giovedì 29 ottobre 2009
150a Tornata di Loggia - Venerdì 6 Novembre 2009
mercoledì 28 ottobre 2009
ROGHI DELLA FEDE: ardono ancora oggi?
Uccidere un uomo non è affermare un’idea, è solo uccidere un uomo.
Sebastien Castellion
Dr. Giuseppe VATRI
Pastore valdese
Rabbino Capo Comunità di Torino
Nel Medioevo, nei dintorni di Steyr, splendida cittadina austriaca, esisteva una diffusa presenza valdese. L’Inquisizione svolse la sua implacabile attività nei confronti dei cosiddetti eretici, e, tra loro, un centinaio di valdesi che non vollero abiurare la propria fede vennero arsi sul rogo. Correva l’anno 1397.
Le violenze scaturite per motivi religiosi fanno parte, almeno in Europa, con qualche rara eccezione, della storia di ieri, ma il tema della violenza è ancora tragicamente attuale e spesso si colora di fosche tinte religiose.
Non si può e non si deve metter una pietra sopra ad un passato di discriminazione e di violenza, perpetuate anche in nome di Dio, senza cercare di capirne cause ed effetti.
Il capire ciò che è stato fatto, fin dove le fonti rendono possibile e plausibile la ricerca storica, può gettare le basi per un futuro diverso.
Le riflessioni che verranno condotte, toccano i temi dell’intolleranza e dei fondamentalismi, visti non solo in un’ottica storica ma anche per come innervano ancora il nostro presente.
L'Associazione Silvio Pilocane - apartitica, apolitica, non confessionale e senza fini di lucro - ha per scopo l'approfondimento e lo studio della tradizione occidentale e della religiosità, con un approccio laico e multidisciplinare, attraverso l'organizzazione di eventi e dibattiti culturali, diffusione e prestito di libri e finanziamento di borse di studio.
L’attività svolta dall’Associazione è riscontrabile visitando il nostro sito sotto elencato.
La sede, ubicata in via Sineo 7/4 in Torino, è aperta nei giorni di martedì, mercoledì e giovedì dalle ore 16.30 alle ore 19.30.
Associazione Silvio Pilocane
Via Sineo 7/4 - 10124 TORINO - Tel./Fax 011 83.91.571
e-mail: info@associazionepilocane.org
www.associazionepilocane.org
In breve: I Landmarks
- Monoteismo
- Credenza nell’immortalità attraverso la filosofia massonica
- Il volume della Legge sacra
- La leggenda di Hiram del 3° grado
- Il segreto massonico
- Il simbolismo dell’Arte Operativa
- Il Massone dev’essere libero e di buoni costumi.
Associazione Italiana di Filatelia Massonica - GRANDE ORIENTE D'ITALIA
l’Associazione di filatelia massonica del Grande Oriente d’Italia si avvia al compimento del suo 10° anno di attività.
Nel corso di questo lungo cammino il sodalizio ha prodotto oltre 200 emissioni italiane che testimoniano numerose celebrazioni della nostra Istituzione a tutti i livelli : Gran Logge , Convegni internazionali, conferenze degli Orienti e le ricorrenze delle Logge italiane.
Oltre alle emissioni vi sono state le mostre di filatelia massonica tenute sia nel quadro delle annuali Gran Logge di Rimini sia in altri prestigiosi contesti nei quali lo strumento filatelico propone l’immagine positiva e vitale della nostra Istituzione dei suoi uomini e delle sue idee universali ad un sempre più largo pubblico .
A tal proposito il gruppo di lavoro costituito a Perugia è in attività al fine di predisporre la “Collezione Boeri” , acquisita dal Grande Oriente d’Italia, per proporre al pubblico una grande mostra che si terrà nel corso del prossimo anno.
Sarà la maggiore esposizione di filatelia massonica mai tenuta in Italia.
In questi lunghi anni abbiamo lavorato in ottima partnership con i circoli filatelici stranieri ed godiamo della soddisfazione di essere considerati all’avanguardia per la qualità dei prodotti filatelici emessi e la struttura organizzativa che ci porta ad essere un riferimento per molti sodalizi . A seguito di questi accordi il materiale filatelico di Austria , Francia, Nord America, Brasile , Germania, Est Europa, Olanda e Regno Unito è a disposizione dei collezionisti italiani . Oltre 300 emissioni straniere sono state acquisite da AIFM-GOI per i suoi soci.
AIFM-GOI dal 2001 è membro attivo e partecipe della Federazione fra le Società filateliche italiane , organo di rappresentanza ufficiale della filatelia nazionale.
E’ giusto,quindi, riconoscere la lungimiranza del Gran Maestro Gustavo Raffi, Presidente del sodalizio, che ha creduto nell’attività filatelica come strumento di divulgazione della cultura e dell’immagine massonica in un vasto contesto sociale ed ha consentito nei fatti l’esplicazione della nostra attività.
AIFM-GOI si avvia verso il suo decennale e chiede a tutti i Soci ed ai simpatizzanti di voler avanzare eventuali proposte che possano essere valutate quali momenti celebrativi dell’anno 2010 qualificandone l’attività ed il livello di interesse generale.
Quindi per le proposte di patrocinio di manifestazioni e celebrazioni con annullo filatelico speciale , si prega di contattare il Segretario per tempo , tenendo conto dell'iter tecnico burocratico indispensabile al coinvolgimento nostro e delle Poste Italiane.
In questa occasione vi presento le ultime emissioni AIFM avvenute a Torino in occasione delle celebrazuoni del 150° anniversario della R:.L:. Ausonia e del Rito Simbolico Italiano ( 8 e 23 ottobre ) e Perugia (19 e 20 giugno) Convegno XX giugno 1859-2009 e Solstizio d’Estate .
Concludo con l’invito ai Soci a mantenere saldo il proprio impegno tenendo presente che la regolarità nell'iscrizione e nell'acquisizione del materiale da noi emesso e distribuito rappresenta l'essenziale sostentamento dell'attività filatelica massonica .
AIFM-GOI vi ricorda la pagina web sul sito ufficiale del GOI:
http://www.grandeoriente.it/filatelia.php?id=1
ed il Gruppo Facebook : "Filatelia Massonica - Masonic Philately"
Per ogni contatto diretto il nostro recapito email è : fialtelia.massonica@grandeoriente.it
Vi ringrazio per la vostra attenzione e partecipazione.
Con il mio fraterno abbraccio.
Il Segretario AIFM-GOI
Gli enigmi e le canzoni di Dan Brown
martedì 27 ottobre 2009
A Torino, il 23 e 24 ottobre, Convegno "Massoneria e Unità d'Italia - La rinascita della Liberamuratoria nella Torino del 1859".
lunedì 26 ottobre 2009
Il cordoglio del Gran Maestro Raffi per la morte di Giuliano Vassalli
Cerimonia di Iniziazione al Grado di Apprendista Ammesso Libero Muratore
venerdì 23 ottobre 2009
Brevemente su....... Eliphas Lévi
Per qualche tempo si dedicò agli studi ecclesiastici nel seminario di Saint Sulpice, a Parigi, ma nel 1836 abbandonò il seminario, attratto dagli ideali del socialismo utopista. Al tempo stesso intrattenne rapporti con adepti della Massoneria francese e con esponenti dei più diversi rami dell’esoterismo. Le personalità che contribuirono maggiormente alle formazione del suo pensiero furono Alphonse Esquiros, studioso delle teorie sul magnetismo animale; l’abate José Custodio de Faria, un missionario dedito allo studio dei riti magico-religiosi orientali; lo studioso di numerologia e alchimia Louis Lucas; e soprattutto Höene Wronski, che lo iniziò ai misteri della cabbala e nel 1853 gli impose il nome magico di Eliphas Levi Zahed, traduzione in ebraico di Alphonse Louis Constant.
Nel 1854 Levi fece un viaggio in Inghilterra, dove entrò in amicizia con alcuni esoteristi tra i quali, pare, lo scrittore Edward Bulwer-Lytton (1803-1873), che in seguito diventò membro onorario della Societas Rosacrociana in Anglia. Dopo il ritorno in Francia, Levi pubblicò il suo studio più importante, Dogme et Rituel de la Haute Magie (Parigi 1855-56), un’opera dedicata all’analisi delle più diverse branche dell’esoterismo antico e moderno, che egli definì “scienze occulte”.
Inoltre, Levi stabilì per la prima volta un rapporto preciso fra le 22 lettere dell’alfabeto ebraico e i 22 Trionfi dei Tarocchi, da lui definiti “Arcani maggiori”, indicando in queste figure la chiave per la comprensione di tutti gli antichi dogmi religiosi. Dopo quest’opera capitale, Levi pubblicò numerosi altri volumi dedicati alle tradizioni magiche e diventò il punto di riferimento principale per gli studiosi di esoterismo, non soltanto in Francia.
UNITA' D'ITALIA: GRANDE ORIENTE INAUGURA A BOLOGNA CELEBRAZIONI PER 150 ANNI
''E' quindi con orgoglio civile - ha aggiunto - e con piena consapevolezza culturale che la Massoneria, la quale contribui' fattivamente all'eroica nascita del tricolore e al formarsi e costituirsi dello Stato unitario come pure a tenere desta nella tirannide la coscienza dell'antifascismo militante, ha deciso di organizzare questo Convegno che inaugurera', di fatto, le celebrazioni del 150° anniversario dell'unificazione politica del nostro Paese''. ''Un fervore quello dei Liberi Muratori - ricorda il Presidente del Collegio dell'Emilia Romagna, Gianfranco Morrone - in sintonia con il processo unitario, per costruire quella ''pedagogia patriottica'', quella ''religione civile'', a cui ha restituito prestigio l'azione dell'ex Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, a partire dal rilancio di simboli del Tricolore e dell'Inno nazionale. E proprio il senso civile del Risorgimento e la valenza dell'apporto laico, occorre siano oggi riaffermati in presenza di tentativi di revisionismo ultrapapalino e antiunitario''.
Da Luigi Zamboni a Gofferdo Mameli'' sono affidati a illustri docenti dell'Universita' di Bologna e al Presidente dell'Istituto per la Storia del Risorgimento (Comitato di Reggio Emilia), Gino Badini. Il Convegno si aprira' con una relazione di Marco Veglia, introdotta da Giuseppe Re e accompagnata da letture di Gabriele Duma, per poi proseguire con gli interventi di Angelo Varni, Roberto Balzani, Gino Badini, Giovanni Greco, Fabio Roversi Monaco, presidente della Fondazione Carisbo e gia' rettore dell'Ateneo bolognese. Chiudera' il Convegno Raffi.
149a Tornata di Loggia - Venerdì 30 Ottobre 2009
Durante questa Tornata verrà celebrata la Cerimonia di Iniziazione al Grado di Apprendista Ammesso Libero Muratore del Signor M. K. B.
mercoledì 21 ottobre 2009
GLI OTTO ANGOLI DEL CIELO. ORIGINE, SIGNIFICATO E STORIA DEGLI ENIGMATICI SIMBOLI ARTISTICI E ARCHITETTONICI AD OTTO ELEMENTI
I simboli che richiamano il numero otto, come la rosa ad otto petali, sono stati diffusamente utilizzati nell'arte e nell'architettura antica e medievale. In quest'articolo si suggerisce come la loro origine debba ricercarsi in un complesso di conoscenze archeo-astronomiche in possesso sia delle antiche civiltà megalitiche, sia delle civiltà mediorientali (egiziana e babilonese). Ad esse vanno collegati oltre che esemplari di meridiane portatili dell'età antica, anche simboli tipici dell'età medievale, come la "triplice cinta", la spirale ed il labirinto, presenti soprattutto in moltissime chiese ed abbazie di ogni parte d'Italia.
Quando nel 1782 nella Cattedrale di Palermo venne aperto il sarcofago di porfido rosa contenente il corpo di Federico II di Svevia a scopo di studio e ispezione, si scoprì che lo “Stupor Mundi” era stato sepolto non con un saio da cistercense, come riportato dalle cronache del suo tempo, bensì con tre tuniche sulle quali erano ricamati arabeschi e simboli esoterici. Uno di questi era costituito dal fiore ad otto petali, una figura alla quale l'imperatore svevo sembra fosse particolarmente legato, tanto che la sua salma recava ancora al dito un anello la cui forma era anch'essa quello di un fiore ad otto petali.
La simbologia del numero otto, d'altra parte, come è abbastanza noto , ritorna anche nel suo monumento più famoso, Castel del Monte , in Puglia, nel quale l'orientamento degli otto lati e delle otto torri incontra non solo precise corrispondenze astronomiche nel corso delle diverse fasi solari , ma anche perfetti allineamenti geografici con i più importanti centri europei e mediterranei dell'epoca (in primo luogo con Costantinopoli e Gerusalemme , di cui Federico era formalmente anche sovrano).
L'imponente castello ottagonale del sovrano svevo in un certo senso sembra avere (oltre che quello di una corona imperiale) anche il disegno di una rosa ad otto petali come il simbolo a lui così caro.
Questa figura floreale è tuttavia ben più antica dell'età federiciana, e della stessa epoca medievale. Raffigurazioni di rose ad otto petali si ritrovano ad esempio in gioielli reali in oro dell'età antica, ma esse appaiono anche in steli funerarie del periodo romano, con un significato che sembra essere ben diverso da quello di semplice ornamento.Se poi si osservano i bassorilievi mesopotamici del periodo babilonese (II millennio a. C.), come quelli esposti al Museo Pergamon di Berlino, si avrà la sorpresa di scoprire figure di divinità alate con al polso un fiore ad otto petali legato ad un cinturino, proprio come un moderno orologio ! In queste raffigurazioni molti potrebbero scorgervi appunto degli anacronistici oggetti tecnologici “fuori contesto” (oopart) appartenenti a creature di altri pianeti in visita alle antiche civiltà.
Fonti antiche come la “Babiloniakà” del sacerdote caldeo Berosso, e le stesse antiche cronache sumere e babilonesi scritte sulle tavolette d'argilla, parlano del resto di curiosi esseri anfibi, gli “apkallu” (saggi) Oannes, Annedotos, Odakon, ed altri, dall'aspetto tutt'altro che umano, che in tempi remoti avrebbero insegnato a quegli antichi mesopotamici le nozioni base della civiltà: l'agricoltura, il calendario, l'architettura, e via dicendo. Anche le divinità maggiori - o “Annunaki” - del pantheon Sumero-Babilonese, Enlil, Enki, Inanna, Sin, ecc. da studiosi come Zecharia Sitchin vengono considerati come esseri in carne ed ossa, dall'aspetto umano, ma provenienti da un altro pianeta. Preferendo tuttavia rimanere il più possibile “con i piedi in questo mondo”, vari indizi archeologici portano a considerare una interpretazione molto più “terrestre”, anche se inscindibilmente legata all'astronomia antica ed al ciclo solare dei solstizi e degli equinozi.
Negli ultimi anni sono stati rivalutati alcuni reperti appartenenti al IV sec. prima dell'era cristiana, ed in precedenza erroneamente interpretati e classificati. Si tratta di due dischi piuttosto spessi provenienti l'uno, in pietra, dalla famosa località israeliana di Qumran e l'altra, in terracotta, dal Monte Bibele, nei pressi di Bologna. Ambedue presentano un foro centrale e alcune scanalature. Ma mentre quello mediorientale appare più semplice ed essenziale, poichè reca soltanto quattro scanalature circolari (segnate tuttavia da molte “tacche”), il disco degli appennini emiliani oltre a tre segmenti circolari riporta anche quattro segmenti ortogonali (una croce e due diagonali) che suddividono il disco in otto sezioni di 45 gradi ciascuno.
Da qualche anno gli archeologi sono del parere che la funzione di ambedue questi strumenti, meridiane o “cronografi”, ed in particolare di quello italiano, oltre che di “calendario portatile” fosse anche quella di un moderno GPS per il rilevamento delle coordinate geografiche. Ponendo infatti un'asticella di legno sul foro centrale, l'ombra proiettata sui diversi settori poteva consentire ad un esperto astronomo antico di ricavare preziose informazioni sia dal punto di vista del calendario (la data esatta di solstizi ed equinozi), sia sotto il punto di vista geografico, in quanto alle diverse latitudini l'ombra ricavata alla medesima ora (ad esempio a mezzogiorno) risulta più o meno lunga (massima al circolo polare, praticamente inesistente all'equatore) in rapporto all'angolazione della superficie terrestre nei confronti del sole.
E' evidente come tali strumenti si ricolleghino a tutta la precedente tradizione archeoastronomica dei popoli del Vecchio Continente, e certamente è significativo che l'esemplare italiano sia stato ritrovato in una località ricca di insediamenti archeologici appartenenti alla cultura celtica (Galli Boi). Al pari dei loro colleghi transalpini, anche i sacerdoti druidi dell'Italia Cisalpina certamente conservavano le tradizionali conoscenze astronomiche ereditate da un passato lontano e strettamente collegate ai monumenti megalitici disseminati nell'Europa Occidentale. Anzi sembra che tra i due, proprio il disco italiano avesse validità universale in ogni luogo, mentre quello di Qumran fosse inefficace come “sestante-gps” alle latitudini palestinesi, venendo così probabilmente utilizzato solo come orologio e calendario.
In un certo senso quindi il cronografo in terracotta del Monte Bibele può essere considerato una sorta di “Stonehenge tascabile”, valevole, per chi sapesse interpretarne i giochi di ombre, a determinare appunto con precisione le principali ricorrenze stagionali, come i solstizi e gli equinozi, oltre che la latitudine del luogo in cui ci si trovava. E questo ovviamente, non solo a fini agricoli, quanto piuttosto soprattutto per motivi legati alle ricorrenze religiose ed a particolari cerimonie, come la ricerca del periodo, del luogo, e dell'orientamento più propizi per la fondazione di città o templi.
Al pari dei templi megalitici più famosi, come Stonehenge o Avebury, anche il cronografo di Monte Bibele presenta dunque la suddivisione dello spazio terreno e celeste in otto parti: quattro, individuati dalla classica croce ortogonale, volti ad incontrare i corrispondenti punti cardinali orientati agli equinozi (con il sole esattamente ad est all'alba e ad ovest al tramonto) e a mezzogiorno ( sole allo zenith); altri quattro intermedi, individuati da una croce diagonale (ad X) corrispondenti ai punti di alba e tramonto del sole ai solstizi d'estate e d'inverno. Questa suddivisione in otto parti dello spazio celeste e terreno (e conseguentemente anche delle ricorrenze festive dell'anno solare) può costituire la chiave per cercare di far luce su molti enigmi.
Il cronografo di Monte Bibele ed il suo gemello di Qumran non dovevano certamente essere gli unici esempi del loro genere nel mondo antico. Leonardo Melis ed altri, sostengono infatti - e probabilmente non a torto - che manufatti tradizionali sardi chiamati in dialetto pintaderas, anch'essi di forma circolare e dotati di foro centrale e suddivisione in otto parti, non siano semplici sigilli decorativi, secondo l'interpretazione classica, ma altri esempi di cronografi ancora più antichi, finalizzati a calcolare, con medesimo procedimento, le ricorrenze religiose pagane dell'antica civiltà nuragica in Sardegna. Parecchi di questi strumenti dovettero insomma diffondersi sin dalle epoche più remote nelle diverse regioni europee e mediterranee, recando con sè al contempo (o assimilando e contaminando) anche le convinzioni religiose legate ai cicli di morte e rinascita naturale.
Caratteristiche, queste ultime, proprie dei culti solari connessi alle conoscenze archeoastronomiche praticamente di tutte le civiltà del Vecchio Continente (dal concetto di “rinascita” del sole in prossimità del 22 dicembre, solstizio d'inverno, a quello di “indebolimento” della luce dopo il solstizio d'estate, fino ai cupi e brevi giorni autunnali associati alla vecchiaia e alla morte - ancora ai giorni nostri -, specie alle latitudini settentrionali) .
Non doveva certamente essere un caso se nella più antica scrittura cuneiforme, quella proto-sumerica, il termine “cielo” fosse identificato da un ideogramma - simile al nostro asterisco: * - costituito da otto raggi uniti al centro, e che tale simbolo avesse anche il significato di “stella”. Nell'antica iconografia artistica mesopotamica, il sole era rappresentato da un disco regolarmente suddiviso in otto raggi, e le divinità venivano spesso raffigurate accanto ad una stella ad otto punte. Anche la stilizzazione iconografica-simbolica del cielo suddiviso in otto parti, opportunamente trasformato dagli scultori in un artistico fiore ad otto petali, contraddistingueva nella Mesopotamia Babilonese, in primo luogo ovviamente le divinità, come il dio Marduk, raffigurato letteralmente rivestito di rose con otto petali.
Parimenti dunque, è altrettanto verosimile che il simbolo della rosa assumesse contemporaneamente anche un significato religioso di rinascita e sopravvivenza dopo la morte, non solo nelle culture mediorientali ma anche nelle posteriori civiltà, come quelle ellenistica e romana.
Ammesso tuttavia che sia vero che la rosa ad otto petali (o rosetta, come denominata dagli archeologi) risulti essere la raffigurazione artistica delle otto direzioni archeoastronomiche dell'antica civiltà megalitica, anche altri simboli, ancora oggi oggetto di interpretazione e discussione, potrebbero derivare dalla medesima radice, essendo anch'essi caratterizzati da otto elementi (linee rette e angoli) attorno ad un centro comune. Marisa Uberti e Giulio Coluzzi hanno censito e studiato all'incirca un centinaio di enigmatici simboli, simili all'antico gioco del tris o filetto, graffiti o scolpiti in ogni parte d'Italia, sia in zone rupestri, sia, soprattutto, in chiese e abbazie di epoca medievale (ed anche fuori dal nostro paese, come ad esempio in alcune cattedrali gotiche francesi e nelle prigioni del Castello di Chinon, dove vennero rinchiusi molti templari).
Il loro meticoloso lavoro, confluito nel volume “I luoghi delle Triplici Cinte in Italia” (ed. Eremon), ha tuttavia portato ad escludere che la maggior parte di tali reperti abbia avuto finalità ludiche, in quanto si trovano in una posizione impossibile o quantomeno scomoda ai fini del gioco (ad es. in posizione verticale). La maggior parte di questi graffiti - dagli autori denominati Triplici Cinte - si presentano comunque effettivamente composti da tre quadrati o rettangoli concentrici, attraversati e uniti da una croce perpendicolare, che generalmente non invade il quadrato centrale, proprio come nel classico gioco sul retro delle moderne scacchiere. Il periodo a cui appartengono i graffiti di questo tipo è soprattutto quello medievale, sino al XIV secolo.
I due studiosi hanno tuttavia trovato diverse varianti stilistiche del simbolo in questione, alcune delle quali più semplici, composte solo da otto rette perpendicolari disposte attorno ad un quadrato centrale. Localizzate anche in zone rupestri e montane, al pari di alcuni esempi di Triplici Cinte quadrangolari più complesse, possono risalire anche al 500 a. C. e sono attribuite dagli studiosi alle culture celtiche pre-romane, come quella di La Tene. Altre ancora presentano una forma alquanto differente, caratterizzate non più dal quadrato ma dalla circonferenza, che racchiude tuttavia sempre otto raggi, come nella Chiesa di San Pietro delle Immagini, a Bulzi, in provincia di Sassari.
In questo edificio religioso risalente nelle sue parti più antiche - in stile romanico - all'XI secolo, è presente nel suo lato verso sud appunto un graffito di forma circolare suddiviso da otto raggi accuratamente definiti. Un foro al centro, destinato a contenere un'asta, contribuisce a svelarne la funzione, cioè quella di meridiana. Il fatto tuttavia che a differenza delle classiche meridiane del mondo antico e medievale, si presenti non come una semicirconferenza, ma come un cerchio completo, dotato cioè anche di una parte superiore dove l'ombra non arriva mai, fa sospettare che il graffito (o “ruota della vita”, come viene denominato ad esempio anche nelle culture orientali) avesse anticamente anche una funzione simbolica, ovvero il richiamo a tutta l'antica tradizione archeoastronomica e religiosa del passato che ancora in età medievale non venne mai meno.
Significativi sono anche alcuni esempi rupestri di triplici quadrati, come quello inciso sulla “Roccia delle Alci” in Val Germanasca-Balziglia, Piemonte, associati a figure di animali ed a coppelle utilizzate probabilmente per lasciarvi delle offerte. Tali esempi richiamano alla mente alcune preistoriche rappresentazioni di uomini, animali ed altri simboli, come quella dell'”uomo-uccello” nella Grotta di Lascaux in Francia, la cui enigmatica disposizione ha suscitato parecchi interrogativi presso i ricercatori. Una decina di anni fa lo studioso tedesco Michael Rappenglueck, simulando al computer la mappa del cielo del 15.000 a. C. (l'età dei dipinti nella grotta) ha osservato come la disposizione delle diverse figure - l'uomo, il bastone a forma di uccello, il bisonte, il rinoceronte, ecc. - corrispondano a gruppi di stelle che dagli sciamani del paleolitico potevano essere raggruppati in vere e proprie costellazioni (da: Giulio Magli - Misteri e scoperte dell'archeoastronomia - Newton Compton, p. 19 e sgg.).
Dunque, similmente ai simboli ad otto elementi di forma circolare, anche i complementari simboli di forma quadrata (le “Triplici Cinte” vere e proprie) potrebbero riprendere i medesimi significati astronomico-religiosi tanto dei grandi cerchi megalitici quanto delle piccole meridiane portatili di Qumran e Monte Bibele, con la rappresentazione degli otto orientamenti fondamentali (tramite croci e angoli) e con le tre suddivisioni concentriche dello spazio interno. Unica variante: la sostituzione della forma circolare con quella quadrata, per motivi probabilmente anche di “dissimulazione” . Tra i numerosi esemplari censiti in tutta Italia, non sono pochi i graffiti quadrangolari con un un foro al centro (come nell'Abbazia di Piona, in provincia di Lecco, o in diverse località laziali) che suggeriscono oltre che un'analogia di significati simbolici anche un uso simile a quello delle meridiane di Qumran e Monte Bibele.
Marisa Uberti e Giulio Coluzzi hanno osservato che ancora in epoca cristiana, particolari luoghi rupestri ritenuti sacri venivano segnati con simili simboli con otto elementi (più o meno elaborati): “...Il simbolo della triplice Cinta sulle rocce poteva assumere un significato simbolico di 'sacralizzazione' di un posto o della sua valenza magico rituale, sul quale poteva impiantarsi, in tempi successivi, una diversa tradizione o cultura, che andava adeguando gli schemi a modelli intellettuali strategici, come i giochi, forse l'unica 'forma' con cui poteva continuare a sopravvivere nella memoria e nella società...” (M. Uberti, G. Coluzzi - op. cit. p. 34). Dalla catalogazione da loro effettuata tuttavia risulta che la maggior parte dei graffiti di forma quadrata - come si è già detto - si riscontrano in edifici religiosi del periodo medievale, e ciò sarebbe dovuto al fatto che con la nuova religione gli “spazi sacri” abbandonarono i luoghi naturali aperti per concentrarsi esclusivamente fra le solide mura delle chiese .
Perpetuando un costume ereditato dalla precedente tradizione, vi fu evidentemente chi continuò a segnare col “marchio” megalitico-astronomico i nuovi luoghi sacri. Erano pagani ? Erano cristiani convinti in buona fede di “benedire” ulteriormente il luogo di culto ? E' certo comunque - come si sono resi conto i medesimi autori del volume - che spesso le autorità ecclesiastiche avversavano tale pratica, poichè taluni graffiti risultano cancellati e rimossi già in età medievale. Probabilmente fu anche per tale motivo che i simboli megalitico-astronomici non solo vennero stilizzati sempre più in forma quadrata, e non più circolare, ma assunsero anche innocenti funzioni ludiche, a scopo di “mimetizzazione” e maggiore tollerabilità da parte della Chiesa.
Tuttavia anche verosimili spiegazioni come queste devono fare i conti con aspetti suscettibili di contraddirle. Ad Osimo, antica città marchigiana in provincia di Ancona, una fitta rete di gallerie e cunicoli disposti su più livelli e collegati da pozzi verticali, racchiudono ambienti per molti secoli adibiti chiaramente - a motivo delle raffigurazioni e dei simboli ritrovati - a riunioni segrete di gruppi seguaci di culti esoterici (eretici ? Templari ?). Fra statue di demoni, inquietanti mascheroni e croci “patenti” - come quelle dei templari - scolpite o dipinte in rosso, è presente anche una Triplice Cinta dotata di più di tre quadrati (cinque per l'esattezza), accuratamente scolpiti in maniera tale da formare quattro cornici concentriche “che sembrano 'guidare' chi le osserva verso il quadrato più basso, come se fossero dei percorsi o gradinate convoglianti verso la 'piattaforma' centrale, piana e priva di incisioni o fori.
Il quadrato più esterno è unito con i 'consueti' segmenti perpendicolari a quello più interno, mentre mancano del tutto segmenti in diagonale. Come mai qualcuno ha scolpito questo simbolo in un tunnel sotterraneo buio e segreto ? Come mai non lo ha semplicemente graffito, esprimendo 'concettualmente' il senso recondito che voleva imprimergli e che altri probabilmente avrebbero inteso, ma ha voluto 'conformarlo' proprio in questa maniera ? (cfr. I luoghi delle Triplici Cinte, op. cit. p. 70).
In tali ambienti segreti non sarebbe stata necessaria alcuna opera di “dissimulazione” nei confronti di alcuna autorità inquisitoria, il simbolo megalitico ad otto elementi lo si sarebbe potuto rappresentare chiaramente anche in forma circolare, ed in effetti alle pareti delle medesime gallerie non mancano diversi esempi di fiori ad otto petali dipinti in rosso. Si dovrebbe forse ammettere che la Triplice Cinta in questione sia stata scolpita in tarda età medievale o addirittura posteriormente, allorchè essa aveva già sciolto qualunque legame concettuale con i simbolismi circolari, ed aveva ormai assunto significati propri ed autonomi ?
La ricerca e la riflessione su questo argomento ovviamente è ancora lunga e apre nuovi interrogativi, ad esempio se altri enigmatici simboli circolari di tutte le epoche, come le spirali o i labirinti, abbiano o meno una radice comune o perlomeno una correlazione di significati con la cultura megalitico-astronomica: se siano assimilabili cioè a rose a otto petali e a Triplici Cinte circolari. Nella località laziale di Alatri (Frosinone), famosa per le sue antiche ed enigmatiche mura costruite con massi poligonali - con una tecnica cioè simile a quella riscontrabile in alcuni siti sudamericani, come Machu Pichu o Sacsahuaman - le incisioni di Triplici Cinte presenti nella Chiesa di San Francesco (XIII sec.) si trovano anch'esse in compagnia di graffiti circolari con otto raggi analoghi alla meridiana sarda di Bulzi, e persino di una croce “patente” come quella dei Cavalieri Templari.
In una cripta sotterranea nella medesima chiesa, scoperta nel 1997, sono stati ritrovati anche alcuni affreschi, in pessimo stato di conservazione, riproducenti stelle, spirali, rose ad otto petali, e la raffigurazione di un labirinto di dodici cornici concentriche al centro del quale appare l'immagine di un Cristo Pantocrator che con una mano (provvista di un anello) regge un libro mentre con l'altra afferra un'altra mano di qualcuno “fuori campo” (cfr. I luoghi delle Triplici Cinte, op. cit. p. 194-197).
Va detto per inciso che la correlazione fra il simbolo della spirale (presente in molte parti del mondo) e la cultura archeoastronomica è stata dimostrata in almeno un caso, non nel Vecchio Continente, bensì in America. Nel Nord dello stato del Nuovo Messico (Usa) si trovano le rovine della civiltà degli indiani Anasazi, un antico popolo per molti versi ancora enigmatico, fiorito tra il IX ed il XIII secolo della nostra era. I resti degli enormi edifici (Grandi Casas) sparsi all'interno del Chaco Canyon, come Pueblo Bonito, il più suggestivo tra questi, costituiscono un vero paradiso per gli archeoastronomi, in quanto non soltanto presentano precisi orientamenti con punti cardinali, equinozi, solstizi e persino con le maggiori fasi lunari, ma i medesimi edifici risultano significativamente orientati tra loro e le coordinate astronomiche, come in un vero e proprio “ spazio sacro” (per usare i termini di Mircea Eliade).
In questo “Canyon delle meraviglie” sono presenti anche una moltitudine di graffiti e pittogrammi con i temi ed i simboli più svariati. In un sito chiamato Fayada Butte sono raffigurati alle pareti rocciose delle spirali che si comportano come dei veri e propri calendari solari e lunari: “...l'esempio più interessante è il cosiddetto petroglifo delle tre lastre, sempre nei pressi della vetta. Il disegno è composto da due figure a spirale. Alla superficie rocciosa sono appoggiate tre grandi lastre di pietra, alte più di due metri e pesanti circa una tonnellata. La luce può illuminare le figure solo attraverso le due aperture tra le tre lastre, ed il percorso delle lame di luce così formate varia a seconda del giorno. Al solstizio d'estate la lama di luce percorre il centro della spirale più grande.
Nei giorni successivi la “freccia” si sposta verso destra e una seconda “freccia” compare alla sua sinistra. All'equinozio questa seconda lama di luce raggiunge il centro della spirale più piccola. Il movimento di entrambe prosegue verso destra fino ad illuminare tangenzialmente, al solstizio d'inverno, la spirale più grande. Inoltre, continuando ad osservare gli effetti di luce e di ombra durante il corso dell'anno, i membri del Solstice Project si accorsero che quando il sole ha un azimuth vicino a quello della luna alla stazione minore nord l'ombra formata dal sole all'alba “taglia in due” la grande spirale illuminandone metà...” (da: Misteri e scoperte dell'archeoastronomia, op.cit., p. 155).
Naturalmente non è detto - anzi è poco probabile - che le spirali ed i labirinti presenti in Europa, prima di diventare simboli cristiani del pellegrinaggio dell'uomo di fede in questo mondo, avessero la medesima funzione di quelle adoperate dagli Anasazi. Una delle ipotesi è quella che volessero raffigurare semplicemente il movimento circolare delle stelle attorno al polo celeste.
Tornando alla nostra vecchia Europa, è comunque certo che la tradizione ed il complesso di idee collegate ai fiori a otto petali, alle triplici cinte ed alla civiltà astronomico-megalitica conservata e tramandata da più di una cultura - la celtica, l'ellenistica, le mediorientali, la cistercense, e certamente anche quella templare - sopravvissero per tutto il medioevo, finendo poi per congedarsi dalle pareti delle chiese , ove dal XV secolo non viene più graffito alcun tipo di Triplice Cinta (all'infuori di quelle incise esclusivamente con finalità ludiche), per confluire quindi nella più esoterica e riservata cultura astrologico-alchemica che proprio negli ultimi secoli dell'età di mezzo si va strutturando.
Come fece notare Renè Guenon “uno dei simboli più comunemente utilizzati dagli astrologi per descrivere l'oroscopo, il Quadrato delle Case Zodiacali, non è altri che la nostra Triplice Cinta con gli stessi elementi, semplicemente disposti in un ordine differente: comunque sempre tre quadrati concentrici e quattro tratti diagonali che li raccordano...” (cfr. I luoghi delle Triplici Cinte, op. cit. p. 46).
Forse uno degli ultimi a nascere e vivere in una società ancora apertamente permeata di simbolismi - come quelli profusi a piene mani in ogni angolo delle imponenti cattedrali gotiche - fu proprio l'imperatore Federico II. Egli che certamente sin da giovane apprese i fondamenti della tradizione archeoastronomica dai suoi maestri arabi, probabilmente con il suo enigmatico castello pugliese di otto lati e otto torri intese realizzare una sorta di Stonehenge gotica, densa, oltre che di simbolismi, anche di orientamenti astronomici, giochi di luce e ombre con significati non ancora del tutto compresi.
Lui, al quale era stato profetizzato che sarebbe morto “sub flore”, aveva amato per tutta la vita il simbolo della rosa ad otto petali e tutta l'ermetica tradizione archeoastronomica a cui era collegata. Non è escluso che con Castel del Monte - monumentale corona, o anche fiore, al centro del suo impero - intendesse anche “sacralizzare” tutti i suoi domini, e riuscire anche ad esorcizzare l'avversa sorte che si sarebbe scatenata contro di lui e la sua famiglia di lì a qualche anno.
Fonte: http://www.cataniacultura.com/140-simboli.htm
Uomini e Logge nella Torino Capitale - Dalla fondazione dell'Ausonia alla rinascita del Grande Oriente Italiano (1859-1862)
Prefazione
I PARTE - LA STORIA
La rinascita della massoneria a Torino e in Italia 1859-1863 di Marco Novarino.
Nello specchio della pubblica opinione: massoneria e stampa torinese 1855-1861 di Giuseppe Vatri.
I primi cinque verbali della loggia «Ausonia».
Incarico di fondare nuove logge affidato a Zambeccari.
Approvazione della fondazione della loggia «Il Progresso».
Il primo libro dei verbali del Grande Oriente Italiano definitivo (8 ottobre 1861 - 6 dicembre 1861 / Tenute I-XVII).
Il libro dei verbali della loggia «Cavour» (Prima e seconda riunione, 17 e 20 dicembre 1861).
Regolamenti generali dell'Ordine massonico d'Italia.
Lux. Valle di Torino. 5681. Sunto del protocollo dei lavori della Prima Costituente Massonica Italiana.
La Genesi dell'idea massonica nella storia d'Italia. Discorso pronunciato dal Gran Segretario David Levi all'apertura della Costituente Massonica il giorno 23 dell'11mo mese anno V... L... 5861.
Programma massonico adottato dalla Massoneria Italiana Ricostituita presentato al Grande Oriente Italiano nella seduta dell'anno della V... L... 5861 dal Gran Segretario David Levi.
Verbale della elezione a Gran Maestro di Filippo Cordova.Alla gloria del Grande Architetto dell'Universo. Il Grande Oriente d'Italia. Anno della V... L... 5862.
Indice dei nomi
martedì 20 ottobre 2009
“Eppur la nostra idea è solo idea d’amor…”
Le religioni si occupano delle relazioni che debbono avere gli uomini con Dio per raggiungere la felicità eterna dopo la morte. La Massoneria invece ricerca i mezzi che possono permettere a ogni essere umano di conseguire il maggior benessere morale e materiale nella vita terrena. Essa crede in un principio unico e immanente, al quale tutto si deve e nel quale tutto si trova, non secondo un ordine teologico, dogmatico, cioè con fini prestabiliti, ma per evoluzione dello stesso principio, si chiami esso materia, spirito, idea, Dio, secondo le varie tendenze e opinioni. Per la Massoneria questo principio universale significa evoluzione, progresso continuo e inarrestabile, legge di luce, di verità e di amore; e in omaggio alla libertà di pensiero si compendia nella formula convenzionale di AGDGADU, alla gloria del Grande Architetto dell’Universo.
Il grande Architetto dell’Universo è il primo simbolo della Massoneria: non è il Dio dei cattolici, non è la divinità pagana o di altre credenze; è il riconoscimento largo, libero, universale della grandissima architettura del mondo, la cui bellezza e la cui inesplicabile misteriosità restano egualmente, tanto come la pensi creata il deista o come la vede formatasi e sviluppatasi l’evoluzionista. L’intento della Massoneria è l’affratellamento di tutti i popoli della terra e ha il concetto di universalità e di fratellanza, accogliendo nel suo seno, senza discriminazione alcuna, tutta l’umanità che si propone di vivere in libertà, di ricercare la verità, di praticare la giustizia e di aspirare alla eguaglianza e di realizzare la fratellanza universale.
Ecco perché il Medioevo è terminato con l’illuminismo, con il secolo dei lumi. Gli illuministi sottoposero a revisione critica, minuta e implacabile, gli istituti tradizionali, il feudalesimo, l’assolutismo monarchico, la Chiesa, per cui l’illuminismo fu l’antecedente storico della Rivoluzione francese. È difficile stabilire se l’Illuminismo è figlio della Massoneria o la massoneria moderna è figlia dell’Illuminismo, perché nascono contemporaneamente e tutti i più grandi illuministi furono massoni”.
giovedì 15 ottobre 2009
"Costituzione e Diritti dell'Uomo" - Cagliari, 31 Ottobre 2009
- Saluto della Presidente del Consiglio Regionale della Sardegna
- Saluto del Presidente della Provincia di Cagliari
- Saluto del Sindaco di Cagliari
- Saluto Autorità presenti
- Saluto del Presidente del Collegio dei MM.VV. della Sardegna
CONVEGNO sul tema:
COSTITUZIONE E DIRITTI DELL’UOMO
Ore 10,00 - Inizio dei lavori
Introduce e coordina Dott. STEFANO BISI (Giornalista - Direttore del Corriere di Siena)
Relatori:
Prof. PAOLO VIRGINIO GASTALDI (Associato di Storia del Pensiero Politico Contemporaneo Università degli Studi di Pavia)
Il valore della laicità nel pensiero dei precursori
Prof. MARCELLO FLORES D’ARCAIS (Ordinario di Storia Comparata Università degli Studi di Siena)
Diritti dei cittadini e diritti delle persone
Sen. Avv. ARIUCCIO CARTA (Presidente della F.I.D.H.‘‘Fedération Internationale Des Droits dell’Homme’’)
Diritto e Giustizia nella Costituzione Italiana
Ore 12,30 - Apertura Dibattito
Prof. CLAUDIO BONVECCHIO (Ordinario di Filosofia delle Scienze Sociali e Comunicazione Politica Università degli Studi dell’Insubria)
Cittadinanza e Costituzione
Prof. CARLO RICOTTI (Docente di Storia delle Istituzioni Politiche presso la Luiss-Guido Carli di Roma)
Costituente e diritti dell’Uomo
Ore 12,50 - Conclusioni dell’Avv. GUSTAVO RAFFI Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia
TAVOLA ROTONDA sul tema:
DIRITTI UMANI: CONQUISTE E PROSPETTIVE
Ore 16,30 - Inizio dei lavori
Introduce e coordina Dott. STEFANO BISI (Giornalista - Direttore del Corriere di Siena)
Relatori:
Prof. MORRIS GHEZZI (Ordinario di Sociologia del Diritto Università degli Studi di Milano)
L’evoluzione dei diritti umani e la loro dimensione sovrastatale
Prof. CLAUDIO BONVECCHIO (Ordinario di Filosofia delle Scienze Sociali e Comunicazione Politica Università degli Studi dell’Insubria)
Elogio dei doveri dell’uomo
Sen. Prof. FILIPPO SALTAMARTINI (Prima Commissione Permanente Affari Costituzionali ed Interni del Senato)
Convenzioni sui Diritti dell’Uomo e diritto alla sicurezza
Prof. Ing. ANTONIO VERNIER (Ordinario di Geologia Applicata presso l’Università degli Studi di Cagliari e Presidente Club UNESCO di Cagliari)
Il diritto all’acqua
Dott. PAOLO GENCO (Vice Presidente Nazionale A.N.F.E. Associazione Nazionale Famiglie degli Emigrati)
Migrazioni e diritti
Ore 19,00 - Apertura Dibattito
Ore 19,20 - Conclusioni dell’ Avv. GUSTAVO RAFFI Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia
148a Tornata di Loggia - Venerdì 23 Ottobre 2009
mercoledì 14 ottobre 2009
Festa annuale dell’Associazione gli Amici del N.I.S.O. – Northern Italy Shrine Oasis - onlus
p.zza Duca d’Aosta n.9 Milano
Sabato 24 ottobre 2009
Ore 19,30 aperitivi
Ore 20,15 cena
L’associazione “gli Amici del N.I.S.O”, costituita nell’anno 2004 ha lo scopo di promuovere, nell’ambito del territorio italiano, attività finalizzate alla raccolta di fondi e all’organizzazione di manifestazioni culturali e sociali per diffondere la missione dello Shrine, di cui la nostra Oasi è parte.
Lo Shrine, uno dei più importanti enti filantropici laici del mondo, ha fondato e gestisce 22 ospedali nel nord America, specializzati nella cura di bambini ustionati o con gravi malformazioni ossee.
Il costo sostenuto dallo Shrine lo scorso anno per il mantenimento dei suoi ospedali e per incrementare la ricerca è stato di circa 700 milioni di dollari.
Durante la serata, oltre ad una ricca lotteria, si terrà una interessante asta condotta dal nostro Socio Onorario Cesare Caddeo.
martedì 13 ottobre 2009
13 Ottobre: Filippo il Bello arresta i Templari (nasce così la leggenda nera del “Venerdì’ 13”)
L’operazione, mirabile per efficienza e segretezza per quei tempi, porterà all’arresto simultaneo di 546 cavalieri. Pochi quelli che riuscirono a fuggire: un documento degli archivi reali parla di una dozzina di templari scampati alla cattura, probabilmente furono assai di più (durante il processo si fecero i nomi di altri 18 cavalieri in contumacia), mentre da altre fonti si ha notizia di 40 cavalieri in fuga nella notte, fra i quali Gerard de Vilche il maestro di Francia e il nipote di Hugues de Pairaud, che avrebbe poi progettato con un compagno un vano tentativo di vendetta teso ad assassinare il re.
La “preda” più ambita dell’operazione (oltre al tesoro dell’Ordine) era ovviamente il Gran Maestro Jacques de Molay, che pare fosse stato avvisato, ma non volle, e non potè, sottrarsi all’arresto. Conosceva ovviamente le accuse rivolte all’Ordine del Tempio (blasfemia, eresia, sodomia), ed era probabilmente sicuro, in cuor suo, di poter difendere con successo se stesso e l’ìnterno ordine templare. Fuggire in quella circostanza avrebbe significato ammettere le colpe addebitate. Appena il giorno prima, il 12 Ottobre, lo stesso Gran Maestro si era trovato al fianco del re, alle esequie di Catherine de Courtenay, moglie di Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello, come se niente fosse. Poche ore dopo sarebbe finito in catene per ordine dello stesso Filippo.
Jaques de Molay ed i suoi confratelli, pur sconvolti dal precipitare degli eventi, erano probabilmente sicuri di poter confutare le accuse, e fidavano su un più diretto e incisivo intervento del Papa Clemente V a loro difesa.Non facevano i conti, quegli uomini, con la forze costrittiva della tortura, applicata scientificamente dagli inquisitori del re.
LA PRIMA APPLICAZIONE “MODERNA” DELLA TORTURA
Alain Demurger, uno dei principali studiosi della vicenda Templare, ha notate che con la tortura moderna, nasce anche lo stato moderno. Con i beni confiscati ai Templari, il re di Francia non solo risanerà le proprie casse, ma favorirà anche la crescita di una ricca borghesia nazionale, distribuendo ad essa la gestione e la conduzione di molte attività che prima appartenevano all’Ordine del Tempio. Così si spiega anche il relativo “consenso” pubblico che ebbe in patria l’azione spregiudicata di Filippo il Bello, nonostante la sua evidente iniquità e violenza.
Una pratica, quella della tortura applicata ai templari, che derivava dall’Inquisizione e dalla consuetudini del tempo, ma che in questa occasione venne usata per la prima volta in modo, appunto,“moderno”, per condizionare un intero gruppo di persone, sgretolare le resistenze individuali, e produrre un’unica rappresentazione, ovviamente “colpevole”, dei fatti, ed indurre così gli stessi imputati a sentirsi colpevoli ed apparire colpevoli anche all’opinione pubblica. Si può dire che quello ai templari fu probabilmente il primo “processo stalinista” della storia. Certo faceva impressione vedere quei cavalieri che non avevano mai avuto paura di morire nelle loro battaglie in Terrasanta, cedere così alle pratiche degli inquisitori (un annichilimento dovuto anche ad un timore al quale non erano preparati: l’isolamento ed il rigetto dallo stesso mondo religioso che avevano giurato di difendere). Questo li faceva credere ancor più colpevoli da parte della gente comune. Per dimostrare pubblicamente la loro innocenza i templari avrebbero dovuto in pratica scegliere il martirio, resistere ad indicibili sofferenze, insomma mantenere collettivamente un comportamento sovrumano che era al di là di ogni capacità di sopportazione fisica e psicologica. E così in molti cedettero, fra questi lo stesso Gran Maestro, de Molay, che pare sia stato crocifisso ad una porta, e sbattuto miseramente appeso ad essa con i chiodi. Ad altri vennero bruciate le estremità degli arti, e dovettero presentarsi al processo recando in grembo i resti dei propri piedi carbonizzati.
Quando il 27 Ottobre arriverà a Parigi la nota di protesta del Papa per l’arresto in massa dei templari senza il consenso preventivo della Chiesa (“Con quest’azione improvvisa tutti provano non senza ragione un oltraggioso disprezzo verso di noi e la chiesa di Roma”), le cose saranno profondamente cambiate. Molti templari avevano cominciato a confessare, sotto tortura, le accuse che erano state loro rivolte dal re (“dallo sputo sulla croce al momento dell’iniziazione, alla sodomia imposta ed accettata fra confratelli, a pratiche eretiche ed idolatriche”), e la loro difesa religiosa diventava più complessa e difficile. Anche perché era in atto da tempo, fra il re di Francia ed il papato, una acerrima contesa politica, con vari sottofondi economici, che si protraeva fin dai tempi di Benedetto VIII e del padre dell’attuale re di Francia.
E’ comunque smentita da documenti storici, alcuni rinvenuti poco tempo fa, che la corona ed il papa abbiano trovato reciproche convenienze nell’abbattere l’Ordine cavalleresco del Tempio. Anzi è provato che la chiesa non emise alcuna condanna nei confronti dei templari e del loro gran maestro De Molay. Per cui l’esito finale della vicenda (il rogo di De Molay e degli altri templari) resta da attribuire interamente a Filippo il Bello. Mentre a Clemente V, per altro gravemente ammalato, e agli uomini della Chiesa di Roma, può essere addebitata unicamente la pavidità nel non aver saputo difendere più strenuamente lo stesso ordine. Pur con le dovute eccezioni, come quella dell’arcivescono di Ravenna, Rinaldo da Concorezzo, che si rifiutò di applicare la tortura e ritenne nulla ogni confessione estorta con tali metodi, e mandò assolti i cavalieri templari sottoposti al suo giudizio. E’ stata questo il primo pronunciamento giuridico moderno contro la tortura.
LA CRISI MISTICA DI FILIPPO IL BELLO E LA FALSA PROMESSA DI PARTIRE PER LA TERRA SANTA
Né si deve però ritenere che l’unica molla del comportamento di Filippo il Bello sia stato il danaro. Ci fu infatti anche una concomitante e profonda crisi mistica causata dalla morte della moglie, Giovanna, avvenuta nel 1305. In seguito a questa crisi Filippo, preoccupato anche per la sua salute, moltiplicò i peregrinaggi, le fondazioni religiose, le donazioni a istituti ecclesiastici e ospedali. Spinto da un’ossessione di “purezza” religiosa, nel 1306 giunse a bandire tutti gli ebrei dalla Francia. E ci fu probabilmente la stessa componente mistica nella “purificazione” dell’Ordine Templare. Su questa ossessione aveva buon gioco a soffiare un personaggio inquietante come il suo consigliere Guillaume de Nogaret, una sorta di Rasputin, che ebbe un ruolo non secondario nella persecuzione dei Templari.
Ma certo le mire sul tesoro e sulle immense ricchezze dei templari non furono secondarie. Filippo il Bello ebbe problemi di denaro per tutta la durata del suo regno. Ed utilizzò ogni mezzo per ottenerlo: imposte, operazioni di cambio della valuta, spoliazione degli ebrei e dei lombardi (in pratica con interventi di “nazionalizzazione” forzata delle loro banche). Ma il bottino più grosso – ed anche più risanante per le sue casse – fu certo la confisca dei beni templari (e naturalmente l’annullamento dei debiti che aveva contratto nei confronti del Tempio). Nello stesso tempo Filippo il Bello riuscì a razionalizzare e soprattutto a portare totalmente sotto il controllo centrale e nazionale l’amministrazione finanziaria dello stato, sottraendola all’influenza sentita come estranea, “straniera”, dei finanzieri ebrei, degli italiani e degli stessi templari.
Prima di arrivare allo scontro frontale, Filippo il Bello aveva tentato anche la carta della blandizia e delle promesse. Nel 1305, due anni prima dell’operazione contro il Tempio, aveva promesso, durante il Concilio di Vienna, di prendere le armi ed andare a combattere in Terra Santa. Per questa promessa – mai mantenuta -. aveva ottenuto sei anni di decime e benefici fiscali. Ma solo la spogliazione dei templari darà vero “respiro” all’economia del regno di Francia.
Ma erano proprio così ricchi i Templari? La risposta non può che essere affermativa. Bastano alcune considerazioni per confermarlo: innanzi tutto il calcolo della rendita necessaria per mantenere un solo cavaliere in Terrasanta, non bastavano 10mila ettari, e solo questo dà l’idea di quanto estese dovessero essere le proprietà dell’Ordine, fra l’altro gestite e coltivare con i metodi più moderni ed efficienti del tempo. Inoltre dal momento che non tutto il tesoro templare era finito nelle mani del Re, c’è chi ritiene che la fortuna finanziaria di alcuni stati confinanti, come ad esempio la Svizzera (la cui bandiera, guarda caso, è proprio la croce templare con colori rovesciati (il bianco in campo rosso anziché la croce rossa sul campo bianco), sia cominciata proprio dall’esodo dei superstiti templari dalla Francia.
ANCHE LA STORIA DELLA PIRATERIA E’ LEGATA A QUEL “VENERDI’ 13″
In quella occasione sparì nel nulla, dal porto di La Rochelle, anche l’intera flotta templare che issava come bandiera del teschio con le ossa incrociate. Bandiera che apparirà ancora, qualche secolo dopo, sulle navi dei “fratelli della costa” che aveva come basi le insenature dei lontani Caraibi.Forse non tutti sanno che molti dei più noti comandanti di navi pirata erano massoni di discendenza templare (come il famoso capitan Kidd). Che sulle loro navi si applicava una sorta di assoluta democrazia (ogni testa, un voto), che gli stessi comandanti erano eletti o destituiti per alzata di mano, che alle famiglie dei morti o dei feriti in battaglia era riservata una specie di “previdenza”, assegnando loro una parte del bottino. E che il trattamento goduto dai marinai sulle navi pirata era spesso migliore di quello che le Regie Marine europee riservavano alle loro ciurme. Anche questa è stata una conseguenza di quel fatidico “venerdì 13”.
ENRICO IV E IL TENTATIVO DI AVVELENARE PAPA PIO III
Fra la altre date da ricordare del nostro escursus storico sul 13 Ottobre, segnaliamo nel 1399 l’incoronazione di Enrico di Bolingbroke che diviene Re d’Inghilterra con il nome di Enrico IV; nel 1503 Papa Pio III subisce un tentativo di avvelenamento da parte delle famiglie Orsini e Colonna.
VIENE POSATA A WASHINGTON LA PRIMA PIETRA DELLA “CASA BIANCA”
Nel 1792, a Washington, proprio il 13 ottobre, viene posata la prima pietra di quella che dal 1818 sarà conosciuta come la Casa Bianca. Anche in questo caso non mancano sottintesi esoterici che rimandano ai massoni ed ai templari. L’intera città di Washington, ed i suoi principali monumenti pubblici, rispecchierebbero infatti una precisa mappa simbolica ed esoterica di stampo massonico (Washington era massone, come lo furono molti Padri Fondatori degli Stati Uniti, e quasi tutti i presidenti americani, tranne tre-quattro (non si sa di Obama), fino ad oggi.Il nuovo romanzo “Il Simbolo Perduto” di Dan Brown, l’autore del Codice da Vinci, appena uscito negli Usa (ed il nuovo film che ne verrà tratto, ancora con Tom Hanks nei panni del professor Logdon), esplora appunto i legami (neanche tanto occulti) fra i monumenti di Washington e la massoneria.
Note Storiche sul Rituale Emulation
Questo rituale, praticato universalmente, ed in particolare nelle logge di tradizione anglossassone, deriva da quello ufficialmente approvato dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra nel 1816, nella versione in cui, in tale occasione, fu “proposta” dai membri della Loggia di Riconciliazione.
Tale particolare Loggia aveva a lungo lavorato alla definizione di un rigoroso ed uniforme Rituale fin dal momento dell’unione fra le due Grandi Logge rivali: quella dei Moderni e quella degli Antichi, avvenuta nel 1813.
Il modo di lavorare “Emulation” prende il nome, però, dall’Emulation Lodge of Improvement (Loggia Emulation di Perfezionamento) di Londra, il cui Comitato è custode di questo particolare rituale.
L’Emulation Lodge of Improvement si riunisce ogni Venerdì alle 18.15, da Ottobre a Giugno, alla Freemasons Hall, Great Queen Street, a Londra, ed effettua le cerimonie e le “Letture”, o “Lezioni”, secondo la tradizionale e rigorosa ritualità Emulation.
Questa particolare Loggia, riunitasi per la prima volta il 2 Ottobre 1823, fu specificamente formata per soli Maestri Muratori, allo scopo di dare istruzione a coloro che desideravano prepararsi ad un ufficio di Loggia e, quindi, alla successione nel Seggio di Maestro Venerabile.
I fondatori dell’Emulation Lodge of Improvement provenivano principalmente dalle Logge d’Istruzione Burlington e Perseverance, la prima formata nel 1810, l’altra nel 1817. Entrambe avevano insegnato il nuovo rituale approvato dalla Gran Loggia nel Giugno del 1816, ma tendevano a concentrarsi esclusivamente sul lavoro del Primo Grado e ad istruirne i Candidati.
In origine l’istruzione avveniva tramite le cosiddette “lezioni” muratorie, secondo il sistema della Grand Steward’s Lodge, le cui lezioni descrivevano in dettaglio le cerimonie.
Dal 1830, secondo la pratica generale allora sviluppatasi, vennero anche introdotte le rappresentazioni delle cerimonie stesse.
L’Emulation Lodge of Improvement si è sempre riunita, senza mai alcuna interruzione, fin dalla sua fondazione ed è sempre riuscita a preservare le cerimonie da qualsiasi influenza di modifica o cambiamento, sia essa volontaria o meno, o comunque non autorizzata.
Le forme rituali in uso nella Gran Loggia Unita d’Inghilterra, come dimostrate dalla Loggia di Riconciliazione, formata specificamente per produrle, furono “approvate e convalidate” dalla Gran Loggia nel Giugno del 1816. Da allora ci sono stati solamente aggiustamenti occasionali di natura rituale, approvati peraltro dalla Gran Loggia stessa; i più importanti sono le variazioni apportate per gli Impegni Solenni, permesse da una risoluzione della Gran Loggia nel Dicembre 1964 e, molto più recentemente, il più ampio cambiamento nel procedimento, introdotto dalla risoluzione della Gran Loggia del Giugno del 1986, concernente la formula usata negli Impegni stessi.
Continuità del Sistema Emulation
La diffusione e la trasmissione del Rituale Emulation venne affidata, nel 1816, agli stessi membri della Loggia di Riconciliazione, a quanti avevano assistito alle dimostrazioni da essa sostenute ed a varie annotazioni ed appunti che furono allora redatti per motivi strettamente pratici.
Nessuna pubblicazione ufficiale, a stampa, di tale Rituale fu però mai consentita.
Due Logge, in seguito, rivendicarono una costante pratica delle Cerimonie in stretta osservanza con quanto stabilito nel 1816: la Stability Lodge e la Emulation Lodge of Improvement.
Il Comitato dell’Emulation Lodge of Improvement ha sempre tentato di conservare il rituale il più aderente possibile alla forma in cui è stato originariamente approvato dalla Gran Loggia ed ha fatto in modo che non fosse apportata alcuna modifica non autorizzata dalla stessa fonte.
Così, se in questi anni vi sono stati aggiustamenti minori per autorità della Gran Loggia, nessun minimo errore casuale è mai passato inavvertito, al fine di non farlo diventare, col tempo, una pratica consolidata.
In Inghilterra – pur costantemente richiamandosi al Rituale Emulation approvato nel 1816 – esistono molteplici rituali, più o meno famosi e diffusi, che differiscono talora per piccole sfumature, in altri casi per aspetti più sostanziali.
Questa premessa è necessaria per spiegare come, se differenze possono esistere nell’ambito del Rituale, ancor più ve ne possono essere per quelle procedure che ad esso non sono strettamente correlate e che rientrano nel costume delle singole Logge.
In questo opuscolo ne sono riassunte ed illustrate alcune, di più rilevante carattere pratico e maggiormente diffuse.
Per molti anni dopo la sistemazione del rituale da parte della Loggia di Riconciliazione e la sua approvazione nel 1816 dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra (seguita nel 1827 dalla sistemazione della Cerimonia d’Installazione), questa ultima fu rigorosamente del parere che non si dovesse in alcun modo dare alle stampe il rituale.
Pertanto nel periodo subito successivo - e per circa mezzo secolo dopo - l’unica forma d’apprendimento fu la ripetizione orale. Le riunioni settimanali dell’Emulation Lodge of lmprovement fornivano un ottimo punto di riferimento. Certamente, nel tempo, apparvero alcuni rituali stampati e manoscritti, benché, dalle differenze riscontrate tra questi, è sicuro che non fossero del tutto accurati. Non fu prima degli anni 1870 che libri stampati del rituale iniziarono a diventare generalmente accettati.
Da quel momento ne sono stati pubblicati diversi con lo scopo di esporre il sistema di lavoro Emulation; tuttavia nessuno di questi aveva mai avuto alcuna autorizzazione dall’Emulation Lodge of Improvement.
Il Rituale, nella forma autorizzata, è stato dato alle stampe, perla prima volta, solo nel 1969.
La stesura del rituale ha posto un problema immediato. Avrebbe dovuto documentare il sistema esattamente come dimostrato nella Emulation Lodge of Improvement, o avrebbe, invece, dovuto avere lo scopo di fornire una guida per le Logge ordinarie?
La questione nasce dal fatto che all’Emulation Lodge of Improvement possono partecipare soltanto Maestri Muratori, mentre nelle Logge ordinarie va, ovviamente, considerata la presenza di AA e CdM.
Ciò comporta inevitabilmente alcune differenze nei procedimenti rituali. Ad esempio nella cerimonia rituale della Emulation Lodge of Improvement, il Maestro non chiederà agli AA ed ai CdM di uscire, prima di aprire la Loggia nel grado superiore successivo, in quanto la richiesta non avrebbe fondamento. Essa invece è assai necessaria in una Loggia ordinaria.
La pubblicazione del rituale ha, quindi, come unico scopo quello di poter fornire il massimo aiuto possibile agli Ufficiali delle Logge Emulation. Resta evidente che, né questo libro, né qualsiasi altro, può mai sostituire il poter assistere ad una cerimonia ben organizzata o la partecipazione ai lavori di una Loggia d’Istruzione: poiché è unicamente lì che si pone in essere ciò che il libro del rituale vuole esporre.