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mercoledì 29 ottobre 2008

Un principe pugliese del ‘700, alchimista e scienziato, al centro di un thriller mozzafiato



di Enzo Garofalo


Salvandosi dal ‘gorgo’ della folta narrativa a sfondo esoterico - che spesso mescola in un unico e scriteriato calderone magia, Chiesa Cattolica, servizi segreti, massoneria e quant’altro - vi è per fortuna chi riesce a trattare questi intriganti temi con gusto e soprattutto con ricostruzioni storicamente plausibili, necessarie quando ci si misura con personaggi e situazioni reali. E’ il caso dello scrittore americano Nathan Gelb che nel suo ultimo libro, uscito il 7 ottobre e intitolato “Delitti sotto la cenere” (Sperling & Kupfer editore), narra una nuova avvincente avventura che ha per protagonista il settecentesco Principe di Sansevero, ossia Raimondo de’ Sangro alchimista, scienziato e massone di origine pugliese realmente esistito, con tanto di fastoso palazzo a Napoli in piazza San Domenico Maggiore (oggi al civico 9). Dopo il primo libro di Gelb, “Il quadro dei delitti’ (2007), nel quale già lo si vedeva alle prese con crimini efferati in veste di ‘detector’ in un romanzo d’esordio di grande fascino ambientato tra la Roma papalina e la Bretagna di Luigi XV, il Principe di Sansevero deve ora misurarsi con un truce delitto che ha come teatro un tempio massonico, il cenacolo di libero pensiero che egli continua a celare nel suo stesso palazzo nonostante l’apparente abiura a cui tempo prima era stato costretto dalle autorità. Un uomo e una donna vi sono rinvenuti inceneriti, tranne il volto e gli arti. Autocombustione o omicidio? E in quest’ultimo caso, quale sarà stato il movente? Una vendetta contro il Principe o altro? Tutto rende fosca e intricata la vicenda: dal ritrovamento di un granchio di mare sul pavimento del tempio, alle note ossessive e misteriose, che irrompono non si sa da dove, di un madrigale di Gesualdo da Venosa, musicista del ‘500 che in quello stesso luogo due secoli prima aveva trucidato la moglie Maria d’Avalos e il suo amante Fabrizio Carafa. Il caso si dipana così tra molteplici personaggi, situazioni, colpi di scena e soprattutto altri terribili omicidi mentre Raimondo, affiancato dalla sua amante - una dotta e sagace Mariangiola Ardinghelli del cui rapporto intimo col Principe lo scrittore ha trovato indizi lampanti in inediti documenti del '700 - tenta di confutare le credenze dell’epoca sulla autocombustione umana, via via che il complesso enigma comincia a rivelare gli angosciosi contorni di una matrice tutta umana.Un intreccio di grande originalità, ricco di vicende collaterali e di personaggi ben tratteggiati psicologicamente, che Gelb è riuscito a sviluppare col giusto ritmo senza renderlo inutilmente farraginoso, scritto con attenta cura e capace di catturare senza tregua l’attenzione del lettore. L’altro dato rilevante, che ridona dignità letteraria ad un genere troppo spesso praticato da scrittori ‘da supermarket’ attenti solo a fare cassetta, è la grande padronanza della lingua italiana nella quale il romanzo è stato elaborato, cosa piuttosto rara per uno scrittore straniero. Del tutto normale invece per il coltissimo Gelb che, nato 46 anni fa a Chicago da una prestigiosa dinastia di librai antiquari di Dresda, parla 4 lingue ed ha appreso il nostro idioma sin da bambino sotto la guida della nonna Rebecca, di Firenze. Una lingua che nel romanzo si fa equilibratamente forbita e all’occorrenza popolare, dotata dei giusti arcaismi per rendere credibili i dialoghi in un’epoca così lontana. Ma veniamo al ‘nostro’ principe pugliese, Raimondo de’Sangro (nella prime immagini in basso). "Chimico e matematico" si legge sulla lapide viaria a lui intitolata che fa mostra di sé nella piazza principale di Torremaggiore (Foggia), città dove nacque nel 1710, per diversi secoli feudo ducale dei signori di Sangro, dal 1579 anche principi di Sansevero, Grandi di Spagna, proprietari anche di altri feudi dell'area pugliese (Sansevero, Castelnuovo, Casalvecchio di Puglia, Castelfranco ed altri minori) e, attraverso Oderisio conte di Sangro, discendenti direttamente da Carlo Magno. In realtà la sua è una figura molto complessa, a tratti sfuggente. Formatosi sin da giovanissimo alla scuola dei Gesuiti di Roma, acquisì un tale superiore sapere da tracciare un profondo solco tra sé e il mondo aristocratico dell’epoca, spesso insulso. Fu scienziato, esoterista, militare, letterato, conoscitore di diverse lingue straniere e antiche tra cui l’ebraico, corrispondente con alcune delle più illustri menti della cultura europea e inventore di grande originalità: alcune fonti scritte e la tradizione popolare, che a tratti lo investì anche di capacità diaboliche, gli attribuiscono l’invenzione di un lume eterno, di stoffe e vernici speciali, della cera fatta senza api, della tecnica per rendere potabile l’acqua marina, di una carrozza anfibia, la scoperta della radioattività naturale due secoli prima dei coniugi Curie (il ‘raggio attivo’, come lo definiva, da lui ricondotto alla ‘pechblenda’, un minerale da cui i Curie avrebbero isolato il radio), del suo effetto letale sui viventi e della possibilità di schermarlo col piombo. Ma senza dubbio il lascito più affascinante ed enigmatico del Sansevero rimane il ciclo di sculture ancor oggi visitabili a Napoli nella cappella gentilizia, a pochi metri dal suo palazzo. In particolare sono sensazionali il Cristo Velato, il Disinganno e la Pudicizia, opere realizzate da scultori conosciuti, ma dotate di virtuosismi tecnico-artistici, ricchi di valori simbolici, che si è scoperto essere opera del Principe (vedi foto sotto).In Puglia si è tornato a parlare del Principe proprio lo scorso anno a Taranto, nel corso di una conferenza che ha ospitato esponenti di rilievo della massoneria, saggisti, storici dell’arte e l’autore del libro ‘Il Principe e il Mago’, ossia Alessandro d’Aquino di Caramanico, discendente del Sansevero ma anche della famiglia d’Aquino, originaria di Taranto.Il Sansevero del romanzo è un personaggio geniale dipinto, senza irriverenza, con aspetti caratteriali a volte un po’ istrionici, come di chi quasi si diverte con ironia ad assecondare l’idea leggendaria che il popolino si è fatta di lui ma che non rinuncia nella vita, nei suoi studi e nella sua attività ufficiosa di ‘detector’ ad applicare i parametri ferrei della logica, sia pure una logica del tutto speciale che non si nutre solo di razionalismo ma attinge ai territori della sapiente intuizione, di una sorvegliata ipersensibilità ai limiti della chiaroveggenza. Del resto non c’è da stupirsene visto che accanto agli studi di taglio scientifico - all’avanguardia per l’epoca - il Sansevero storico navigava nei territori misteriosi dell’ermetismo e della sapienza spirituale iniziatica, con esiti di cui non conosceremo mai la reale portata. Il romanzo peraltro ce ne mostra anche i lati profondamente umani che rendono il personaggio ancora più accattivante.Suggestivo e realistico anche l’affresco nel quale Nathan Gelb, attraverso una mirabile fusione di storia e fiction, ha reso i luoghi e le atmosfere della Napoli settecentesca, la sua anima caleidoscopica e ambigua di città sfarzosa e stracciona al tempo stesso, quale certamente essa allora fu e in parte ancora è. Città capitale di un Regno, luogo di ‘delizie’ per nobili, scrigno di un’anima popolare ‘teatrale’ e di grande umanità, ma anche postribolare rifugio della peggiore fauna umana. Insomma uno spaccato di quel ‘paradiso abitato da diavoli’ di crociana memoria, offerto da un libro di 500 pagine suggestive (costellate di splendide incisioni d'epoca) che inchiodando il lettore scorrono rapidamente verso la sorprendente soluzione del caso.

lunedì 27 ottobre 2008

Templari, radici d'Europa


"I Templari, le radici dell’Europa" è il tema del convegno organizzato dall’Associazione "Novantotto", emanazione della loggia "Giuseppe Mazzini" n° 98 di Sanremo del Grande Oriente d'Italia - Palazzo Giustiniani, per il pomeriggio del 1° novembre 2008 (ore 16,30) presso il Piccolo Teatro della Federazione Operaia Sanremese.

L’evento si svolge in collaborazione con l’Associazione Culturale Mont-Blanc di Saint-Vincent, costituita dall’omonima officina - la 1197 - della provincia di Aosta alla quale appartengono tutti i relatori in programma.

Intervengono:

Michele Praz (La Regola di San Bernardo per i Cavalieri del Tempio),

Lorenzo Bal (Vita quotidiana dei Cavalieri del Tempio),

Stefano Mosca (La cerimonia di iniziazione),

Emilio Zanelli (La Flotta Templare)

Silvio Canavese (Economia, Logistica e Guerra).


Per Informazioni: novantotto@gmail.com


venerdì 24 ottobre 2008

PERCHE' PARLARE DEI TEMPLARI OGGI



Questo intervento sui templari di Franco Cuomo è stato tenuto il 21 febbraio
2005 all'Istituto Italiano di Cultura di New York.

Perché parlare dei templari oggi? Perché tanto interesse intorno a un ordine cavalleresco estinto sette secoli fa?
Per il mistero, per la leggenda che è nata dalla terribile fine di questi eroici cavalieri? Non basta.
Per la crudeltà della tragedia che li travolse? Per le atroci torture cui furono sottoposti prima di andare al rogo? Non basta.
E allora perché? Io dico paradossalmente per l'attualità del progetto che essi intendevano realizzare, il cui fallimento determinò appunto la loro fine. Una fine che possiamo considerare oggi come una battuta d'arresto nell'evolversi della civiltà occidentale, con fatali contraccolpi nei confronti della società islamica (ed ebraica). Una fine di cui si avvertono oggi più che mai gli effetti.
Perché? Perché mai nessuna nazione, società, partito, fratellanza o lobby fu mai tanto vicina quanto lo furono i templari alla realizzazione di una pacificazione reale tra la cristianità e l'islam, i due blocchi contrapposti dell'intero mondo allora conosciuto. Non attraverso una semplice alleanza, ma attraverso un sincretismo filosofico e religioso che avrebbe accomunato le tre grandi religioni monoteistiche in un unico affratellamento.
Ma come si spiega che guerrieri così determinati nella lotta contro l'islam, nella difesa del Santo Sepolcro, così spietati in battaglia, potessero essere giunti a concepire una simile utopia? Si spiega con la circostanza che, diversamente dagli altri crociati, i Templari erano dei bordermen, stanziali in Terrasanta. Ciò consentì loro di vivere prolungati periodi di pace tra una crociata e l'altra, promuovendo intensi scambi culturali (e politici) con i circoli più progrediti della società islamica (sufi, hassasi ed ismaeliti).
Instaurarono in specie contatti con la setta degli "assassini", così chiamati non per il consumo dell'hashish come si crede, ma perché discendenti di Hassan, quindi "hassasi".
Facilitò questi contatti un'analogia ideologica e religiosa tra templari e hassasi, che li rendeva in qualche modo eretici entrambi: i Templari per la loro vocazione a una lettura profonda del vangelo di Giovanni, cioè il più ermetico dei vangeli; gli Hassasi per una loro speciale interpretazione del Corano. Entrambi ritenevano, in base ai loro studi, che una conoscenza profonda della legge affrancasse dalla sua osservanza.
Ne derivò per i Templari l'ostentazione di certe forme di "santa trasgressione" che procurarono loro pessima fama in Europa, tanto che ancor oggi si dice in Francia e in Inghilterra "bere come un templare" per indicare una scandalosa ubriachezza.
Anche la struttura gerarchica dei due ordini era così simile da sembrare speculare, con un Gran Maestro da una parte ed uno Shayk al Jabal (o Vecchio della Montagna) dall'altra, dotati di poteri illimitati.
E' significativo che negli stessi anni in cui si compiva in Europa lo sterminio dei Templari, aveva luogo in oriente la persecuzione degli Hassasi, egualmente per motivi di eresia. E' evidente che all'origine della persecuzione c'è l'inammissibilità del progetto di una unione che avrebbe compromesso ogni equilibrio preesistente, politico e religioso.
Ne conseguì per i Templari un processo di crudeltà inaudita, nel corso del quale furono estorte con la tortura sconcertanti ammissioni, tali da motivare accuse di eresia, idolatria, immoralità. Furono in particolare accusati di adorare un idolo bifronte detto Baphomet (cioè Abufihamat, "padre della comprensione" o "della verità") e di praticare riti blasfemi, di carattere addirittura satanico. Ma non è del processo che ora dobbiamo parlare, bensì del progetto che avrebbe dovuto portare al compimento della grande utopia.
In che modo, con quali mezzi i Templari ritenevano di poterlo realizzare?
E' risaputo che le ricchezze dell'Ordine fossero immense. I templari avevano fin dall'origine mostrato uno speciale talento bancario, soprattutto negli spostamenti di capitali da un luogo all'altro, eseguiti con strumenti di credito modernissimi. Ai templari si deve l'invenzione del travel-chek e della carta di credito, concepiti per consentire ai mercanti e ai ricchi viaggiatori di spostarsi da un luogo all'altro depositando i propri capitali in una capitaneria templare per poi riscuoterli all'arrivo (pagando, s'intende, una congrua provvigione).
A questa genialità finanziaria si erano poi sovrapposti i profitti della guerra, coi tesori razziati in Terrasanta.
Era valso infine ad accrescere la portata di tali ricchezze un rigore estremo nell'amministrazione dei beni del Tempio, tanto da far equiparare la negligenza economica ai più gravi delitti, e alla stessa viltà in battaglia. Ne sono scaturite pesanti dicerie sull'avidità dei templari, accusati perfino di usura. Ma la verità è che i responsabili dell'Ordine avevano piena consapevolezza della loro solitudine e della necessità di poter contare sulle proprie sole forzein difesa dei territori cristiani d'outremer. Si rendevano perfettamente conto, in altre parole, che in caso di catastrofe militare sarebbero stati abbandonati a se stessi dai sovrani d'Europa. Come di fatto avvenne.
Potrebbe sembrare sospetto che l'ordine dei templari, nato in funzione della crociata e della protezione del Santo Sepolcro, abbia raggiunto l'apice della propria fortuna militare ed economica dopo il crollo del regno cristiano di Gerusalemme e il rientro in Europa.
Ma questo si spiega con il fatto che furono i soli in grado di provvedere al trasporto dei grandi capitali dagli stati perduti di Terrasanta all'Europa, rendendo un servigio fortemente ricompensato alle grandi famiglie, ai mercanti, alle confraternite religiose e a ogni altra lobby della società cristiana d'oltremare.
Si trattò della prima e forse più complessa esportazione di capitali della storia, messa a punto grazie all'esistenza di una poderosa flotta templare, ma anche grazie alla estensione del network universale del Tempio, autentica multinazionale della fede. Sarebbe tuttavia ingeneroso affermare che il ritiro dalla Terrasanta possa essersi solo risolto in una colossale operazione commerciale: molti templari caddero al fianco degli Ospitalieri nella difesa del Krak dei cavalieri, ultima poderosa fortezza cristiana in Terrasanta, e ad Acri, sacrificandosi per consentire l'imbarco verso l'Europa alla popolazione cristiana incalzata dall'armata musulmana.
Un arricchimento ulteriore per i Templari si registrò dopo il rientro in Europa con nuovi investimenti, in specie prestiti alle case regnanti.
E' il momento in cui il loro progetto si spinge a considerare la fondazione di una federazione di stati europei, o addirittura l'insediamento di un papa templare sul trono di Pietro (ma questo è un altro mistero, che s'intreccia con quello di Celestino V).
Ma è anche il momento che prelude al dies nefastus (il giorno nefasto, come l'hanno chiamato alcuni storici). La notte del 13 ottobre 1307, con un geniale colpo di mano dei servizi segreti di Filippo il Bello, architettato dall'inquisitore Nogaret, vengono arrestati i vertici dell'Ordine, più centinaia di cavalieri sparsi per le capitanerie templari di Francia.
Del processo e dei suoi esiti – e dei dubbi che ne sono derivati, tanto in riferimento all'innocenza che alla pretesa colpevolezza dei cavalieri – si è detto e scritto tanto. Non ne sono scaturite certezze assolute, né contro né a favore dei condannati. Si deve tuttavia convenire su almeno un punto in difesa dell'Ordine, ed è che un uomo che muore sotto la tortura per non confessare i crimini di cui lo si accusa è infinitamente più credibile di mille che per sottrarsi alla tortura confessano.
Ci furono tra i templari eroi e traditori, idealisti e trafficanti. La loro tragedia insegna che non esiste nobile impresa, idealità, illusione del tutto esente da errori, e forse talvolta bassezze - così come non v'è bassezza ed errore che non possano essere riscattati da un nobile gesto.
In questo il bene s'intreccia con il male, il bianco con il nero, come nello stendardo del Tempio.
Lo stesso gran maestro Jacques de Molay non seppe dare un esempio di fermezza nella tempesta, ma fu lacerato da dubbi ed esitazioni, indecisioni sul da farsi. Seppe però morire da uomo, con la coscienza liberata da ogni peso. Seppe immolarsi come agnello sacrificale di una libertà negata. Ed è per questo che c'è posto per lui nel grande libro del libero pensiero, accanto a Giordano Bruno e a Thomas More, a Ramon Lull e ogni altra vittima dell'intolleranza di qualsivoglia matrice, religiosa o politica
Una cosa è certa. Nel bene e nel male, i templari furono vittime del loro sogno. Morirono liberi, vittime di una libertà negata.
Con il rogo dei templari finisce la storia e inizia la leggenda. Una leggenda che s'intreccia con la ricerca del Graal e il ritrovamento della Sindone, il lenzuolo in cui fu avvolto il corpo di Gesù, massime reliquie della cristianità. Si sa per certo che alcuni templari si rifugiarono in Portogallo, dove parteciparono alla reconquista iberica contro gli arabi. Altri si rifugiarono in Scozia, dove si unirono ai clan nella lotta per l'indipendenza scozzese. E' significativo che alla battaglia di Bannockburn (nel 1314, l'anno stesso del rogo finale dei templari) gli inglesi vengono per la prima volta battuti in campo dagli scozzesi, grazie all'intervento di misteriosi imbattibili cavalieri dai bianchi mantelli.
Tutto lascia ritenere che siano stati i templari a incoronare Robert Bruce re di Scozia, dando origine alla moderna massoneria di rito scozzese.
E' certa comunque una sopravvivenza segreta dell'ordine del Tempio nella diaspora e nella clandestinità. Se ne riscontrano tracce nella storia e nella letteratura, principalmente tra i rosacroce e nella massoneria.
La domanda che mi sono sentito più rivolgere in questi ultimi anni, all'uscita di ogni mio libro è: Perché il Medioevo oggi? Che senso ha parlare di antichi imperatori, più simili ai perduti re delle favole che a governanti credibili? Che senso addentrarsi nei misteri della cavalleria? Che senso riesumare fatti così lontani dalla nostra sensibilità, dalla nostra realtà odierna, come il processo dei Templari?
Paradossalmente, io che scrivo di Medio Evo anche quando ambiento le mie storie ai nostri giorni (perché io scrivo di oggi, di me, dell'uomo contemporaneo, non del passato) in tutta sincerità rispondo: Per attualità.
Perché nulla è più vicino alla nostra realtà - e alla nostra sensibilità odierna - dello spirito medievale, di certi comportamenti e dei fatti che caratterizzarono l'evolversi della società occidentale dall'originaria barbarie alla modernità.

lunedì 20 ottobre 2008

Il Pensiero Mistico nella Libera Muratoria



(da lacittadelladelleliberemura)


Un Libero Muratore "scava" prima di erigere, scava nel terreno bruto la fossa nella quale porrà le fondamenta dell'edificio che ha deciso e progettato di innalzare.Noi spesso, sempre direi, parliamo di mura erette o che stiamo erigendo, di pietre che squadriamo per collocare nel punto giusto delle mura. Sottacciamo, e forse dimentichiamo, che nessun edificio può essere costruito con l’intento di durare nel tempo, di resistere alle avversità della natura e dell’uomo, se non viene dotato di profonde e solide fondamenta.Ogni volta che un Libero Muratore, nella sua Loggia, si alza e, autorizzato dal suo Venerabile, prende la parola, in quel momento quel Libero Muratore sta partecipando alla costruzione delle mura del Tempio del pensiero “muratorio” della sua Loggia, della sua Istituzione. Ci sono Fratelli che portano la loro piccola o grande pietra che hanno squadrato con fatica ed accuratezza perché sia inserita nel “muro” della Loggia. Ci sono altri Fratelli che non erigono ma scavano. Scavano nella materia informe del terreno ove verrà poi eretto un muro portante. I Maestri sanno bene che quest’azione di scavo è necessaria e propedeutica all’erezione delle mura, per questo sono attenti a come viene eseguita e per questo chiedono una preparazione e una cura molto superiore al normale.Bisogna sapere dove scavare, in quale direzione, a quale profondità, in quale modo cioè con quali strumenti, ma ciò che più importa, seguendo quale progetto. Ecco perché, da parte dei Maestri più anziani ed esperti nell’arte dell’architettura “muratoria”, c’è un richiamo severo e costante, a quei Fratelli che vogliono dedicarsi all’azione di “scavo”, a tenere ben presente il “progetto architettonico comune”, cioè ad operare dentro il progetto edificativo della Loggia. In termini più nostri, ad operare nella costruzione del pensiero muratorio in senso stretto.
Il Gran Maestro rivendicando l’origine neoplatonica del pensiero massonico ci richiama ad individuare le fondamenta spirituali più profonde della Libera Muratoria stessa. Quelle fondamenta che legano la spiritualità dell’Assoluto di un Plotino e di un Proto alla concordia universale dei pensieri religiosi e filosofici di un Giovanni Pico, fino alla ribellione nei confronti del pensiero volto al puro materialismo, della scuola di Cambridge.In questo scorrere di pensiero neoplatonico, che attraversa i secoli e le culture, c’è il senso umano del percorso iniziatico massonico, senso umano nell’accezione forte del termine, cioè del destino e della centralità dell’Uomo all’interno della Natura come fenomeno universale. Proprio qui, in questo senso umano del pensiero massonico, si fondano le specificità sociali e civili, morali ed etiche, psicologiche e culturali, cioè le storicità in senso sostanziale e non circostanziale della ricerca del Libero Muratore.In più di un’occasione storica il pensiero profano ha ingenuamente creduto risolta la problematica dell’incontro-scontro tra le diverse spiritualità alla luce della ragione e del pensiero illuminato dalla ragione stessa. Parallelamente a questo pensiero razionale e razionalizzante, la Libera Muratoria ha sviluppato un percorso teoretico, non sempre univoco e coerente, nel tentativo di evitare di cadere in questa trappola illusoria proseguendo nella sua ricerca sui valori fondanti dell’essere e dell’esistere umano.Ad un “progressivismo” storicistico e materialistico, assunto ad ideologia giustificatoria di storici meccanismi di potere e con tutti i caratteri di una religiosità intollerante, la Libera Muratoria ha opposto ai tanti rivoli allegorici il flusso portante del “progressivismo” fondato sull’uomo come essere compiuto, sia sensibilmente sia spiritualmente. Al progressivismo della “separazione” e della “distinzione”, la Libera Muratoria oppone il progressivismo dell’”incontro” e dell’”universalità”, valori questi che fin dal rinascimento propugnava Giovanni Pico e prima ancora il Neoplatonismo.Il carattere universale della Libera Muratoria nasce dall’intrinseco misticismo della Libera Muratoria stessa, considerando la mistica come ricerca dell’unione e della completezza, come l’eliminazione della separazione, come l’esperienza dell’essere in sé, in quanto tale a prescindere dalle specificità. Il valore dell’universalità è quindi la storica determinazione e la conseguenza logica di questo senso mistico nascosto dietro ai simbolismi ed alle allegorie dei rituali e del pensiero della Libera Muratoria. Solo nel valore del senso universale dell’essere un Libero Muratore si percorre la via della ricerca del vero sé, superando i confini della sfera psicologica, dell’individualismoIl pensiero mistico massonico è un soliloquio, un parlare con sé del sé profondo, per essere proprio quel sé profondo, è, quindi, un fare essendo. Questo soliloquio non deve essere confuso col monologo, perché è un parlare corale del singolo, in quanto parlare del singolo all’interno della comunione massonica.Questo parlare del sé a sé è la ricerca di una conoscenza tutta speciale, quella conoscenza che è l’essere la cosa conosciuta stessa, è la ricerca dell’identità tra soggetto conoscente e oggetto conoscibile.È qui che si colloca il vero senso esoterico della Libera Muratoria. Quindi, non esoterismo come conoscenze chiuse agli estranei e riservate agli iniziati, ma esoterismo come conoscenza nel riparo dell’intimo del proprio essere, del proprio animus.

venerdì 17 ottobre 2008

Il Gran Maestro Raffi: «Siamo nella primavera della Massoneria»


Pescara 16 ottobre 2008 (Primadanoi.it)

Ieri Pescara ha festeggiato l'installazione di una nuova loggia massonica. La 14° del Grande Oriente in Abruzzo. Per l'occasione è arrivato da Ravenna, città dove vive e lavora, Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente.
«Noi siamo la massoneria ufficiale, quella storica, quella coerente ai principi, quella regolare, riconosciuta in tutto il mondo». Imponente, barba bianca. Sguardo carismatico, parlata romagnola. Divertente e divertito ma anche serioso. Il Gran Maestro Raffi, 64 anni che non dimostra, è convinto che questa sia la primavera della Massoneria. Mai tanti come adesso, mai così uniti, mai così forti. Ed è anche convinto, lo dice citando Neruda, che non si può tornare indietro perché se puoi recidere un fiore non puoi cancellare la primavera. La nuova loggia abruzzese (Antonio De Curtis), inaugurata ieri sera con una gran festa tra i fratelli muratori secondo Raffi è la dimostrazione di una «esigenza culturale in costante crescita». Ci sono «sempre più giovani», e dietro la voglia di «incontrarsi, discutere, parlare».
Raffi che non ha mai incontrato Licio Gelli e che prende le sue critiche come medaglia al valore, è anche convinto che «oggi più che mai ci sia bisogno della Massoneria» e secondo lui la "diffidenza" dietro questo mondo avvolto da un mistero pluricentenario non è altro che «pigrizia mentale». Ma anche la massoneria avrebbe le sue colpe: prima quella di non aver capito «l'importanza della comunicazione. Oggi chi non sa comunicare è morto». Ma il Grande Oriente si è saputo adeguare ai tempi: «oggi abbiamo un sito internet, abbiamo aperto il nostro archivio ai grandi storici, ci sono riunioni aperte a tutti». Ci sono, come dice lui, «momenti pubblici e momenti privati: anche la camera di consiglio di un tribunale è riservata, poi la sentenza diventa pubblica».
La Massoneria italiana, intesa come Goi, oggi si è aperta anche alla stampa, nonostante il suo Gran Maestro Raffi non ami particolarmente le interviste: «finisce che mi ripeto sempre» ma alla fine cede sempre alle domande per non essere scortese: «mi dico sempre che devo imparare a dire dei no. La Massoneria silente, quella di un tempo, impegnava poca fatica», dice.
Adesso lui si definisce un apprendista stregone, «il Goi si è aperto al mondo e gli incontri si sono centuplicati».


MASSONERIA E POLITICA
Per Raffi la massoneria è pluralista «all'interno e all'esterno. Non detta una linea politica, è una scuola di formazione, è un laboratorio. Questo vuol dire che il fratello che non viene censito con un suo credo se è progressista rimarrà progressista, se è conservatore rimarrà conservatore. Nessuno gli chiederà travasi ma solo di testimoniare dei valori e di essere coerente ai principi che professa: eguaglianza, libertà, fratellanza ma soprattutto tolleranza». Alla base c'è la politica del dialogo e se si riuscisse a capire che «la scoperta dell'errore è una conquista per l'individuo ma non la sconfitta sarebbe un bene». E lo stesso vale per la Religione:«la massoneria non ha mai inteso costituirsi in chiesa o esprimere una religione. Qualcuno potrebbe obbiettare che l'essere credente è uno dei principi per essere massone. Ma in realtà siamo profondamente laici: la laicità è il principio regolatore della convivenza».

IL MASSONE = UOMO DEL DUBBIO
Se dovesse fare un identikit di un Massone? Raffi risponde in una manciata di secondi: «è l'uomo del dubbio. Questo non vuol dire una posizione di indifferenza, significa che ci sono uomini che non negano la verità ma la ricercano. Un massone non ha l'arroganza di sapere. In questa visione si è portati a pensare che in ogni uomo c'è uno spezzone di verità e ci si debba confrontare con gli altri».


MASSONE E POTERE
Quanti massoni ci sono al potere oggi in Italia, domando a Raffi. Si fa quasi brusco: «E' un problema che non mi interessa. Direi che se uno cerca le vie del potere bussa altrove, come ha dimostrato Tangentopoli. Se ho fatto un censimento nel corso del mio mandato è stato quello alla ricerca di intelligenza. Spesso hai il presenzialista che mira a fare carriera che se non lo sai stanare non sai nemmeno che esiste». Ad un certo punto, però il Goi fece una scoperta e Raffi la rivela:«abbiamo scoperto che c'erano più di 50 deputati massoni in sede costituente. Questo non voleva dire che ci fosse un capobanda che dava ordini. Vivevano sparpagliati, vivevano il loro credo individuale …però se vai a vedere in concreto, il padre della Costituzione, Meuccio Ruini, era un massone». Ma quanti si avvicinano alla Massoneria perché credono sia un modo più facile per arrivare al potere? «In quel caso hanno sbagliato porta e dovrebbero andare a bussare altrove. Anche l'ultimo dei partiti dovrebbe garantire quello che non può garantire: chi ha merito va avanti, chi non ha merito non va da nessuna parte».


LA TRASPARENZA DEL GRANDE ORIENTE
Le liste dei massoni, è cosa nota, sono segretissime e non vengono depositate in prefettura ma possono essere richieste in presenza di ipotesi di reato. E' anche questo uno dei misteri più intriganti delle logge. Ma Raffi su questo punto parla di «diritto alla riservatezza che riguarda tutte le associazioni. Siamo un paese che ha recepito la norma sulla privacy con 18 anni di ritardo rispetto alle direttive comunitarie. Quello che uno deve chiedere è la trasparenza della dirigenza: chi sono i responsabili sul territorio?» I nomi dei vertici, infatti non sono coperti da nessun segreto. «Negli anni 40», continua Raffi, «se uno veniva censito nelle liste sindacali poteva dire addio alla carriera e al posto di lavoro. Addirittura ci furono grandi polemiche sulle schedature della Fiat e poi si arrivò allo statuto dei lavoratori che vieta tutto questo. Il giorno che il nostro paese avrà una legge che imporrà la pubblicità per affissione degli iscritti noi ottempereremo. Perché il massone deve sbandierare il suo status se non lo vuole fare? Poi domani mi troverei delle grane io se un massone che non ha grandi capacità, mi chiede i danni perché è stato licenziato e ci mette in mezzo la storia della discriminazione perché appartenente ad una loggia…..Vero o non vero, non è un rischio che voglio correre».

LA SITUAZIONE DELL'ABRUZZO

Sul terremoto giudiziario che ha travolto l'Abruzzo, invece, Raffi non si sbilancia. «So quello che ho letto dai giornali. Quando c'è una inchiesta la magistratura deve fare quello che deve fare con l'auspicio che i rappresentanti delle istituzioni dimostrino di non aver fatto determinate cose. Non tanto per loro ma perché deve credere nell'istituzione».


MASSONERIE E LA DONNA
Nel Goi è da sempre vietato l'accesso alle donne: «Questo è un problema se ne discute spesso», ammette il Gran Maestro. «La soluzione del problema va adottata nel seno del circuito della massoneria. Oggi noi siamo ancora in compagnia delle grandi religioni monoteiste che escludono la donna. Se poi devo fare una battuta dico che io sono un riformista …o potrei dire che nella galassia massonica ci sono obbedienze esclusivamente maschili, quelle esclusivamente femminili o miste. Se uno va al supermercato trova tutto quello che vuole»

Il Gran Maestro Raffi:«Siamo nella primavera della Massoneria»

Pescara 16 ottobre 2008 (Primadanoi.it)

Ieri Pescara ha festeggiato l'installazione di una nuova loggia massonica. La 14° del Grande Oriente in Abruzzo. Per l'occasione è arrivato da Ravenna, città dove vive e lavora, Gustavo Raffi, Gran Maestro del Grande Oriente. «Noi siamo la massoneria ufficiale, quella storica, quella coerente ai principi, quella regolare, riconosciuta in tutto il mondo». Imponente, barba bianca. Sguardo carismatico, parlata romagnola. Divertente e divertito ma anche serioso. Il Gran Maestro Raffi, 64 anni che non dimostra, è convinto che questa sia la primavera della Massoneria. Mai tanti come adesso, mai così uniti, mai così forti. Ed è anche convinto, lo dice citando Neruda, che non si può tornare indietro perché se puoi recidere un fiore non puoi cancellare la primavera. La nuova loggia abruzzese (Antonio De Curtis), inaugurata ieri sera con una gran festa tra i fratelli muratori secondo Raffi è la dimostrazione di una «esigenza culturale in costante crescita». Ci sono «sempre più giovani», e dietro la voglia di «incontrarsi, discutere, parlare». Raffi che non ha mai incontrato Licio Gelli e che prende le sue critiche come medaglia al valore, è anche convinto che «oggi più che mai ci sia bisogno della Massoneria» e secondo lui la "diffidenza" dietro questo mondo avvolto da un mistero pluricentenario non è altro che «pigrizia mentale». Ma anche la massoneria avrebbe le sue colpe: prima quella di non aver capito «l'importanza della comunicazione. Oggi chi non sa comunicare è morto». Ma il Grande Oriente si è saputo adeguare ai tempi: «oggi abbiamo un sito internet, abbiamo aperto il nostro archivio ai grandi storici, ci sono riunioni aperte a tutti». Ci sono, come dice lui, «momenti pubblici e momenti privati: anche la camera di consiglio di un tribunale è riservata, poi la sentenza diventa pubblica». La Massoneria italiana, intesa come Goi, oggi si è aperta anche alla stampa, nonostante il suo Gran Maestro Raffi non ami particolarmente le interviste: «finisce che mi ripeto sempre» ma alla fine cede sempre alle domande per non essere scortese: «mi dico sempre che devo imparare a dire dei no. La Massoneria silente, quella di un tempo, impegnava poca fatica», dice. Adesso lui si definisce un apprendista stregone, «il Goi si è aperto al mondo e gli incontri si sono centuplicati». MASSONERIA E POLITICA Per Raffi la massoneria è pluralista «all'interno e all'esterno. Non detta una linea politica, è una scuola di formazione, è un laboratorio. Questo vuol dire che il fratello che non viene censito con un suo credo se è progressista rimarrà progressista, se è conservatore rimarrà conservatore. Nessuno gli chiederà travasi ma solo di testimoniare dei valori e di essere coerente ai principi che professa: eguaglianza, libertà, fratellanza ma soprattutto tolleranza». Alla base c'è la politica del dialogo e se si riuscisse a capire che «la scoperta dell'errore è una conquista per l'individuo ma non la sconfitta sarebbe un bene». E lo stesso vale per la Religione:«la massoneria non ha mai inteso costituirsi in chiesa o esprimere una religione. Qualcuno potrebbe obbiettare che l'essere credente è uno dei principi per essere massone. Ma in realtà siamo profondamente laici: la laicità è il principio regolatore della convivenza». IL MASSONE = UOMO DEL DUBBIO Se dovesse fare un identikit di un Massone? Raffi risponde in una manciata di secondi: «è l'uomo del dubbio. Questo non vuol dire una posizione di indifferenza, significa che ci sono uomini che non negano la verità ma la ricercano. Un massone non ha l'arroganza di sapere. In questa visione si è portati a pensare che in ogni uomo c'è uno spezzone di verità e ci si debba confrontare con gli altri». MASSONE E POTERE Quanti massoni ci sono al potere oggi in Italia, domando a Raffi. Si fa quasi brusco: «E' un problema che non mi interessa. Direi che se uno cerca le vie del potere bussa altrove, come ha dimostrato Tangentopoli. Se ho fatto un censimento nel corso del mio mandato è stato quello alla ricerca di intelligenza. Spesso hai il presenzialista che mira a fare carriera che se non lo sai stanare non sai nemmeno che esiste». Ad un certo punto, però il Goi fece una scoperta e Raffi la rivela:«abbiamo scoperto che c'erano più di 50 deputati massoni in sede costituente. Questo non voleva dire che ci fosse un capobanda che dava ordini. Vivevano sparpagliati, vivevano il loro credo individuale …però se vai a vedere in concreto, il padre della Costituzione, Meuccio Ruini, era un massone». Ma quanti si avvicinano alla Massoneria perché credono sia un modo più facile per arrivare al potere? «In quel caso hanno sbagliato porta e dovrebbero andare a bussare altrove. Anche l'ultimo dei partiti dovrebbe garantire quello che non può garantire: chi ha merito va avanti, chi non ha merito non va da nessuna parte». LA TRASPARENZA DEL GRANDE ORIENTE Le liste dei massoni, è cosa nota, sono segretissime e non vengono depositate in prefettura ma possono essere richieste in presenza di ipotesi di reato. E' anche questo uno dei misteri più intriganti delle logge. Ma Raffi su questo punto parla di «diritto alla riservatezza che riguarda tutte le associazioni. Siamo un paese che ha recepito la norma sulla privacy con 18 anni di ritardo rispetto alle direttive comunitarie. Quello che uno deve chiedere è la trasparenza della dirigenza: chi sono i responsabili sul territorio?» I nomi dei vertici, infatti non sono coperti da nessun segreto. «Negli anni 40», continua Raffi, «se uno veniva censito nelle liste sindacali poteva dire addio alla carriera e al posto di lavoro. Addirittura ci furono grandi polemiche sulle schedature della Fiat e poi si arrivò allo statuto dei lavoratori che vieta tutto questo. Il giorno che il nostro paese avrà una legge che imporrà la pubblicità per affissione degli iscritti noi ottempereremo. Perché il massone deve sbandierare il suo status se non lo vuole fare? Poi domani mi troverei delle grane io se un massone che non ha grandi capacità, mi chiede i danni perché è stato licenziato e ci mette in mezzo la storia della discriminazione perché appartenente ad una loggia…..Vero o non vero, non è un rischio che voglio correre». LA SITUAZIONE DELL'ABRUZZO Sul terremoto giudiziario che ha travolto l'Abruzzo, invece, Raffi non si sbilancia. «So quello che ho letto dai giornali. Quando c'è una inchiesta la magistratura deve fare quello che deve fare con l'auspicio che i rappresentanti delle istituzioni dimostrino di non aver fatto determinate cose. Non tanto per loro ma perché deve credere nell'istituzione». MASSONERIE E LA DONNA Nel Goi è da sempre vietato l'accesso alle donne: «Questo è un problema se ne discute spesso», ammette il Gran Maestro. «La soluzione del problema va adottata nel seno del circuito della massoneria. Oggi noi siamo ancora in compagnia delle grandi religioni monoteiste che escludono la donna. Se poi devo fare una battuta dico che io sono un riformista …o potrei dire che nella galassia massonica ci sono obbedienze esclusivamente maschili, quelle esclusivamente femminili o miste. Se uno va al supermercato trova tutto quello che vuole»

martedì 14 ottobre 2008

13 Ottobre 1307


Settecentouno anni fa, Venerdì 13 Ottobre 1307, ebbe inizio la persecuzione contro i Templari, che, nell'arco di pochi anni, avrebbe determinato la scomparsa dell'Ordine.

I Templari furono un ordine monastico-cavalleresco (cioè erano allo stesso tempo monaci e soldati) fondato nel 1119 da Hugues de Payen, insieme ad altri otto confratelli, a Gerusalemme. Venti anni prima, il 15 luglio del 1099, i principi che avevano sottoscritto la Prima Crociata, indetta da papa Urbano II, avevano riconquistato Gerusalemme sottraendola ai Saraceni. Il principe Baldovino di Fiandra, fratello di Goffredo di Buglione, divenne primo re di Gerusalemme col nome di Baldovino I. La Terrasanta, però, continuava a rimanere terreno pericoloso per i frequenti scontri con i Saraceni che premevano per riprendersi il Santo Sepolcro, così, secondo le fonti storiche ufficiali, nacque l'idea della costituzione di un ordine militare per la protezione e la difesa armata dei pellegrini, organizzata internamente come un ordine monastico. Baldovino, il patriarca di Gerusalemme e tutto l'alto clero appoggiarono l'impresa e il re concesse loro di occupare le vaste scuderie ricavate nei sotterranei della Grande Moschea di Al-Aqsa, costruita sul luogo dove un tempo sorgeva il Tempio di Salomone.

Per tale motivo, il gruppo neoformato cominciò ad essere chiamato "Cavalieri del Tempio" e quindi Cavalieri Templari. In realtà come ordine monastico vero e proprio venne approvato soltanto nel 1128, con il concilio di Troyes, tenutosi sotto il pontificato di papa Onorio II. A spingere il papa, ancora restio all'idea che un monaco potesse essere abilitato a spargere sangue, a concedere loro il riconoscimento ufficiale fu San Bernardo di Chiaravalle, allora massimo esponente dell'ordine dei Frati Cistercensi, che redasse per loro una Regola specifica mutuata da quella dei suoi confratelli. Innocenzo II, che doveva a San Bernardo l'elezione al soglio pontificio, concesse loro nel 1139 una prima serie d'importanti privilegi. Infine Eugenio III, nel 1147, concesse ai Templari, che già indossavano il mantello bianco, l'autorizzazione ad aggiungervi una croce rossa.

Nell'arco di un paio di secoli l'Ordine crebbe divenendo sempre più potente e ricco, acquistando territori in tutta Europa, ma soprattutto in Francia ed in Italia, dove furono fondate le chiese e le "mansioni" più importanti. Anche quando la Terrasanta fu nuovamente e definitivamente perduta, l'Ordine continuò a prosperare, proseguendo la sua opera di difesa dei pellegrini in Europa, lungo le strade che conducevano ai massimi luoghi di culto del tempo: il Santuario di San Giacomo di Compostella, in Galizia (Spagna) e la Basilica di San Pietro, a Roma. Celebre, a tale proposito, è la cosiddetta Via Francigena, o Romea, che collegava questi due luoghi e lungo la quale, in tutti i territori interessati dal suo percorso, si svilupparono mansioni e commanderie templari. La via proseguiva oltre Roma, nell'Italia meridionale, fino ad arrivare agli importanti porti pugliesi (come Bari e Trani) che costituivano scali d'obbligo per tutte le navi che partivano per il Medio Oriente.

Agli inizi del XIV sec. i Templari erano diventati così potenti che ormai agivano per conto loro in tutti gli Stati, senza riconoscere autorità alcuna eccetto quella del Pontefice. Le immense ricchezze accumulate faceva di loro le personalità più ricche e potenti d'Europa, tanto che molti sovrani avevano ricorso a loro per prestiti finanziari (i Templari sono stati i precursori del moderno sistema bancario, con l'invenzione della "lettera di cambio", antenata degli attuali assegni circolari). Fu appunto un monarca, il Re di Francia Filippo IV il Bello, che decise di porre fine al predominio dei Cavalieri del Tempio (ed al suo debito nei loro confronti che cresceva sempre di più) riuscendo a convincere l'allora papa Clemente V a tacciare l'Ordine di eresia e a farlo perseguire. Ordini segreti vennero inviati a tutti i mandati del Re sul territorio francese, con l'obbligo di apertura simultanea ad una data ben precisa.

Fu così che il 13 Ottobre 1307, di primo mattino, per ordine del Re vennero arrestati simultaneamente tutti i Templari di Francia che vennero trovati nelle loro "Case", tra i quali figurarono il Gran Maestro Jacques De Molay, il precettore di Normandia, Geoffrey de Charnay nonché l'ex tesoriere del regno di Francia. Il 13 Ottobre era un venerdì, e da allora il Venerdì 13 è diventato un giorno di sventura e disgrazia. Ogni commanderia templare venne sciolta, i suoi adepti furono catturati e sotto tortura confessarono ogni tipo di nefandezza che i loro persecutori volessero attribuirgli, molti abiurarono la loro fede, altri furono arsi al rogo, altri ancora furono reintegrati in altri ordini, come gli Ospitalieri o i Cavalieri Teutonici. L'ultimo atto di questa farsa in grande scala fu il 18 Marzo 1314, quando su un'isoletta della Senna vennero arsi al rogo Jacques De Molay e Geoffrey de Charnay.

Una leggenda ci racconta che prima di morire, il Gran Maestro pronunciò una terribile maledizione contro il Re ed il Papa: «Aspetto davanti al Tribunale di Dio il Re di Francia prima di trecento giorni, ed il papa Clemente V prima di quaranta giorni!». Di fatto, meno di quaranta giorni dopo, nella notte fra il 19 ed il 20 Aprile, Clemente V, che da qualche tempo soffriva di vomito incoercibile, morì a Roquemaure-sur-Rhône, nei dintorni di Avignone. Nel corso dello stesso anno moriva anche Filippo il Bello. Di una male incurabile, dissero alcuni, in seguito ad un incidente di caccia (era caduto da cavallo), secondo altri. Non solo: in poco tempo tutti i discendenti del re morirono per varie cause, e la famiglia di Filippo il Bello si estinse totalmente.

mercoledì 8 ottobre 2008

Festa Annuale del Rito Scozzese Antico ed Accettato in Sardegna - Alghero 25 Ottobre 2008


L'Ispettorato Regionale della Sardegna ha organizzato, nella data del prossimo Sabato 25 Ottobre 2008, la Festa Annuale in Sardegna del Rito Scozzese Antico ed Accettato.

La Festa si celebrerà in Alghero, presso il "Quarté Soyal" (ristrutturazione dell'Ex Convento dei Benedettini), sul lungomare della Via Barcellona, con inizio alle ore 10,00 per le ore 10,30.

Durante la giornata verranno presentate delle Tavole Architettoniche, predisposte da alcuni Fratelli Scozzesi, sul tema: "Rito Scozzese Antico ed Accettato e Società Attuale"

Alle ore 13,30 è prevista un'Agape Bianca presso il Ristorante "La Pergola".

martedì 7 ottobre 2008

Massoneria in Europa e nel Mediterraneo - Logge europee a confronto.


SAN PIETRO SUL MAR PICCOLO (TA)

Un piccolo borgo sul Mar Piccolo, a ridosso di Taranto, circondato e protetto da un uliveto secolare, è lo scenario scelto dalle logge “Libertini” (737) di Lecce, “Tommaso Briganti” (933) di Gallipoli e dalla tarantina “Pitagora”, per il convegno “La Massoneria in Europa e nel Mediterraneo. L’Istituzione, gli Stati e l’esperienza dei Liberi Muratori”.


Nato con il patrocinio del Collegio dei maestri venerabili della Puglia e del Grande Oriente nazionale, l’incontro si estende oltre i confini e si svolgerà il 1° novembre (ore 9) all’Histò San Pietro sul Mar Piccolo con la partecipazione di esponenti delle Gran Logge di Grecia, Austria, Belgio, Germania, Montenegro e Francia, le ultime due con i rispettivi Gran Maestri, Novak Jaukovic e François Stifani.

Interverranno dopo la relazione “La Massoneria e la Costituzione Europea” di Anastassios Vikas, direttore generale onorario del Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea.

In programma anche interventi di rappresentanti delle officine organizzatrici e delle logge “Pythagoras” (33) di Anversa, “Garibaldi” (317) di Nizza, “Anagennisis” (75) di Atene, “Pythagoras zu den drei Strömen” (192) di Hann-Munden, “Quatuor Coronati di Vienna, “Montenegro” (1) di Podgorica.

Il Gran Maestro Gustavo Raffi chiuderà i lavori.

In apertura sono previsti i saluti dei maestri venerabili delle tre logge pugliesi, Gianluca Pierotti (“Pitagora”), Stefano Meo (“Libertini”), Tiziano Cataldi (“Tommaso Briganti”) e del presidente circoscrizionale della Puglia Mauro Leone.

L’introduzione è stata affidata a Carlo Petrone, consigliere dell’Ordine in Giunta, che presiederà il convegno. Il giorno prima, venerdì 31 ottobre, tutti gli ospiti si riuniranno in tornata rituale, sempre all’Histò San Pietro (ore 16,30).

Per l’occasione la loggia “Pitagora” di Taranto presenterà la tavola “Per il bene dell’Umanità: attualità dell’esoterismo e dell’essoterismo massonico nella costruzione dei popoli d’Europa.

(scarica l'invito in pdf)

venerdì 3 ottobre 2008

Equinozio di Autunno - XX Settembre 2008 - L'Allocuzione dell'Ill.mo e Ven.mo Gran Maestro, Fr. Gustavo Raffi


Lessing nei suoi Dialoghi Massonici, con molta chiarezza, sottolinea come i Liberi Muratori non possono deviare in nessun modo dal loro impegno, scadendo in quello che noi chiamiamo profanità. Sarebbero fonte di ridicolo e compassione.

Di ridicolo per il loro fallimento e di compassione per non aver saputo lasciare – come diceva il Fratello Baden Powell – “il mondo migliore di come l’avevano trovato”.

Lessing aveva ragione allora e ha ragione anche nel presente. La Libera Muratoria, oggi, non può e non deve deviare dal proprio secolare impegno. Non può, in nessun modo, vivacchiare su di un passato glorioso. Non può limitarsi a vantare la sua storia. Non può solo ostentare quelle conquiste che sono state il suo vanto e che sono diventate patrimonio dell’Umanità. Ma non è sufficiente. Altro richiede il tempo presente. Altro è necessario nel momento in cui - a tutti gli uomini di buona volontà, di retto pensiero e di buoni costumi - si presentano sfide di straordinaria portata. Sono sfide - basta leggere i giornali e seguire i networks per rendersene conto - che riguardano le aspettative, i comportamenti e le speranze di un mondo in radicale trasformazione. È una trasformazione che, spesso, ha i caratteri di una crisi. È una crisi sociale che riguarda sia l’opulenta realtà occidentale che le povere realtà del Terzo Mondo. È una crisi esistenziale che attanaglia gli uomini che non sanno più chi sono, da dove vengono e dove vanno. E che vorrebbero saperlo.

È una crisi ancora – interiore ed esteriore – che non trova adeguata risposta nelle dottrine religiose, filosofiche e politiche. E, non trovando risposta, si trasforma o nel delirio consumista o nell’aggressività verso il più debole.

Entrambe sono forme estreme – e tra loro complementari - di disagio e di drammatica impotenza.

Questo fa sì che, ovunque, dilaghino conflitti. Che ovunque la violenza assuma i brutali caratteri dell’ovvio. Che ovunque la tolleranza lasci il posto alla protervia del più forte. Protervia che scorge nell’altro - nel diverso - non il Fratello da comprendere, aiutare e correggere (se necessario), ma il nemico da vincere e distruggere. La stessa scienza - a cui l’uomo aveva affidato il sogno di un processo ugualitario e progressivo – rischia di trasformarsi in un meccanismo fine a stesso. Rischia di diventare un idolo a cui sacrificare per avere in cambio l’illusione di una potenza vana e illusoria: non per l’uomo ma contro l’uomo. Non per essere, ma per avere.

A fronte di tutto questo, i Liberi Muratori non possono fare orecchie da mercante. Non possono nascondersi. Non possono mostrarsi pavidi e inerti se vogliono nuovamente riappropriarsi di un ruolo storico da parecchio tempo presente solo nella memoria. Così come non possono uscire dalle spelonche del segreto – in cui per tanti anni, paurosamente, si sono rintanati - per trincerarsi nella torre d’avorio di una superiorità che non possiedono. E non possono neppure – come troppo spesso accade – considerare l’Istituzione Massonica come un'azienda da conquistare con pacchi di deleghe o un partito politico da scalare con mucchi di tessere: senza esitare a ricorrere al peggior arsenale di un passato che si vuole dimenticare. Per sempre. E sia ben chiaro che questo è un punto di non ritorno. Dimenticarlo equivarrebbe a tradire il Messaggio liberomuratorio.

Questi comportamenti – che spesso si trincerano nel più vile anonimato - non devono trovare cittadinanza all’interno di una Libera Muratoria che ha riconquistato – con estrema fatica – una credibilità sociale e un prestigio culturale. Essi rappresentano un cancro che – se non viene eliminato con decisione – la divora dall’interno, svuotandola di significato e rendendola come diceva Lessing oggetto di compassione e di ridicolo. Viene da pensare – parafrasando la famosa di D’Azeglio – che “Fatta la Massoneria, bisogna rifare i Massoni”. Significa che bisogna ritrovare – ad ogni costo e a prezzo di ogni sacrificio - una più alta Coscienza Massonica nel concepire la Libera Muratoria come una educazione permanente alla vita spirituale e civile, come uno straordinario laboratorio di idee e come una entusiasta moltiplica di iniziative sociali, culturali e formative.

I Liberi Muratori devono accettare questa sfida. Devono assumersi il compito e la responsabilità della denuncia e, nel contempo, l’impegno della risposta. Devono gridare a tutti – come hanno fatto in passato – la loro fede nella dignità dell’uomo, il loro amore per la libertà, la loro vocazione alla tolleranza, la loro assoluta convinzione nell’ugualitarismo. Praticandoli, s’intende, in prima persona. Cosa questa che non sempre, purtroppo, avviene: con esiti nefasti. Devono impegnarsi, a fondo, per essere l’esempio vivente e operante – all’interno e all’esterno dell’Ordine - di come potrebbe essere il mondo in cui tutti vorrebbero vivere: in pace, in concordia e in onestà. Devono moltiplicare i loro sforzi per quella solidarietà che non coincide con la pietà, ma con la disponibilità a condividere risorse, intelligenza e felicità. E magari anche un sorriso.

Gli strumenti non mancano. Hanno dalla loro l’eredità millenaria della Tradizione Esoterica che - nell’Iniziazione - vede la scelta militante di un uomo che dubita e ricerca: per avvicinarsi alla Verità.

Hanno dalla loro quell’acuta sensibilità per tutti coloro che soffrono spiritualmente, moralmente ed economicamente. Una sensibilità che li ha sempre posti a fianco di coloro che erano soli, scherniti e derisi. Una sensibilità che li ha visti lottare per la libertà ovunque venisse conculcata e vilipesa. Hanno dalla loro l’entusiasmo di tutti quegli uomini che credono nella Fratellanza Universale: senza limiti di religione, cultura, appartenenza geografica e condizioni economiche.

Questo deve essere il solenne e rinnovato impegno di tutti i Liberi Muratori nel giorno in cui il Grande Oriente d’Italia celebra i sessant’anni di una Costituzione che ha fatto dell’Italia – anche grazie al contributo della Massoneria - un Paese maturo, libero e democratico. Così, libera, matura e democratica, deve poter diventare l’umanità tutta.

Certo, non è facile. Certo, molti sono gli ostacoli. Ma questi si dissolveranno se manterremo in noi, Liberi Muratori, quella certezza – dirompente ed irresistibile – che Pablo Neruda ha espresso in una indimenticabile frase poetica: “Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera”.

La nostra primavera, aggiungo con orgoglio.


Roma, Villa ‘Il Vascello’, 20 settembre 2008

giovedì 2 ottobre 2008

Diamo un aiuto a Guy


Il bambino di 10 anni, figlio di un funzionario della Polizia Stradale, è colpito da una grave forma tumorale e dovrà recarsi negli Stati Uniti per un estremo tentativo di cura
Non è la solita catena di Sant'Antonio, non si tratta della solita richiesta di soldi per situazioni non chiare. Questa di cui vi parliamo è una situazione reale e certificata, di cui si fa garante anche Asaps. Si tratta del figlio di un funzionario della Polizia di Stato della provincia di Vicenza, che per ovvi motivi chiamiamo convenzionalmente "Guy".
Accompagnato dal suo papà e dalla mamma Guy, 10 anni, dovrà recarsi nelle prossime settimane e per un periodo di almeno due mesi, negli Stati Uniti d’America per essere sottoposto ad una cura per combattere una rara forma tumorale, il “Neuroblastoma addominale metastatico”. Finora il protocollo di cura applicato in Italia, seppur con illusori risultati iniziali, non ha avuto un esito risolutivo, ma si è riscontrato una forma recidivante della malattia. Accertato che nel nostro Paese non sono possibili ulteriori protocolli di cura, i genitori hanno deciso, come ultimo tentativo per la salvezza del figlio, di recarsi nel Texas per una cura, allo stato ancora sperimentale, ma che gli darebbe una possibilità di vita. L’onere economico che si dovrà affrontare per il viaggio, la permanenza e la relativa cura, è nell’ordine dei 180.000 dollari.
Chiediamo agli amici e colleghi di dare una mano per questo ultimo tentativo per far guarire il piccolo Guy.
Chi vuole aiutare il bambino può versare il suo contributo sul seguente Conto Corrente Bancario.
UniCredit Banca di Vicenza IT87B0200811811000011132032
Causale: Per Guy.

mercoledì 1 ottobre 2008

Sufi e massoni: la luce esoterica


Luce su luce. Dio guida alla Sua luce chi Egli vuole. Dio propone agli uomini parabole. Dio conosce ogni cosa. Questa lampada si trova in case che Dio ha permesso d' innalzare; case ove il Suo nome è invocato, ove uomini celebrano le sue lodi all' alba e al crepuscolo. Nessun commercio, nessun affare li distraggono dal ricordo di Dio, dalla preghiera e dall' elemosina. Temono il Giorno in cui i cuori e gli sguardi saranno sconvolti, e, così, Dio li ricompenserà per le migliori fra le loro azioni, ed aumenterà loro la Sua grazia. Dio provvede senza lesinare ai loro bisogni, com' Egli vuole. Le azioni degli increduli sono simili a un miraggio nel deserto. Colui che ha sete crede di vedervi l' acqua, ma quando vi arriva non la trova; troverà Dio che gli salderà il conto. Dio è sollecito nei suoi conti. O sono paragonabili alle tenebre su un mare profondo: un' onda lo copre, sulla quale sale un' altra onda; e al disopra nuvole. Tenebre accumulate le une sulle altre. Se qualcuno tende una mano, può vederla appena. Colui al quale Dio non dà luce, non ha luce. Non ti accorgi che tutto ciò che si trova nei cieli e sulla terra, e gli uccelli che tendono le loro ali celebrano le lodi di Dio? Dio conosce la preghiera e le lodi di ciascuno d' essi. Dio sa perfettamente quel che fanno. Il dominio dei cieli e della terra appartiene a Dio: e tutto alla fine torna a Dio. Il cammino del sufi è dal buio alla luce, attraverso stati intermedi. Il sufi opera emblematicamente sul proprio io, che da pietra grezza diventa pietra levigata e squadrata, sino a giunger al grado di uomo perfetto : âlInsân âlKâmil, attraverso varie tappe, che in linea di massima sono trentatrè (ma vanno dalle sette alle cento a seconda delle Confraternite). Ciò non grazie alla morale, ma grazie all' etica. E così dunque qual tipo di etica è quello propugnato dal Sufismo? Con quale simbologia e con che tipo di iniziazione il concetto viene veicolato? Il sufi non impone la sua linea di condotta etica con la forza. Ciò sarebbe contrario all' indicazione coranica di "nessuna costrizione in fatto di religione". L' insegnamento del sufi risiede tutto nell' esempio fornito dal suo comportamento secondo il motto di base: "Nel mondo, ma non del mondo". Lo sforzo (il jihad, termine erroneamente tradotto in occidente con "guerra santa", quando il termine "guerra santa" âlHarâm âlMuqâtala non è mai citato dal Corano, per il quale nessuna guerra è santa anche se fazioni sedicenti musulmane ne usano oggi per i loro scopi politici e assolutamente anticoranici), il jihad, dicevo, è sforzo dell' uomo per convertire se stesso da pietra grezza a pietra levigata. D' altronde l' etica dei Sufi come giustamente osserva il giudice Said âl Ashmawî, un grande giurista islamico contemporaneo, recita che la religione non può essere utilizzata come politica poiché la religione eleva mentre invece la politica corrompe, limita, divide, uccide. Non si può accettare una formula religiosa spinti dall' ignoranza, dalla paura o dal preconcetto. La vera religione nel nostro caso l' Islâm vero si basa su due principi: fede in Dio e rettitudine nei comportamenti. Ciò si consegue solo con la penetrazione dell' etica. L' etica del Sufismo è da secoli impegnata in questo conseguimento, e si propone come risoluzione della ricerca di identità dell' Islâm che nelle plurime e a volte perfino aberranti o inquinate manifestazioni oggi rischia di allontanarsi dai precetti coranici così come ne sono lontani (pur proclamandosi invece musulmani) vari capi di Stato del periodo attuale. Il sufismo avvicina l' uomo a Dio attraverso l' avvicinamento dell' uomo a tutti gli altri uomini, grazie alla tolleranza per ogni pensiero differente dal proprio, al rispetto per l' individuo ma anche per i suoi diritti e per il suo ambiente. Sin dal XII° secolo i Sufi hanno propagandato il motto "libertà, eguaglianza, fratellanza". Questo nonostante le persecuzioni da parte di dittatori, ulema corrotti, teologi limitati. Persecuzioni che sono state esemplate dalla figura di âlHallaj, uno dei poeti mistici più eminenti dell' umanità tutta. "La dottrina sufi è offerta all' essere umano la cui mente è confusa, come una conoscenza teorica della struttura della realtà e della posizione che in essa l' essere umano occupa. Il labirinto delle contraddizioni, paralogismi, ambiguità le trappole intellettuali che caratterizzano certo pensiero moderno sono il massimo ostacolo alla vita dell' anima, e possono venir risolti solo attraverso l' esperienza etica, quella dei sufi ad esempio, che libera dalle scorie del contingente e del molteplice". Rûmî scrisse: "Le vie sono diverse, la meta è unica. Non sai che molte vie conducono a una sola meta? La meta non appartiene né alla miscredenza né alla fede; lì non sussiste contraddizione alcuna. Quando la gente vi giunge, le dispute e le controversie che sorsero durante il cammino si appianano; e chi si diceva l' un l' altro durante la strada "tu sei un empio" dimentica allora il litigio, poiché la meta è unica". Questo non è solo il superamento della religione, ma il "rispetto" d' ogni religione, come insegna lo stesso Corano. Non vi è infatti altro testo sacro che parli così diffusamente e in modo tanto aperto dell' universalità di tutte le religioni; e ancora una volta si dimostra che i vari emiri, re e dittatori che interpretano i versetti del Corano a loro stretto beneficio momentaneo e si pretendono musulmani, in effetti sono ben lungi dall' esserlo. In definitiva, nell' ambito della questione etica, possiamo riconoscere al sufismo la risoluzione della dialettica fra il particolare e l' universale. E' allo stesso tempo chiusura iniziatica e confronto universale. Dalla iniziazione rituale iniziale dell' individuo giunge a porsi come ideale regolamentatore di una società universale. Non per nulla Assaf Hâled Çelebi (Parigi 1987) definì il Sufismo "il rifugio degli spiriti liberi contro il fanatismo devastatore dei dogmatici". Il materialismo storico ha mostrato le sue grandi incongruenze; la civiltà dei consumi ha prodotto mostri di violenza e ci ha portato ad uno stato fallimentare di degrado etico ed ecologico. Entrambi sono responsabili dei disastri d' oggi, che vedono moltiplicate le azioni negative di un tempo. Alle soglie del XXI° secolo una delle cose necessarie alla salvezza dell' umanità, di tutta l' umanità, è la comprensione e l' accettazione dei valori etici basati sulla tolleranza, la fratellanza universale, la comprensione e l' accettazione dei valori delle varie e più disparate civiltà, che sono in effetti patrimonio comune di tutti. Ecco perché tra Sufismo e Massoneria vi sono stati nei tempi passati e ancor oggi vi sono numerosi punti di contatto.