di Lorenzo Sartorio
Un gran gentiluomo dai tratti, abbigliamento e animo di quelle persone che abbinano sempre il cuore all’intelletto. Flaminio Musa, medico-scrittore e poeta, figura nota e stimata in città e a Compiano dov’era nato ottantotto anni fa, è deceduto ieri dopo una breve malattia che gli aveva impedito, solo negli ultimi tempi, di seguire le sue varie attività filantropiche tra le quali le sue creature: l’Università Popolare di cui era l’anima e la Lega italiana per la lotta ai tumori di cui è stato fondatore e per anni indimenticato presidente. Sempre sorridente, impeccabile, con l’inseparabile cravattino a farfalla che gli conferiva un tono ancora più ricercato, Musa, grazie alla sua innata saggezza e al suo straordinario equilibrio, era un uomo da sinedrio, un patriarca buono e cortese che prima di giudicare cercava di capire, autorevole ma non autoritario, con quel carisma che madre natura gli aveva donato e che esercitava con la sapienza del buon padre di famiglia.Laureatosi in medicina nel nostro ateneo, per molti anni, ricoprì il delicato incarico di primario del Pronto Soccorso del Maggiore facendosi apprezzare, oltre che per le qualità professionali, anche per la grande dimensione umana da colleghi, pazienti e personale. Comandante partigiano «Marco», dirigente dell’Anpi, fu testimone obiettivo e appassionato dei valori della Resistenza che seppe diffondere, all’insegna della pace e della concordia tra gli italiani, coi i suoi scritti e coi i suoi discorsi specie ai giovani. Letterato e poeta è stato autore di numerose raccolte di poesie e prose molto apprezzate anche da eminenti personalità del mondo dalle cultura da Attilio Bertolucci e Alberto Bevilacqua. Persona di vasta e raffinata cultura, fu il fondatore del Museo della Massoneria Italiana (che ha sede nel castello di Compiano) che ospita una preziosa collezione di cimeli, volumi e documenti propri del simbolismo massonico anglosassone del settecento e ottocento. Era un uomo, Musa, che credeva fermamente nella libertà, nel rispetto verso gli altri, specie se più deboli. Credeva in un mondo migliore per il quale si battè tutta la vita e in diverse sedi coniugando sempre quei principi di fratellanza, uguaglianza e libertà che furono i cardini della sua esistenza e del suo humus culturale. Amava la poesia, credeva nei medici con l’anima e con il sorriso, proprio come lui. Fu il fondatore, infatti, del concorso medici scrittori patrocinato dalla Lega Tumori che ogni anno porta sul podio alcuni camici bianchi che, attraverso splendidi racconti di vita, trasmettono le loro emozioni e le loro esperienze filtrate dall’ anima e dal loro cuore di persone sensibili. Mancherà il suo sorriso, il suo sguardo buono e comprensivo, quella pacca sulle spalle che serviva a rincuorare e a dare forza di proseguire su quei sentieri di lealtà e rettitudine che Flaminio Musa ha sempre battuto grazie alla sua forte tempra montanara di uomo libero, al suo sacrale rispetto per quello che egli chiamava il Grande Costruttore la cui immensa grandezza incontrava negli occhi di un bambino, nelle mani tremanti di un vecchio, nella sofferenza di un ammalato e nell’eterno fascino della natura.