Loggia

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venerdì 22 dicembre 2017

La Loggia Heredom festeggia il "San Giovanni" il 28 Dicembre a Cagliari



Nella concezione esoterica, due volte l’anno si aprono le porte del cielo, e il Cielo entra in comunicazione con la terra: ciò avviene in occasione del Solstizio d’estate e in quello d’inverno, che coincidono con la celebrazione dei due santi che la Massoneria Universale ha eletto a suoi protettori: San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista.
La Loggia Heredom 1224 di Cagliari, il prossimo 28 dicembre, come ogni anno, organizza una tornata per la celebrazione del San Giovanni d’Inverno e ripropone il tradizionale rituale della Festa della Luce.
“Al Solstizio d’inverno – la Festa delle Luce – il Sole, simbolo visibile dello spirito, si è ritratto nelle caverne del settentrione. Le giornate si sono accorciate e le notti allungate. Il dolore è nelle nostre anime perché il Sole è calore, vita, luce. Noi Fratelli ravvisiamo in questa rituale morte del Sole una fase della perenne lotta tra il bene e il male. Ma il nostro dolore è temperato dalla certezza che il Sole, dopo la sua discesa agli Inferi, risalirà allo zenith della nostra coscienza”.
L’appuntamento è per giovedì 28 dicembre, alle ore 20,00, presso la Casa dei Liberi Muratori di Cagliari, in Piazza Indipendenza 1. È gradita la conferma della partecipazione al recapito: segreteria@heredom1224.it.
L’evento è riservato ai Fratelli del Grande Oriente d'Italia.

La vita tra le stelle. Incontro a Trieste il 13 gennaio


LA VITA TRA LE STELLE, TRA NUOVE SCOPERTE E INTERROGATIVI: SE NE PARLA IL 13 GENNAIO A TRIESTE
Il mistero della vita anima il confronto intellettuale e filosofico sin dagli albori dell’umanità. Le più recenti scoperte aprono, tuttavia, la strada a nuove suggestive ipotesi. La dimostrata presenza di forme di vita negli abissi oceanici e la sempre più diffusa idea che organismi extraterrestri possano realmente esistere, non rappresentano solo elementi di novità di carattere puramente scientifico, ma forniscono linfa a interrogativi sul nostro ruolo nell’Universo. Il Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili del Friuli Venezia Giulia ha dunque deciso di partire da queste stimolanti premesse per promuovere un confronto tra relatori qualificati al fine di tratteggiare gli orizzonti di un mutamento degli equilibri su cui si è retta la nostra nozione della vita e del mondo. L’iniziativa, che si svolgerà sabato 13 gennaio 2018, alle ore 16, nella Sala Saturnia della Stazione Marittima di Trieste, rientra nel percorso inteso a rilanciare la funzione della Libera Muratoria quale soggetto capace di chiarire dubbi e sollevare interrogativi sulla funzione dell’Uomo nel disegno dell’Essere Supremo. Sarà Alessandro Cecchi Paone, giornalista e divulgatore scientifico, a moderare gli interventi di Massimo Ramella, astronomo presso l’Osservatorio di Trieste, Paola Del Negro, ricercatrice presso l’Istituto Nazionale Oceanografico e di geofisica sperimentale, e Corrado Ocone, filosofo e saggista. Il Gran Maestro Stefano Bisi, concluderà il convegno.


E’online il numero di Erasmo di dicembre 2017


E’ online il numero di Erasmo di dicembre 2017. “Il ritorno della luce”, il titolo,  dedicato al Solstizio d’Inverno e all’inaugurazione dell’impianto di illuminazione dello stadio di Norcia, un’iniziativa voluta e finanziata dal Grande Oriente per promuovere la ripresa della normalità nelle zone che lo scorso anno furono colpite dal terremoto. Un gesto di solidarietà ma non l’unico della Comunione,  che ha istituito anche il Premio La Scuola del Coraggio, che assegnerà il prossimo gennaio a 100 studenti delle aree colpite dal sisma che si sono particolarmente distinti ottenendo la lode alla maturità.
In primo piano il convegno che si è tenuto a Sassari in memoria di Armando Corona, che fu il Gran Maestro che sciolse la loggia P2, espulse Licio Gelli  e fece pulizia. E ancora le celebrazioni del Solstizio; il seminario che si è tenuto a Udine su Fake News e Antimassoneria; la chiusura dei festeggiamenti dei Trecento anni di Massoneria a Milano con una manifestazione ospitata  nella Sala Verdi del Conservatorio alla quale hanno preso parte oltre 1100 spettatori.
Spazio anche alla solidarietà con l’annuncio dell’imminente apertura a Massa Marittima e poi a Pinerolo di un Ambulatorio sociale improntato al modello di welfare inaugurato dagli Asili Notturni di Torino.
Nella sezione Massoni Illustri un articolo su Salvatore Quasimodo, libero muratore e premio Nobel. Tante, come sempre,  e tutte di grande interesse le notizie dagli Orienti d’Italia  su iniziative ed eventi di logge e circoscrizioni. In chiusura un servizio dedicato alla Chiave Spezzata, il nuovo film del regista Louis Nero, uscito nelle sale cinematografiche il 16 novembre, con un cast davvero stellare.
ALLEGATI

giovedì 21 dicembre 2017

Massoneria e Protestantesimo. A Torino Marco Novarino con Claudio Pasquet


Marco Novarino è uno dei curatori del volume della Storia d'Italia Einaudi dedicato alla Massoneria

[...] Alla Casa massonica di Torino si è svolto, davanti a un centinaio di persone attente e interessate, un confronto tra il prof. Marco Novarino e il pastore Claudio Pasquet sui 500 anni della Riforma luterana e sui 300 anni della Massoneria speculativa. Il ragionamento, sintetico quanto profondo, si è dipanato lungo il corso dei secoli, dagli eretici italiani del ’500 che, protetti più nella Basilea di Bullinger e Castellione che nella Ginevra di Calvino, prepararono, inconsapevolmente, «il processo di svolgimento in deismo e illuminismo moralistico» (Cantimori), prodromi della Massoneria speculativa, al ’700 illuministico fino al periodo post-unitario con la conseguente evangelizzazione in Italia.
Uno studio del prof. Novarino, finanziato in parte con l’otto per mille, sta già portando interessanti dati: tra il 1880 e il 1925 (data in cui la Massoneria fu costretta dal regime fascista a interrompere i suoi lavori) erano ben oltre cento i pastori protestanti iscritti al Grande Oriente d’Italia e altri ancora erano massoni della corrente scissionista del 1908. A dimostrazione che non vi fosse solo solidarietà tra minoranze ma convergenza su determinati temi.
Si è parlato di come nel secondo dopoguerra si siano fortemente raggelati, per motivi variegati che sarà
interessante approfondire, i rapporti tra protestanti italiani e Massoneria,ma infine si è notato come su temi eticamente sensibili e nel proporre di avere in questo nostro Paese finalmente una legge su libertà religiosa, di coscienza e di pensiero, pur nelle inconfutabili differenze, si possa lavorare insieme.
Si sente dire sovente in questo mondo secolarizzato che religioni e ma non sembra che i grandi temi come, tra i tanti, la difesa dei diritti umani, i diritti del fine vita e la solidarietà verso il diverso da noi, la laicità dello Stato siano stati risolti. E sono battaglie comuni, necessitano di dialogo e confronto senza pregiudizi.

(fonte Riforma • numero 46 • 1° dicembre 2017 • pagina 4).

Oggi è il solstizio d'inverno


di Cesare Marco Delorenzi




Dicembre è un mese importante e suggestivo. Non solo è l’ultimo mese dell’anno, il mese delle feste, di Natale, del cambio dell’anno, ma è anche il mese del Solstizio d’inverno, ovvero il giorno più corto e la notte più lunga dell’anno.
Se accettate un suggerimento, si potrebbe celebrare il Solstizio con una semplice, ma gravida cerimonia in cui poniamo nella terra i proponimenti del prossimo anno, in forma di semi di melograno, affinché germoglino all'Equinozio di primavera. Io lo farò, sperando che i semi portino amicizie e serenità. Il mio anno è stato funestato da troppe negatività, per cui aggiungerò cinque semi di grano, tenero, sette di grano duro ed un fagiolo, magico.

Il Solstizio d’inverno è il momento in cui il Sole raggiunge la massima distanza angolare rispetto all’equatore, ossia quando l’emisfero Nord riceve il minimo irraggiamento dal sole, è dunque il giorno con meno luce e di conseguenza la notte è la più lunga.

Nel nostro emisfero, ovvero quello boreale, al mezzogiorno locale del solstizio di giugno il Sole raggiunge l'altezza massima possibile sull’orizzonte per quella latitudine, mentre in quello di dicembre raggiunge l'altezza minima

Il solstizio ritarda ogni anno di circa 6 ore rispetto all'anno precedente (più precisamente 5h 48' 46") e si riallinea forzosamente ogni quattro anni in corrispondenza dell’anno bisestile, introdotto proprio per evitare la progressiva divergenza delle stagioni con il calendario. A causa di tali variazioni può capitare che i solstizi cadano il 20 o il 21 giugno oppure il 21 o il 22 dicembre.

Il Solstizio d'inverno 2017 cade il 21 dicembre alle 17:28 ora italiana.

Già ho molto tediato, nelle mie dissertazioni periodiche, sull’importanza che ha sempre avuto nei più svariati contesti socio-storico-culturali questo periodo; pertanto oggi mi limiterò a semplicemente ricordare che il Solstizio d’Inverno sia stata una festività pagana importante nota come Sol Invictus, dal 17 al 23 a Roma erano i Saturnalia, nel neopaganesimo Yule e nel cristianesimo si associa il Natale.

Il Sole si trova nella costellazione dell’Ofiuco fino al 18, quando passerà nella costellazione del Sagittario.
Si ricordi che il 21, alle ore 16:28 UTC (17:28 ora italiana) inizia ufficialmente l’inverno astronomico con il solstizio d’inverno: in questo giorno, il più corto dell’anno, la nostra stella raggiunge la sua massima distanza al di sotto dell’equatore celeste, e l’arco apparente descritto da sudest a sudovest è minimo.

La Luna è in fase di plenilunio il 3, Ultimo Quarto il 10, novilunio il 18 ed infine Primo Quarto il 26. Il 4 raggiungerà il punto più vicino alla Terra lungo la sua orbita, il perigeo (357.495 km), mentre il 18 l’apogeo (406.604 km).

Si può immediatamente notare la concomitanza tra la Luna Piena e il perigeo: il 3 dicembre infatti abbiamo potuto ammirare una suggestiva Superluna. La Luna compie un’orbita ellittica intorno alla Terra, dunque la sua distanza dal nostro pianeta varia sensibilmente nel corso di un mese, dai 356.410 km ai 406.740 km: quando la Luna è più vicina alla Terra (perigeo), appare ai nostri occhi più grande e più luminosa.

La tradizione popolare vuole che il giorno più corto dell’anno sia il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia. Il 13 dicembre è il giorno in cui il sole tramonta prima, ma il 21 l’alba è ritardata. Quindi a conti fatti il 21 dicembre abbiamo meno ore di luce. Da quella data fino ad inizio gennaio il sole sorge più tardi e tramonta più tardi.

Insomma abbiamo delle notti più lunghe in quanto l’alba avviene più tardi e la notte più lunga di tutte sarà quella fra il 20 e il 21 dicembre 2017. Il sole il 20 dicembre andrà a dormire alle 17 e lo rivedremo alle 7.30 del mattino del 21 dicembre. Dal Solstizio d’inverno l’ora del tramonto si allungherà ogni giorno di preziosi minuti, ma l’alba avverrà sempre qualche minuto più tardi, fino ad inizio gennaio quando l’alba inizierà a riacquistare minuti e le notti si faranno quindi più brevi.

In Italia tutti conoscono il detto «Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia». Il 13 dicembre viene festeggiato in alcuni luoghi del nostro Paese (Bergamo, per esempio) come il giorno in cui si fanno i regali ai bambini. In Svezia, e in generale nei Paesi nordici, la notte di santa Lucia è accompagnata da tradizioni e cerimonie che celebrano la luce e un sonetto del poeta inglese John Donne canta come «la mezzanotte dell’anno». Eppure non è questo il giorno più breve, quello in cui tra l’alba e il tramonto trascorre il minor numero di ore e dopo il quale le giornate tornano finalmente ad allungarsi: il solstizio cade invece il 21 o il 22 di dicembre (quest’anno il 21). La responsabilità dello sfasamento tra la tradizione e la realtà ricade su Giulio Cesare e sulle conoscenze astronomiche non del tutto precise dei Romani, o meglio dell’astronomo Sosigene di Alessandria. Fu a lui, infatti, che Cesare nel 46 a.C. diede incarico di mettere ordine nel calendario in uso all’epoca, che vedeva continui sfasamenti. Il calendario giuliano fu un deciso passo avanti, grazie all’introduzione del mese bisestile ogni quattro anni. Il giorno in più serviva, come accade ancora oggi, a recuperare la differenza tra i 365 giorni dell’anno segnati normalmente dal calendario e i 365 giorni e 6 ore che rappresentano l’effettiva durata del tragitto che la Terra compie attorno al Sole. Sei ore in più per quattro anni danno appunto la durata di un giorno, che dovrebbe riportare in pari le cose.

Purtroppo, però, le 6 ore usate per il calcolo dell’anno bisestile sono solo una approssimazione della durata esatta dell’anno solare che è di 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi. La differenza è poco più di undici minuti, abbastanza per portare nei secoli ad accumulare un ritardo che a un certo punto era arrivato attorno ai dieci giorni. Nel Medioevo il solstizio era dunque più vicino al giorno di santa Lucia che al 21 dicembre, giustificando pienamente le tradizioni popolari.

 Fu solo nel 1582 che le cose vennero rimesse a posto. Papa Gregorio XIII che, anche lui con l’aiuto degli astronomi e soprattutto del calabrese Luigi Giglio, diede il via al calendario gregoriano e decise di far saltare il mondo dal 4 al 15 ottobre: i giorni in mezzo, quelli dal 5 al 14 ottobre del 1582. Dal 1582 dunque il solstizio si è spostato dove lo conosciamo oggi, anche se non tutti i Paesi adottarono il nuovo calendario nello stesso anno: John Donne scrisse il suo sonetto all’inizio del 1600, cioè dopo la riforma, ma in Inghilterra il calendario gregoriano arrivò solo nel 1750 e quindi per lui il solstizio era ancora attorno al 13 dicembre. L’insurrezione dei bolscevichi a Pietrogrado del 1917 avvenne a ottobre per Lenin e i suoi (in Russia si usava ancora il calendario giuliano) e a novembre per gran parte del resto d’Europa.

Gli appassionati di astronomia segnalano che comunque attorno al 13 dicembre qualcosa nelle nostre giornate succede. È in questi giorni, infatti, che il tramonto del Sole avviene, secondo i nostri orologi, all’ora minima. Dipende da una complicata questione di calcoli dell’ora media, cioè quella che segnano gli orologi, e ora reale, ma fatto sta che da oggi in poi il tramonto si sposta un poco in avanti, dando l’impressione che i giorni siano già tornati ad allungarsi

Santa Lucia: La sua festa liturgica ricorre il 13 dicembre; antecedentemente all'introduzione del calendario gregoriano (1582), la festa cadeva in prossimità del solstizio d’inverno (da cui il detto "santa Lucia il giorno più corto che ci sia"), ma non coincise più con l'adozione del nuovo calendario (differenza di 10 giorni). La celebrazione della festa in un giorno vicino al solstizio d'inverno è probabilmente dovuta alla volontà di sostituire antiche feste popolari che celebrano la luce e si festeggiano nello stesso periodo nell'emisfero nord. Altre tradizioni religiose festeggiano la luce in periodi vicini al solstizio d'inverno come ad esempio la festa di hanukkah ebraica, che dura otto giorni come le celebrazioni per la santa a Siracusa, o la festa di Diwali di celebrata in India. Il culto di santa Lucia inoltre presenta diverse affinità con il culto di Artemide, l'antica divinità greca venerata a Siracusa nell’isola di Ortigia. Ad Artemide, come a santa Lucia, sono sacre la quaglia e l'isola di Ortigia - anche chiamata Delo in onore della dea della caccia. Artemide e Lucia sono entrambe vergini. Artemide è inoltre vista anche come dea della luce mentre stringe in mano due torce accese e fiammeggianti.

Con il Solstizio d’inverno si entra nel Capricorno, ultimo segno di terra: “Colui che compie l’ascesa”. La terra del segno del Capricorno appare arida, spoglia, dura e fredda.

È la terra invernale che non offre frutti, che non abbellisce esteriormente perchè tutte le sue energie sono rivolte all’interno per il lento processo di crescita in seno alla Natura. La morte apparente, che vediamo all’esterno corrisponde al massimo momento spirituale, alla maggiore ingegnosità dell’uomo, libero dagli ordinari lavori stagionali; rappresenta la spoliazione, la concentrazione verso una meta, ma anche è la cima della montagna e la profondità della grotta dove l’individuo, addestrata la la volontà e controllato l’istinto, giunge al dominio del sé e diviene UOMO DIO.

In Gran Bretagna, a Stonehenge, si possono ancora ammirare e studiare imponenti ruderi: due cerchi concentrici di monoliti che raggiungono le 50 tonnellate. L'asse del monumento è orientato astronomicamente, con un viale di accesso al cui centro si erge un macigno detto "pietra del calcagno" (Heel Stone, detta anche Fryar's Heel, cioè "Tallone del frate"). All’alba del Solstizio, il Sole si leva al di sopra della Heel Stone. Stonehenge, insomma, sarebbe non solo un tempio, che le più moderne teorie archeologiche lo vedono come tempio cimiteriale, ma anche come un calendario astronomico.

A Nabta Playa vi è un circolo calendariale, dove due monoliti hanno allineamento Nord-Est in direzione del sorgere del sole il 21 giugno e risulta essere più antico di Stonehenge di almeno mille anni.

Tracce di culti solari s'incontrano in tutto il mondo, dalla Polinesia all’Africa alle Americhe e giungono fino ai nostri giorni: per gli eschimesi il sole è la vita mentre la luna la morte, in Indonesia il sole s'identifica con un uccello e con il potere del volo, tra le popolazioni africane primitive la pioggia è il seme fecondatore del dio Amma, il sole, creatore della terra.

Per gli Inca, la cui massima fioritura si ha intorno al XV secolo, la divinità Inti è il sole, sovrano della terra, figlio di Viracocha, il creatore, e padre della sua personificazione umana, l'imperatore. Attorno a Cuzco, capitale dell'impero, sorgono i Mojones, torri usate come "mire" per stabilire i giorni degli equinozi e dei solstizi. A Macchu Picchu, luogo sacro degli Inca, si può ancora vedere il Torreon, una pietra semicircolare incisa per osservazioni astronomiche, e l'"Intihuatana", un orologio solare ricavato nella roccia.

Per i Maya il sole è il supremo regolatore delle attività umane, sulla base di un calendario nel quale confluiscono credenze religiose e osservazioni astronomiche per quell'epoca notevolmente precise.

Tra gli indiani d’America l sole è simbolo della potenza e della provvidenza divine. Presso gli Aztechi è assimilato a un giovane guerriero che muore ogni sera e ogni mattina risorge, sconfiggendo la luna e le stelle: per nutrirlo il popolo azteco gli offriva in sacrificio vittime umane. Leggende analoghe, anche se fortunatamente meno feroci, si trovano ancora tra le popolazioni primitive nostre contemporanee. Gli stessi inuit (eschimesi) ritenevano fino a poco tempo fa che il sole, durante la notte, rotolasse sotto l'orizzonte verso nord e di qui diffondesse la pallida luce delle aurore boreali: convinzione ingenua, ma non del tutto errata, visto che è stato studiato come le aurore polari siano proprio causate da sciami di particelle nucleari proiettate nello spazio ad altissima energia dalle regioni di attività solare. Tutto il culto degli antichi Egizi è dominato dal sole, chiamato Horus o Kheper al mattino quando si leva, Ra quando è nel fulgore del mezzogiorno e Atum quando tramonta. Eliopoli, la città del Sole, era il luogo sacro all'astro del giorno, il tempio di Abu Simbel, fatto costruire da Ramsete II nel XIII secolo a.C., era dedicato al culto del sole.Secondo la cosmologia egizia il Nilo era il tratto meridionale di un grande fiume che circondava la Terra e che, verso nord, scorreva nella valle di Dait, che raffigurava la notte; su esso viaggiava un'imbarcazione che trasportava il Sole (raffigurato come un disco di fuoco e impersonato nella figura del dio Ra) che nasceva ogni mattino, aveva il culmine a mezzogiorno e al tramonto viaggiava su un'altra imbarcazione che lo riportava a est. Si devono agli Egizi alcune delle prime precise osservazioni astronomiche solari, in base alle quali i sacerdoti del faraone prevedevano le piene del Nilo e programmavano i lavori agricoli. Le Piramidi sono disposte secondo orientamenti astronomici, stellari e solari. Gli obelischi erano essenzialmente degli gnomoni, che con la loro ombra scandivano le ore e le stagioni. Gli orologi solari erano ben noti e ne esistevano diversi tipi, alcuni dei quali portatili, a forma di T o di L, chiamati merket: il faraone Thutmosis III, vissuto dal 1501 al 1448 a.C., viaggiava sempre con la sua piccola meridiana, come noi con il nostro orologio da polso. La prima comparsa di Sirio, la stella più luminosa del cielo, all'alba, in estate, era per gli Egizi il punto di riferimento fondamentale del calendario. Il loro anno era di 365 giorni, ma sapevano già che in realtà la sua durata è maggiore di circa sei ore, per cui avevano calcolato che nel corso di 1460 anni la data delle inondazioni del Nilo faceva una completa rotazione del calendario.

Il solstizio d'estate, rappresentando l'inizio dell'omonima stagione, è sempre stato nella storia occasione di feste, come i Litha nel neopaganesimo o la natività cristiana di Giovanni Battista, cosiddetta "Notte di San Giovanni" o "Notte di mezza estate".

Il Solstizio è il momento che segna, per il nostro pianeta, la fine del ciclo annuale. Il Sole si ferma, apparentamente, nel punto più basso rispetto all’equatore e, il terzo giono, riprende a salire, o a rinascere, nella volta del cielo. Simbolicamente è la fine del vecchio e il principio del nuovo. In tutte le religioni, dal culto di Zoroastro a quella di Cristo, segna la nascita dei Grandi esseri che hanno il compito di far progredire l’Umanità, salvandola dal suo stesso inciampare lungo il percorso evolutivo.

Il Natale cristiano prosegue questa tradizione indicando che il salvatore nasce in una grotta lontano dai clamori e dagli sfarzi del mondo per redimere il Karma attraverso l'Amore e stabilire la Fratellanza tra gli Uomini di Buona volontà. La sacralità dell'evento cosmico è, purtroppo, sovrastata dal peso dell'evento consumistico che, nei Paesi opulenti della civiltà occidentale, ne svilisce la forma ma non il significato. Vorremmo invitare tutti gli individui consapevoli a non regalare oggetti ma donare un poco del proprio amore. Sarebbe molto più proficuo per la crescita delle coscienze e la manifestazione del Piano Divino.

La rinascita solare rappresenti il simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all’idea d’immortalità dell’uomo, che opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio stato sottile, nella notte del solstizio d’inverno, quando è possibile accedere alla via divina in cui l’uomo, restaurando in sé l’Adamo Primordiale, può intraprendere la strada dello sviluppo sovraindividuale.

Ciò detto, AUGURO A TUTTI un buon Solstizio, Natale ed Epifania ( Il termine deriva dal greco antico, verbo ἐπιφαίνω, epifàino (che significa "mi rendo manifesto"), dal sostantivo femminile ἐπιφάνεια, epifàneia (manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina). Sin dai tempi di San Giovanni Crisostomo il termine assunse una valenza ulteriore, associata alla Natività di Gesù Cristo Redentore) e che il NUOVO sia positivo, fecondo e ricco sia materialmente che spiritualmente per ognuno di NOI.

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La complessità umana di Armando Corona/Fondazione Sardinia Blog, Persone, Storia della Sardegna


La complessità umana di Armando Corona, protagonista della vita pubblica e democratica della Sardegna del Novecento, di Gianfranco Murtas

… Era invece, Armando Corona, un uomo davvero complesso, contraddittorio come tutti siamo – ciascuno nella sua misura – contraddittori, uomo di enormi riserve e potenzialità, di importanti realizzazioni e anche, talvolta, di insufficiente prudenza nella selezione dell’agenda e delle interlocuzioni….

Come già annunciato, si è svolto sabato scorso 16 dicembre, nell’aula magna dell’università di Sassari, un affollato convegno (almeno trecento i partecipanti) sulla figura umana e pubblica di Armando Corona, notissimo gran maestro della massoneria di Palazzo Giustiniani fra il 1982 ed il 1990, e già prima esponente di primo piano della politica regionale (nel PSd’A prima, nel PRI successivamente).
Il convegno, promosso dalla loggia sassarese Goffredo Mameli n. 1192 – una loggia costituitasi una quindicina d’anni fa (esattamente nel 2003) recuperando il titolo distintivo della prima officina liberomuratoria e di ritualità scozzese della piazza, che aveva visto la luce nel 1867 e s’era segnalata a livello nazionale per il suo acceso anticlericalismo tutto risorgimentale – ha inteso, attraverso varie testimonianze, cogliere aspetti diversi della complessa personalità di Corona.
Pietro Soddu, in particolare, ha disegnato un ritratto di Corona come uomo di pazienti mediazioni politiche, nella seconda metà degli anni ’70, in vista di dar vita a quella unità autonomistica che avrebbe dovuto rafforzare la potenza negoziale della Sardegna nei confronti degli organi centrali dello Stato, dal parlamento al governo. Importante, nel suo appassionato e lucidissimo (e applauditissimo) discorso che si è aperto al confronto fra la politica “di parola” di ieri e quella soltanto gridata di oggi, tutta impostata su slogan e l’inascolto dell’altro, il rimando, da parte dell’ex presidente della Regione, al “trinomio” Democrazia-Autonomia-Rinascita che, al di là dello schieramento di appartenenza, univa un ceto politico davvero non indegno. Cenni a un tale impegno del leader repubblicano ha offerto anche, nel suo intervento di saluto, il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, che ha dato conto dell’autorevolezza del suo predecessore, “arbitro” istituzionale del confronto politico isolano nel biennio 1979-1981.
Sergio Vacca, commercialista di lunga e nota carriera, consulente di Corona “imprenditore”, ha offerto qualche gustosa testimonianza, ovviamente nel rispetto del segreto professionale, circa questo aspetto più chiacchierato che conosciuto di Corona operatore economico. Ha parlato di Corona editore della emittente televisiva Sardegna Uno (con Ragazzo e Zuncheddu, negli anni ’80) e di Corona coinvolto, dopo il crollo della SIR, al tempo proprietaria della spa Cagliari calcio, nel rilevamento (poi fallito a vantaggio di Alvaro Amarugi) delle quote di capitale sociale onde salvare e rilanciare la squadra, messa allora in pericolo dalle disavventure finanziarie della petrolchimica.
Breve ma efficace anche l’intervento di Giovanni Spiga, Venerabile della loggia che a Corona è stata intitolata, ora sono soltanto due anni, a Cagliari: il rapporto fra i valori della sardità e quelli propri dell’umanesimo “senza frontiere”, tanto più nel tempo che viviamo esposto a dolorose cadute di senso e di passione civile, costituiscono il patrimonio ideale in cui – egli ha dichiarato – la giovane compagine massonica intende muoversi. (E s’è appreso che proprio ieri, nel tempio sassarese di Palazzo Tola, il Gran Maestro Bisi presente in città e al convegno ha voluto iniziare un giovanissimo professionista cagliaritano, quasi a voler anche idealmente, e sentimentalmente, gemellare Cagliari e Sassari città sorelle e mai rivali).
Ampio e porto con un eloquio “temperato” il discorso finale di Stefano Bisi che, onorando la memoria di Armando Corona, ha proposto un qualche parallelo fra le difficoltà da lui vissute nel post-Gelli e quelle dell’ora presente. Il riferimento era alla tempesta vissuta dal Grande Oriente d’Italia (e da tutto il composito mondo liberomuratorio nazionale), costretto da vicende malavitose registratesi nel sud Italia a giustificare o certificare alla commissione antimafia – quella presieduta dall’on. Bindi – la propria piena estraneità anche subendo interventi coattivi che offendono e restringono la libertà d’associazione garantita dalla Costituzione. Nuovamente qui vale il richiamo al sequestro delle liste degli aderenti all’Obbedienza massonica, che dovrebbero essere e restare riservati, salvo ovviamente ogni accesso, deliberato dalla magistratura e dalla stessa commissione parlamentare ed eseguito dalla forza pubblica, onde verificare lo stato associativo di eventuali indagati o inquisiti.
Ha tenuto il controllo organizzativo, proponendo anche una sua testimonianza personale su Armando Corona, Gian Carlo Lucchi, Venerabile della loggia Goffredo Mameli. Assai gradito il saluto portato, in apertura, dal magnifico rettore dell’ateneo, Massimo Carpinelli, che ha assistito allo svolgimento dell’intera seduta. (Invero non avevano granché motivo di essere certe riserve della vigilia circa la location dell’evento: altre volte l’aula magna dell’ateneo sassarese ha ospitato dibattiti sulla Massoneria nazionale, i suoi valori e i suoi protagonisti).
I giornali hanno riferito, a poche ore dall’incontro, nelle edizioni di domenica 17, brevi cronache. Piuttosto sballati diversi passaggi dell’articolo uscito sulla Nuova Sardegna (dimostrazione ennesima del pressapochismo di cronisti mandati a trattare materie sconosciute); flash piuttosto banali quelli dell’Unione Sarda, con richiami a battute affrettate del Gran Maestro Bisi condite per puro riempitivo di una pagina pubblicitaria, fra un apparecchio acustico, una pelliccia permutabile e il programma del prossimo cenone).
Davvero vien da pensare con malinconia infinita al giornalismo d’una volta, ma non di cento anni fa, di dieci o venti soltanto: dei Vittorino Fiori e dei Vindice Ribichesu, degli Alberto Rodriguez e dei Gianni Massa, dei Fabio Maria Crivelli, dei Gianni Filippini, e più in là, degli Aldo Cesaraccio e degli Arnaldo Satta Branca, degli Angelo De Murtas…
Qui appresso riproduco il testo della mia relazione biografica.
Per creare stagioni nuove, non senza sbagli, ma con convinzione e tenacia
Medico per vocazione precoce, esponente della politica e delle istituzioni autonomistiche, artiere della fratellanza liberomuratoria: ecco Armando Corona che ha vissuto il tempo del nostro stesso mondo dal 1921 al 2009, nascendo e morendo lo stesso giorno del calendario, il 3 aprile.
La prima gran loggia che egli presiedette, nella primavera del 1983, fu a Montecatini, per onorare la memoria grande di Giovanni Amendola, massone e democratico assassinato dai fascisti violenti nel 1926. Giovanissimo ma già introdotto anch’io in attività professionali, politiche, associative e di ricerca e scrittura, fui ospite di quell’assemblea tanto emotivamente impegnativa, portato e accompagnato dalla delegazione sarda. Il messaggio del nuovo gran maestro sembrava chiaro: la Massoneria giustinianea – società ecumenica da quasi, allora, trecento anni – radicava il suo impianto ideale nel campo largo della democrazia e, data l’esperienza storica nostra, dell’antifascismo.
Essa, in quanto Comunione umanistica, veniva dalle persecuzioni che erano state clericali prima – e fu Giorgio Asproni con la sua campagna nazionale post-esecuzione di Monti e Tognetti ad impedire a Pio IX altre ennesime decapitazioni alla ghigliottina – e furono fasciste dopo. Allora, proprio in quei primi anni della gran maestranza Corona, si organizzarono convegni di studio e furono pubblicati, da storici come Mola o Santi Fedele (prorettore a Messina e massonologo fra i maggiori contemporanei anche lui) ed altri ancora, in volume, in diversi volumi, i documenti dell’esilio ventennale dei gran maestri in terra di Francia, un esilio condiviso con il nostro Lussu e quant’altri democratici italiani dovettero espatriare. Erano stati in successione i gran maestri o sovrani scozzesi Giuseppe Leti, Giuseppe Meoni, Eugenio Chiesa, Arturo Labriola, Alessandro Tedeschi, il quale la sua carriera universitaria l’aveva cominciata a Cagliari, alla fine dell’Ottocento, prima di trasferirsi in Argentina e lì lavorare a lungo all’organizzazione della rete sanitaria pubblica, fino appunto a raccogliere il Supremo Maglietto giustinianeo ed anche organizzare, nel giugno 1937, a Parigi, il congresso della Massonerie perseguitate.
Da anni in molte nazioni del continente, tanto ad est quanto ad ovest, poi anche in Spagna in cui si arrivò dai falangisti del generalissimo Franco ai grandi numeri della decimazione, le biblioteche delle logge erano state già assalite e bruciate, e alle prime vittime si erano aggiunte le centinaia di vittime. In un campo di concentramento tedesco erano stati segregati il gran maestro di Germania Bordes e il Venerabile della più antica loggia di Amburgo.
Quel congresso delle Massonerie perseguitate si concluse col mesto pellegrinaggio delle rappresentanze internazionali al monumento garibaldino di Place Cambronne ed ai sepolcri parigini di Filippo Turati, Claudio Treves, Piero Gobetti e anche dei fratelli Rosselli – di terra appena smossa, quest’ultimo.
In Italia, dove fra i saccheggi ripetuti dei Templi si contavano pure gli aggrediti, e a Firenze anche i morti, il primo punito era stato il gran maestro in carica nel 1925, Domizio Torrigiani, assegnato al confino di Lipari proprio in contemporanea ad Emilio Lussu; prima di essere liberato, ormai cieco, e soltanto per morire, egli aveva trascorso un anno anche a Ponza, dove aveva fondato una loggia clandestina, la Carlo Pisacane, affidata a Placido Martini, il Venerabile destinato alle Fosse Ardeatine nel 1944.
Cagliari aveva pagato anch’essa il suo prezzo alla prepotenza fascista, il suo Tempio massonico era stato perquisito e sequestrati i suoi beni. Operò da allora in città, fino al 1929, per quattro anni cioè, una massoneria resistente, clandestina, ed Alberto Silicani – che avrebbe copresieduto un giorno l’iniziazione di Armando Corona – ne era stato testimone e protagonista, dopo il licenziamento dalla redazione dell’Unione Sarda e la precarietà professionale cui era stato da allora costretto. Sovente perquisito nella sua abitazione, conservava gli appunti più preziosi nascosti nei bordi della copertina della sua bibbia evangelico-battista.
Armando Corona non è stato soltanto gran maestro, è stato molte altre cose. Ma forse in quel ruolo apicale dell’Obbedienza liberomuratoria avvertiva uno speciale dovere morale, quello di onorare con tutte le sue forze tanta tradizione.
Ebbe le sue cadute, forse neppure di tutte ebbe chiara percezione forse anche per difetto di chi lo assisteva e doveva assicurargli sempre una collaborazione, per statuto, tanto leale quanto critica. Perché nel mix di critica e comunione splende l’amicizia vera fra le persone di qualità. Ma con le cadute c’erano anche, ed assai più rilevanti, gli avanzamenti: e gliene hanno dato atto, al momento fatale, i pur numerosi suoi avversari ideali o d’occasione che ne avevano conosciuto non soltanto la scorza o la pelle ma l’intimo veritiero.
Egli ha vissuto da protagonista una stagione importante della vita pubblica italiana e sarda, e oltre la militanza massonica, e anzi prima ancora d’essa, sono state la professione medica e la politica di partito ed istituzionale le aree di lavoro che ne hanno caratterizzato l’impegno, la fatica realizzativa. Esse oggi sono a noi presenti al fine, se ci riusciamo, di attraversare la sua complessa biografia.
Chissà quali scene, e con quale intensità, negli ultimi suoi istanti di coscienza – dopo anche tanta malattia e tanta sofferenza – si saranno presentate a lui come di vita vissuta e insieme di consuntivo morale: le radici familiari fra Ogliastra e Sarrabus (nipote di vescovo, figlio di anarchico), l’abito di fratino nel convento francescano di Bonorva, l’azione cattolica dai padri predicatori, i domenicani cagliaritani di Villanova cioè, la delega al gruppo sportivo e alla docenza giovanile dell’arte della bicicletta, gli studi liceali – dettorino – e universitari nel capoluogo negli anni che preparavano alla guerra e poi in essa affogavano drammaticamente, la laurea nel 1946 dopo tanto studio notturno e forsennato con l’amico di sempre Tonino Usala – a cena uova e basta, nella casa di via 20 Settembre, a ripetere il capitolo l’uno all’altro tutto in sardo –, la prima esercitazione professionale a Villaputzu e la conquista nel ’47 della condotta di Senis, e di Ales nel ‘55, l’umanità rurale (quella dei coltivatori diretti privi ancora di una cassa mutua) fra la quale esercitò la professione e modellò una personalità già entrata nell’età adulta con il matrimonio e la paternità replicata e sempre nuova, com’è in ogni autentica famiglia in boccio e aperta al domani: nella Sardegna povera in anni che sarebbero stati chiamati della ricostruzione. Una lenta, progressiva agiatezza conquistata e che sarebbe stata raccontata più volte nelle sue singolari modalità formative, con abilità e anche fortuna.
La militanza politica sardista in Marmilla, non soltanto in paese ma nel circondario, e poi a Cagliari, quelle prime candidature che servivano a misurare anche il grado empatico che sapeva o non sapeva sviluppare con i suoi pazienti di condotta e con le cerchie crescenti entrate nelle consuetudini amicali, la prima elezione al Consiglio provinciale – da direttore provinciale sardista – alla fine del ’64 e la guida sessennale dell’assessorato alla assistenza psichiatrica, la rottura traumatica ma non improvvisa nel Partito Sardo d’Azione per la questione del nazionalitarismo pur soltanto affacciato nel deliberato congressuale del 1968, la prima elezione al Consiglio regionale – finalmente legislatore dell’autonomia dal giugno 1969.
Flash di vita vissuta: sarà riapparsa magari, negli ultimi suoi attimi di coscienza, la scena dell’iniziazione massonica – officiante il Venerabile Tiberio Pintor, figlio di massone socialista e, come il padre, anche lui uomo di scuola – il 23 ottobre 1969, nella loggia sulcitana Giovanni Mori. Oppure saranno riapparse le scene di quanto – nel lungo film pubblico – sarebbe venuto dopo, tutto esposto alla ribalta, ancor più esposto al consenso e al dissenso, al giudizio di tutti, della pubblica opinione, della stampa, dei poteri civili importanti della società regionale.
L’ingresso nel Partito Repubblicano Italiano – quello dell’edera mazziniana, l’edera della Giovine Europa a voler richiamare, nella sua tripartizione, l’associazione risorgimentale nel continente fra la Giovine Italia, la Giovine Germania e la Giovine Polonia – e, presto, la segreteria regionale del partito il quale ancora viveva e gustava quanto il predecessore Bruno Josto Anedda – il compianto giornalista RAI e collaboratore della facoltà di Scienze politiche – aveva donato ad esso e alla comunità degli studi, il monumentale Diario politico e parlamentare di Giorgio Asproni cioè. Quella sede di partito era sembrata per qualche tempo una succursale universitaria, con il rettore Boscolo e i professori Del Piano, o Tito Orrù, o Neppi Modona, o Capurso ecc. a far lezione lì di storia sarda e di istituzioni politiche…
Con la responsabilità professionale della direzione sanitaria e della gestione amministrativa della casa di cura Villa Verde, lungo quasi un decennio e fonte certamente di nuove relazioni con sviluppi – perché negarlo? – anche elettorali, marciava l’esperienza politica e di pari passo quella massonica. Certo furono impegni, quelli, che non potrebbero non aver lasciato anch’essi un’impronta decisiva nella memoria dell’uomo al suo consuntivo di vita.
Fu intanto Dignitario e Venerabile – successore di una personalità eccellente come era stata quella di Mario Giglio – della loggia cagliaritana, la Hiram, in cui da Carbonia si era trasferito. Con quell’incarico la presidenza regionale dei Venerabili, e da quella presidenza il balzo nazionale nella commissione elettorale del 1978 per l’elezione post-Salvini, e poi l’ufficio di primo presidente della Corte Centrale, la Cassazione del Grande Oriente d’Italia.
A Cagliari, l’esperienza di assessore regionale agli Affari generali e riforma della Regione, dopo quella bruciata dalla mancata fiducia dell’assemblea (a scrutinio segreto), nell’autunno 1972, alla giunta Spano (doveva essere sua la competenza agli Enti locali): qui funzionava invece la giunta Soddu e il quadro era quello della unità autonomistica, con i comunisti “sdoganati” in primo luogo proprio da lui, non con le contrattazioni sottobanco come era avvenuto in una stagione precedente, assembleare e non commendevole, della politica regionale.
Altre istantanee: nel 1979, al terzo mandato consiliare, la presidenza dell’Assemblea protratta per quasi due anni ed infine spontaneamente lasciata. Il “caso” della SIR e, collegato ad esso, quello della Nuova Sardegna che giustamente si volle salvare dal fallimento della società proprietaria. La successiva commissione d’indagine consiliare – presidenza Cogodi – con una ipotesi di reato politico: abuso di potere, per una lettera inviata all’editore Caracciolo circa la proroga di otto mesi della custodia in portafoglio del 48 per cento del pacchetto azionario, data la mancata costituzione della cordata di imprenditori sardi interessati a rilevarlo; le ragioni e le giustificazioni, le contestazioni, direi anche le umiliazioni, e in contemporanea l’elezione alla carica granmagistrale del Grande Oriente Italia ancora sedente a Palazzo Giustiniani, nel marzo 1982. I passi falsi allora, le imprudenze, i contatti sia pure soltanto superficiali con il banchiere Calvi, quegli altri con Carboni e altri ancora non compresi e non giustificati da chi pure incoraggiava, fiducioso e amico, il nuovo corso. Il rischio di bruciare in fretta un patrimonio di credibilità conquistato nel tempo.
Con quelle glorie e quelle cadute quanto meno d’immagine, sulla scena nazionale – già esaurito il mandato anche nella cosegreteria repubblicana, in costanza di presidenza Spadolini a Palazzo Chigi, e seguito alla propria prolungata presidenza del Collegio nazionale dei probiviri del PRI, a contatto diretto quindi con realtà regionali molto differenziate dalla Sicilia al Piemonte – ecco forzature e appannamenti anche nella politica regionale, per responsabilità reali o soltanto supposte: a parte
l’imputazione, tutta da verificare nella sua sostenibilità ma martellante, sull’affare Nuova Sardegna/Caracciolo – e senza però che nessuno proponesse alternative di contenuto risolutivo né scorgesse una sostanza vera nell’ipotizzato abuso di potere –, ecco l’astensione prolungata dai lavori del Consiglio e la sollecitazione insistita della dirigenza repubblicana per una scelta, libera ma chiara e ferma, fra la ripresa del lavoro in assemblea e commissione o la rinuncia al mandato. I frizzi quotidiani sulla stampa, nelle collezioni dei giornali cento e più gli articoli su una disamistade penosa, credo penosa per tutte le parti, trascinata per due anni interi. Non mancarono, nella tenzone, gli strumenti i più sbagliati, comprese le gazzettiere da taluno ritenute perfino al soldo, anche qui a Sassari, che entrarono in partita e tanto enfatizzando con sgrammaticature dialettiche da finire per abbattere ogni residuo spirito di conciliazione comunque nel segno della politica, che – va sempre ricordato – è servizio all’interesse generale.
E di più: una minoranza di storia nobile, che non poteva vivere che di credibilità propria, esposta al rischio di perdersi per uno sguardo tutto concentrato sul presente senza più capacità di prospettiva e sempre nell’interesse generale. L’accusa finale di un intervento dispettoso per la modifica della legge elettorale – votata nottetempo – e demolitiva di quella promossa proprio da lui stesso nel 1979, per il recupero dei resti nel collegio regionale, santo salvavita delle minoranze. Pagine ancora da esplorare.
Poi, dall’84, il respiro finalmente, con la fine dell’attività politica militante per esaurimento della legislatura, e l’attenzione pressoché esclusiva – con un “pressoché” invero abbondante, ché non mancheranno ancora gli interessamenti – alle cose del Grande Oriente: per la riforma costituzionale, le aperture convegnistiche nella logica sempre più della trasparenza, l’amalgama fra le circoscrizioni. Nel 1985 la conferma nel mandato granmagistrale – sola conferma possibile ma quinquennale – e i contatti crescenti con le Obbedienze estere, animando il mobile raggio comunitario, le relazioni con Grandi Logge o i Grandi Orienti d’Europa cioè, in vista di costituire una specie rete d’equilibrio continentale con la potenza di tradizione inglese. Il trasferimento da Palazzo Giustiniani a Villa il Vascello, con tanta storia risorgimentale alle spalle, sul Gianicolo. Il fortunato rinvenimento – grazia per gli studiosi – dei libri matricola portanti ben 70mila nomi di iniziati almeno dagli anni ’70 dell’Ottocento – quelli intorno all’evento di Porta Pia – fino alla vigilia della dittatura.
Nel 1990 il passaggio di Maglietto a Giuliano Di Bernardo, l’appoggio al nuovo Magister Marximus nella convinzione – smentita dai fatti – di uno spazio operativo a lui ancora riservato, tanto più nella coltivazione delle relazioni estere.
L’ingarbuglio di certe situazioni non monitorate e non sanzionate, alla bisogna, in talune regioni meridionali, l’inchiesta Cordova con le sue generalizzazioni, la denuncia e la fuga di Di Bernardo con lo spregiudicato intervento sul vertice massonico inglese per il trasferimento del riconoscimento protocollare dal GOI alla Gran Loggia Regolare d’Italia (peraltro anch’essa destinata ad essere presto abbandonata dal leader costruttore): ecco nuove scene cariche di altra e alta emotività, e per lui, per il gran maestro emerito, anche personalmente gravose non foss’altro che per i falsi prodotti, con la sua firma adulterata, e consegnati – onde indirizzarne le decisioni – alla Gran Loggia di Londra, su materie critiche di stretta pertinenza iniziatica, afferente cioè la natura prima dell’ordine massonico: mi riferisco in particolare alla iniziazione femminile e dunque alle logge miste, soluzione sempre esclusa dal circuito regolare internazionale.
Il caos obbedienziale fino alla elezione del nuovo gran maestro Virgilio Gaito, e in Sardegna il replay, ma aggravato, della situazione del 1986 – quella provocata dal sindaco di Cagliari De Magistris e dalle sue allusioni a improprie e inaccettabili, ma indimostrate, manovre ostili al buon governo della Municipalità: la pubblicazione delle liste degli appartenenti alle logge sarde, e liste diversamente aggiornate per l’ostensione impudica da parte della Nuova Sardegna e da parte dell’Unione Sarda, perché diversa era la provenienza, quella sì drammaticamente fuori sistema: dalla procura di Palmi del giudice Cordova e dalla commissione Antimafia presieduta dall’on. Violante.
I giornali che per giorni e giorni fino a fare il mese pieno gonfiano le vendite con pezzi tutti o quasi di fattura modestissima per incompetenza totale – fra i pochi nell’eccezione qualitativa direi, a firma del compianto Giorgio Melis, il paginone centrale della Nuova dal titolo leggero e gustoso di “Il gran re dei massoni e i mille della loggia nuragica” (5 novembre 1993).
Fra i crolli partitici della prima Repubblica e le fatiche edificatorie della seconda, un tentativo – giusto nel 1992 – di una candidatura, per lui, per il gran maestro emerito, impossibile perché assolutamente trasformistica, al Senato, unificando per una volta sardisti e repubblicani invece lontani e lontanissimi, per la scelta nazionalitaria e indipendentista dei Quattro Mori, ormai da un quarto di secolo; non potendo qui valere la storica prossimità del Partito Sardo d’Azione alla Massoneria, così fin dagli anni ’20.
Due anni dopo, nella terribile vacanza di autorevolezza politica dei partiti costituzionali, ecco affacciare quella sorta di vicinanza preferenziale alla formazione la più lontana, per idealità e anche per rigore di costume interno, dal PRI lamalfiano e spadoliniano, intendo Forza Italia, e a una coalizione che offre ministri teorizzatori del panregionalismo, della Padania altra dall’Italia, del tricolore relegato nella umiliazione più volgare, ed altri epigoni ideali di stagioni per fortuna irripetibili.
Storia di pochi anni, poi delusioni e distanziamenti. E in quel contesto, ma per marcare le ipocrisie ravvisate, a torto o a ragione, negli schieramenti del j’accuse sempre pronto nei suoi confronti e nei confronti della Libera Muratoria isolana – PDS e Patto Segni innanzi a tutti –, ecco le lenzuolate offerte all’Unione Sarda per dire e documentare quanto fossero interne alla lottizzazione pubblica quelle forze che rivendicavano a sé verginità riformatrici.
Nel 1998 l’accostamento a Francesco Cossiga e al suo UDR con una microformazione detta di Unità Repubblicana.
Ma intanto il dolore grande – così nel 1995 – di una quiescenza imposta dal vertice obbedienziale in ottemperanza a un accordo firmato dal nuovo gran maestro Gaito e dal prefetto Parisi, capo della polizia di Stato: sarebbe bastato un avviso di garanzia per far scattare in automatico la sospensione di un aderente al Grande Oriente d’Italia. Doloroso pedaggio pagato al bisogno di recupero di credibilità pubblica di una Obbedienza storica rivelatasi però, in alcune sue stagioni, incapace di una griglia selettiva quanto serviva nelle complessità chiaroscure soprattutto della Calabria e della Sicilia ma poi anche di altre parti d’Italia.
Quante interviste libere, quante conferenze organizzate qua e là. Ce n’era stata una, di conferenza o tavola rotonda cui egli aveva presenziato, già nelle funzioni onorifiche di emerito. Era stato il 15 marzo 1993, dove? a Sassari, in questa aula magna, presente il rettore Palmieri e il prorettore Paglietti, presenti due dei maggiori massonologi italiani, il professor Mola e don Rosario Esposito, paolino. Moderatore nientemeno che l’avv. Giuseppe Melis Bassu. Titolo della tornata di dibattito: “La libertà d’associazione: il caso della Massoneria”, il patrocinio quello del club UNESCO.
Nell’età avanzante sempre più, nelle crescenti difficoltà della salute, il sogno di Armando Corona di un recupero di relazione e di presenza nel mondo massonico. Irrealizzato quello del ripristino di un rango tutto suo nel Grande Oriente d’Italia, ecco la “rete” incongrua di un’altra Obbedienza e la triste consegna di un uomo di gran valore, ormai più che ottuagenario ed infermo, a chi, per conquistarselo tutto, lo fa Sovrano d’un rito che egli – in quanto gran maestro del GOI – s’era sempre fatto vanto di non aver avvicinato né nella sua genealogia massonica né nelle sue ambizioni d’ogni specie: non certo per supponenza (ché anzi con i Riti – una sorta di scuola di specializzazione filosofica per i Maestri della loggia, con libertà di domanda e assunzioni però discrezionali – aveva firmato vari protocolli da gran maestro) ma perché, personalmente, si sentiva pago delle suggestioni formative proprie della Massoneria azzurra, quelle della piccola simbolica piramide. E di più, in quella ultima sua tremenda stagione: affiancato a chi o da chi – parlando anche per lui – tesseva le lodi di un eterno Licio Gelli, così volgarmente misconoscendo tutta l’opera di bonifica compiuta negli anni remoti di governo dell’Ordine.
Vado alla conclusione. Non so se si possa davvero storicizzare una qualche personalità che ci abbia lasciato soltanto da pochi anni. Forse no. Può però compiersi uno sforzo di oggettivizzazione, ballando fra il dovere della lucidità e dell’imparzialità descrittiva e, come nel mio caso e con riguardo speciale ad Armandino Corona, il senso o il trasporto della testimonianza per una consuetudine che, seppure per blocchi temporali e in forme diverse, è durata quasi quarant’anni. Cominciando nelle sale di partito ai primi del 1971, quando egli e il movimento sardo-autonomista confluirono nel Partito Repubblicano Italiano, alla cui federazione giovanile io aderivo già da qualche mese.
Do onore al Grande Oriente d’Italia, e per esso alla Fratellanza liberomuratoria sarda e cagliaritana in particolare, per la volontà, espressa chiara e nobile, di accogliere in camera ardente la salma del suo gran maestro nell’ottennio 1982-1990, quando si diffuse la notizia dolorosa della sua morte, del suo passaggio all’Oriente Eterno. Ciò, nonostante le vicende ultime e le rotture.
Ogni volta che il mio Archivio storico generale della Massoneria sarda, che pure ha respiro interobbedienziale, promuove i percorsi cimiteriali guidati, la tappa davanti alla sua tomba al civico di San Michele, e l’indugio per la lettura dei tratti biografici essenziali e magari qualche testimonianza personale, è impegno gradito e sentito come una necessità.
Quel che mi è importato e m’importa è evitare celebrazioni o agiografie, ma dare riconoscimento di valore e nobiltà nelle sintesi complessive, che assorbono anche le cadute – o quelle che noi riteniamo tali –, perché non è un santo che noi dobbiamo accostare; non è un santo come con tentazione acritica qualcuno, in tempi passati, mi è parso avesse inteso materializzarlo, traendolo dalle complessità delle fatiche della vita, così come certissimamente non era quel belzebù che, con dileggio ideologico strisciante e qualche volta anche gridato, altri hanno, per contro, disegnato sui giornali o nei passaparola da perditempo. Era invece, Armando Corona, un uomo davvero complesso, contraddittorio come tutti siamo – ciascuno nella sua misura – contraddittori, uomo di enormi riserve e potenzialità, di importanti realizzazioni e anche, talvolta, di insufficiente prudenza nella selezione dell’agenda e delle interlocuzioni.
Fu capace di una certa visionarietà, cioè di prospettazioni di nuove stagioni così nella professione – una pagina tutta da studiare sarebbe il mix dell’assistenza sanitaria fra pubblico e privato come s’è compiuto nell’Isola per lunghi decenni – così come nella politica – si pensi soltanto, dopo che alla separazione da certo nazionalitarismo da brividi nel campo sardista, alla tessitura delle intese per l’unità autonomistica, per meglio equilibrare, nel negoziato con i poteri centrali dello Stato, la forza contrattuale della Sardegna – ed anche nel governo massonico del drammatico post-Gelli, combattendo quel piduismo che compromissioni di vertice ebbe nel Grande Oriente d’Italia. Seppe catalizzare o canalizzare attorno a sé molte intelligenze, molti talenti. Non valutò a sufficienza invece, in più occasioni, come una tempistica sbagliata ma soprattutto l’improvvido accostamento a elementi di dubbia onorabilità potesse compromettere il risultato della stessa sua opera faticata.
Il suo più è stato, al netto di tutto, nel meglio. E questa è la mia firma.

La Scuola del Coraggio. Il Grande Oriente d'Italia premia 100 studenti delle aree terremotate


Sono 100 gli studenti delle scuole superiori di secondo grado delle aree terremotate di Umbria, Marche, Lazio ed Abruzzo che saranno premiati con una borsa di studio dal Grande Oriente d’Italia nell’ambito dell’iniziativa denominata “La Scuola del coraggio”. I ragazzi che hanno ottenuto tutti cento e lode saranno premiati a fine gennaio nel corso di manifestazioni pubbliche che saranno prossimamente indicate e che si svolgeranno proprio in alcuni dei comuni che sono stati pesantemente colpiti dal terremoto. Il Grande Oriente d’Italia, sensibile ai temi che riguardano la solidarietà, ha voluto con questo gesto premiare il merito e il coraggio di quei giovani che, pur in una situazione estremamente disagiata, hanno portato avanti gli studi con impegno diplomandosi con il massimo dei voti.

Solstizio d’Inverno 2017. Tanti auguri di pace e di gioia


Il Solstizio d’inverno è il simbolo della rinascita spirituale,  la sconfitta delle tenebre da parte del Sole, il trionfo della Luce e la Luce è il simbolo centrale dell’iniziato.Gli equinozi e i solstizi costituiscono i quattro punti cardinali dell’architettura del tempo nell’arco di un anno. L’appuntamento perenne con i solstizi, invernale ed estivo, rappresenta per i liberi muratori il momento della completa comunione con la natura, un’unione fortificata dal moto del sole, che il Grande Architetto dell’Universo ha creato per irradiare e vivificare generosamente e senza distinzione ogni forma di vita terrena.

mercoledì 20 dicembre 2017

Auguri di un Sereno Natale e Felice Anno Nuovo





Giungano a Voi ed alle Vostre famiglie, i migliori auguri di un Sereno Natale e Felice Anno Nuovo da parte del Maestro Venerabile, degli Ufficiali e dei Fratelli tutti della Loggia Heredom 1224 di Cagliari.

lunedì 18 dicembre 2017

La governatrice umbra Marini e le “colonne” della Massoneria/Il Fatto Quotidiano



Il Fatto  Quotidiano
Il Goi dona la “luce” al campo di Norcia e l’esponente del Pd ringrazia: “Siete un pilastro della democrazia” 
La governatrice umbra Marini e le “colonne” della massoneria »
di FABRIZIO D’FSPOSITO
Le colonne sono un fondamento della massoneriamoderna, quella speculativa nata in Inghilterra tre secoli fa. È una tradizione biblica poi rimodulata dal simbolismo esoterico del deismo massonico: le due colonne erano a guardia del Tempo di Salomone, il cui costruttore è identificato in Hiram, altra figura chiave del linguaggio dei fratelli delle logge. La colonna posta a sinistra indica la forza ed è contrassegnata con l’iniziale “B”, come Boaz. Quella a destra è la “J”, che sta per Jachin, ed è la stabilità. Nel dizionario degli iniziati, “abbattere le colonne” significa sospendere i lavori rituali di una loggia.A1 contrario, “alzare le colonne” vuol dire che i lavori possono riprendere. Tutto questo per introdurre il sorprendente e pubblico riconoscimento arrivato al Goi dalla governatrice dell’Umbria Catiuscia Marini, oggi renziana e componente della direzione nazionale del Pd.
MARINI ha fatto riferimento proprio alle “colonne” durante una manifestazione organizzata dal Goi per donare l’impianto di illuminazione al campo sportivo di Norcia dopo il terremoto: “Grazie al Grande Oriente d’Italia. Grazie a una istituzione che rappresenta alcuni dei pilastri sui quali si fondano ivalori di questaItaliademocratica, repubblicana, costituzionale che nella quotidianità ogni tanto sottoponiamo a scossema alcuni pilastri fondamentali la reggono in piedi, alcune colonne portanti”.
Sorprendente, anche perché Marini fa parte dello stesso partito di Rosy Bindi, presidente dell’Antimafia parlamentare e principale “avversaria” di Stefano Bisi, il Gran Maestro del Goi, il Grande Oriente d’Italia che è la maggiore obbedienza massonica del Paese e a suo tempo visse la degenerazione deviata dalla P2 di Licio Gelli. Bindi e Bisi si sono fronteggiati a lungo sull’eterna questione degli elenchi segreti degli iscritti alla massoneria, a causa dei fratelli condannati o indagati per mafia e ‘ndrangheta. Ma Sicilia e Calabria non sono regioni rosse come l’Umbria o la Toscana.
ALLEGATI

Torna in libreria Louis-Claude de Saint-Martin




Con questo titolo si completa la proposta della collana Martinista di Tipheret - Gruppo Editoriale Bonanno. Una importante iniziativa culturale che ha avuto centrale il Trattato sulla Reintegrazione degli esseri di Martinez de Pasqually il suo asse centrale (seguito dalla prima edizione italiana del rarissimo Manoscritto di Algeri, e da L'Universo a portata di mano). Curati da Mauro Cascio l'editore catanese ha poi proposto l'opera omnia di Willermoz (L'uomo-Dio. Trattato delle due nature, Le istruzioni di Lione, i Nove Quaderni D., Lettere, I miei pensieri (e quelli degli altri)), del primo Saint-Martin (Il cimitero di Amboise, Istruzioni della Saggezza, Lettera a un amico sulla Rivoluzione Francese, Ecce Homo), di de Maistre (La Massoneria), l'atlante di Prunelle de Lière (Le chiavi operative degli Eletti Cohen). In catalogo anche i Cenni storici sul Martinismo di Jean Bricaud, Martinezismo, willermozismo, martinismo, massoneria di Papus, Martinez de Pasqually e l'Illuminismo cristiano di Papus, Martinez de Pasqually di Constant Chevillon. Mauro Cascio, in questi giorni in libreria con il suo Piazza Dalmazia, aveva dedicato qualche tempo fa un libro a questo affascinante argomento: All'ombra della Riconciliazione.

Palazzo dei Visacci, sede della Massoneria fiorentina, si rifà il look




Il Tempio maggiore della sede fiorentina del Grande Oriente d’Italia dopo molti anni di onorato servizio è stato completamente ristrutturato con nuovi arredi, un nuovo sistema di luci che valorizza i preziosi stucchi presenti nella grande sala del Palazzo dei Visacci in Borgo Albizi, nuovo anche il sistema audio.

L’atmosfera è assai elegante ed il nuovo pavimento in legno la rende anche più calda ed accogliente. Insomma una ristrutturazione ed ammodernamento che non hanno affatto sconvolto le forme dell’antico Tempio che ne ha tratto solo un nuovo appeal per i Fratelli che si trovano a lavorarvi, un make up discreto ma sostanziale grazie alla volontà del Collegio Toscano.

Un ottimo lavoro, assolutamente un tempio da (ri)visitare.

Fonte: GOI

La Massoneria italiana ricorda Armando Corona nell'aula magna dell'Università di Sassari. Con il Rettore Massimo Carpelli ed il Presidente del Consiglio Regionale Gianfranco Ganau




La Massoneria italiana ricorda il suo ex Gran Maestro Armando Corona nell'aula magna dell'Università di Sassari con il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau e il deputato e presidente della Regione nella cui Giunta figurava proprio lo stesso Armandino Corona Pietrino Soddu. Era presente il Rettore Massimo Carpelli che ha portato i saluti dell'ateneo. Le conclusioni del GM del Grande Oriente d'Italia Stefano Bisi.

Catiuscia Marini (PD): «La Massoneria è uno dei pilastri fondamentali su cui si fonda l'Italia democratica e costituzionale»


Il sindaco Alemanno con il Gran Maestro

«Grazie al Grande Oriente d’Italia. Grazie ad una Istituzione che rappresenta alcuni dei pilastri sui quali si fondano i valori di questa Italia democratica, repubblicana, costituzionale che nella quotidianità ogni tanto sottoponiamo a scosse ma alcuni pilastri fondamentali la reggono in piedi, alcune colonne portanti». Sono le parole con cui il presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini (PD) ha ringraziato il GM Stefano Bisi per il contributo della Massoneria italiana alla ricostruzione a Norcia. Il GOI ha realizzato l'impianto di illuminazione del campo sportivo, regalando un nuovo spazio di aggregazione e normalità ai tanti ragazzi. All'inaugurazione era presente, con il sindaco Marco Alemanno, anche il campione del mondo Marco Materazzi.

Stefano Bisi con Marco Materazzi

Nel modenese a gennaio l’inaugurazione del monumento per il patriota Pietro Giannone


Un monumento per il patriota Pietro Giannone
“Il ritorno dell’Esule”. Il  Comune di Camposanto in provincia di Modena dedicherà il 13 gennaio una manifestazione alla memoria di Pietro Giannone, poeta e patriota, cui la piccola cittadina dell’Emilia Romagna diede i natali il 14 marzo 1791. Amico di Ugo Foscolo e poi di Giuseppe Mazzini, Giannone aderì alla Giovine Italia e si battè per la libertà dell’Italia. Il 3 novembre i suoi resti sono finalmente stati traslati nel Cimitero del suo paese natale, che lo ricorderà con una giornata a lui dedicata organizzata dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con il Grande Oriente d'Italia, con il comune di Firenze, l’Istituto per la Storia del Risorgimento, il Comitato di Modena, l’Istituto Comprensivo di San Felice sul Panaro e Camposanto. Il primo appuntamento è alle ore 15, quando nel cimitero cittadino verrà scoperto il monumento che gli è stato dedicato alla presenza del sindaco Antonella Baldini, del parroco don Valter Tardini, dell’assessore all’Istruzione della regione Patrizio Bianchi, dello scultore autore del busto Orazio Vitaliti e David Materassi.  Presso l’Aula Magna della scuola a lui intitolata seguirà un convegno al quale prenderanno parte il professor Giovanni Greco, il professore e Grande Oratore del Goi Claudio Bonvecchio, il professore Giorgio Monetecchi, il professore Guido Ragazzi. Modererà Luca Gherardi, assessore alla Cultura.

Alla Casa Massonica di Torino incontro dedicato a Massoneria e Riforma Luterana


Sabato 18 dicembre alla Casa massonica di Torino si è svolto, davanti a un centinaio di persone attente e interessate, un confronto tra il prof. Marco Novarino e il pastore Claudio Pasquet sui 500 anni della Riforma luterana e sui 300 anni della Massoneria speculativa. Il ragionamento, sintetico quanto profondo, si è dipanato lungo il corso dei secoli, dagli eretici italiani del ’500 che, protetti più nella Basilea di Bullinger e Castellione che nella Ginevra di Calvino, prepararono, inconsapevolmente, «il processo di svolgimento in deismo e illuminismo moralistico» (Cantimori), prodromi della Massoneria speculativa, al ’700 illuministico fino al periodo post-unitario con la conseguente evangelizzazione in Italia.
Uno studio del prof. Novarino, finanziato in parte con l’otto per mille, sta già portando interessanti dati: tra il 1880 e il 1925 (data in cui la Massoneria fu costretta dal regime fascista a interrompere i suoi lavori) erano ben oltre cento i pastori protestanti iscritti al Grande Oriente d’Italia e altri ancora erano massoni della corrente scissionista del 1908. A dimostrazione che non vi fosse solo solidarietà tra minoranze ma convergenza su determinati temi.
Si è parlato di come nel secondo dopoguerra si siano fortemente raggelati, per motivi variegati che sarà
interessante approfondire, i rapporti tra protestanti italiani e Massoneria,ma infine si è notato come su temi eticamente sensibili e nel proporre di avere in questo nostro Paese finalmente una legge su libertà religiosa, di coscienza e di pensiero, pur nelle inconfutabili differenze, si possa lavorare insieme.
Si sente dire sovente in questo mondo secolarizzato che religioni e ma non sembra che i grandi temi
come, tra i tanti, la difesa dei diritti umani, i diritti del fine vita e la solidarietà verso il diverso da noi, la laicità dello Stato siano stati risolti. E sono battaglie comuni, necessitano di dialogo e confronto senza pregiudizi. ( fonte Riforma • numero 46 • 1° dicembre 2017 • pagina 4)