In 110 anni l’Italia ha attraversato stagioni buie e periodi esaltanti: due guerre mondiali, in mezzo il ventennio fascista, il boom economico e la contestazione, il sogno dorato degli anni ’80, la crisi politica dei ’90 e, infine, le aspettative del nuovo millennio. Più di un secolo che la Loggia “Giulio Cesare Vanini” n. 44 all’Oriente di Taranto ha attraversato per intero, senza fermare mai il suo percorso di ricerca della luce iniziatica.
Un traguardo da celebrare, quindi, quello dei 110 anni di vita ininterrotta, come fatto dalla loggia ionica che il 31 ottobre ha dato appuntamento ai fratelli dell’istituzione nella basilica sconsacrata del relàis Histò di Taranto, per una tornata rituale dedicata a un tema di sicuro interesse. Se il secolo e più di vita non fosse stato un primato, sicuramente lo è stato aver scelto il titolo distintivo “Giulio Cesare Vanini”, unica loggia al mondo a portare il nome del filosofo eretico nato a Taurisano, in provincia di Lecce, martire del libero pensiero arso a Tolosa nel 1619.
Tema che ha calamitato l’interesse del Fr. Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, che ha raccolto l’invito a partecipare esteso dal Maestro Venerabile della loggia “Giulio Cesare Vanini”, il Fr. Franco Anelli. A prendere posto all’Oriente con lui c’erano anche il Fr. Pasquale La Pesa, Secondo Gran Sorvegliante del GOI, il Fr. Claudio Bonvecchio, Grande Oratore del GOI, il Fr. Enzo Liaci, Gran Tesoriere Aggiunto del GOI, i Fr.lli Ufficiali di Gran Loggia Angelo Scrimieri e Piero De Angelis e i Fr.lli Giudici della Corte Centrale del GOI Giancarlo Petrillo ed Elio Franco, i Fr.lli Consiglieri dell’Ordine Mario Saccomanno, Antonio Micella e Maurizio Manfredonia, il presidente del Collegio Circoscrizionale dei MM.VV. di Puglia, il Fr. Luigi Fantini, più numerosi Dignitari, Garanti di Amicizia e Maestri Venerabili provenienti dagli Orienti di tutta la Puglia e non solo.
Insomma, una presenza cospicua e qualificata, anche tra le colonne gremite di fratelli (circa 170), che durante una cerimonia suggestiva e impeccabile ha tributato il giusto merito alla loggia “Giulio Cesare Vanini”, frutto non solo del tempo trascorso dalla sua fondazione, ma soprattutto del compito che si è idealmente data: essere custode della tradizione. Un bene, questo, che i fratelli della loggia “G. C. Vanini” si sono passati tra di loro decennio dopo decennio, in quell’incessante lavoro di perfezionamento che ha citato anche il Gran Maestro Bisi, ricordando il profondo valore dell’istituzione, che accomuna estrazioni, culture, ceti differenti intorno ai valori dell’uguaglianza, della fratellanza e della libertà. La stessa, quest’ultima, cui Vanini volle ispirare pensiero e vita. La sua figura, granitica, per alcuni versi satirica nei confronti del potere ecclesiastico, certamente di volontà incrollabile, è emersa dal puntuale lavoro svolto dal Fr. Mario Carparelli (gli dedichiamo ampio spazio nelle pagine seguenti), studioso del filosofo salentino. Vanini ne è uscito come “campione del dubbio”, esercizio che identifica i massoni nel loro percorso iniziatico, pur ravvisandosi in lui un’autonomia di ragionamento rispetto al metodo esoterico.
Certamente Vanini va affiancato alla figura di Giordano Bruno, alla sua stregua riconosciuto e stimato dai più grandi pensatori dei secoli successivi, più di quanto accada oggi. La stessa intitolazione della loggia nel 1907 è conferma di questa fama, seppur le ragioni di quella scelta appaiano ancora parzialmente avvolte nel mistero. Il Fr. Carparelli ha scovato indizi utili a diradare queste nebbie, anche per capire se sia stata la storia del filosofo a ispirare il rigore speculativo della loggia o se fosse una peculiarità preesistente.
Valore, tuttavia, che ha segnato generazioni di massoni e che si è palesato agli occhi dei fratelli presenti durante la cerimonia nell’immagine del commosso abbraccio tra il M.V. Anelli e il presidente Fantini, che della loggia “G. C. Vanini” è fratello, come lo sono stati suo padre e suo nonno. Un legame oltre il tempo, come il nodo d’amore che la loggia ha scelto come simbolo distintivo e che campeggia sul dono che il M.V. ha consegnato a tutti i fratelli presenti all’Oriente: una “capasa”, contenitore “capace” delle ricompense che merita il buon massone.
Come la gioia di una celebrazione che ha lasciato nei cuori dei fratelli più del ricordo di un anniversario: la consapevolezza di esser parte di una catena che trascende spazio e tempo, la soddisfazione di aver lavorato per il bene e il progresso dell’umanità.
Un traguardo da celebrare, quindi, quello dei 110 anni di vita ininterrotta, come fatto dalla loggia ionica che il 31 ottobre ha dato appuntamento ai fratelli dell’istituzione nella basilica sconsacrata del relàis Histò di Taranto, per una tornata rituale dedicata a un tema di sicuro interesse. Se il secolo e più di vita non fosse stato un primato, sicuramente lo è stato aver scelto il titolo distintivo “Giulio Cesare Vanini”, unica loggia al mondo a portare il nome del filosofo eretico nato a Taurisano, in provincia di Lecce, martire del libero pensiero arso a Tolosa nel 1619.
Tema che ha calamitato l’interesse del Fr. Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, che ha raccolto l’invito a partecipare esteso dal Maestro Venerabile della loggia “Giulio Cesare Vanini”, il Fr. Franco Anelli. A prendere posto all’Oriente con lui c’erano anche il Fr. Pasquale La Pesa, Secondo Gran Sorvegliante del GOI, il Fr. Claudio Bonvecchio, Grande Oratore del GOI, il Fr. Enzo Liaci, Gran Tesoriere Aggiunto del GOI, i Fr.lli Ufficiali di Gran Loggia Angelo Scrimieri e Piero De Angelis e i Fr.lli Giudici della Corte Centrale del GOI Giancarlo Petrillo ed Elio Franco, i Fr.lli Consiglieri dell’Ordine Mario Saccomanno, Antonio Micella e Maurizio Manfredonia, il presidente del Collegio Circoscrizionale dei MM.VV. di Puglia, il Fr. Luigi Fantini, più numerosi Dignitari, Garanti di Amicizia e Maestri Venerabili provenienti dagli Orienti di tutta la Puglia e non solo.
Insomma, una presenza cospicua e qualificata, anche tra le colonne gremite di fratelli (circa 170), che durante una cerimonia suggestiva e impeccabile ha tributato il giusto merito alla loggia “Giulio Cesare Vanini”, frutto non solo del tempo trascorso dalla sua fondazione, ma soprattutto del compito che si è idealmente data: essere custode della tradizione. Un bene, questo, che i fratelli della loggia “G. C. Vanini” si sono passati tra di loro decennio dopo decennio, in quell’incessante lavoro di perfezionamento che ha citato anche il Gran Maestro Bisi, ricordando il profondo valore dell’istituzione, che accomuna estrazioni, culture, ceti differenti intorno ai valori dell’uguaglianza, della fratellanza e della libertà. La stessa, quest’ultima, cui Vanini volle ispirare pensiero e vita. La sua figura, granitica, per alcuni versi satirica nei confronti del potere ecclesiastico, certamente di volontà incrollabile, è emersa dal puntuale lavoro svolto dal Fr. Mario Carparelli (gli dedichiamo ampio spazio nelle pagine seguenti), studioso del filosofo salentino. Vanini ne è uscito come “campione del dubbio”, esercizio che identifica i massoni nel loro percorso iniziatico, pur ravvisandosi in lui un’autonomia di ragionamento rispetto al metodo esoterico.
Certamente Vanini va affiancato alla figura di Giordano Bruno, alla sua stregua riconosciuto e stimato dai più grandi pensatori dei secoli successivi, più di quanto accada oggi. La stessa intitolazione della loggia nel 1907 è conferma di questa fama, seppur le ragioni di quella scelta appaiano ancora parzialmente avvolte nel mistero. Il Fr. Carparelli ha scovato indizi utili a diradare queste nebbie, anche per capire se sia stata la storia del filosofo a ispirare il rigore speculativo della loggia o se fosse una peculiarità preesistente.
Valore, tuttavia, che ha segnato generazioni di massoni e che si è palesato agli occhi dei fratelli presenti durante la cerimonia nell’immagine del commosso abbraccio tra il M.V. Anelli e il presidente Fantini, che della loggia “G. C. Vanini” è fratello, come lo sono stati suo padre e suo nonno. Un legame oltre il tempo, come il nodo d’amore che la loggia ha scelto come simbolo distintivo e che campeggia sul dono che il M.V. ha consegnato a tutti i fratelli presenti all’Oriente: una “capasa”, contenitore “capace” delle ricompense che merita il buon massone.
Come la gioia di una celebrazione che ha lasciato nei cuori dei fratelli più del ricordo di un anniversario: la consapevolezza di esser parte di una catena che trascende spazio e tempo, la soddisfazione di aver lavorato per il bene e il progresso dell’umanità.