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mercoledì 12 aprile 2017

La Procura di Roma si svuota: traslocano nel Grande Oriente 800 faldoni sequestrati nel ’92 – Dal Goi “ciaone” alla Commissione antimafia | Il Sole 24 Ore



Dal blog Guardie o ladri di Roberto Galullo sul Sole 24 Ore del 12 aprile 2017.

Un tenente colonnello e un brigadiere dei Carabinieri e un luogotenente della Guardia di Finanza il 7 aprile 2016 alle 10.30 hanno tenuto a battesimo la riconsegna al Grande Oriente d’Italia del primo dei circa 800 faldoni che nel ’92 il capo della Procura di Palmi Agostino Cordova fece sequestrare.
A prendere il faldone l’ufficio legale del Goi che poi di gran carriera il pomeriggio stesso lo ha portato a Rimini mentre era in pieno svolgimento la Gran Loggia 2017. Ostentato come il Sacro Graal nel corso dell’allocuzione del Gran Maestro Stefano Bisi, il faldone è stato determinante nella commozione generale corredata da lacrimucce dei fratelli accorsi in massa alla Fiera.
Ricostruiamo le tappe di quello che suona come uno schiaffo in faccia alla Commissione parlamentare antimafia che ha strombazzato a mezzo mondo il sequestro degli elenchi dal ’90 a oggi dei fratelli siculi e calabri di quattro obbedienze.
Il 24 marzo 2016 l’avvocato del Goi Fabio Federico ha presentato in gran silenzio alla Procura di Roma un’istanza di restituzione del materiale dopo che, nel 2000, era stata definitivamente chiusa la partita dell’indagine aperta da Cordova sul rapporto tra ‘ndrangheta e massoneria.
Il 3 ottobre 2016 il Giudice per le indagini preliminari Bernadette Nicotra emette due ordinanze di dissequestro e consegna che il 26 ottobre 2026 vengono notificate all’avvocato Federico e al responsabile dell’archivio della Procura di Roma Andrea Roppoli.
Il 7 aprile dunque l’avvocato Federico – parimenti autorizzato dalla pm Lina Cusano che con il collega Nello Rossi, poi divenuto consigliere del Csm, aveva fatto richiesta di archiviazione sul caso Cordova, poi accolta dal gip Augusta Iannini – «è stato autorizzato ad accedere a più riprese presso l’archivio periferico della Procura della Repubblica di Roma sito in Piazza Adriana e a compulsare ogni fascicolo ivi esistente attinente il procedimento penale sopra emarginato, al fine di individuare l’eventuale presenza del materiale (cartaceo e non) sottoposto a dissequestro nei termini espressi ed indicati nell’ordinanza di cui sopra». Non fate caso all’italiano, nelle stanze della pubblica amministrazione è un optional non richiesto.
E per evitare che – già che c’è – l’avvocato Federico possa portarsi via, che so, un Topolino d’annata dimenticato tra i faldoni da qualche archivista o un Playboy d’epoca nascosto da qualche cancelliere, ecco che il verbale di notifica del 26 ottobre 2016 severamente recita che «l’ufficio dà atto che la ricerca e il reperimento della documentazione cartacea oggetto del provvedimento, sarà eseguita a cura dell’istante, sotto la supervisione del personale delegato, previo accesso all’archivio della Procura della Repubblica di Roma nei giorni ed orari che saranno resi disponibili dagli addetti di quell’ ufficio».
Insomma ci vorranno mesi prima che gli 800 faldoni circa rientrino da “papà Goi”. Giorni, settimane o mesi che siano, è un bello schiaffone in faccia alla Commissione parlamentare e a chi, come il senatore Michele Giarrusso (M5s), dopo aver letto su questo umile e umido blog le anticipazioni sul fatto che la Procura avrebbe restituito tutto, l’8 febbraio 2017 in Commissione antimafia sollecitò sul punto la presidente Rosy Bindi.
«Vorrei sottoporre alla sua attenzione – disse Giarrusso riferendosi alla presidente Bindi – e a quella di tutta la Commissione le dichiarazioni fatte dal gran maestro Bisi, che sembrano una reazione all’audizione dell’ex gran maestro Di BernardoDi Bernardo ha fatto esplicito riferimento ai documenti sequestrati dal dottor Cordova e la reazione del Goi è stata richiedere la restituzione dei documenti, peraltro facendosi beffe di questa Commissione, dei nostri lavori e, in particolare, della sua presidenza. Quindi, sull’ordine lavori chiederei a questa presidenza e alla Commissione di valutare l’acquisizione dei documenti che sono ancora depositati presso la procura di Roma, sequestrati all’epoca dal dottor Agostino Cordova, prima che vengano restituiti al Goi».
La Bindi, sicura come un allenatore del Palermo con Maurizio Zamparini, replicò: «Credo che la sua richiesta sia degna di essere valutata in Ufficio di presidenza. Comunque, le assicuro che né la presidente, né la Commissione consentiranno a chicchessia di provocare e dileggiare le Istituzioni di questo Paese. Quindi, se qualcuno continua a farlo o intende farlo, sa bene che non glielo permetteremo. Se, nel frattempo, qualcuno vuole continuare ad avanzare – come le ho già definite – bislacche motivazioni giuridiche, può continuare a farlo, ma esse non avranno alcun appiglio e certamente non fermeranno l’intento dei nostri lavori. Valuteremo comunque in Ufficio di presidenza la sua richiesta». Ciao core.
E dal Goi “ciaone” alla Commissione antimafia che proprio ieri ha annunciato che quanto sequestrato alle quattro obbedienze può ritenersi dissequestrato Evidentemente la Gdf ha terminato il lavoro e anche questi elenchi potrebbero tornare alla base.
Il Grande Oriente d’ Italia preso atto della comunicazione diffusa dall’Ansa in merito al dissequestro degli elenchi degli iscritti al ‘Grande Oriente d’Italia palazzo Giustiniani e alle altre obbedienze, ove la notizia fosse confermata, ieri con un comunicato stampa ha rilevato che la Commissione presieduta da Bindi, «avendo agito in violazione della legge istitutiva, non può acquisire alcunché di quanto illecitamente sequestrato, e non può informatizzarlo come previsto dall’art. 7 comma 6 della legge istitutiva, disposizione quest’ultima relativa soltanto ai “documenti acquisiti…nel corso dell’attività propria” della Commissione. Poiché, si ribadisce, che  questa acquisizione non è stata fatta con “attività propria” bensì con attività illecita ed extra ordinem, la commissione non dovrebbe “dissequestrare” bensì restituire quanto indebitamente appreso presso la sede del Goi, come richiesto nella istanza di revisione in autotutela del Goi stesso, e con espressa garanzia che nessuna copia, di nessun genere, di quegli atti è stata trattenuta dalla Commissione, dai collaboratori e dallo Scico. La parziale restituzione appare comunque, ove confermata, in quanto la notizia, ancora una volta, sarebbe stata comunicata alla stampa prima ancora che agli interessati, come un primo significativo successo delle iniziative giudiziarie intraprese dal Goi che, in ogni caso, intende ulteriormente procedere in sede Europea come già preannunciato, al fine del ripristino della legalità violata in danno del Goi e dei principi associativi costituzionalmente garantiti per tutti i cittadini dal nostro ordinamento».
Ma, vedrete, la girandola ricomincerà….
Roberto Galullo

lunedì 3 aprile 2017

Massoneria, il Grande Oriente sfila a Milano: “Tra di noi anche vittime della mafia e compagni di sinistra”



Al Festival dei beni confiscati del capoluogo lombardo l'avvocato Antonino Salsone, presidente della circoscrizione Lombardia del Goi, dialoga per la prima volta con David Gentili, presidente della commissione antimafia comunale. “L'80% dei presenti è massone”, rivela il gran maestro. "Cosa facciamo nei nostri incontri segreti? Parliamo di cultura e di diritto", dice

di Lorenzo Bagnoli


Di che cosa si occupano le logge massoniche nei loro incontri riservati? “Lavoriamo sulle coscienze per diventare uomini migliori. Parliamo di cultura e di diritto. Lunedì, alla mia officina (sinonimo di loggia, ndr) parleremo del diritto alla felicità nellaCostituzione americana”. A rispondere è l’avvocato Antonino Salsone, presidente della circoscrizione Lombardia del Grande Oriente d’Italia. Venerdì 31 marzo il massone è stato invitato a dialogare per la prima volta con David Gentili, presidente della commissione antimafia del comune di Milano, nell’ambito del quinto Festival dei beni confiscati del capoluogo lombardo. La più grande organizzazione massonica italiana prova a parlare di sé proprio nel momento in cui sente che la commissione parlamentare Antimafia l’ha messa sotto tiro, pretendendo che il Grande Oriente d’Italia consegni all’autorità gli elenchi dei propri iscritti. L’investitura di Salsone è arrivata dall’alto: “Sono stato incaricato dal Gran Maestro Stefano Bisi in persona di parlare a nome del Grande Oriente d’Italia”, spiega.


La platea che lo ascolta non è usuale. Di circa ottanta i presenti, solo quattro o cinque sono donne. E un motivo si spiega: nel mondo della “libera muratoria” esistono logge solo per donne. Nonostante sia un venerdì sera e l’atmosfera del festival non sia assolutamente formale, i presenti sono di un’eleganza impeccabile. Troppo impeccabile. “L’80% dei presenti è massone”, rivela dunque Salsone. “Noi non siamo un’associazione segreta, semplicemente non ostentiamo la nostra appartenenza – prosegue – Sui nostri siti internet potete trovare i nomi di almeno mille iscritti che ricoprono ruoli istituzionali”. In totale gli iscritti sono 23 mila, divisi in 855 officine. E questo solo per il Goi, che in Lombardia conta 72 logge e oltre duemila iscritti. Le altre tre “obbedienze” ufficiali (Loggia Alam, Gran Loggia Regolare d’Italia, Serenissima Gran Loggia Reggia regionale d’Italia) sono nate con scissioni dal Goi e hanno un numero di iscritti di gran lunga inferiore. Chi non rientra in queste quattro obbedienze, appartiene a logge “spurie”, che – secondo una stima dello stesso Grande Oriente – sono almeno 140 in tutta Italia.

Al Festival dei beni confiscati, i presenti seguono le parole del presidente Salsone in religioso silenzio. Si leva qualche bisbiglio quando qualcuno interrompe il presidente oppure quando David Gentili fa delle domande su Giuliano Di Bernardo, ex Gran Maestro. Dimessosi nel 1993, a gennaio Di Bernardo è stato ascoltato dalla commissione Antimafia. “Diverse sono le ragioni che portarono alle mie dimissioni da Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, ma quella che fu determinante fu connessa con l’inchiesta del procuratore di Palmi Agostino Cordova. Vedo oggi ripresentarsi le stesse condizioni del 1992, quasi fosse una fotocopia”, ha dichiarato ai parlamentari di palazzo San Macuto. Parole che hanno aumentato i dubbi attorno all’organizzazione e ai suoi iscritti. Per il Grande Oriente d’Italia, Di Bernardo è “uno scismatico”, perché lasciato il Goi in concomitanza con l’inchiesta (poi archiviata nel 2000, ndr) ha fondato una sua obbedienza, la Gran Loggia Regolare d’Italia, screditando poi i “fratelli” del Grande Oriente. “L’Antimafia – dice Salsone – non può dimenticarsi di quanto l’organizzazione abbia fatto per il Paese. Noi giuriamo sulla Costituzione di questa Repubblica”. E cita, come massoni insospettabili che hanno contribuito a fondare l’Italia, Pietro Calamandrei, il presidente della Commissione dei 75 che scrisse la Costituzione Meuccio Ruini, Giorgio Amendola e persino l’apneista Enzo Maiorca: tutte persone ormai morte visto che un massone non può rivelare l’appartenenza all’ordine di un fratello.


“Anche noi – continua Salsone– abbiamo i nostri caduti nella lotta alla mafia e non lo dico per legittimarci perché non ne abbiamo bisogno”. L’avvocato Salsone un caduto per mano delle organizzazioni criminali lo ha avuto in famiglia. Una storia che condivide poco volentieri, ma che resta nelle pagine dei giornali. Il padre Filippo Salsone, maresciallo della polizia penitenziaria, stava rientrando a casa con i figli la sera del 7 febbraio 1986, quando venne colpito da una scarica di colpi: resta ucciso mentre il figlio Paolo – fratello dell’attuale presidente del Goi in Lombardia – rimane ferito. A sparare, dirà l’inchiesta, sono stati uomini di un clan camorristico. Oggi la casa circondariale di Reggio Calabria, dove lavorava, gli è stata dedicata. E non è l’unica sorpresa. Per quanto nei templi della “libera muratoria” “non entrino i metalli”, come in gergo sono definiti argomenti divisivi come politica e religione, un signore, all’uscita, si avvicina e dice: “Vi stupireste a sapere quanti compagni ci sono tra gli iscritti”.