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venerdì 30 dicembre 2016

Il Libro della Giungla di Rudyard Kipling, un opera massonica


I riferimenti muratorii contenuti nei “Jungle Books” (primo e secondo libro della Jungla) del Fr. Rudyard Kipling non hanno certamente una importanza rilevante.
Altre opere offriranno una testimonianza più diretta delle esperienze massoniche dell’Autore, rivelando tendenze culturali e di gusto affini alla nostra tradizione intellettuale quando addirittura non si tratta di brani espressamente dedicati alla Massoneria.
Tuttavia può essere interessante rileggere quest’opera minore, legata per lo più ai ricordi della nostra adolescenza, disponendo di un codice capace di decifrare in chiave massonica certi elementi della sua struttura.
Kipling la pubblicò tra il 1894 ed il 1895, quando già da otto anni faceva parte della Fratellanza: era stato infatti iniziato presso la R.L. Hope And Perseverance di Lahore nel 1886, a soli vent’anni.
Non c’è dubbio che, procedendo alla sua stesura, l’Autore ha avuto presenti le Sue prime esperienze di Loggia; anche se non le ha tradotte, come più tardi farà, in termini immediatamente comprensibili.
L’opera, divisa in due libri, consta di un certo numero di racconti alcuni dei quali a sé stanti, altri (quelli che particolarmente ci interessano) collegati fra loro dal filo conduttore della storia di Mowgli.
Mowgli (il ranocchio) è un bambino di tenerissima età che, per caso fortuito, si perde nella foresta: un branco di lupi lo raccoglie e lo alleva, istruendolo come un proprio cucciolo fino ad ammetterlo come membro della comunità.
Il soggetto non è di una originalità eccezionale.
La figura dell’uomo che vive primitivamente ai margini della civiltà e finisce per intendersi meglio con gli animali che coi suoi simili ricorre abbastanza comunemente nella letteratura di consumo.
Il testo però si distacca dallo stile classico del romanzo di avventure per tentare una impostazione di maggiore impegno che Kipling realizza con un linguaggio semplice e piano, alla portata di tutti.
Sullo sfondo della foresta lussureggiante ed impenetrabile ruota il piccolo mondo di Mowgli, il mondo degli animali selvatici.
Ad essi l’Autore attribuisce indole e personalità di uomini, trascurandone spesso l’aspetto puramente zoologico o adattandolo ai fini che si propone.
Ciò gli permette di sviluppare, accanto agli episodi “d’azione”, interessanti studi di carattere e di impostare problemi di psicologia di gruppo che ancora stupiscono per la loro attualità (bisogna pensare all’epoca in cui il libro fu scritto).
Gli uomini veri, gli uomini a due gambe compaiono solo marginalmente nella storia di Mowgli; la loro partecipazione è spesso limitata alle necessità formali del racconto (giacché le leggi naturali costringeranno Mowgli, suo malgrado, a rientrare infine nel suo ambiente d’origine) ma essi non assumono mai statura di protagonisti.
Kipling approfitta tuttavia delle loro saltuarie apparizioni per proporre un confronto che si risolve a tutto vantaggio degli animali.
“Gli uomini sono sempre uomini, e le loro chiacchiere somigliano al gracidare dei ranocchi in uno stagno”.
Così lapidariamente un lupo giudica la nostra specie.
Lo stesso Mowgli, in varie occasioni, riassumerà in breve frasi crudeli le sue esperienze di convivenza con quelli della sua razza: “Chiacchiere e chiacchiere. Gli uomini sono fratelli di sangue dei Bandar Log (le scimmie)” e ancora: “Sono oziosi, insensati e crudeli. Si divertono a chiacchierare e non ammazzano quelli più deboli di loro per fame, ma per giuoco”.
Difficile credere che Kipling nutrisse in assoluto una così bassa stima della propria razza; si tratta probabilmente di un espediente atto a porre in risalto la maggior serietà di impostazione morale che egli attribuisce, del resto arbitrariamente, agli animali (soluzione di comodo per fare, Lui uomo, un discorso agli uomini).
Perciò il confronto sostanzialmente non esiste: gli animali più nobili rappresentano l’uomo ideale come l’Autore se lo configura, gli animali inferiori sono in tutto e per tutto identici e sovrapponibili agli uomini di basse qualità morali ed intellettuali.
Non a caso gli animali di Kipling sono divisi in gruppi diversi dagli aspetti della personalità e del carattere più che dalle differenze biologiche e razziali.
Non a caso la specie che Egli maggiormente esalta è quella dei lupi.
Il branco di Seeonee è il vero protagonista corale della vicenda, quello che è messo a fuoco più diligentemente.
Governati da leggi sagge la cui violazione comporta l’isolamento o la morte, guidati da un capo la cui attitudine al comando è continuamente verificata, non privi di una primitiva filosofia sociale, i lupi rappresentano per Kipling l’aristocrazia di pensiero della foresta.
Essi si autodefiniscono orgogliosamente “il popolo libero” e dimostrano di meritare tale appellativo.
La struttura organizzativa del branco è sostanzialmente democratica e la sua autonomia è completa.
La stessa volontà di allevare Mowgli anziché mangiarselo (come l’istinto richiederebbe) o abbandonarlo alla sguaiata prepotenza di Shere Khan, rivela una capacità decisionale che presuppone la coscienza della propria libertà e della propria autonomia.
Ma soprattutto i lupi dimostrano le proprie qualità di popolo libero sottoponendosi volontariamente alla Legge non tanto in funzione della severità estrinseca della Legge stessa quanto nella consapevolezza della sua intrinseca necessità sociale.
Ad essi l’Autore presta le più immediate assonanze massoniche.
C’è una precisa regola che condiziona la sopravvivenza del branco; le famiglie, all’epoca degli accoppiamenti, possono anche vivere e cacciare isolate, ma i cuccioli, non appena sono in grado di reggersi sulle zampe, rientrano automaticamente nel branco.
Acciocché ogni lupo adulto li riconosca come fratelli ed essi possano quindi godere delle salvaguardie e dei privilegi che la Legge prevede, essi vengono presentati alla comunità (sorta di primordiale iniziazione) durante una assemblea che si tiene una volta al mese a luna piena sulla Rupe del Consiglio.
Uno ad uno i cuccioli vengono spinti nel cerchio dei lupi adulti mentre il capo ripete l’esortazione a riconoscerli: “Voi conoscete la Legge! Guardate, guardate bene, o lupi!”.
Salta agli occhi l’analogia con quanto avviene nel rito dell’iniziazione massonica.
Il candidato viene fatto passare tra le colonne ed il Venerabile invita i Fratelli del settentrione e del mezzogiorno, dell’oriente e dell’occidente e riconoscerlo.
Ma la vera iniziazione non soltanto formale è subita da Mowgli non appena accettato dal branco come suo membro.
Tre animali si curano della sua educazione iniziatica: Akela (il lupo grigio), Baloo (l’orso), e Bagheera (la pantera nera).
Tre animali che simboleggiano abbastanza scopertamente la Bellezza, la Saggezza, e la Forza, i tradizionali pilastri del Tempio Massonico.
Da loro Mowgli imparerà tutto ciò che gli occorre per inserirsi nel suo nuovo contesto sociale. La dottrina che gli viene impartita riguarda tutti gli aspetti della vita, dalle norme pratiche di comportamento per la soddisfazione dei quotidiani bisogni ai principi etici dell’esistenza individuale e sociale.
Punto di partenza e di arrivo, motore e freno di ogni aspetto della vita della foresta è la Legge, la disciplina ferrea che la natura ha preposto alla conservazione della specie.
Alla Legge Kipling dedica pagine commosse e solenni riuscendo a rendere poeticamente accettabile anche il crudele fatalismo della sopravvivenza che pur comporta la morte dei più deboli.
Nessuno può sottrarvisi impunemente e, del resto, quasi tutti gli animali l’accettano con estremo realismo come un portato della vita medesima.
La Legge è come la liana gigante – dirà Baloo – che capita addosso a tutti e nessuno sa districarsene.
Non mancano anche qui i riferimenti muratorii.
Da Baloo, depositario della saggezza antica, Mowgli impara le “Parole Maestre” di tutti gli animali della foresta, vere e proprie parole di passo che conferiscono a chi le conosce immunità e reciproco diritto di aiuto.
“Noi siamo di uno stesso sangue, io e voi” è la formula, seguita da verso particolare della specie con cui si allacciano rapporti di amicizia.
Forte di queste conoscenze Mowgli supera con relativa disinvoltura le difficoltà ed i pericoli della sua nuova vita.
Accanto ai lupi, maestri di maturità civile, pochi altri animali di rango elevato: la pantera nera, l’emblema della forza coordinata dall’intelligenza, l’orso, depositario della tradizione antica, infine Hathi il silenzioso, l’elefante selvatico, che è un po’ la risultante dei primi due.
Intorno a loro si muove la massa delle bestie inferiori incapaci di elevarsi al di sopra dell’atavismo e dell’istinto, ignoranti della Legge o passivamente sottoposti ad essa senza afferrarne il significato morale.
Shere Khan, il tigre, violento e gradasso, conscio fin troppo della sua forza bruta ma privo di facoltà raziocinanti, specie quando è gonfio di cibo.
Tabaqui, lo sciacallo, detto il leccapiatti, ingordo e pauroso, ruffiano e adulatore, buono solo a servire il potente per nutrirsi dei suoi avanzi.
Mao, il pavone, tutto coda e schiamazzi.
Chil, l’avvoltoio, spietato e macabro.
Infine la moltitudine dei Bandar Log, le scimmie, che l’Autore colloca nel gradino più basso della scala animale; bugiardi e presuntuosi, vanitosi e pettegoli, non hanno capo né grido di caccia (che sono, per Kipling, gli emblemi dello spirito di gruppo), né memoria né iniziativa, ma solo parole sciocche e piccole mani svelte di ladruncoli.
Ognuno di questi animali richiama alla mente un tipo di uomo, un particolare aspetto dell’umano decadimento dipinto sinteticamente ma con estrema chiarezza.
Tuttavia il ritratto di gran lunga più incisivo e potente è quello dei Bandar Log, immagine del qualunquismo morale che ha scritto tante nere pagine di storia.
Ancora oggi chiunque si guardi intorno osserverà con stupore ed angoscia la brulicante moltitudine di piccoli uomini senza memoria del passato e senza capacità previsionali, privi di interessi che superino i loro immediati animaleschi bisogni, ignoranti quanto presuntuosi, superficiali e ciarlieri, mancanti di qualunque idealità e di qualunque filosofia, disposti a nutrirsi di slogans e di luoghi comuni.
Incapaci di concepire, individualmente e collettivamente, i problemi dell’umanità, così i Bandar Log di Kipling che finiscono fatalmente vittime della fredda, ipnotica violenza di Kaa, il pitone.
La forza che Kipling predilige non è muscolare.
La vera potenza, morale oltre che fisica, scaturisce dallo spirito di gruppo, ultimo e più importante postulato massonico dell’Autore.
Lo spirito dei gruppo, inteso come tendenza associativa e come contributo di tutti all’opera collettiva, è implicito nel fatale scadimento del branco di Seeonee che si verifica quando i lupi si abbandonano ad una neghittosa anarchia.
Ancora meglio si compendia nell’episodio dei cani rossi del Dekkan, terribili razziatori che si gettano a plotoni affiancati alla conquista di nuovi territori di caccia.
Il branco, inferiore numericamente, vincerà tuttavia la battaglia non solo grazie alla strategia ed al coraggio di Mogli ma anche in virtù della maggiore coesione morale e del concetto di difesa collettiva (qualità dei popoli liberi).
Battaglia che è, si, una battaglia di sopravvivenza fisica (conservazione della sovranità sul territorio di caccia) ma che non manca, per la abile mediazione di Kipling, di implicazioni morali tanto da apparire quasi la difesa di certi valori intellettuali o comunque di un livello di civiltà.
Se l’Autore fosse vissuto ai nostri giorni, crederemmo forse di scoprire in questo episodio precisi riferimenti a fatti della nostra storia recente; tanto colpisce l’attualità della narrazione.
La forza del lupo è nel branco, la forza del branco è nel lupo, afferma la legge dei lupi di Seeonee.
Tutto ciò, pur essendo ormai acquisito e addirittura ovvio, non avrebbe niente di massonico e resterebbe pura e semplice constatazione del potenziamento collettivo di forze individuali.
Il monito massonico si intende laddove il pericolo comune, la comune paura ingenerano principi, sia pur contingenti e transitori, di uguaglianza e di tolleranza.
“Ognuno ha la sua paura” afferma Hathi.
Quando però una calamità minaccia non questo o quell’animale ma la vita stessa dell’intera fauna della foresta, la Legge prescrive inderogabilmente una sospensione delle paure individuali di fronte al pericolo collettivo.
Così quando la siccità prosciuga la Jungla ed una sola pozza d’acqua rimane in tutto il territorio di caccia, viene proclamata la Tregua dell’Acqua che vieta a chiunque di uccidere presso il luogo di abbeverata (onde tutti possano dissetarsi senza correre il rischio di agguati).
I cervi ed i lupi, i bufali e le pantere bevono l’uno accanto all’altro senza aggredirsi: il pericolo comune ha represso gli istinti individuali per esaltare lo spirito collettivo.
“E’ soltanto – osserva ancora Hathi – quando v’è una unica, grande Paura che incombe su tutti, come adesso, che noi della jungla possiamo dimenticare le nostre piccole paure e radunarci tutti in uno stesso luogo”.
Non è ancora, certamente, il tipo di uguaglianza che noi propugniamo, che prescinde dai pericoli e dalle necessità per elevarsi a valori di pura idealità.
Tuttavia non è poco, per degli animali (specialmente se si considera che, per loro, l’uccidere e l’essere uccisi rientra nel finalismo naturale).
E non sarebbe poco nemmeno per gli uomini, se essi riuscissero a diventare più uniti di fronte ai bisogni ed alle sofferenze dell’umanità.
Questo disse il Massone Kipling, con straordinaria preveggenza e con profondo spirito muratorio, tanti e tanti anni fa.


Le Parole Maestre sono frasi tratte dal Libro della Giungla di Rudyard Kipling e vengono richiamate durante le attività per il loro valore formativo. Alcune di queste sono caratteristiche dei personaggi Giungla più importanti.



Buona caccia a tutti quelli che rispettano la Legge della Giungla [1] (Akela)
Zampe che non fanno rumore, occhi che vedono nell'oscurità, orecchie che odono il vento delle tane, denti bianchi e taglienti [2] (Bagheera)
Un cuore impavido e una lingua cortese ti porteranno lontano nella giungla [3] (Kaa)
La giungla è grande e il Cucciolo è piccolo. Che egli stia tranquillo e mediti. [4] (Baloo)
Siamo dello stesso sangue, tu ed io [5] (Chil)
I Lupi sono un popolo libero [6]
Guardate bene -- guardate bene, o Lupi! [7]
La forza del Branco è nel Lupo, la forza del Lupo è nel Branco [8]
Questa è la Legge della Giungla, vecchia e vera come il cielo: e il Lupo che l'osserva vivrà lieto, ma il Lupo che la infrange morirà[9]
La Legge della Giungla non ordina nulla senza una ragione [10]
Un graffio in più o in meno sulla tua pelle non è argomento da portare al consiglio [11]
Il rimorso non sostituisce la punizione [12]
La punizione salda tutti i conti [13]
Boschi e Acque, Venti e Alberi, Saggezza, Forza, e Cortesia, il Favore della Giungla ti accompagni [14]
Ad ognuno la sua paura [15]
Se un cucciolo può farlo, non c'è niente da temere [16]
Non lasciare che richiamo o canto o segnale ti distolgano dal sentiero di caccia [17]
La Giungla è piena di parole che sembrano una cosa, ma ne significano un'altra [18]
Il Diritto del Branco è il diritto del più debole [19]
Uccidere un cucciolo nudo è vergogna [20]
La tua pista è la mia pista, la tua tana è la mia tana, la tua preda è la mia preda [21]
Sii pulito perché la forza del cacciatore si riconosce dalla lucentezza della pelle. [22]
Lavati ogni giorno dalla punta del naso alla punta della coda [23]
Ricorda che il Lupo è un cacciatore, vai e da solo conquista la tua preda [24]
Nella Giungla, la vita e il cibo dipendono dal saper mantenere la calma [25]
E' tempo di mettersi nuovamente in caccia [26]
E' duro spogliarsi della pelle [27]
L'Uomo torna all'Uomo [28]
Mowgli scaccerà Mowgli. [29]

Un 2017 ricco di Amore Fraterno, Conforto e Verità: i tre grandi princìpi della Libera Muratoria Universale


Per tutti i Liberi Muratori dell'Arco Reale


Giancarlo Elia Valori all'Accademia degli Scomposti. Con Tiziano Busca




Un'altra grande pagina di riflessione, quella offerta dall'Accademia degli Scomposti di Fano e da Ludovico Castruccio Castracane degli Antelminelli. Durante la serata si è parlato di geopolitica con Giancarlo Elia Valori attraverso le sue ultime pubblicazioni tematiche molto apprezzate a livello internazionale.
Si è parlato di cioè di quanto sta accadendo nel Mediterraneo, alla luce delle nuove conoscenze socioculturali, ampliando il coinvolgimento ad aspetti globali e importanti della vita delle persone. Infatti passando attraverso le tematiche di Geopolitica del cibo, dell’acqua e della salute, si sono analizzati scenari che si pongono come nodi cruciali per la vita e il benessere dell’umanità.
Un esempio, nello specifico è la Geopolitica dell’acqua - La corsa all’oro del nuovo millennio, iniziativa nata da una conversazione con il Presidente emerito dello Stato di Israele, Shimon Peres, che offre una prospettiva chiara e completa sugli sviluppi del concetto acqua, maturato all’interno del sistema di valori capitalistici e sulla considerazione di quanto pesi a livello sociale questo importante bene dell’umanità, non solo fisicamente, considerato che, un litro di questo oro, pesa più di un litro di petrolio. Acqua che ad oggi rappresenta la più importante risorsa di vita a rischio di esaurimento.
All'incontro era presente il sindaco di Fano Massimo Seri e Tiziano Busca.

Ascolta tutta la serata

Nasceva oggi, nel 1865, il celebre Fratello Joseph Rudyard Kipling


Joseph "Rudyard" Kipling, nacque a Bombay, in India, il 30 Dicembre 1865, da genitori inglesi ivi trasferitisi per motivi professionali.
Nacque in quel momento uno dei personaggi più significativi  nell'ambito della letteratura inglese, grande iniziato e punto fermo della Massoneria Universale moderna.
A 5 anni fu mandato in Inghilterra, per ricevere un'istruzione adeguata; studiò a Londra e, successivamente, in un college del North Devon; questo fu per lui un periodo terribilmente triste in quanto, ragazzo molto sensibile, soffriva della mancanza dei genitori, ancora molto impegnati in India.
Finito il  college,  Joseph  ritornò finalmente in India, a Lhaore, dove pur essendo giovanissimo, diventò vicedirettore della "Civil and Military Gazette", importante notiziario informativo in lingua inglese.
Egli rimase profondamente colpito ed estasiato dalla tipicità di quel paese, trovò nelle piccole cose comuni della strada e nelle persone di tutti i giorni, le più frequenti  basi per le sue storie e i suoi poemi.
Il suo ingresso nell'istituzione massonica avvenne nel 1886 quando egli, ancora ventenne, non aveva conseguito la maggiore età.
Ciò avvenne però ugualmente in quanto fu presentato da due colonnelli dell'esercito inglese che gli fecero da garanti.
La scelta di essere iniziato Libero Muratore fu per lui forte e decisa poiché anche suo padre era massone.
L'iniziazione avvenne  nell' Aprile del 1886 nella "Hope and Perseverance" n.782 all'oriente di Lhaore, loggia di cui fu subito segretario.
Negli anni successivi, molti spostamenti per motivi di lavoro portarono Kipling a frequentare assiduamente diverse logge in tutta l'India, paese allora molto eterogeneo, e ciò diede sicuramente al Kipling massone un’impronta che egli manterrà per tutta la vita.
L'anno 1889 vide il suo definitivo ritorno in Inghilterra, paese in cui rimase fino al suo matrimonio e in cui intrattenne fitti rapporti con altri importanti letterati del tempo, primo fra tutti Arthur Conan Doyle, anchegli massone e famosissimo creatore di Sherlock Holmes.
Nel 1892 si sposò con Caroline Balestier e si trasferì nel Vermount negli Stati Uniti, ove rimase  quattro anni, fino al 1896 anno durante il quale ritornò in Inghilterra.
Cominciò in seguito a viaggiare come inviato di guerra in numerose nazioni tra cui il Sudafrica, l'Italia e la Francia, continuando però nel frattempo a frequentare con devozione ed assiduità l'Istituzione alla quale era così attaccato.
Nel 1900 entrò nella Società dei Rosacroce e nel 1910 fu tra i fondatori di una loggia, la"Authors" n.3456.
Avendo ricevuto,  primo tra gli scrittori inglesi, nel 1907 il premio Nobel per la Letteratura, venne invitato a presenziare ai lavori di numerose logge di cui diverrà poi socio onorario (tra tutte ricordiamo la famosa Loggia "Motherland" n.3861 all'or. di Londra).
Lo sconforto per la ravvicinata perdita dei due figli lo fece fortemente tentennare ma, anche in questo caso, i Fratelli di Loggia furono con lui per sostenerlo dopo questo dolore immenso, aiutandolo a ritrovare la forza morale per continuare la professione e rinsaldare la sua profonda  vocazione di Framassone.
Joseph "Rudyard" Kipling, muore nel 1936, dopo una lunga malattia che strapperà al mondo letterario e soprattutto alla Fratellanza Universale uno dei suoi più grandi esponenti in  senso assoluto.

Kipling: La Massoneria

Come anticipato in precedenza, l'iniziazione di Kipling  avvenne nell'aprile del 1886, tra le colonne della Loggia "Hope and Perseverance" di Lhaore, officina estremamente eterogenea, composta da Fratelli di almeno cinque confessioni diverse e con differenti caratteristiche sociali, si trovavano, infatti, in  essa componenti di religione Mussulmana, Ebraica, Cattolica, Induista e Shik ed, altresì, vi erano Fratelli militari, agricoltori, popolani e di alto censo.
Questa loggia rappresentò quindi per lui, uomo di grande tolleranza e di buona indole, la perfetta sintesi di ciò che in buona sostanza definisce ancora oggi l'essenza  Massonica: Tolleranza, Fratellanza e Uguaglianza. 
A Lhaore, la gente credeva che nella Loggia ci fosse qualcosa di magico; infatti  si pensava che solo in questo modo persone di così differenti caste e di diversa religione potessero convivere in grande fraternità e armonia, diventando addirittura un esempio per il mondo profano.
Dopo un solo mese, nel maggio dello stesso anno, si ebbe il suo passaggio al superiore grado di Compagno di Mestiere e, sette  mesi più tardi, quello ulteriore a Maestro.
Segretario e Direttore delle Cerimonie nel febbraio del 1887, dovette però lasciare la sua amata Officina in quanto pressanti impegni di lavoro lo portarono a trasferirsi ad Allahbad, lì entrò nella loggia "Indipendence with Fidelity" n. 391, ove  restò fino al suo definitivo ritorno in Inghilterra nel 1889. Tristissimo fu il suo addio all’amata terra orientale.
Appena giunse a Londra, venne chiamato tra le colonne della più antica e famosa Loggia del mondo, la "Cannongate Kilwinning" n.02, di cui divenne membro onorario.
Il lavoro lo portò inviato di guerra in Sudafrica e lì, insieme a Sir Arthur Conan Doyle, dottore in un ospedale da campo, fondò nel 1900 un'officina cui fu dato nome di "Emergency Lodge".
Nel 1900, rientrato in Inghilterra, entrò a far  parte della Società dei Rosacroce, momento questo che gli permise di ampliare notevolmente le sue conoscenze esoteriche e di conseguenza migliorarsi anche sotto il profilo massonico.
Il suo assiduo lavoro di grande iniziato, lo portò a fondare nel 1910 un'altra loggia di ispirazione culturale, che prese il nome di "Authors" e il numero distintivo di 3456.
Nel 1918 anche la "Motherland Lodge" in Londra lo volle come membro onorario e la sua presenza nelle più grandi ed importanti logge europee  diventò molto ambita.
Nel 1922, per conto della Gran Loggia di Francia fondò un’ulteriore officina chiamata "The Builder of the Silent Cities". Ulteriori esperienze Massoniche minori dell’autore inglese non sono state riportate in quanto, volendo essere concisi, si sono narrate solo le fasi salienti del suo lungo ed intenso impegno nell'Istituzione, impegno  che lo pone innanzi a noi "Massoni Posteri", come uno dei più grandi letterati iniziati, non solo del diciannovesimo secolo, ma dell’intera storia Massonico-letteraria mondiale.


Kipling:  Un vero Maestro

Immaginiamo per un momento di non avere letto i primi due punti di questo breve lavoro, pur non essendo a conoscenza della appartenenza di Kipling alla Libera Muratoria potremmo capire ciò semplicemente leggendo alcune delle sue opere in cui i concetti basilari dell’essenza iniziatica  vengono posti in evidenza, talvolta in modo quasi lapalissiano, talvolta più velatamente ma comunque sempre con un vigore e una profondità spirituale e morale raramente riscontrata in altri autori.
Comodo sarebbe a questo punto, avendo una fornita bibliografia sotto gli occhi, fare una sorta di resoconto e di elenco delle sue "Opere Massoniche" ma scrivendone una lunga lista, oltre ad annoiare il lettore e a rischiare di risultare prolissi, non si renderebbe giustizia ad un autore che fu "Universale" e che in tale maniera deve essere conosciuto e considerato.
Kipling  può dunque essere considerato un "Maestro Globale", i cui insegnamenti Massonici, basati fortemente sui principi del Compagnonaggio inglese, vertono sui tre famosi principi di Amore Fraterno, Conforto e Verità.
I principi classici della Liberomuratoria nell’opera Kiplingiana sono espressi limpidamente in un' opera come "In the Interest of Brethern" (1926), breve storia narrante i lavori svolti in una Loggia d'Istruzione inglese all'epoca della guerra, lavori descritti con una profondità ed al tempo stesso una semplicità degni proprio di un maestro.
Durante i Lavori di Loggia in quell’epoca, si dava priorità  all'aspetto comunitario, inteso come il ritrovarsi tra fratelli, uniti dall’ideale comune di una società migliore. Nel caso delle Logge di Istruzione, le facce cambiavano quasi continuamente essendo Londra una metropoli di grande passaggio e, all’epoca, di un continuo ricambio di visitatori molti dei quali, essendo militari, ed appartenendo spesso alla Massoneria, passavano di Loggia in Loggia spostandosi per i loro compiti militari di città in città.
Ricordiamo che in Inghilterra, fino a qualche decennio fa, l'esercito era una fonte molto forte di buoni Massoni, che cambiando spesso città per servizio, portavano le loro  personali esperienze nelle varie Logge ove lavoravano.
Ciò andava quindi visto in maniera assolutamente positiva, in quanto era proprio in casi come questi, ove molti dei fratelli partecipanti ai lavori non si erano mai ne visti ne conosciuti, che la fraternità e la comunione di intenti, evidenziati dall’identico percorso iniziatico da essi compiuto, legavano fortemente le persone e davano a queste riunioni una profondità ed un serietà riscontrabili solo in un ambito come appunto quello  Massonico.
A questo punto mi sembra doveroso ricordare, tra le tante, l’opera che più esalta lo spirito massonico dell’autore, la splendida poesia dedicata alla Loggia in cui egli fu iniziato, poesia  che racchiude pur nella sua brevità, l’essenza principale e portante di tutto il Kipling grande iniziato e che a mio modo di vedere, può permetterci di vivere intensamente e con profondità anche le ulteriori opere a carattere iniziatico da lui elaborate.
Nella "Mother Lodge", poesia del 1896, un intero mondo con tutte le sue varie caratteristiche viene  ritrovato nello stesso luogo, nello stesso istante, con le stesse finalità e lo stesso sentimento; nel Tempio Massonico di  Lhaore, infatti, uomini provenienti da luoghi diversi, con differenti percorsi, religioni dissimili e talvolta anche diversi linguaggi, sono insieme come fratelli, in un’unità totale di intenti morali e spirituali.
Questa importante universalità viene ricordata dall’autore con estrema emozione e grande nostalgia, a voler spiegare all’attento lettore, la magia immensa ed incredibile che la Massoneria portava, ed ancora porta con se, in un mondo dove gli uomini per diverse idee politiche o credo religiosi differenti arrivano a combattere guerre assurde, che potrebbero essere evitate applicando i semplici ma profondi principi della Fraternità.
Della Loggia Madre, Kipling ricorda la pace interiore provata lavorando coi Fratelli, le estreme diversità riscontrabili tra i suoi vari appartenenti all’esterno della Loggia, la totale uguaglianza che per contro vi era all’interno di essa, l’estrema tolleranza dimostrata per esempio nel non celebrare  agapi per non offendere le varie caste o i vari credo religiosi e il profondo spirito di fratellanza mostrato da ognuno nei confronti dell’altro.
Pare a tutti  chiaro l'aspetto fortemente universalistico e fraternalistico da lui fortemente espresso.
Vi sono però altri aspetti iniziatici da non trascurare altresì presenti nella sua opera in maniera profonda: il simbolismo e l’uso di segni e comportamenti a forte carattere iniziatico e rituale che si trovano ne "L'uomo che volle farsi re" e ne "La Gran Guardia", opere in cui si fa esplicito riferimento a segni e parole tipiche dell’arte Reale; la definizione sintomatica di come dovrebbe essere liniziato viene invece chiaramente espressa in un’opera che Kipling stesso ha dedicato e letto al figlio durante la sua iniziazione, poesia intitolata "If", considerata a pieno titolo una delle opere Massoniche per eccellenza, ove egli traccia una sorta di profilo interiore ideale del "Massone Illuminato".
Menzione a parte per "La Sera dell'Agape", poesia in cui l’autore descrivendo un’agape, non esprime opinioni o traccia linee guida, ma sprona semplicemente il Fratello a dimenticare tutti i problemi che l’assillano nel mondo profano ed a godere appieno della compagnia che lo circonda beandosi di quella, quindi in questo caso esaltando la fratellanza non in senso prettamente esoterico, ma cogliendone maggiormente l’aspetto compagnonistico, inteso in senso quasi cameratesco.
"La Sera dell'Agape", può comunque essere avvicinata nello spirito alla "Loggia Madre", in quanto dispensatrice di sentimenti di fraternità e di tolleranza, ed è questo, a mio modestissimo parere, il vero cuore della "Maestria Massonica" di Rudyard Kipling, scrittore e Fratello illuminato che ancora oggi ci traccia una strada, insegnandoci cosa significhi non solo chiamarsi Fratelli, cosa che tra noi generalmente accade, ma anche a sentirsi tali ed a viverlo intensamente, sia nella quotidiana vita profana, che lungo il nostro percorso iniziatico nei momenti passati insieme nelle rispettive logge.


giovedì 29 dicembre 2016

Terremoto. Grande Oriente d’Italia aiuta i ragazzi di Norcia /Corriere dell’Umbria


corriere                                                                                                                                         29/Dicembre/2016 – 13:16

gm

Grande Oriente d’Italia aiuta i ragazzi di Norcia
Il Grande Oriente d’Italia è pronto ad aiutare i ragazzi di Norcia investendo parte delle somme raccolte grazie a una sottoscrizione pro terremotati per realizzare l’illuminazione di un campo di calcio. Lo ha annunciato il Gran Maestro Stefano Bisi nel suo messaggio di fine anno con cui ha augurato a tutti i massoni un 2017 di luce, bellezza e forza.

Perché i Lavori massonici si aprono sulla prima pagina del Vangelo di Giovanni


Un momento centrale dei lavori massonici in grado di apprendista è l’apertura del libro della legge sacra alla prima pagina del prologo del vangelo di Giovanni, su cui vengono sovrapposti squadra e compasso.
La presenza sull’ara del vangelo giovanneo è strettamente legata al suo carattere iniziatico, gnostico ed esoterico, e all’universalità dei suoi contenuti, che vanno ben al di là di una prospettiva religiosa e confessionale.
“IL VERBO, LA LUCE, LA VITA”
In principio c’era il Verbo,
e il Verbo era con Dio,
e il Verbo era Dio.
Egli era in principio con Dio.
Tutto fu fatto per mezzo di lui,
e senza di lui nulla è stato fatto.
Di ciò che è stato fatto in lui c’era la vita,
e la vita era la luce degli uomini; 
Il prologo di Giovanni ha il suo nucleo teorico nella dottrina tradizionale del Verbo o Lògos, la Parola divina che è l’ordine da cui scaturisce quella che è in termini religiosi la creazione e in termini di pura dottrina intellettuale la manifestazione universale. In seguito a tale comando – il Fiat Lux che ordina il caos delle possibilità – si manifesta la Luce spirituale, che può considerarsi la prima creazione. Nello stato umano, cioè nel nostro mondo, la Luce spirituale si determina in luce dello stato sottile, il principio vitale di tale stato.
Tale in estrema sintesi la dottrina del Lògos contenuta nel prologo di Giovanni, dottrina che per il suo carattere di universalità è presente sotto varie forme in tutte le tradizioni.

IL VANGELO DI GIOVANNI E LA GNOSI

La dottrina del Lògos fu conosciuta in occidente principalmente con il pensiero platonico, attraverso cui improntò il cristianesimo, sia nella forma exoterica che doveva cristallizzarsi col concilio di Nicea e divenire la religione dominante in occidente, sia nelle varie forme gnostiche.
Non è possibile in un breve scritto valutare i contenuti delle varie scuole gnostiche, contenuti che, se sono talvolta eterogenei e spuri, lasciano spesso trapelare sprazzi di elevata consapevolezza dottrinale, metafisica e cosmologica, che è più difficile cogliere attraverso la spessa cortina teologica del cristianesimo cattolico romano exoterico come si configurò dal concilio di Nicea in poi.
Per secoli fu possibile conoscere i contenuti teorici delle varie scuole dello gnosticismo quasi esclusivamente attraverso gli scritti dei loro avversari, i padri della chiesa che le combatterono accanitamente. Una tale situazione si mantenne fino a tempi recenti e mutò, almeno parzialmente, solo con la scoperta effettuata nel 1945 nel deserto dell’alto Egitto di una vasta raccolta di antichi testi gnostici miracolosamente conservatisi fino a noi dall’antichità. Tale raccolta è oggi conosciuta come “La biblioteca di Nag Hammadi”.
Kurt Rudolph, uno dei più importanti studiosi contemporanei dello gnosticismo, sostiene che nell’inizio del vangelo di Giovanni “il riferimento al Lògos segnala uno sfondo gnostico ed è stato certamente ripreso da un inno gnostico”. Sempre secondo il Rudolph, tale tesi sarebbe stata dimostrata con certezza dall’insigne filologo e teologo Rudolph Bultmann e dopo di lui da altri studiosi .
Dei testi di Nag Hammadi fa parte uno scritto gnostico, la Protennoia trimorfica, di cui alcun passi richiamano in modo stupefacente il prologo del vangelo di Giovanni. Dice Protennoia, il primo pensiero divino:
“Io sono la Parola che dimora nella Voce ineffabile. Io dimoro nella luce incorrotta e un Pensiero si rivelò attraverso il grande Discorso della Madre, benché sia una discendenza maschile che supporta me come mio fondamento. Ed esso (il Discorso) esiste dall’inizio nella fondazione del Tutto.
Ma c’è una Luce che dimora nascosta nel Silenzio, e fu la prima a venire avanti. Mentre essa (la Madre) sola esiste come Silenzio, io sola sono la Parola, ineffabile, incontaminata, incommensurabile, inconcepibile. Essa (la parola) è una Luce nascosta che porta un Frutto di Vita, che riversa un’Acqua Viva dall’invisibile, incontaminata, incommensurabile Sorgente, cioè, la Voce irriproducibile della gloria della Madre, la gloria della discendenza di Dio; un maschio vergine per virtù di un Intelletto nascosto, cioè, il Silenzio nascosto dal Tutto, che è irriproducibile, una Luce incommensurabile, la fonte del Tutto, la radice dell’intero Eone. È il Fondamento che sostiene ogni movimento degli Eoni che appartengono alla Gloria possente. È il Fondamento di ogni fondamento. È il Respiro delle Potenze. È l’Occhio delle Tre Permanenze, che esiste come Voce per virtù del Pensiero. Ed è una Parola in virtù del Discorso; fu inviata per illuminare coloro che dimorano nelle tenebre.
Adesso mira! Io ti rivelerò i miei misteri, poiché tu sei mio fratello, e li conoscerai tutti.
Io parlai a tutti loro dei miei misteri che esistono negli incomprensibili, inesprimibili Eoni. Io insegnai loro i misteri attraverso la Voce che esiste in un perfetto intelletto, e io divenni un fondamento per il Tutto, e conferii loro potere.
La seconda volta io venni nel Discorso della mia Voce. Io detti forma a coloro che presero forma, fino al loro compimento.
La terza volta io mi rivelai nelle loro tende come Parola, e io mi rivelai in una forma simile alla loro. Ed indossavo degli abiti comuni, e mi nascosi in mezzo a loro, ed essi non conoscevano colui che mi dà potere. Poiché io dimoro in tutte le Potestà e le Potenze, e in mezzo agli angeli, ed in ogni movimento che esiste nella materia tutta. E io mi nascosi fra loro finché non mi rivelai ai miei fratelli. E nessuna di esse (le Potenze) mi conobbe, benché sia io che opero in loro. Invece, esse pensano che il Tutto sia stato creato da loro, poiché sono ignoranti, non conoscendo le loro radici, il posto in cui crebbero.
Io sono la Luce che illumina il Tutto. Io sono la Luce che dà gioia ai miei fratelli, poiché io scesi nel mondo dei mortali per conto dello Spirito che rimane in ciò che discende (e) procedette da Sofia l’innocente… e detti a lui dall’Acqua della Vita, che lo libera dal Caos che è nell’estrema oscurità che esiste nell’intero abisso, cioè, il pensiero del corporeo e dello psichico. Tutte queste cose io posi in essere. E lo liberai da esso, e posi sopra di lui una Luce splendente, cioè, la conoscenza del Pensiero dell’Origine Paterna.”
Questo testo criptico e incompleto contiene, espressi in un linguaggio altamente simbolico e di ardua interpretazione, alcuni dati metafisici e cosmologici di capitale importanza.
Tutte le tradizioni dell’umanità, in forma velata od esplicita, pongono alla base dell’attuale condizione umana di sofferenza e degradazione un dramma cosmico: il dramma dell’oscuramento intellettuale dell’Uomo Spirituale e delle sue conseguenze, ciò che viene descritto dalla tradizione exoterica cristiana come “peccato originale”.
La manifestazione cosmica è costituita, in termini simbolici, di una parte spirituale luminosa e di una parte oscura.
L’Uomo Spirituale – l’Adam Kadmon della cabalà ebraica, l’Uomo Universale dell’esoterismo islamico e delle altre tradizioni – è all’origine il libero signore del creato e delle Potenze cosmiche – forze impersonali di natura psichica legate alle funzionalità del mondo manifestato – l’uno e le altre non essendo altro che una sua proiezione esteriore. Per un processo di oscuramento intellettuale L’Uomo Spirituale indiviso finisce con l’identificarsi con la parte oscura, densa e priva di libertà della creazione. In seguito a tale ottenebramento l’Essere di Luce delle origini si ritrova a sussistere come uomo individuale, diviso in se stesso e contro se stesso, prigioniero di una natura solidificata retta da leggi dure e ineluttabili, schiavo delle Potenze cosmiche, apparentemente autonomizzatesi, e privo di comunicazione con quello che gli appare ormai un mondo superiore inaccessibile: il Mondo Spirituale del Padre.
Non tutto è però perduto: rimane nell’uomo una scintilla divina luminosa che lo rende capace di ricevere il Verbo, che appare, sotto quest’aspetto, come il messaggio di liberazione inviato dal Mondo Spirituale al mondo inferiore. Tale messaggio consente all’uomo individuale degradato di riprendere coscienza della sua natura profonda luminosa, e di restaurare il suo stato originale di Uomo Spirituale libero e indiviso.
Come scrive Béla Hanvas, “Una delle dottrine più nascoste e più segrete della Tradizione fu la dottrina dei due tipi di uomo. In ogni tradizione, il pensiero centrale delle iniziazioni fu che da una parte c’era l’uomo venuto dall’alto, con la natura regale dell’Adamo celeste, mentre dall’altra c’era l’uomo venuto dal basso, errante nell’esistenza corrotta delle Potenze… Per il momento sia sufficiente dire che non ogni rapporto dell’uomo decaduto con l’uomo celeste si interruppe. L’uomo celeste e l’uomo materiale restarono Uno, solo che l’Unità sprofondò tanto che nella maggior parte degli uomini materiali essa non diventa chiara. L’uomo venuto dall’alto è quello in cui la coscienza dell’Unità è chiara. L’uomo venuto dall’alto è quella tappa della via dell’Uomo Eterno che irradia sugli strati inferiori le forze provenienti dall’alto ed innalza il mondo inferiore. È il segreto del soggetto sacrale dell’età primordiale, del re santo, del poeta, del gran sacerdote, del vate, del profeta, dell’asceta.”

LA DUALITÀ COSMICA

e la luce brilla nelle tenebre
ma le tenebre non l’hanno compresa.
Tale passo del vangelo giovanneo concerne la dualità cosmica di luce e tenebre e i rapporti fra gli opposti.
Uno dei commenti più profondi al vangelo di Giovanni è quello del grande metafisico medioevale Meister Eckhart. Di particolare interesse sono i passi dove Eckhart illustra la dualità cosmica di luce e tenebre evocata dal testo evangelico: “È questo il senso delle parole: “ la luce risplende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno accolta”. La luce è Dio, e tutto quel che è divino e perfezione. “Tenebre” è tutto quel che è creato”… “bisogna notare che l’elemento trasparente della natura della luce non si vede mai e non appare luminoso, a meno che non gli si aggiunga qualcosa di opaco, come la pece, il piombo o qualcosa di simile”… “la luce risplende nelle tenebre perché in generale il principio rimane nascosto in se stesso, ma risplende e si manifesta nel principiato, come nel suo verbo.”… “la luce risplende nelle tenebre” perché il male è sempre nel bene, e non è visto, non è conosciuto e non brilla se non nella luce del bene. Così il falso non si conosce che nella verità, la privazione nel possesso, la negazione nella affermazione. E questo è quel che qui è detto: “la luce risplende nelle tenebre”. Ma il testo prosegue: “e le tenebre non l’hanno accolta”. Infatti niente è com-pletamente male o totalmente falso. “Non v’è alcuna falsa dottrina che non sia mescolata a qualcosa di vero” come dice Beda in una omelia. E lo stesso per le altre cose, cioè il possesso, l’affermazione e simili. Inoltre: “le tenebre non l’hanno compresa”, perché il male non stravolge, non falsa, non influenza, non denomina il bene in cui è. E così per le altre cose”
Le parole di Eckhart a commento del passo del vangelo di Giovanni riferentesi alla dualità cosmica si adattano mirabilmente al simbolo più importante di tale dualità cosmica presente nella Loggia massonica: il pavimento a scacchi.
Quest’ultimo rappresenta, oltre alla dualità di luce e tenebre, tutte le coppie di opposti, ed ha il suo equivalente nel simbolo estremo-orientale dello Yin-Yang. L’uno e l’altro simbolo esprimono in modo sensibile l’interpenetrazione e l’inseparabilità nel cosmo di luce e tenebre, descritta da Eckhart.
L’insegnamento Eckhartiano trova precisazione e integrazione in quello di Muhyid-din ibn ‘Arabi, il più grande maestro dell’esoterismo islamico, che così scrive sullo stesso tema nell’opera “Le rivelazioni di La Mecca”: “quando il Possibile si tinse di Luce, egli si volse verso la sinistra e vide il Non-essente. Cominciò ad esaminarlo. Era come l’ombra di un individuo che emana da lui quando è esposto alla luce. Il Possibile esclamò: “Che è ciò?”. La Luce rispose al Possibile dalla destra: “Sei tu stesso. Se tu fossi pura luce, non ci sarebbe base sostanziale per la tenebra. Io sono pura luce e non c’è tenebra in me. La luce che è in te è dovuta al fatto che una cer-ta parte di te è rivolta verso di me. Dovresti sapere che tu non sei me, poiché io sono luce sen-za tenebra. Tu sei luce mescolata alla tenebra, poiché una parte di te è rivolta verso di me e una parte verso il Non-essente. Così tu sei fra ciò che è e ciò che non è, e fra il bene e il male”… Dio è pura luce. Il non-possibile è pura tenebra. La luce non si muta mai in tenebra né la tenebra in luce. Ciò che è creato è una demarcazione fra luce e tenebra. Non ha in sé le carat-teristiche della luce o della tenebra. È qualcosa di intermedio e di misto che è governato da entrambe.”

IL VANGELO DI GIOVANNI E LA DOTTRINA MASSONICA

Il vangelo di Giovanni, sul cui prologo si apre ogni tornata rituale muratoria, è uno scrigno che contiene una parte importante della Dottrina Massonica, come si è cercato di fare apprezzare in queste brevi note.
Tale Dottrina, che non è altro se non una particolare espressione della Tradizione Unica, non solo esiste, a dispetto di quello che alcuni vorrebbero far credere, ma impronta con coerenza i rituali muratori e tutti i simboli presenti in quella raffigurazione del cosmo che è la Loggia. Essa non è fissamente chiusa su se stessa come i sistemi filosofici moderni o le altre costruzioni dogmatiche laiche e religiose, ma proprio perché si appoggia sui simboli è aperta a concezioni sempre più alte fino all’Illimitato Sovraformale.
Per attingere ad essa è sufficiente sapere e volere interpretare i simboli con chiarezza intellettuale e sincerità, aiutati in questo da una potente indicazione di carattere insieme simbolico e discorsivo qual’è il prologo del vangelo di Giovanni.
Piero Vitellaro Zuccarello
  • Vangelo secondo Giovanni, traduzione di Piero Rossano, Rizzoli ed.
  • René Guénon, Considerazioni sull’iniziazione, cap. “Verbum Lux et Vita” pag. 353-354, Luni ed. Vedi anche dello stesso autore “I Simboli della Scienza Sacra”, cap. Il Verbo e il Simbolo, pag. 20-24, Adelphi ed.
  • Considerazioni sull’iniziazione, pag. 355
  • Kurt Rudolph, La gnosi, Paideia ed., pag 204
  • ibidem
  • The Nag Hammady Library, Trimorphic Protennoia, pag. 519-520, Harper San Francisco ed.
  • Béla Hanvas, Scientia Sacra, pag. 122-123, Edizioni all’insegna del Veltro
  • Meister Eckhart, Commento al Vangelo di Giovanni, pag. 83-85, Paideia ed.
  • René Guénon, “Simboli della scienza sacra”, cap. “Il bianco e il nero”, pag. 263
  • Muhyid-din ibn ‘Arabi, al-futuhatu’l-makkyyah, in S.A.Q. Husaini, The pantheistic monism of ibn al-‘Arabi, pag. 131-132, ed. Sh. Muham¬mad Ashraf, Lahore

Ebrei, a Cagliari celebrata la festa dei lumi per il Channukkà


La cerimonia del Channukkà (foto Ungari)

Gli ebrei cagliaritani tornano nella juderia cittadina - il quartiere giudeo in lingua sarda - dopo 524 anni dalla cacciata dal Ghetto, avvenuta con decreto di espulsione del 31 luglio 1492. 
Questo pomeriggio si è tenuta la cerimonia dell'accensione del 5° lume del candelabro della festa di Channukkà, a fianco alla ex sinagoga di Cagliari, in via Santa Croce, già vico dei Giudei, a cura della neonata Associazione culturale Alef-Iod Sardegna Ebraica in concerto con l'Associazione Sardos pro Israele. "E' stata una cerimonia breve, secondo il rito sefardita, ma intensa - spiega Sergio Caschili, presidente dell'Associazione -. L'officiante ha letto le due benedizioni relative, ha acceso al 5° candela del candelabro e abbiamo recitato il salmo del Channukkà. Poi è stata la volta di due canti tipici a cura degli ebrei yemeniti, molto apprezzati nella comunità ebraica per la loro grande tradizione nel canto e nella recita" e della distribuzione di dolci tipici della tradizione ebraica. "La data di oggi è stata scelta dall'Associazione - spiega Caschili - per festeggiare insieme ai nostri amici cristiani che ci hanno chiesto di assistere alla cerimonia". L'Associazione è stata poi a disposizione dei cagliaritani per rispondere a curiosità e approfondire la conoscenza della religione ebraica. Insieme ad una trentina di persone, ha partecipato alla manifestazione anche il Presidente del Consiglio Comunale di Cagliari Guido Portoghese, che ha portato i saluti dell'Assemblea civica e il presidente dei Sardos pro Israele, Mario Carboni. 
CHE COS'E' IL CHANNUKKA' - Channukkà è la festa dei Lumi, che si festeggia il 25 del mese di Kislev che coincide quest'anno con il 24 dicembre e dura otto giorni e ha origini storiche. Il termine Chanukkà significa letteralmente inaugurazione infatti dopo la vittoria dei Maccabei, il Tempio fu liberato dagli idoli del paganesimo e fu riconsacrato al culto dell'unico Dio. Fu a suo tempo stabilito che tutti gli ebrei delle generazioni future celebrassero tale ricorrenza per otto giorni tanti quanti durò l'ampolla d'olio che servì ad accendere il lume del Tempio per la sua riconsacrazione. Sulla base di questa leggenda per otto sere gli ebrei di tutto il mondo accendono sia nelle sinagoghe, sia nelle loro case speciali lampade dette Chanukkioth. 
LA STORIA DEGLI EBREI A CAGLIARI - La presenza di ebrei a Cagliari e in Sardegna è riconosciuta dal VI secolo in una lettera di papa Gregorio Magno all'arcivescovo di Cagliari. Nel XIII e XIV secolo, sotto i pisani e quindi sotto Alfonso il Benigno agli ebrei fu concesso di vivere in una parte del castello della città nella zona di Santa Croce e di esercitare liberamente i commerci. Nel 1348 in Europa con la diffusione della la peste nera che mieté numerosissime vittime, si indicarono ovunque gli Ebrei come i diffusori della malattia, fatto che diede inizio a persecuzioni e di soprusi. Ma in Sardegna nessuno si scagliò contro i giudei e nessuno li perseguitò. Neppure dopo il 1492 quando i re spagnoli, los Reyes Católicos Ferdinando II d'Aragona e Isabella I di Castiglia, firmarono un decreto di espulsione degli Ebrei dal Regno, sotto il quale si trovava l'Isola, a meno che non decidessero di convertirsi al Cristianesimo. 
LE FUGHE E LE CONVERSIONI AL CATTOLICESIMO - Gli ebrei del Regno di Aragona furono perseguitati e costretti ad andar via dal Regno. In Sardegna gran parte dei Giudei Cagliaritani, circa 70 famiglie, e di Alghero si convertirono al cattolicesimo pur di non lasciare la loro casa e i loro affetti, dando vita alle comunità di 'Conversos' o 'Marrani' dei quali rimane ampia traccia nella cultura sarda. Molti, derubati e in conduzioni precarie partirono per Napoli, Livorno, il Nord Africa o Istanbul e in Sardegna e a Cagliari non ci furono denuncie o persecuzioni tranne in seguito da parte dell'Inquisizione spagnola che venne istituita proprio nel1492. 
Coloro che abiurarono modificarono i cognomi come Sollam in Solle e Sollai, Bonfill in Bonfiglio, Nathan in Naitana e Naitza, Manahem in Manai, Farsis in Farris (già presente). Ampie tracce dell'ebraismo infatti sopravvivono in Sardegna attraverso i cognomi: Addari, Alba, Arba, Aroni, Bacchis, Campus, Casula, Deiana, Elias, Farina, Gaias, Lai, Lecca, Macis, Mameli, Manca, Mancosu, Matta, Mossa, Nonnis, Olla, Pala, Piga, Raccis, Salis, Sanna, Sarais, Secci, Serra, Tedde, Tola, Urru, Zara, Zurru, Zizi. Ma sono solo alcuni di quelli presenti nell'Isola con radici ebraiche.