazioni della stessa da altre fratellanze come, ad esempio, i Rosa-Croce od i Cavalieri Templari mischiando tradizioni e ritualità profondamente diverse al solo scopo di ingrossare il fruttuoso business gravitante nell’orbita del cosiddetto fenomeno “new age”. Tali coincidenze e affinità, (vedasi, ad esempio, quella rappresentata dal 18esimo grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato denominato del Sovrano Principe o Cavaliere Rosa-Croce) seppur esistenti, risultano essere, infatti, del tutto insufficienti a provare tale continuità o identità, non essendo supportata da alcun tipo di documento storico empiricamente verificabile. Scaturita dalle gilde e dalle corporazioni di muratori e carpentieri legate all’arte della costruzione che spopolavano nell’Europa medievale e che videro l’apice del loro successo nel periodo di costruzione delle cattedrali gotiche, la Massoneria, nella sua versione moderna, vede la luce il 24 giugno del 1717, data in cui si costituisce ufficialmente la Grande Loggia di Londra. La fase antecedente al 1717, tuttavia, è presa in considerazione dalla storiografia massonica quale periodo di massimo splendore della cosiddetta massoneria “operativa” in cui la maggior parte degli aderenti proviene ancora dalle fila dei professionisti dell’arte muratoria. Ciò, tuttavia, non significava l’esclusione in toto di elementi “profani” ovvero estranei a tale arte; costoro, infatti, potevano essere affiliati grazie alla pratica dell’accettazione. L’abuso di tale pratica, antica e consolidata, sarà, come vedremo, uno degli elementi che provocherà la fine della fase “operativa” della Massoneria accelerando lo sviluppo di quella “speculativa”.Sorta come società iniziatica “tradizionale” — volendo, con tale termine, intendere la volontà da parte massonica di richiamarsi ad una tradizione iniziatica trasmessa da uomo ad uomo fin dalla notte dei tempi — la Massoneria fonda il suo “sapere” su un “segreto” che è da sempre avvolto da connotati mitici e leggendari e che può essere raggiunto dai membri solo attraverso un “perfezionamento spirituale e mortale” perseguibile grazie ad una metodologia di lavoro graduale e ad un attento percorso conoscitivo incentrato su riti e simboli nella consapevolezza che, come afferma il Guénon: “[…] rito e simbolo non sono in fondo che due aspetti di una stessa realtà; e quest’ultima non è altro in definitiva che la corrispondenza che rilega fra loro tutti i gradi dell’Esistenza universale, sicché, per sua virtù, il nostro stato umano può essere messo in comunicazione con gli stati superiori dell’essere”. Questo sapere, dalle origini “non umane” e posto dai massoni in diretta correlazione con l’Essere Supremo permette di individuare, accanto alla storia concreta e documentabile della Massoneria moderna, una metastoria, che, per il suo ampio valore simbolico ed esoterico, risulta essere non meno importante della precedente. Le radici mitiche della massoneria, infatti, sono rintracciabili in arcaici manoscritti noti come gli Antichi Doveri apparsi fra il XIV e XVIII secolo. Tra questi il più antico risulta essere il Regius Manuscript del 1390. Oltre ad identificare l’Egitto come patria d’origine ed il matematico Euclide come primo maestro, questa importante opera, redatta in versi, espone l’origine leggendaria della Massoneria come geometria, arte e scienza applicata alla muratoria. È interessante, inoltre, l’appendice nominato Ars quatuor coronatorum dove, oltre al racconto della torre di Babele, dell’istituzione delle arti liberali da parte di Euclide e delle regole di condotta dei liberi muratori, appare, per la prima volta, la leggenda dei “Santi Quattro Coronati” ripresa, in maniera esaustiva, nella Legenda Aurea; altro testo fondamentale è il Cooke Manuscript del 1425 che arricchisce l’immaginario massonico introducendo altri personaggi biblici come Jabal, Jubal, Tubalcain. Legata all’immaginario biblico è, inoltre, la cosiddetta “leggenda del terzo grado” imperniata sulla figura di Hiram. I gradi massonici, infatti, erano inizialmente due, l’apprendista e il compagno, mentre il termine maestro serviva ad indicare il fratello incaricato di presiedere la seduta dell’Ordine. Tale termine subisce, con l’introduzione della figura di Hiram, un processo di tipizzazione tale che, oltre a caratterizzare in maniera indelebile il grado di Maestro, eleva a tre i gradi fondamentali della fratellanza forgiando una struttura che non sarà scalfita nemmeno dall’introduzione degli Alti Gradi avvenuta con le costituzioni del 1762 per i 25 gradi del cosiddetto Rito di Perfezione e nel 1801 con l’introduzione dei 33 gradi del Rito Scozzese Antico ed Accettato. Della figura di Hiram, tuttavia, esistono differenti versioni: nella Bibbia si parla di un “fonditore” di nome Hiram dotato di notevole abilità e perizia nel lavorare il bronzo. Questo “figlio della vedova” (appellativo qui utilizzato per la prima volta e successivamente esteso a tutti i massoni) fu inviato dal re di Tiro a Re Salomone affinché l’aiutasse nella costruzione del suo tempio dedicato a Yavhè. Ed è in questi lavori che egli “innalzò la colonna destra a cui diede nome di Iakin e innalzò la colonna di sinistra che chiamo Boaz” e che, ancora oggi, sono ritualmente erette nelle logge massoniche. Nella “leggenda massonica”, invece, Hiram ci è presentato come l’architetto del tempio preposto alla direzione dei lavori e degli operai; nominato confusamente per la prima volta nel testo Dumfries n. 4 del 1710, altri elementi simbolici, riferibili alla sua figura, sono rinvenibili nel Graham del 1726 mentre nel Wilkinson del 1727 si fa espressamente riferimento all’Hiram architetto. Il manoscritto “non autorizzato” Masonry dissected del 1730, invece, narra, sotto forma di catechismo o sistema di istruzione a domanda, l’intera leggenda soffermandosi sulla sorte del “Maestro” Hiram, ucciso da tre compagni, Jabal, Jubal e Tubalcain, a mezzogiorno durante la pausa dei lavori del Tempio. Motivo dell’assassinio fu il rifiuto da parte di Hiram di fornire loro la “parola del Maestro” in quanto essa poteva, a detta dell’architetto, essere acquisita solo col tempo e la pazienza e non estorta con la forza. Infine Origene, autore del Commento al Vangelo di Giovanni, considera la figura di Hiram come il “modello dell’uomo universale” identificandolo come il punto d’arrivo del processo di perfezionamento dell’Essere tramite la via iniziatica. Il riferimento a passi biblici non è da considerarsi una straordinarietà; la Massoneria, conformemente alla visione “deista” che la caratterizza fin dalle origini, ha uno stretto legame con la tradizione cristiana. Non è un caso, infatti, che originariamente il “Libro Sacro” su cui i massoni giuravano e che era aperto durante le sedute fosse la Bibbia né che tale Ordine fosse posto sotto il patronato di San Giovanni. Le logge, infatti, oltre a definirsi abitualmente come “logge di San Giovanni”, erano solite celebrare le loro feste obbligatorie il 24 giugno e il 27 dicembre giorni che, ancora oggi, sono rispettivamente dedicati a San Giovanni Battista ed a San Giovanni Evangelista e che, un tempo, erano dedicati alle divinità protettrici dell’anno come la dea celtica Dana. Il legame con la tradizione cristiana verrà allentandosi solo nel XIX secolo, epoca in cui ha inizio il processo di “decristianizzazione” della Massoneria.Interessante risulta, inoltre, il dibattito e lo scambio che si realizza, sempre nel periodo antecedente al 1717, fra le massonerie inglesi e scozzesi in merito alle interpretazioni riguardanti la Mason Word; se per alcuni essa non è altro che una sorta di segno di riconoscimento, per altri assume la valenza di un Nomen Dei o “nome di sostituzione” a cui il massone deve giungere tramite le proprie capacità.L’estrema rilevanza che tematiche appartenenti alla cultura ermetica, alchemica e qabbalistica, dilaganti in Europa già dal XV secolo, iniziarono ad avere in seno alla Massoneria è proporzionalmente legata al crescere del numero dei massoni “speculativi” all’interno dell’Ordine. Costoro, infatti, provenienti per la maggior parte dall’emergente ceto intellettuale ed iniziati grazie alla già citata pratica dell’accettazione, furono, congiuntamente al radicale declino dell’ordinamento corporativo e delle confraternite di mestiere, i fautori del mutamento di indirizzo di una Massoneria ormai in crisi.Il passaggio dalla fase “operativa” a quella “speculativa” viene sancito il 24 giugno del 1717, festa di San Giovanni Battista, quando quattro logge londinesi (The Goose and Gridiron, The Crown, The Apple Tree e The Rumbe and Grapes) si fusero, dando così vita alla Grande Loggia di Londra alla cui guida fu designato il Gran Maestro Anthony Sayer.Con la nascita della Grande Loggia di Londra, evento spartiacque della storia massonica, la Massoneria, infatti, inizia ad assumere una fisionomia del tutto nuova. Pur mantenendo i legami con la religiosità, che aveva caratterizzato l’epoca “operativa”, tale elemento, scosso dagli sconvolgimenti religiosi, dagli scismi e dalle crisi confessionali che attanagliarono l’Europa dal XVI al XVII secolo, inizia ad assumere un peso inferiore all’interno delle logge e ciò, insieme al peso crescente assunto dagli elementi provenienti dal ceto intellettuale e dalle loro istanze, portò le logge ad essere non più preminentemente un “centro spirituale”, ma a tramutarsi, come afferma la Jacob, “[…] in microrganismi politici della società civile, spazi pubblici di tipo nuovo: in pratica, scuole di governo costituzionale […]”. Il prevalere degli “speculativi” e la “crisi religiosa”, quindi, comportano un inevitabile cambiamento in una società che, sorta come confraternita di mestiere e basata su una tradizione iniziatica, s’avvia verso un nuovo tipo di organizzazione in cui elementi un tempo considerati “profani” pongono nuovi interessi e valori. La nascita della Gran Loggia di Londra non significò, tuttavia, la fine sic et simpliciter delle vecchie massonerie né tanto meno vide l’adesione immediata ad essa di tutte le logge preesistenti. Nel 1738 la Gran Loggia di Londra, approvò delle nuove Costituzioni che, oltre a ribadire il divieto di discutere di religione e di politica nell’ambito delle logge senza che ciò condizionasse le convinzioni del singolo, ribadivano il valore della figura del Grande Architetto dell’Universo al fin di soddisfare l’impianto “deista” originario della Massoneria. Con il passare del tempo la Gran Loggia di Londra introdusse altre innovazioni, come la decristianizzazione dei rituali ed il loro abbreviamento, la mancata osservanza delle festività di San Giovanni, l’abolizione della recitazione degli antichi doveri all’atto dell’iniziazione e l’eliminazione delle spade dai rituali, che provocarono una violenta reazione tra le fila della Massoneria. Capeggiatori della protesta furono i cosiddetti Antients i quali, considerandosi come i continuatori della massoneria “operativa”, criticavano duramente le innovazioni introdotte da coloro che, con disprezzo, bollavano come Moderns. La controversia assunse toni durissimi e condusse, il 17 luglio 1751, alla nascita della loggia tradizionalista degli Antiens sviluppando una dualità organizzativa in ambito massonico che durò fino al 1813. Tale lotta, tuttavia, non impedì lo sviluppo della Massoneria nel vecchio e nuovo continente. Strumento molto utile in tal senso furono le cosiddette “logge militari” che, costituite tra le fila dell’esercito inglese, favorirono la diffusione della “luce massonica” da un punto all’altro dell’impero segnando un rapido attecchimento nel Nord America, dove la presenza di logge divenne ben presto molto cospicua. Oltre all’impero britannico sorsero, in questo periodo, logge a Madrid (1728), Firenze (1731), Roma, Milano, Verona, Padova, Vicenza, Venezia (1735) e Amburgo (1737). Con la fine delle guerre napoleoniche e per meglio fronteggiare la minaccia proveniente dall’introduzione di una legislazione fortemente repressiva in materia introdotta dal governo britannico all’indomani della rivoluzione francese, le due obbedienze del Regno Unito, grazie anche alla contemporanea elezione del Duca di Sussex al titolo di Gran Maestro dei Moderns e di suo fratello, il Duca di Kent, a Gran Maestro degli Antients, decisero, al fine di salvaguardare l’intero corpo massonico, di porre fine alla preesistente diatriba. Il 27 dicembre 1813, festa di San Giovanni Evangelista, infatti, Moderns e Antients si fusero dando vita alla Gran Loggia Unita degli Antichi Liberi Muratori d’Inghilterra (United Grand Lodge of Ancient Freemasons of England). Con le Costituzioni del 1815, inoltre, venne nuovamente modificato il principio “deista” della Massoneria; queste, infatti, oltre ribadire che un massone non “sarà mai né ateo né stupido” ma un uomo dedito ad ottemperare i sacri doveri della morale e a rinsaldare la fede nel Grande Architetto dell’Universo, annullano definitivamente ogni differenza di fede. Non possono essere, infatti, professioni di fede differenti a dividere gli “uomini virtuosi” perché: “[…] la Massoneria è il centro di unione tra uomini buoni e leali ed il felice mezzo per stabilire amicizia tra coloro i quali, altrimenti, sarebbero rimasti in perpetuo estranei”.Il principio “deista” più volte modificato, tuttavia, fu rimesso di nuovo in discussione dal Grande Oriente di Francia che, nel 1877, decise di abolire tutti gli articoli della Costituzione che menzionavano e tutelavano la figura del Grande Architetto dell’Universo. Di fronte a un simile atto la Gran Loggia Unita d’Inghilterra decise di nominare una commissione che, dopo due mesi di lavoro, bollò tali provvedimenti come incompatibili con lo spirito massonico. La polemica non si placò e si tramutò in un vero e proprio scisma. Il Grande Oriente di Francia, tacciato di ateismo dalla sempre più influente Gran Loggia Unita d’Inghilterra divenuta “Madre del Mondo”, si trovò ben presto posto ai margini della fratellanza universale in quanto considerato una vera e propria “bestia nera” dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra e da tutte le altre che si attenevano alla sua linea. Secoli sono passati dal sorgere della Massoneria e, tuttavia, tale argomento risulta essere sempre di viva attualità. Un interesse dettato non da coloro che, ancora oggi, nel chiuso delle logge cercano, attraverso la via iniziatica, di soddisfare la lecita aspirazione umana del perfezionamento spirituale, ma che si incentra su coloro i quali, dando vita a fratellanze all’interno della fratellanza e a cerchie ristrette all’interno di una già ristretta cerchia, a nessun altro scopo tendono se non a quello di soddisfare i loro biechi interessi che, molto spesso, confliggono con quelli di intere Nazioni ed interi popoli.

154a Tornata di Loggia - Venerdì 11 Dicembre 2009




Carissimo Signore e Fratello,


sei cordialmente invitato a partecipare alla 154a Tornata di questa Loggia che si terrà presso il Tempio n° 4 della Casa dei Liberi Muratori di Piazza Indipendenza 1 a Cagliari, il prossimo Venerdì 11 Dicembre 2009, alle ore 18.30 per le ore 19.00.

Durante questa Tornata verrà celebrata la Cerimonia di Iniziazione al Grado di Apprendista Ammesso Libero Muratore del Sig. S. S.


Su comando del Maestro Venerabile.

Sinceramente e Fraternamente

Ven. Fr. G.M., Segretario

martedì 1 dicembre 2009

La Festa della Toscana ricordando Tommaso Crudeli: poeta, massone, martire della libertà.




Nel ricordo del suo nome, nel 1743, fu abolita in Toscana la giurisdizione
ecclesiastica dei tribunali dell' Inquisizione. A seguire la riforma che nel
1786, per la prima volta al mondo, cancellava la pena di morte.


Il 30 Novembre 1786, il granducato di Toscana aboliva la pena di morte.

Questa storia di libertà ha inizio con un uomo, Tommaso Crudeli, che nacque a Poppi in Casentino nel 1703.
Si laureò in legge a Pisa, ma decise di non esercitare la professione e di dedicarsi alle lettere e all' insegnamento. Dopo un soggiorno a Venezia, si stabilì a Firenze, dove intrecciò stretti rapporti con il mondo culturale inglese. Nel 1733 lesse in Santa Croce (Cappella de' Pazzi) un'ode funebre per Filippo Buonarroti, in forte polemica con la chiesa cattolica che determinò la sua futura condanna. Nel maggio 1735 fu ammesso alla loggia massonica di Firenze, la prima in Italia, fondata dagli inglesi.
Non volendo creare incidenti diplomatici con gli inglesi, si preferì colpire Tommaso Crudeli, certamente più vulnerabile, anche per le numerose testimonianze che a suo carico erano state create e raccolte dal Tribunale dell'Inquisizione.
Il 9 maggio del 1739, Tommaso Crudeli fu arrestato e tradotto nel carcere ecclesiastico, dove fu rinchiuso in un ambiente ristretto e privo di luce e di ricambio d'aria. La detenzione e le torture inumane cui fu sottoposto dagli inquisitori ecclesiastici perché rivelasse i nomi dei suoi fratelli massoni, deteriorarono rapidamente le sue condizioni di salute, tanto che a seguito dell'autorevole interessamento dello stesso Granduca, finì per essere scarcerato.
Nell'agosto del 1740 Tommaso Crudeli fu condannato per eresia e confinato nella propria casa a Poppi; ma il suo fisico era già definitivamente segnato. Nei quattro anni di segregazione domestica raccolse e dettò, tra i gravi postumi della carcerazione, la gran parte delle sue poesie e prose, nonchè la narrazione della detenzione e del processo ad opera del Sant'Uffizio, che venne stampata anonima da Francesco Becattini (1782) e recentemente ritrovata manoscritta, autografata dal poeta, nella Biblioteca Estense di Modena.
Ma il povero Tommaso non si riprese più e mori appena quarantatreenne, non prima però di aver descritto le sofferenze inflittegli dai suoi aguzzini ed essersi così espresso sulla sua prigione: "Questa è una di quelle prigioni lavorate a posta per uccidere gli uomini senza spargere il sangue umano, conforme all'evangelica legge del Sant'Uffizio, che proibisce la crudeltà dello spargimento di sangue." Il 27 marzo del 1745 si spense a Poppi. La condanna per eresia non ebbe termine: la sua opera letteraria fu posta all'Indice e i suoi fratelli dovettero misconoscere ogni opera del congiunto.
Il martirio del Crudeli non fu però inutile: Francesco I, che non aveva dato pubblicità alla bolla di Clemente XII, come del resto altri sovrani europei, nel 1743 fece chiudere nel Granducato, il Tribunale dell'Inquisizione.
Il suo successore, il figlio Leopoldo II di Lorena, amante delle opere e dei sonetti del Crudeli, che ben conosceva la triste morte dello scrittore, nel 1782 abolì non solo giuridicamente i tribunali ecclesiastici, ma anche fisicamente, facendo demolire completamente il tribunale e le carceri della santa inquisizione a Firenze.
Leopoldo II fu il massimo esempio di sovrano illuminato. Accogliendo le stesse tesi massoniche che in Francia, rifiutate dalla nobiltà, portarono alla rivoluzione, avviò una politica liberista, promuovendo la bonifica delle aree paludose nella Maremma e nella Val di Chiana e favorendo lo sviluppo dell'Accademia dei Georgofili. Introdusse la libertà nel commercio dei grani abolendo i vincoli annonari che bloccavano le colture cerealicole. L'avvenimento epocale fu dopo tanti secoli, la liquidiazione delle corporazioni di origine medioevale, ostacolo principale per un'evoluzione economica e sociale dell'attività industriale.
In campo ecclesiastico Pietro Leopoldo abolì i conventi di clausura. Organizzò un sinodo a Pistoia nel 1786 per riformare l'organizzazione ecclesiastica toscana. Voleva una chiesa locale autonoma rispetto al papa e la superiorità del Concilio, ma le forti opposizioni del clero e del popolo, lo convinsero a rinunciare a questa riforma.
Ma la riforma più importante introdotta da Pietro Leopoldo fu l'abolizione degli ultimi retaggi giuridici medievali: in un colpo solo abolì il reato di lesa maestà, la confisca dei beni, la tortura e, cosa più importante, la pena di morte (grazie al varo del nuovo codice penale del 1786 che prenderà il nome di Riforma criminale toscana o Leopoldina). La Toscana sarà quindi il primo stato nel mondo a cancellare dal suo ordinamento la pena capitale. Il 30 Novembre di ogni anno le istituzioni toscane ricordano questo avvenimento. Un ricordo và a Tommaso Crudeli, l’ultimo toscano morto per le pene inflitte da un tribunale religioso.


Alle radici gnostiche della Massoneria


di Luca Bagatin


In un mondo che sta cominciando a prendere consapevolezza della mancanza di solide certezze per il domani, ecco riaffiorare antiche domande: “Chi siamo ? Da dove veniamo ? Dove stiamo andando?”
Obiettivamente c'è una gran “fame” di quelle risposte che potremmo racchiudere nelle parole: Conoscenza, Ricerca, Verità, Gnosi.
Il principale degli approcci a tali dimensioni, è certamente quello passato alla Storia ed alla letteratura con il sostantivo esoterico, ovvero un approccio che va alla ricerca delle radici profonde della nostra cultura e civiltà.
Per approccio esoterico, intendiamo ovviamente quello che si occupa dello studio e dell'approfondimento del simbolismo che ci circonda e che è giunto a noi dalle Antiche Civiltà che ci hanno preceduto e che hanno forgiato l'Umanità così come si presenta oggi.
Per ricercare le radici di questo approccio dobbiamo dunque andare molto indietro nel tempo: sino almeno all'Antica Grecia: ovvero allorquando i greci ereditarono i misteri gnostici dagli Egizi.
I culti misterici, tanto in Egitto che nell'Antica Grecia, erano riservati a pochi iniziati e miravano all' ”estasi Divina” o “unione con il Divino”. Si veda bene che fra questi culti d'Occidente vi è una significativa analogia e similitudine con la spiritualità vedica e buddhista d'Oriente.
L'influenza della cultura gnostico-iniziatica influenzò tutta la civiltà occidentale dei millenni a venire, la quale sosteneva sostanzialmente che tutte le arti, le scienze e le filosofie dovevano necessariamente tendere al Bello, al Buono ed al Vero. Questa era dunque l'essenza della conoscenza e solo la conoscenza poteva ritenersi Divina (da qui il ripudio degli gnostici per il “Dio della Bibbia” e la loro empatia verso la figura allegorica del Serpente, simbolo esoterico di Conoscenza e quindi di liberazione da ogni peccato: primo fra tutti l'ignoranza).
Fu così che la conoscenza permise lo sviluppo e la piena espansione della civiltà greca prima e successivamente dell'Impero Romano.
Ciò almeno sino al Concilio di Nicea del 325 d.C. proclamato dall'Imperatore Costantino, il quale dichiarò eretica la Gnosi e decretò la fede cattolica quale unica religione dell'Impero. E si noti bene come il cattolicesimo facesse leva soprattutto sull'ignoranza e sugli animi semplici, ostacolando e vilipendendo qualsiasi tipo di conoscenza e di progresso interiore ed esteriore dell'essere umano.
Fu così che gli gnostici entrarono in clandestinità e così fecero anche le famiglie che si richiamavano agli insegnamenti iniziatici di Gesù – l'Esseno - detto “Il Cristo”, le quali presero il nome di Rex Deus.
Dei Rex Deus – che all'apparenza continuarono a praticare il cattolicesimo - fecero parte le più grandi famiglie nobiliari del Medioevo fra cui i reali sassoni d'Inghilterra, i capetingi di Francia (che rivendicarono la loro discendenza diretta da Maria Maddalena - sposa del Cristo - e da Gesù stesso) ed i St. Clair di Roslin (la stirpe che fece edificare la misteriosa Cappella di Rosslyn).
Non fu dunque un caso che i Cavalieri Templari dell'Alto Medioevo furono un ordine cavalleresco-militare sorto con l'appoggio dei Rex Deus e che divennero quindi i custodi della gnosi cristiana, mantenendo comunque su ciò – ufficialmente - l'assoluto riserbo.
Un'altra corrente gnostica che entrò in contatto diretto con i Templari fu quella dei Sufi islamici, i quali si riteneva avessero avuto un ruolo fondamentale nella costruzione del Tempio di Re Salomone, che è peraltro simbolo all'origine della moderna Massoneria.
I culti misterici dei Sufi, peraltro avezzi anche alla Cabala ebraica, si fusero con le conoscenze templari e queste, a loro volta, si fusero con quelle delle Corporazioni muratorie medievali, prima fra tutti quella denominata i Figli di Salomone, i quali erano esperti nella cosiddetta geometria sacra, ovvero quella disciplina che attribuiva un significato mistico ai rapporti matematici nella realizzazione delle opere d'arte ed architettoniche.
Tale Corporazione fu alla base della costruzione delle più significative cattedrali gotiche fra cui quella di Chartres, Rheims ed Amiens, così ricche di simbolismo gnostico che servì appunto agli iniziati a tramandare la Tradizione.
Fu così che, sostanzialmente, fu possibile mantenere in vita l'esistenza di scuole filosofiche e psicologiche antichissime (come la già citata scuola dei Sufi islamici), capaci di contrapporsi al bigotto Medioevo impregnato di superstizione.
Il tutto celato.....nel simbolisimo delle Cattedrali gotiche cristiane !
Fu così che nacquero le prime saghe del cosiddetto Santo Graal, che altro non era che il tramandarsi degli insegnamenti esoterici conosciuti anche dallo stesso Gesù, che fu, secondo questa Tradizione, un Grande Iniziato agli Antichi Misteri.
Significativamente ricca di simbolismo esoterico è la Cappella di Rosslyn, in Scozia.
Fatta costruire nel XV secolo dal conte William St. Clair di Roslin (si noti bene che Roslin, in antica lingua gallica significa: “antica conoscenza tramandata di generazione in generazione”), un mecenate proveniente da una fra le più influenti famiglie Rex Deus dell'epoca, Rosslyn pullula letteralmente di simboli ed allegorie gnostiche, rosacrociane e libero muratorie.
Pensiamo ad esempio alla testa scolpita di Ermete Trimegisto, considerato dagli Egizi il Dio Toth, così come l'arco all'esterno della Cappella decorato da numerosi compassi simbolo della Massoneria; ma anche la scultura di Baphomet – idolo gnostico caro ai Templari – e finanche un cavaliere templare che conduce un uomo bendato tirandolo con una fune.....a rappresentare un'iniziazione massonica ante litteram ! E potremmo continuare citando i tre pilastri interni alla Cappella che indicano rispettivamente il pilastro dei tre gradi della Massoneria azzurra: quello dell'Apprendista, del Compagno d'arte e del Maestro.
Invero i riferimenti al cristianesimo, nella Cappella di Rosslyn, sono assai pochi e trascurabili.
Forse una delle curiosità di Rosslyn è la presenza di sculture raffiguranti piante conosciute solo nelle Americhe come il granoturco e l'aloe. E questo a commemorare i viaggi dell'antenato di William St. Clair, il conte Henry, il quale approdò nelle coste del Nord America cento anni prima di Cristoforo Colombo, sbarcandovi, molto probabilmente, stando alle prove documentali del volume “Il segreto dei Templari” scritto dallo studioso William F. Mann, con una flotta di Cavalieri Templari.
La Massoneria pare dunque essere la depositaria principale della tradizione gnostica tramandata di generazione in generazione dalle famiglie Rex Deus. Possiamo dunque dire che, le origini di questa Confraternita, sono dunque ben più antiche rispetto a quelle ufficiali che la fanno risalire al 1717, allorquando fu fondata la Gran Loggia d'Inghilterra presso la “Taverna dell'Oca e della Graticola”.
Questa commistione fra Rex Deus e Massoneria è fortemente sostenuta specialmente dagli studiosi e massoni Christopher Knight e Robert Lomas, i quali teorizzano anche che la leggenda di Hiram Abif, costruttore del mitico Tempio di Re Salomone alla quale si rifanno tutti i Liberi Muratori, non è altro che un'allegoria dell'omicidio di Giacomo il Giusto, fratello di Gesù: custode degli insegnamenti misterici degli Esseni ed uno fra i primi membri storici dei Rex Deus. Gli studiosi portano a sostegno di ciò numerose tesi nel loro libro “Il secondo Messia” edito in Italia da Mondadori.
E' grazie ai Rex Deus e dunque ai primi Massoni, se si è progressivamente usciti dall'oscurantismo medievale per approdare al Rinascimento con la sua rinnovata estetica nelle arti e con una rinnovata ricerca del progresso scientifico e della conoscenza.
Pensiamo ad esempio all'opera dei massoni Elias Ashmole, ma anche a Sir Isaak Newton, noti alchimisti e uomini di scienza e cultura, nel fondare la Royal Society per la promozione della scienza scevra da dogmi.
La Massoneria, una volta costituita ufficialmente nel 1717, si diede delle regole o Landmark che fra gli altri stabilivano che nelle tornate rituali non si sarebbe potuto parlare né di politica né di religione e ciò per evitare divisioni fra i suoi membri.
Purtuttavia sappiamo come vi furono eminentissimi uomini politici che ingrossarono le file massoniche. Ciò ad ogni modo non significa affatto che la Massoneria influenzò la politica, per quanto è di fondamentale importanza storica rammentare come la Costituzione degli Stati Uniti d'America - che è la più antica costituzione statuale esistente - sia stata fondata su principi inequivocabilmente massonici: a partire dal concetto secondo cui tutti gli uomini nascono eguali e che un governo ha autorità solo con il consenso del popolo.
I Padri fondatori degli Stati Uniti d'America erano infatti inequivocabilmente massoni che vollero imprimere quanto di buono la tradizione gnostica dei Rex Deus aveva loro trasmesso.
E' invece completamente da sfatare il mito relativo alla Rivoluzione Francese quale motto popolare sorto da volontà massoniche: si veda bene come i massoni - in Francia - fossero allora per la maggior parte fra le file aristocratiche e medio borghesi, molti fra i quali ci rimisero la testa sulla celebre ghigliottina !
Abbiamo dunque tentato testè di illustrare le radici della principale e forse più antica Istituzione che, nel mondo occidentale, si occupa di tradizione esoterica.
Abbiamo infatti potuto scoprire come la sua millenaria storia si fonda e a tratti si confonda con le tradizioni: egizia, greco-romana e giudaico-cristiana, alla luce delle loro conoscenze gnostiche e misteriche.
Un viaggio in piena regola ricchissimo di spunti di rinnovata ricerca storica ed introspettiva, che è forse l'unica più autentica ricerca sulla strada del mitologico Santo Graal.

Bibliografia:
Christopher Knight – Robert Lomas: “La chiave di Hiram” Mondadori
Christopher Knight – Robert Lomas: “Il secondo Messia” Mondadori
Tim Wallace-Murphy: “I massoni” Logos
William F. Mann: “Il segreto dei Templari” Newton Compton

Cerimonia di Passaggio al Grado di Compagno di Mestiere Libero Muratore


Il prossimo Venerdì 4 Dicembre 2009, alle ore 19.45 per le ore 20.15, presso il Tempio n° 4 della Casa dei Liberi Muratori del Grande Oriente d'Italia, in Piazza Indipendenza 1 a Cagliari, verrà celebrata la Cerimonia di Passaggio al Grado di Compagno di Mestiere Libero Muratore del Fr. M. N.

L'invito è esteso a tutti i Fratelli.

Seguirà il Convivio Fraterno.

lunedì 30 novembre 2009

Storia del monumento a Giordano Bruno a Campo de’ Fiori


E’ sempre stata scarsa e quasi inesistente la letteratura sull’altra Roma, quella dei cittadini costretti a subire le angherie del potere politico e di quello religioso, spesso coincidenti.Quasi nessuno conosce la storia della statua eretta a Giordano Bruno, a Campo de’ Fiori, dove fu arso vivo dalla santa inquisizione il maggior filosofo del rinascimento europeo, “apostata di Nola da Regno, eretico impenitente”.Una statua fu eretta una prima volta durante la repubblica romana del 1849 e fu distrutta durante la restaurazione, una volta tornato sul soglio pontificio quel Pio IX, che oggi si vorrebbe far santo, probabilmente per aver vietato la luce elettrica a Roma (che arrivò solo dopo Porta Pia), per aver massacrato gli insorti (oltre 1000 morti nella difesa di Roma), per aver imposto la legge marziale alla città, per aver reso famoso e proverbiale “Mastro Titta” (suo boia di fiducia), per aver fatto sequestrare e battezzare bambini ebrei, per aver fatto uccidere dalla Santa Inquisizione patrioti, organizzatori di leghe artigiane, operaie e contadine e semplici cittadini. Tra il 2 maggio del 1849, fine della repubblica romana, ed il 20 settembre 1870, breccia di Porta Pia, quel papa fece assassinare dalla Santa inquisizione ben 130 cittadini romani, l’ultimo il 9 luglio del 1870.Tanto fu l’odio dei cittadini romani verso questo “Santo” papa, che quando finalmente morì (nel 1878), i papalini attesero 3 anni per traslare, la notte del 13 luglio 1881, la salma a S. Lorenzo fuori le mura. Le precauzioni prese, il gran segreto che circondò la traslazione, la cerimonia notturna non servirono a nulla: il corteo funebre fu assalito da cittadini romani inferociti che cercarono di buttare la salma nel Tevere e la polizia riuscì ad evitarlo solo dopo una notte di scontri.
Dopo l’unità d’Italia e in particolare a seguito della conquista di Roma avvenuta il 20 settembre 1870, si creò un clima di forte attrito fra la Chiesa e lo Stato italiano. Pio IX non accettò la Legge delle Guarentigie (1871) in cui si riconoscevano al papa onori sovrani, la facoltà di disporre di forze armate, l’extra-territorialità dei palazzi del Vaticano, del Laterano e di Castel Gandolfo, una dotazione annua di oltre tre milioni di lire, nonché la piena autonomia della Chiesa, nel rispetto della sua separazione dallo Stato. Il pontefice per tutta risposta scomunicò i Savoia e nel 1874 emanò la bolla “Non expedit“, in cui invitava i cattolici a non partecipare alla vita politica dello Stato.Nel 1885 fu formato un comitato per la costruzione del monumento a Giordano Bruno, cui aderirono le maggiori personalità dell’epoca: Victor Hugo, Michail Bakunin, George Ibsen, Giovanni Bovio, Herbert Spencer e molti altri. Nel 1888 gli studenti universitari romani, tra i maggiori animatori del comitato, fecero numerose manifestazioni per erigere il monumento, spesso con scontri, arresti e feriti. Il Comune, ai cui vertici, nonostante il “non expedit”, andavano affermandosi amministratori clerico-moderati, senza opporsi apertamente al progetto, cercava di ostacolarlo tramite strategie burocratiche.Il consiglio comunale di Roma, all’epoca controllato dalla maggioranza filoclericale, fu costretto alle dimissioni, e le elezioni successive, tutte incentrate sulla questione del monumento a Giordano Bruno, furono perse dai filoclericali.Il monumento divenne il simbolo del libero pensiero e una sfida alla Chiesa e al papa. Crispi nel 1887, anno in cui divenne presidente del consiglio, suggerì al comitato promotore, che chiedeva il suo appoggio, di procedere alla fusione del bronzo senza preoccuparsi degli indugi del Comune. Il dibattito continuò a svolgersi in un clima arroventato dalle manifestazioni studentesche e popolari che a volte provocavano scontri tra “bruniani” e “anti-bruniani“, che si concludevano con arresti e feriti. Alla fine dello stesso anno il re, su proposta del consiglio dei ministri, firmò un decreto con il quale, Leopoldo Torlonia, sindaco di Roma veniva rimosso dalla carica; ufficialmente senza motivazione, anche se era chiaro individuarne le ragioni nella visita al cardinale vicario a cui il sindaco aveva trasmesso l’omaggio dei romani a Leone XIII.
Finalmente nel 1889 la statua fu eretta a Campo de’ Fiori “lì dove il rogo arse”.A seguito delle elezioni amministrative del giugno 1888 entrarono nella rappresentanza municipale esponenti anticlericali, tra cui Ettore Ferrari, lo scultore massone artefice della statua considerato un uomo della sinistra “radicale” non massimalista, mentre furono non eletti politici contrari all’erezione della statua. Prima della fine dell’anno fu approvato, senza difficoltà, il progetto del monumento a Bruno, fra gli applausi del pubblico che urlava: “Viva Crispi!”
Il pontefice minacciò di abbandonare Roma per rifugiarsi nella cattolica Austria, qualora la statua fosse stata scoperta al pubblico. Quando il Segretario di Stato Vaticano riportò tale intenzione del pontefice al Primo Ministro Italiano Francesco Crispi questi letteralmente rispose: “dica a sua santità che se dovesse andare via dall’Italia non potrà più ritornare”.
Finalmente il 9 giungo 1889, giorno di Pentecoste, venne inaugurato a Campo de’ Fiori, con la partecipazione di un’immensa folla festante, il monumento di Ettore Ferrari, lo scultore che nel 1904 sarà eletto gran maestro della massoneria. Alla base del monumento si legge un’iscrizione del filosofo Giovanni Bovio, oratore ufficiale della cerimonia di inaugurazione: “A Bruno, il secolo da lui divinato qui dove il rogo arse“.
Per la cronaca, va ricordato che Leone XIII non abbandonò Roma come aveva minacciato, né il 9 giugno, che trascorse digiuno e in preghiera ai piedi della statua di San Pietro, né in seguito.
Il monumento, aldilà della battaglia politica condotta per erigerlo, è significativo anche per la figura che rappresenta: quello che è stato tramandato nella coscienza popolare, più che il pensiero di Giordano Bruno, è stato il suo rifiuto alla sottomissione. Se si fosse pentito, probabilmente avrebbe avuta salva la vita. Per il suo inquisitore, il cardinal Bellarmino (fatto santo dalla chiesa), era molto più importante l’abiura che non la condanna. Il rifiuto di Giordano Bruno al pentimento, la sua tenacia nel difendere le proprie idee, la sua spavalderia nell’affrontare la sentenza di condanna con la risposta al Cardinal Madruzzo, che gliela leggeva, “Tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla”, ne hanno fatto un simbolo della libertà di pensiero, della volontà dell’uomo a lottare in difesa delle proprie idee.Questa tradizione ideale di lotta per libertà è stata tramandata da generazioni di laici e di militanti che ogni anno, il 17 febbraio, si danno appuntamento sotto la statua.La preoccupazione della chiesa nei confronti di questa cerimonia laica è stata sempre molte forte: si pensi che, al momento della stipula dei patti Lateranensi nel 1929, Pio XI (anche lui oggi in odore di santità) propose addirittura di radere al suolo il monumento e di erigervi “una cappella di espiazione al cuore santissimo di Gesù”, ma Mussolini (”l’uomo della provvidenza”, secondo lo stesso Pio XI), memore di quanto era successo non molti anni prima, gli garantì solo la proibizione delle manifestazioni che furono così vietate soltanto durante il fascismo. E fece istituire in quella piazza il famoso mercato orto-frutticolo (vergogna della Capitale d’Italia) protagonista di alcuni film con Aldo Fabrizi ed Anna Magnani negli anni ’40.All’epoca dei Patti Lateransi, siglati tra Mussolini e Pio XI l’11 febbraio 1929, i cattolici chiesero la rimozione della statua e l’erezione al suo posto di una cappella di espiazione al cuore santissimo di Gesù. Mussolini, probabilmente memore dei disordini accaduti non molti anni prima e anche perché G. Gentile, il filosofo del fascismo, era un estimatore del Nolano, non accettò questa condizione, limitandosi a garantire che non si sarebbero più tenute manifestazioni per commemorare Giordano Bruno. A tale riguardo si fa seguire un passo del discorso che Mussolini tenne alla Camera dei Deputati il 13 maggio 1929:
“(…) non v’è dubbio che, dopo il Concordato del Laterano, non tutte le voci che si sono levate nel campo cattolico erano intonate. Taluni hanno cominciato a fare il processo al Risorgimento; altri ha trovato che la statua di Giordano Bruno a Roma è quasi offensiva. Bisogna che io dichiari che la statua di Giordano Bruno, malinconica come il destino di questo frate, resterà dove è. È vero che quando fu collocata in Campo di Fiori, ci furono delle proteste violentissime; perfino Ruggero Bonghi era contrario, e fu fischiato dagli studenti di Roma; ma ormai ho l’impressione che parrebbe di incrudelire contro questo filosofo, che se errò e persisté nell’errore, pagò. (…)”
Per Bruno non c’è la riabilitazione della Chiesa
Da quel fatidico 17 febbraio 1600 gli anni sono trascorsi senza che la Chiesa abbia espresso uno schietto ravvedimento per il rogo che arse Bruno, ancora vivo. Galileo Galilei, Jan Hus, Girolamo Savonarola e altri sono stati riabilitati; Giovani Paolo II ha chiesto un generico perdono per gli eccessi commessi dall’Inquisizione; tuttavia per quanto concerne il Nolano, la Chiesa si limita a riconoscere il carattere antievangelico del rogo, ma ribadisce l’esistenza di una sostanziale estraneità della filosofia di Giordano Bruno dalla dottrina cattolica.Annualmente, a Campo de’ Fiori ogni 17 febbraio si sono radunate generazioni di laici e militanti per manifestare per ricordare il rogo del filosofo e manifestargli la loro ideale solidarietà. Tali dimostrazioni si sono fermate soltanto negli anni del fascismo.
Giordano Bruno fu ucciso durante l’anno santo del 1600 ed in quest’anno santo, il 17 febbraio 2000, è stato il 400° anniversario dell’omicidio.


Massoneria, alchimia e mesmerismo in “Così fan tutte” di Wolfgang Amadeus Mozart



Olio su tela di autore anonimo, Historisches museum der Stadt Wien.
Rappresenta una riunione di Loggia Massonica a Vienna agli inizi del 1790. La
prima persona seduta a destra è Mozart, in conversazione forse con Emanuel
Schikaneder.



di Annalisa Stancanelli per non solo Mozart


Traendo spunto da scritti di Robbins Landon, Napoletano, Basso e Bramani, la musicologa Marilena Crucitti ha realizzato un’approfondita analisi dell’opera Così fan tutte, rappresentata per la prima volta a Vienna nel 1790 e considerata “la più sostanzialmente esoterica delle tre scritte su libretto di Lorenzo Da Ponte, alla cui composizione Wolfgang Amadeus Mozart attese nell’anno della Rivoluzione Francese”.

Vi si possono, infatti, riconoscere i segni del patrimonio ermetico a partire dai temi peculiari delle nozze e della doppia coppia, con l’intervento di Don Alfonso leggibile come l’esperimento di un alchimista. Le interpretazioni più attuali dell’opera insistono sul potere trasfigurativo della musica, una “nuova” perfezione sonora che accompagna la stilizzazione descrittiva con sottintesi, al posto di violente sottolineature di affetti, invitando a considerarla come un vertice della produzione mozartiana di pura poesia.

Tuttavia alla struttura e ai suoi simboli nascosti, ai suoi modelli tematici, secondo la Crucitti, deve essere mirato lo studio di chi non crede più “nell’immagine di un Mozart poco interessato alle vicende politiche e culturali del suo tempo, chiuso e distratto nel suo universo di genio, che ha alimentato la fantasia popolare fino ai più recenti studi sul musicista che ribaltano lo stereotipo”.

Mozart, al contrario, era un uomo coltissimo inserito nei circoli intellettuali più avanzati della sua epoca, un uomo immerso nel secolo dei Lumi. Di queste sue frequentazioni e dei suoi interessi è efficace testimonianza proprio l’opera lirica presa in esame, che è ricordata come la più discussa fra le opere del grande musicista. Così fan tutte presenta molteplici livelli di lettura e mostra influenze diverse; proprio il suo polimorfismo la rende capace di trasportare gli appassionati in un’altra realtà, di far vivere loro un sogno.“Io non so se questo è un sogno” s’interroga Despina, e un sogno letterario-filosofico-alchemico è celato nel coltissimo libretto di Da Ponte, che risente di influenze ariostesche e shakespeariane, così come si richiama alle Mille e una notte, alla vicenda di Lucrezia tramandata da Tito Livio e alla novella El curioso impertinente di Cervantes. L’equilibrio fra la raffinatezza della musica e la situazione teatrale deve essere sempre tenuto presente per la comprensione delle opere di Mozart e ancor di più di questa, nella quale si coniugano alchimia e massoneria servendosi del tema delle nozze, come nella migliore tradizione rosacrociana. I documenti dell’epoca testimoniano inequivocabilmente l’appartenenza di Mozart alla Loggia Massonica “La Beneficenza” dove fu iniziato il 14 dicembre 1784 a Vienna. “Non si trattò” ha ribadito Marilena Crucitti “come spesso è stato scritto, di un’adesione puramente formale, dettata solo dalla necessità di avvicinare i ricchi mecenati dell’alta società; i contatti di Mozart con affiliati alla Massoneria risalgono ben prima del suo ingresso formale che fu il punto di arrivo di un lungo processo di assimilazione delle spinte ideali del tempo”.

Poiché in campo musicale la Massoneria non aveva ancora delle regole proprie, Mozart creò un simbolismo musicale che venne poi ripreso da altri musicisti massoni come Beethoven (come le note legate a due a due a significare il legame fraterno fra gli affiliati). L’adesione di Mozart alla Massoneria fu convinta ed entusiastica; essere massone significò per lui vivere sentendosi partecipe di un percorso condiviso. Il grande compositore risentì anche dell’ondata di irrazionalismo mistico nel quale si ritrovarono l’ermetismo, i culti misterici, il rosacrocianesimo, e delle finalità e dei riti dei “Fratelli Asiatici”, movimento scismatico nato dal grembo dei Rosacroce, che manifestavano prevalenti interessi per l’alchimia.

Ma sono le opere a parlare per l’autore, che in Così fan tutte inserisce simbologie massoniche intrecciate a molti altri piani rappresentativi che si innestano nel flusso dinamico dell’opera buffa italiana. E così il momento simbolico fondante nella trattatistica alchemico-massonica, il congiungersi delle forze motrici dell’universo maschile e femminile, le nozze, giungono alla fine dell’opera, dopo l’esperimento di guarigione mesmerica attuato da Despina; non solo un esperimento affettivo condotto tra le due coppie, Fiordiligi e Guglielmo, Ferrando e Dorabella, innescato dal vecchio filosofo Don Alfonso seguendo le tappe della trasformazione alchemica (nigredo, separazione, rubedo, scambio, e albedo, ricongiunzione), ma anche occulti riferimenti ad antichi riti iniziatici come il “katapontismós”, il salto nelle acque evocato nel terzetto “Soave sia il vento” che sancisce l’inizio della trasformazione in riferimento alla mutazione degli elementi in acqua nella prima fase dell’opus alchemica. Ultima nota meritevole di approfondimento, la riflessione sull’esperimento condotto da Despina-medico, basato sulla teoria di Anton Mesmer del “magnetismo animale”, che assegnava un ruolo importante all’erotismo e all’induzione di stati di coscienza alterati che sembrano precorrere gli sviluppi dell’ipnosi, della psicologia del profondo e della psicoterapia. I tanti temi innovativi di Così fan tutte, come anche la perdita dell’identità, la fedeltà non più principio incontestabile ma continua ricerca di un punto d’incontro, ancora una volta rivelano in Mozart non solo il raffinato “architetto” musicale ma anche l’intellettuale al passo, o forse più avanti, dei suoi tempi, un genio “illuminato” e illuminista.

sabato 28 novembre 2009

INNALZA LE COLONNE LA LOGGIA GIUSEPPE DOLFI N° 1360 A FIRENZE


Domenica 29 Novembre, alle ore 9.30, nella Casa Massonica fiorentina, il Presidente del Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili della Toscana, il Fr. Stefano Bisi, innalzerà le Colonne della R.L. Giuseppe Dolfi 1360, insediandone come Maestro Venerabile Sandro B.


Giuseppe Dolfi
- che fu uno di quei molti personaggi dell'800, più o meno noti, che furono animati da grandi sogni e che li poterono realizzare anche grazie alla loro adesione alla Massoneria, scuola iniziatica di elevazione spirituale ma anche cenacolo della dirigenza nazionale dello Stato nascente - fu un uomo d’azione che affermava: “In tutti i moti del popolo c'era la consapevolezza del fine, anche allorquando questo poteva sembrare utopia e le alte cariche si perdevano in particolari, rifugiandosi nell'ideale puro per sfuggire alla scottante realtà.”.


Troppo ricchi i templari, mandiamoli al rogo


Alla Venaria Reale una sorprendente mostra di storia e di arte sugli ordini cavallereschi, dalle prime Crociate, dai Cavalieri del Tempio con la loro parabola di "potere e morte", a Napoleone che istituì la Legion d'onore. Nuove ipotesi sulla testa dipinta adorata dai Templari: non un idolo, ma il volto di Cristo stampato sulla Sindone. Inaugurati nuovi spazi dell'antica "Reggia di Delizie" dei Savoia


di GOFFREDO SILVESTRI

Una mostra di storia (avvenimento abbastanza raro in Italia) piena di storie, quella degli ordini cavallereschi. Dai Templari ricchissimi e per questo finiti sul rogo all'ordine di Malta nato ospitaliero, che batteva moneta, aveva relazioni diplomatiche con gli Stati e una flotta con la quale partecipò alla battaglia di Lepanto (e in epoca moderna una flotta aerea). Rubens raffigurava i cavalieri di Malta nei suoi dipinti, accanto alle regine. Per finire a Napoleone. Dai difensori della Terra Santa, protettori dei pellegrini, contro i musulmani violatori del Santo Sepolcro, al fondatore della Legion d'onore, sogno di ogni francese (di ieri e di oggi). Quasi un millennio di storia europea fra religione e servizi al prossimo, guerre agli Infedeli, assedi, saccheggi, conquiste e perdite di regni, caccia ai pirati barbareschi, obbedienza al papa, fedeltà e tradimenti ai re. Dal 1095 della prima Crociata, al 1792 quando la Rivoluzione francese abolisce gli ordini cavallereschi (salvo creare un "souvenir" della Rivoluzione da mettersi al collo), al 1815 quando l'imperatore d'Austria e re del Lombardo-Veneto, istituisce il nuovo Ordine della Corona Ferrea, in risposta a Napoleone, che, come re d'Italia, l'aveva istituito. Era un ribadire i diritti al trono d'Italia. E infatti, nel 1866, sconfitta l'Austria nella terza guerra d'indipendenza, Vittorio Emanuele III istituì un omonimo ordine sopravvissuto sino al 1946. Palcoscenico ideale per gli ordini cavallereschi la Reggia di Venaria subito al di là della "tangenziale" di Torino (e arrivata ai primi due anni di vita moderna con un milione 950 mila visitatori). Titolo della mostra "Cavalieri. Dai Templari a Napoleone. Storie di crociati, soldati, cortigiani" (dal 28 novembre all'11 aprile 2010). Reggia di Venaria Reale, con una novità. Questo è un altro pezzo riconquistato della "Reggia di Delizie" dei Savoia, mai aperto al pubblico: il primo piano della costruzione di fondo che chiude il grandioso cortile di ingresso (la "Corte d'onore" con la "Fontana del Cervo"). Sulla sinistra ci sono le sale battezzate "Sale delle Arti" perché sono dedicate alle mostre. Più di 800 metri quadri rimessi all'"onore del mondo" e 600 per uffici. Una zona che non aveva né solai né intonaci e il tetto bucato, pesantemente tenuta su da putrelle in ferro e cemento armato "anni 70". Qui sono state ritrovate (e mantenute) decorazioni di fine Ottocento con trionfi militari, scudi, lance, elmi, scudo Sabaudo: tracce di caserma, una delle tante vite della Reggia. A Venaria il "dentro" e il "fuori" sono un tutt'uno come ha insegnato Juvarra con la "Galleria Grande" (la "Galleria di Diana"). Il "dentro" di saloni, stucchi, dipinti e il "fuori" della luce, di giardini e orti, e delle montagne. E allora le "Sale delle Arti" si aprono allo straordinario panorama dei giardini storici (80 ettari). Il grande architetto barocco compare nella mostra come cavaliere dell'ordine portoghese di Cristo in un ritratto di Agostino Masucci (1724 o 1736).
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I visitatori della mostra vedono un'altra novità recuperata. Lo scalone di fine Settecento progettato da Giuseppe Battista Piacenza (lo "Scalone del Piacenza") per collegare la "Corte d'onore" agli appartamenti dei duchi d'Aosta. Lo vedono, non lo percorrono. Per loro c'è un nuovo scalone di acciaio e vetro, ma con una emozione in più. I 120 scalini e pianerottoli sono ricoperti dal legno delle travi secolari della Reggia e di un altro monumento storico, il castello del duca di Agliè. C'è anche un ascensore vetrato per 21 persone (a Venaria non ci sono "barriere architettoniche"). La mostra (costo 634 mila euro più 250 mila di "promozione") è a cura di Alessandro Barbero, che insegna storia medievale all'Università del Piemonte Orientale (Vercelli) e di Andrea Merlotti, responsabile dell'ufficio studi e biblioteca della Venaria Reale (catalogo Electa). Sono stati scelti oltre 110 fra dipinti (con ritratti di cavalieri di Tiziano, Goya, Agostino Carracci, Mattia Preti, Frà Galgario, un ritratto equestre di Rubens); alcune sculture, bronzetti; codici, miniature, rari manoscritti; spade di ferro e acciaio; lo scudo in ferro del Tosone; armature con particolari da parata come gli speroni di bronzo dorato, leggere armature anche per bambini; manti regali come quello di Giuseppe Napoleone, re di Napoli e Spagna; collari e insegne degli ordini che sono gioielli (Toson d'oro, Annunziata, Elefante, Santo Spirito, Santo Stefano, Due Sicilie, Corona Ferrea, eccetera). Oggetti particolari: l'olifante da caccia in avorio del re di Portogallo con la Croce dell'Ordine di Cristo; insegne di pellegrinaggio in lega di piombo e stagno che inalberano San Giorgio e San Giorgio che uccide il drago. "I filoni dalla mostra sono tre e corrispondono alle fasi della storia degli ordini cavallereschi - osserva Andrea Merlotti - La prima fase inizia nel XII secolo, quando per difendere i regni di Terra Santa nacquero i Templari e gli Ospitalieri, seguiti più tardi dai Teutonici che sono Templari di lingua tedesca. Cavalieri che erano anche monaci e per questo si possono chiamare "cavalieri di Cristo". Dalla metà del XIV secolo, quasi tutti i sovrani europei diedero vita a ordini cavallereschi guidati da loro stessi e formati dai principali nobili: il modello erano re Artù e i cavalieri della "Tavola Rotonda". Nacquero allora l'Ordine della Giarrettiera, in Inghilterra, l'Ordine del Toson d'oro, in Borgogna, l'Ordine dell'Annunziata, nello Stato sabaudo e molti altri. I loro componenti erano "cavalieri dei re". Dal Seicento, al concetto di onore si affiancò sempre più quello del merito. Luigi XIV fondò due ordini (San Michele, in realtà già esistente, e San Luigi) per premiare il merito militare e civile. Durante il Settecento diversi sovrani fondarono ordini di merito: un percorso che si realizzò pienamente con l'istituzione dell'Ordine della Legion d'onore da parte di Napoleone nel 1802. Da allora si può dire che nei paesi democratici sia passato il principio - almeno sulla carta - che il vero onore è il merito". "Moltissimi sono ancora coloro che amano potersi far chiamare cavaliere perché la parola mantiene un fortissimo fascino - continua Merlotti.. Alcuni si accontentano dei titoli che offre il proprio ordinamento istituzionale, altri si ingegnano per esser cooptati negli ordini più disparati. Si potrebbe scrivere un trattato sulla fortuna degli ordini monarchici nelle moderne repubbliche". Gli ordini cavallereschi sono stati (e sono) centinaia. C'è un Paese che non li ha? "In antico la Repubblica delle Province Unite (attuale regno d'Olanda) non aveva ordini cavallereschi, che erano caratteristica dei paesi monarchici. Fra Otto e Novecento tutte le repubbliche si sono dotate di ordini. L'unica che è restata fedele alle radici dell'antico repubblicanesimo è la Svizzera". I Templari (nati col nome di "Cavalieri del Tempio" di Gerusalemme) con tutte le popolari e sbrigative trattazioni, storie e leggende in libri, cinema, televisione, magari rinforzate dalla "soap opera" del Santo Graal, fanno da "locomotiva" al titolo e alla mostra, con la loro tragica, sempre affascinante parabola di "potere e morte". La loro immagine moderna è legata al lungo mantello bianco con la Croce rossa, mentre nella "storia il mantello, per segno di umiltà, non era tinto e quindi aveva un colore grigio". In effetti i Templari sono stati l'ordine "più potente e illustre del Medio Evo cristiano". E possono essere considerati l'ordine cavalleresco più antico. "L'origine dei primi ordini non è del tutto chiara -precisa Merlotti - Quasi certamente gli Ospitalieri nacquero prima, ma all'inizio non erano un ordine militare. Per cui i Templari, pur se nati dopo, furono probabilmente il primo ordine a scegliere la vocazione delle armi". Nato nel 1119 ai tempi delle prime Crociate, dalla Terra Santa l'ordine si diffonde in tutta Europa espandendosi in prestigio, potere e ricchezze. In mostra c'è una tavola di Taddeo Gaddi, 1335-1340 circa, in cui papa Innocenzo III vede in sogno Francesco d'Assisi che sostiene a spallate la basilica Lateranense, simbolo della Chiesa. E il sonno del papa è vegliato da un Templare. Ma potere e ricchezze sono un binomio che non poteva non attirare altri potenti alla ricerche di denaro. Come il re di Francia Filippo IV il Bello che per attaccare i Templari e impadronirsi delle immense ricchezze usò il vecchio sistema di accusarli presso il papa di pratiche eretiche, pagane ed immorali. Le accuse e il processo andarono avanti per sette anni, dal 1307 al 1314. Filippo riuscì a far riunire un concilio che sancì l'abolizione dell'ordine il che avvenne nel 1312. Ma i Templari dovevano essere fisicamente eliminati: pochi in prigione, molti al rogo, compreso il Gran Maestro Jacques de Molay, uno dei riconquistatori di Gerusalemme, arrestato a tradimento, bruciato vivo a Parigi nel 1314. Filippo non riuscì ad incamerare tutte le ricchezze dei Templari perché il papa pretese che una parte arrivasse all'Ordine di Malta. Dalle ceneri dei Templari nascono in Aragona l'Ordine di Montesa e in Portogallo l'Ordine di Cristo. Dagli Archivi nazionali di Parigi e della Biblioteca nazionale di Francia, sono esposti il progetto della cancelleria reale di Filippo con la preparazione di un interrogatorio dei Templari (in cui i cavalieri confessavano di tutto e ancora di più pur di uscire da quei tormenti), e la copia manoscritta dell'ordine di arresto di tutti i Templari in territorio francese, del 14 settembre 1307. Una tempera e oro su pergamena, del 1416-1420 raffigura Filippo il Bello che si gode un bel rogo di Templari, da un'opera di Giovanni Boccaccio. Dell'odissea dei Templari fa parte l'opera più enigmatica della loro storia presentata in mostra. Una tavola di nessuna qualità formata da cinque assi orizzontali (141 per 74 cm), che l'esame al carbonio 14 ha datato al 1280, dipinta da autore anonimo di probabile origine medio orientale. Raffigura la cosiddetta "Testa di Templecombe", dalla omonima località inglese del Somerset e dalla omonima parrocchia. La testa non fu trovata in un luogo sacro, ma murata in un granaio e scoperta per le conseguenze di un inutile bombardamento tedesco sulla campagna inglese durante la Seconda Guerra Mondiale. In una formella mistilinea appare un volto di qualità pittorica rudimentale, di colore azzurrino contornato da capelli e barba rossiccia. Bocca e occhi spalancati. Il fatto di essere stato trovato in un villaggio sede di una precettoria dei Templari, di essere stato datato con attendibilità al 1280, a poco meno di trent'anni dall'inizio delle accuse che avrebbero distrutto l'Ordine, hanno fatto nascere ipotesi divergenti. Volto di Cristo. No, dell'idolo a forma di testa umana, denominato "Baphomet" (Bafometto), che i Templari avrebbero adorato in segreto. Testa del Battista. Ora nel catalogo della mostra Barbara Frale, specialista dei Templari, ricercatrice dell'Archivio segreto vaticano, ribadisce le sue tesi basate su documenti del processo contro i Templari trovati nell'archivio vaticano. Quel volto è il volto di Cristo, più precisamente il volto che era la sola parte visibile del lenzuolo della Sindone quando era piegato in forma di rettangoli. Perché i Templari sono stati i segreti custodi della Sindone dalla scomparsa del telo nel 1204 a Costantinopoli fino a metà Trecento quando ricomparve in Europa. Erano stati loro a rubarla dalla cappella degli imperatori bizantini durante il saccheggio della quarta Crociata. Fu un culto segreto perché sui ladri della Sindone c'era la scomunica di Innocenzo III. Un culto che veniva attuato anche nella cerimonia di ingresso dei nuovi cavalieri. I Templari erano stati spinti al furto per sottrarre la sacra reliquia che testimoniava la natura umana e la morte del Cristo agli eretici, come i Catari, che negavano l'una e l'altra. Come detto, questa è una mostra di storia. Che cosa significhi lo spiega Merlotti. Una mostra storica deve condurre il visitatore attraverso una vicenda che gli appartiene, ma di cui, probabilmente, ha perso il ricordo. Per questo essa deve parlare non solo ai sensi (aspetto peraltro indispensabile quanto si tratta di arte), ma alla coscienza. Nella mostra affrontiamo concetti come onore e merito, che hanno (o dovrebbero avere) una parte importante anche nella società in cui viviamo. Una mostra storica deve invitare con garbo il visitatore a guardare con occhi nuovi ciò che sin a prima gli appariva in un certo modo. Alla propria storia, ma anche alla propria arte. Le mostre di storia sono piene di copie moderne, riproduzioni che chiamano "parchi a tema". Le opere in mostra sono tutte "autentiche" e di grande qualità. Basti pensare a quelle che esponiamo nella prima sala per raccontare cosa fossero i cavalieri. Le più significative sono certo tre acquamanili - di fatto tre statue in bronzo - a foggia di cavaliere. Capolavori del Due e Trecento dal Museo del Bargello e dai Musei civici di Bologna. Nel Medio Evo anche i signori mangiavano con le mani e avevano bisogno di lavarsi le dita. Accanto ad essi sono due spade del Duecento e un elmo d'inizio Trecento (dal Museo di Palazzo Venezia e da Castel Sant'Angelo) che sono fra i più bei pezzi al mondo del loro genere. Completano la sala spada e speroni d'un cavaliere ritrovati dieci anni fa in una sepoltura in una chiesa di Aosta. Già solo queste opere varrebbero la visita. Oltre agli oggetti ci sono molte opere d'arte, in grande maggioranza dipinti. In realtà, anche molti 'oggetti' sono da considerarsi opere d'arte. La lapide mortuaria del cavaliere Giovanni Emo, del Museo di Treviso, per il suo committente, probabilmente, non era un'opera d'arte. Ma chi l'ammira oggi, e ne guarda le insegne degli Ordini del Dragone e della Giara, difficilmente pensa di trovarsi di fronte solo a un 'oggetto'. Lo stesso vale per le stupende armature (fra cui spicca il bellissimo scudo del Tosone, fra i prestiti più generosi che il Kunsthistoriches di Vienna ha voluto concedere) o ai sigilli di certi documenti. È indubbio, comunque, che l'arte figurativa faccia la parte del leone. Si va da Taddeo Gaddi, allievo diretto di Giotto, a Jean Perreal, il maggiore pittore francese fra Quattro e Cinquecento; da affreschi siciliani del Quattrocento, di Tomaso da'Vigilia, a tavole della scuola di Dürer. Fra le opere più belle è difficile non ricordare almeno il ritratto di cavaliere ospitaliero di Tiziano, dagli Uffizi, e il ritratto equestre di Giovan Marco Doria di Rubens: una 'pietra miliarè del genere, dalla Galleria nazionale di Palazzo Spinola. Non vi è quasi sala che non presenti dei capolavori: in quella sull'Ordine di Malta ci sono due capolavori di Mattia Preti: la "Predica di San Giovanni Battista" con l'autoritratto del pittore come cavaliere e il "San Giovanni Battista come cavaliere di Malta". In un'altra sala sono a confronto il ritratto di cavaliere costantiniano di San Giorgio di frà Galgario, uno dei più bei ritratti dell'arte italiana, e il ritratto del castrato Santarelli come cavaliere di Malta di Pompeo Batoni. Due opere che illustrano le metamorfosi dei cavalieri in età moderna, ma anche due opere straordinarie "in dialogo". E poi, dagli Uffizi, il ritratto della contessa di Chinchon di Goya, del 1801, che racconta meglio di qualsiasi altra opera come anche l'onore di una donna potesse passare attraverso l'ingresso in un ordine cavalleresco. E' l'unica "cavaliera"? No. Accanto è il ritratto che Anton Graf ha fatto nel 1792 a Carolina Maria Teresa di Borbone, principessa di Sassonia, come dama della Croce stellata e dell'ordine di Maria Luisa di Spagna. Quali sono le opere in mostra di cui siete più orgogliosi? Tutte ci sono egualmente care. Ognuno di noi, poi, ha le sue simpatie. Quando abbiamo tolto dalla cassa la predica del Battista di Mattia Preti e mi son trovato di fronte all'autoritratto del pittore che mi osservava, tenendo in mano, stretti insieme, la spada e il pennello (l'onore e il merito: appunto), confesso che mi sono emozionato. E ci sono opere rare a vedersi. Il preziossimo manto dell'Ordine del Toson d'oro del 1712. Il modello della grande Galera "bastarda" del gran maestro dell'Ordine di Malta: un modello di inizio Ottocento lungo circa tre metri per oltre uno e mezzo d'altezza, di grandissima maestria. Un'opera rarissima è la medaglia coniata durante la Rivoluzione Francese per i membri dell'Assemblea legislativa. Modellata sull'esempio delle insegne cavalleresche, la medaglia non portava un simbolo religioso, ma la dichiarazione dei diritti dell'uomo ed era retta da un nastro bianco-rosso-blu. Notizie utili - "Cavalieri. Dai Templari a Napoleone. Storie di crociati, soldati, cortigiani". Dal 28 novembre all'11 aprile 2010. Venaria Reale (Torino). Sale delle Arti, primo piano della Reggia. A cura di Alessandro Barbero e Andrea Merlotti. Promossa dal Consorzio di valorizzazione culturale "La Venaria reale" (presidente Fabrizio Del Noce, direttore Alberto Vanelli). Catalogo Electa. Allestimento Studio Gritella con Stefania Giulio. Ambientazione musicali Nicola Campogrande. Biglietti: intero 8 euro, ridotto 6; scuole 4. Biglietto mostra, Reggia e giardini intero 18 euro; scuole 7. ridotto 13. Orari: da martedì a venerdì 9-18,30; sabato 9-21,30; domenica 9-20; 1° gennaio apertura ore 11. Ultimi ingressi: un'ora prima della chiusura. Chiuso il lunedì tranne i lunedì festivi e 7 dicembre (orari della domenica). Chiuso 25 dicembre. Informazioni e prenotazioni +39 011- 4992333; http://www.lavenaria.it/ - prenotazioni@lavenariareale.it. Per le scuole 011-4992355; http://www.lavenaria.it/ - prenotazioneservizieducativi@lavenariareale.it.

venerdì 27 novembre 2009

153a Tornata di Loggia - Venerdì 4 Dicembre 2009


Carissimo Signore e Fratello,

sei cordialmente invitato a partecipare alla 153a Tornata di questa Loggia che si terrà presso il Tempio n° 4 della Casa dei Liberi Muratori di Piazza Indipendenza 1 a Cagliari, il prossimo Venerdì 4 Dicembre 2009, alle ore 19.45 per le ore 20.15.

Durante questa Tornata verrà celebrata la Cerimonia di Passaggio al Grado di Compagno di Mestiere Libero Muratore del Fr. M. N.


Su comando del Maestro Venerabile.


Sinceramente e Fraternamente

Ven. Fr. G.M., Segretario

giovedì 26 novembre 2009

L’arcano Bafometto alla Reggia


L'icona che l'Inquisizione considerava un'immagine diabolica decorava lo sportello di un sacello templare

di MAURIZIO LUPO
torino
L’inquietante icona medievale ritrovata nel 1945 nella chiesetta di Templecombe, resa celebre nel 2003 dal romanzo «Il codice da Vinci» di Dan Brown, ha lasciato per la prima volta l’Inghilterra, per essere esposta alla Reggia di Venaria. Raffigura una sofferente testa maschile, dipinta su tavola, con baffi e capelli lunghi. Ricorda il viso della Sindone. Ma la «Santa Inquisizione», aizzata nel 1314 dal Re di Francia Filippo il Bello, la riteneva un’immagine diabolica, convinta che fosse adorata dai Cavalieri Templari, accusati ad arte di avere rinnegato Cristo. La chiamavano il «Bafometto». L’avevano confessato, sotto atroci torture. E per questo erano stati condannati tutti al rogo, per la maligna soddisfazione del sovrano, che ambiva alle loro grandiose ricchezze.E’ una delle più affascinanti storie che racconterà la mostra «Cavalieri, dai templari a Napoleone». Dal 28 novembre all’11 aprile verrà ospitata nelle «Sale delle arti» della residenza sabauda, diretta da Alberto Vanelli. Curata da Alessandro Barbero e Andrea Merlotti, con 120 tesori rievoca un’epopea «di crociati, soldati e cortigiani».

E’ un racconto che l’allestimento ideato dall’architetto Gianfranco Gritella ha sceneggiato in tre sezioni cronologiche, dedicate ai «Cavalieri Templari», ai «Cavalieri dei Sovrani» e ai «Cavalieri del Merito». Ogni sezione è caratterizzata da un tempio scenografico. Per prima si scopre una cripta templare, poi la sala d’onore dei Cavalieri di Malta. Qui spicca la «Bastarda», una galera che combatté a Lepanto, riproposta da un modello lungo tre metri. Quindi ecco un’aula regale. Espone ordini dinastici, quali il Toson d’oro e il Collare dell’Annunziata. Vi sono abiti di corte, come quello indossato da Gerolamo Bonaparte. Attorno si ammirano celebri opere pittoriche, come il ritratto di Giovan Carlo Doria, dipinto da Rubens.

Tutto incomincia da un portale gotico. Un corteo di cavalieri conduce alla cripta templare, ricca d’affreschi. Al centro è posta la lapide tombale di un cavaliere francese, morto a Vercelli. Pare annunciare la ricostruzione parziale della cappella di Templecombe. Qui, in un’intercapedine, aperta da bombardamenti, si rinvenne la sua misteriosa icona. Venaria la espone su una parete nera, dietro un muro diroccato. Ne parla nel catalogo un saggio di Barbara Frale, storica, «ufficiale dell’Archivio Segreto Vaticano», autrice del libro «La Sindone di Gesù Nazareno», appena edito da Il Mulino. Per Frale «l’immagine di Templecombe è la testimonianza più importante e suggestiva del culto di Cristo presso i Templari. Si tratta dello sportello di un sacello che custodiva una copia della Sindone, consacrata per contatto con il suo lino».

Che cosa c’entra con il Bafometto? «Il termine è ripreso dagli interrogatori dei cavalieri torturati. E’ un’assonanza con il nome di Maometto, storpiato dal dolore». L’Inquisizione compiacente Filippo il Bello «la riporta per dimostrare che i Templari si erano convertiti all’Islam e per questo avevano fatto fallire le crociate. La testa di Templecombe è invece un’icona orientale. Deriva dall’immagine bizantina del Mandylion, ovvero della Sindone, piegata in modo da mostrare solo il viso. Era una figura ignota nell’Europa del tempo. Non ritrae il Cristo risorto che l’occidente era abituato a vedere nelle chiese. Rappresenta un Cristo umano, torturato, che i Bizantini conoscevano grazie alla Sindone. Era quella la figura venerata dai templari».

Filippo il Bello non poteva accettarlo. Aveva bisogno di sterminare i templari sul rogo, come eretici. Perché contrastavano i suoi piani: «Uno dei documenti esposti in mostra - racconta Frale - riguarda un accordo fra il Gran Maestro templare Jacques De Molay e Papa Clemente V, per bandire nel 1305 una nuova crociata. De Molay rivela al pontefice che re Filippo non ha alcuna intenzione di liberare il Santo Sepolcro, ma vuole inviare truppe in oriente contro regni cristiani, come l’Armenia, per farne colonie francesi».