Ho atteso un’intera settimana, per vedere (non si sa mai) se da un solo altro membro del Parlamento venisse per caso una parola, una sillaba, un sospiro. A meno di miei errori e omissioni (dei quali eventualmente mi scuso), silenzio totale.
E allora, un’altra volta, lo farò io. Certo – permettetemi di sorridere – il “complotto demo-pluto-giudaico-massonico” dev’essere piuttosto messo male se, per tutta questa legislatura, si è trovato un solo deputato – chi scrive – disponibile a difendere alcune elementari ragioni di libertà.
Sottolineo di non appartenere alla massoneria, istituzione che pure rispetto e credo di conoscere, nel suo contributo ideale ad alcune delle pagine più nobili della storia americana, inglese, italiana.
Ma non divaghiamo. Da circa un biennio, si è accettato che fosse la Commissione Antimafia a occuparsi di massoneria. E già qui siamo a una prima sgrammaticatura: perché la Commissione Antimafia? Perché dare per acquisita una competenza tutta da dimostrare, non maggiore né minore – lo dico per assurdo – della Commissione Cultura o di un’altra Commissione parlamentare?
Sta di fatto che, guidata dalla presidente Bindi, la Commissione ha lanciato una sorta di prolungata fatwa, fino a pretendere gli elenchi degli appartenenti alle logge. Anche in quel caso, ho fatto presente cosa sarebbe accaduto se una Commissione parlamentare avesse chiesto gli elenchi degli iscritti al Pd o alla Cgil. Apriti cielo! Avremmo avuto, in sequenza: piazze piene per la democrazia in pericolo, appelli degli intellettuali, firme di sdegno, maratone televisive.
Non avendo cavato un ragno dal buco (se non – che notizia! – che c’è un numero più elevato di iscritti in alcune regioni d’Italia), la Commissione ha votato una relazione conclusiva a metà tra trattatello sociologico e sceneggiatura di una fiction televisiva.
La solita paccottiglia: la mafia che entra nella massoneria, le zone d’ombra, le pagine scure della storia d’Italia, fino a passaggi involontariamente comici, tipo il fatto che, giurando sulla Costituzione, i massoni possano avere la riserva mentale di non rispettare il resto della legislazione italiana.
Se non ci fosse da piangere, ci sarebbe da ridere.
E allora, ricompitiamo qui alcuni elementi rudimentali di educazione civica.
Primo: la responsabilità penale è personale.
Secondo: non esiste presunzione di colpevolezza – come avrebbe detto Totò: “a prescindere” – meno che mai a carico di organizzazioni, gruppi e associazioni.
Terzo: se ci sono notizie di reato a carico di uno, due, dieci o cento cittadini, scattino le doverose iniziative penali nei loro confronti. Di chiunque si tratti: preti, massoni, avvocati, sindacalisti, calciatori, cuochi, veline. A prescindere da ogni altra appartenenza.
Quarto: se invece non ci sono notizie di reato, cessino le ossessioni, le nevrosi e le superstizioni.
Quinto: è comico che pezzi di ceto politico che passano giornate a sgranare il rosario dell’antifascismo, poi improvvisamente evochino proprio le proposte del ventennio fascista di messa al bando della massoneria.
Sesto: ma davvero crediamo che, per “dialogare” in modo improprio o inopportuno, occorra essere iscritti alla massoneria?
Settimo: viviamo in un paese in cui da secoli, per nostra sventura, il senso della libertà, della legalità, dello stato di diritto è assai flebile, spesso ridotto a un flatus vocis (in qualche caso a una pernacchia, c’è da temere): davvero vogliamo darne la colpa a grembiuli e compassi?
Siamo seri. Buon anno
Dalla Newsletter di Daniele Capezzone