Alla Venaria Reale una sorprendente mostra di storia e di arte sugli ordini cavallereschi, dalle prime Crociate, dai Cavalieri del Tempio con la loro parabola di "potere e morte", a Napoleone che istituì la Legion d'onore. Nuove ipotesi sulla testa dipinta adorata dai Templari: non un idolo, ma il volto di Cristo stampato sulla Sindone. Inaugurati nuovi spazi dell'antica "Reggia di Delizie" dei Savoia
di GOFFREDO SILVESTRI
Una mostra di storia (avvenimento abbastanza raro in Italia) piena di storie, quella degli ordini cavallereschi. Dai Templari ricchissimi e per questo finiti sul rogo all'ordine di Malta nato ospitaliero, che batteva moneta, aveva relazioni diplomatiche con gli Stati e una flotta con la quale partecipò alla battaglia di Lepanto (e in epoca moderna una flotta aerea). Rubens raffigurava i cavalieri di Malta nei suoi dipinti, accanto alle regine. Per finire a Napoleone. Dai difensori della Terra Santa, protettori dei pellegrini, contro i musulmani violatori del Santo Sepolcro, al fondatore della Legion d'onore, sogno di ogni francese (di ieri e di oggi). Quasi un millennio di storia europea fra religione e servizi al prossimo, guerre agli Infedeli, assedi, saccheggi, conquiste e perdite di regni, caccia ai pirati barbareschi, obbedienza al papa, fedeltà e tradimenti ai re. Dal 1095 della prima Crociata, al 1792 quando la Rivoluzione francese abolisce gli ordini cavallereschi (salvo creare un "souvenir" della Rivoluzione da mettersi al collo), al 1815 quando l'imperatore d'Austria e re del Lombardo-Veneto, istituisce il nuovo Ordine della Corona Ferrea, in risposta a Napoleone, che, come re d'Italia, l'aveva istituito. Era un ribadire i diritti al trono d'Italia. E infatti, nel 1866, sconfitta l'Austria nella terza guerra d'indipendenza, Vittorio Emanuele III istituì un omonimo ordine sopravvissuto sino al 1946. Palcoscenico ideale per gli ordini cavallereschi la Reggia di Venaria subito al di là della "tangenziale" di Torino (e arrivata ai primi due anni di vita moderna con un milione 950 mila visitatori). Titolo della mostra "Cavalieri. Dai Templari a Napoleone. Storie di crociati, soldati, cortigiani" (dal 28 novembre all'11 aprile 2010). Reggia di Venaria Reale, con una novità. Questo è un altro pezzo riconquistato della "Reggia di Delizie" dei Savoia, mai aperto al pubblico: il primo piano della costruzione di fondo che chiude il grandioso cortile di ingresso (la "Corte d'onore" con la "Fontana del Cervo"). Sulla sinistra ci sono le sale battezzate "Sale delle Arti" perché sono dedicate alle mostre. Più di 800 metri quadri rimessi all'"onore del mondo" e 600 per uffici. Una zona che non aveva né solai né intonaci e il tetto bucato, pesantemente tenuta su da putrelle in ferro e cemento armato "anni 70". Qui sono state ritrovate (e mantenute) decorazioni di fine Ottocento con trionfi militari, scudi, lance, elmi, scudo Sabaudo: tracce di caserma, una delle tante vite della Reggia. A Venaria il "dentro" e il "fuori" sono un tutt'uno come ha insegnato Juvarra con la "Galleria Grande" (la "Galleria di Diana"). Il "dentro" di saloni, stucchi, dipinti e il "fuori" della luce, di giardini e orti, e delle montagne. E allora le "Sale delle Arti" si aprono allo straordinario panorama dei giardini storici (80 ettari). Il grande architetto barocco compare nella mostra come cavaliere dell'ordine portoghese di Cristo in un ritratto di Agostino Masucci (1724 o 1736).
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I visitatori della mostra vedono un'altra novità recuperata. Lo scalone di fine Settecento progettato da Giuseppe Battista Piacenza (lo "Scalone del Piacenza") per collegare la "Corte d'onore" agli appartamenti dei duchi d'Aosta. Lo vedono, non lo percorrono. Per loro c'è un nuovo scalone di acciaio e vetro, ma con una emozione in più. I 120 scalini e pianerottoli sono ricoperti dal legno delle travi secolari della Reggia e di un altro monumento storico, il castello del duca di Agliè. C'è anche un ascensore vetrato per 21 persone (a Venaria non ci sono "barriere architettoniche"). La mostra (costo 634 mila euro più 250 mila di "promozione") è a cura di Alessandro Barbero, che insegna storia medievale all'Università del Piemonte Orientale (Vercelli) e di Andrea Merlotti, responsabile dell'ufficio studi e biblioteca della Venaria Reale (catalogo Electa). Sono stati scelti oltre 110 fra dipinti (con ritratti di cavalieri di Tiziano, Goya, Agostino Carracci, Mattia Preti, Frà Galgario, un ritratto equestre di Rubens); alcune sculture, bronzetti; codici, miniature, rari manoscritti; spade di ferro e acciaio; lo scudo in ferro del Tosone; armature con particolari da parata come gli speroni di bronzo dorato, leggere armature anche per bambini; manti regali come quello di Giuseppe Napoleone, re di Napoli e Spagna; collari e insegne degli ordini che sono gioielli (Toson d'oro, Annunziata, Elefante, Santo Spirito, Santo Stefano, Due Sicilie, Corona Ferrea, eccetera). Oggetti particolari: l'olifante da caccia in avorio del re di Portogallo con la Croce dell'Ordine di Cristo; insegne di pellegrinaggio in lega di piombo e stagno che inalberano San Giorgio e San Giorgio che uccide il drago. "I filoni dalla mostra sono tre e corrispondono alle fasi della storia degli ordini cavallereschi - osserva Andrea Merlotti - La prima fase inizia nel XII secolo, quando per difendere i regni di Terra Santa nacquero i Templari e gli Ospitalieri, seguiti più tardi dai Teutonici che sono Templari di lingua tedesca. Cavalieri che erano anche monaci e per questo si possono chiamare "cavalieri di Cristo". Dalla metà del XIV secolo, quasi tutti i sovrani europei diedero vita a ordini cavallereschi guidati da loro stessi e formati dai principali nobili: il modello erano re Artù e i cavalieri della "Tavola Rotonda". Nacquero allora l'Ordine della Giarrettiera, in Inghilterra, l'Ordine del Toson d'oro, in Borgogna, l'Ordine dell'Annunziata, nello Stato sabaudo e molti altri. I loro componenti erano "cavalieri dei re". Dal Seicento, al concetto di onore si affiancò sempre più quello del merito. Luigi XIV fondò due ordini (San Michele, in realtà già esistente, e San Luigi) per premiare il merito militare e civile. Durante il Settecento diversi sovrani fondarono ordini di merito: un percorso che si realizzò pienamente con l'istituzione dell'Ordine della Legion d'onore da parte di Napoleone nel 1802. Da allora si può dire che nei paesi democratici sia passato il principio - almeno sulla carta - che il vero onore è il merito". "Moltissimi sono ancora coloro che amano potersi far chiamare cavaliere perché la parola mantiene un fortissimo fascino - continua Merlotti.. Alcuni si accontentano dei titoli che offre il proprio ordinamento istituzionale, altri si ingegnano per esser cooptati negli ordini più disparati. Si potrebbe scrivere un trattato sulla fortuna degli ordini monarchici nelle moderne repubbliche". Gli ordini cavallereschi sono stati (e sono) centinaia. C'è un Paese che non li ha? "In antico la Repubblica delle Province Unite (attuale regno d'Olanda) non aveva ordini cavallereschi, che erano caratteristica dei paesi monarchici. Fra Otto e Novecento tutte le repubbliche si sono dotate di ordini. L'unica che è restata fedele alle radici dell'antico repubblicanesimo è la Svizzera". I Templari (nati col nome di "Cavalieri del Tempio" di Gerusalemme) con tutte le popolari e sbrigative trattazioni, storie e leggende in libri, cinema, televisione, magari rinforzate dalla "soap opera" del Santo Graal, fanno da "locomotiva" al titolo e alla mostra, con la loro tragica, sempre affascinante parabola di "potere e morte". La loro immagine moderna è legata al lungo mantello bianco con la Croce rossa, mentre nella "storia il mantello, per segno di umiltà, non era tinto e quindi aveva un colore grigio". In effetti i Templari sono stati l'ordine "più potente e illustre del Medio Evo cristiano". E possono essere considerati l'ordine cavalleresco più antico. "L'origine dei primi ordini non è del tutto chiara -precisa Merlotti - Quasi certamente gli Ospitalieri nacquero prima, ma all'inizio non erano un ordine militare. Per cui i Templari, pur se nati dopo, furono probabilmente il primo ordine a scegliere la vocazione delle armi". Nato nel 1119 ai tempi delle prime Crociate, dalla Terra Santa l'ordine si diffonde in tutta Europa espandendosi in prestigio, potere e ricchezze. In mostra c'è una tavola di Taddeo Gaddi, 1335-1340 circa, in cui papa Innocenzo III vede in sogno Francesco d'Assisi che sostiene a spallate la basilica Lateranense, simbolo della Chiesa. E il sonno del papa è vegliato da un Templare. Ma potere e ricchezze sono un binomio che non poteva non attirare altri potenti alla ricerche di denaro. Come il re di Francia Filippo IV il Bello che per attaccare i Templari e impadronirsi delle immense ricchezze usò il vecchio sistema di accusarli presso il papa di pratiche eretiche, pagane ed immorali. Le accuse e il processo andarono avanti per sette anni, dal 1307 al 1314. Filippo riuscì a far riunire un concilio che sancì l'abolizione dell'ordine il che avvenne nel 1312. Ma i Templari dovevano essere fisicamente eliminati: pochi in prigione, molti al rogo, compreso il Gran Maestro Jacques de Molay, uno dei riconquistatori di Gerusalemme, arrestato a tradimento, bruciato vivo a Parigi nel 1314. Filippo non riuscì ad incamerare tutte le ricchezze dei Templari perché il papa pretese che una parte arrivasse all'Ordine di Malta. Dalle ceneri dei Templari nascono in Aragona l'Ordine di Montesa e in Portogallo l'Ordine di Cristo. Dagli Archivi nazionali di Parigi e della Biblioteca nazionale di Francia, sono esposti il progetto della cancelleria reale di Filippo con la preparazione di un interrogatorio dei Templari (in cui i cavalieri confessavano di tutto e ancora di più pur di uscire da quei tormenti), e la copia manoscritta dell'ordine di arresto di tutti i Templari in territorio francese, del 14 settembre 1307. Una tempera e oro su pergamena, del 1416-1420 raffigura Filippo il Bello che si gode un bel rogo di Templari, da un'opera di Giovanni Boccaccio. Dell'odissea dei Templari fa parte l'opera più enigmatica della loro storia presentata in mostra. Una tavola di nessuna qualità formata da cinque assi orizzontali (141 per 74 cm), che l'esame al carbonio 14 ha datato al 1280, dipinta da autore anonimo di probabile origine medio orientale. Raffigura la cosiddetta "Testa di Templecombe", dalla omonima località inglese del Somerset e dalla omonima parrocchia. La testa non fu trovata in un luogo sacro, ma murata in un granaio e scoperta per le conseguenze di un inutile bombardamento tedesco sulla campagna inglese durante la Seconda Guerra Mondiale. In una formella mistilinea appare un volto di qualità pittorica rudimentale, di colore azzurrino contornato da capelli e barba rossiccia. Bocca e occhi spalancati. Il fatto di essere stato trovato in un villaggio sede di una precettoria dei Templari, di essere stato datato con attendibilità al 1280, a poco meno di trent'anni dall'inizio delle accuse che avrebbero distrutto l'Ordine, hanno fatto nascere ipotesi divergenti. Volto di Cristo. No, dell'idolo a forma di testa umana, denominato "Baphomet" (Bafometto), che i Templari avrebbero adorato in segreto. Testa del Battista. Ora nel catalogo della mostra Barbara Frale, specialista dei Templari, ricercatrice dell'Archivio segreto vaticano, ribadisce le sue tesi basate su documenti del processo contro i Templari trovati nell'archivio vaticano. Quel volto è il volto di Cristo, più precisamente il volto che era la sola parte visibile del lenzuolo della Sindone quando era piegato in forma di rettangoli. Perché i Templari sono stati i segreti custodi della Sindone dalla scomparsa del telo nel 1204 a Costantinopoli fino a metà Trecento quando ricomparve in Europa. Erano stati loro a rubarla dalla cappella degli imperatori bizantini durante il saccheggio della quarta Crociata. Fu un culto segreto perché sui ladri della Sindone c'era la scomunica di Innocenzo III. Un culto che veniva attuato anche nella cerimonia di ingresso dei nuovi cavalieri. I Templari erano stati spinti al furto per sottrarre la sacra reliquia che testimoniava la natura umana e la morte del Cristo agli eretici, come i Catari, che negavano l'una e l'altra. Come detto, questa è una mostra di storia. Che cosa significhi lo spiega Merlotti. Una mostra storica deve condurre il visitatore attraverso una vicenda che gli appartiene, ma di cui, probabilmente, ha perso il ricordo. Per questo essa deve parlare non solo ai sensi (aspetto peraltro indispensabile quanto si tratta di arte), ma alla coscienza. Nella mostra affrontiamo concetti come onore e merito, che hanno (o dovrebbero avere) una parte importante anche nella società in cui viviamo. Una mostra storica deve invitare con garbo il visitatore a guardare con occhi nuovi ciò che sin a prima gli appariva in un certo modo. Alla propria storia, ma anche alla propria arte. Le mostre di storia sono piene di copie moderne, riproduzioni che chiamano "parchi a tema". Le opere in mostra sono tutte "autentiche" e di grande qualità. Basti pensare a quelle che esponiamo nella prima sala per raccontare cosa fossero i cavalieri. Le più significative sono certo tre acquamanili - di fatto tre statue in bronzo - a foggia di cavaliere. Capolavori del Due e Trecento dal Museo del Bargello e dai Musei civici di Bologna. Nel Medio Evo anche i signori mangiavano con le mani e avevano bisogno di lavarsi le dita. Accanto ad essi sono due spade del Duecento e un elmo d'inizio Trecento (dal Museo di Palazzo Venezia e da Castel Sant'Angelo) che sono fra i più bei pezzi al mondo del loro genere. Completano la sala spada e speroni d'un cavaliere ritrovati dieci anni fa in una sepoltura in una chiesa di Aosta. Già solo queste opere varrebbero la visita. Oltre agli oggetti ci sono molte opere d'arte, in grande maggioranza dipinti. In realtà, anche molti 'oggetti' sono da considerarsi opere d'arte. La lapide mortuaria del cavaliere Giovanni Emo, del Museo di Treviso, per il suo committente, probabilmente, non era un'opera d'arte. Ma chi l'ammira oggi, e ne guarda le insegne degli Ordini del Dragone e della Giara, difficilmente pensa di trovarsi di fronte solo a un 'oggetto'. Lo stesso vale per le stupende armature (fra cui spicca il bellissimo scudo del Tosone, fra i prestiti più generosi che il Kunsthistoriches di Vienna ha voluto concedere) o ai sigilli di certi documenti. È indubbio, comunque, che l'arte figurativa faccia la parte del leone. Si va da Taddeo Gaddi, allievo diretto di Giotto, a Jean Perreal, il maggiore pittore francese fra Quattro e Cinquecento; da affreschi siciliani del Quattrocento, di Tomaso da'Vigilia, a tavole della scuola di Dürer. Fra le opere più belle è difficile non ricordare almeno il ritratto di cavaliere ospitaliero di Tiziano, dagli Uffizi, e il ritratto equestre di Giovan Marco Doria di Rubens: una 'pietra miliarè del genere, dalla Galleria nazionale di Palazzo Spinola. Non vi è quasi sala che non presenti dei capolavori: in quella sull'Ordine di Malta ci sono due capolavori di Mattia Preti: la "Predica di San Giovanni Battista" con l'autoritratto del pittore come cavaliere e il "San Giovanni Battista come cavaliere di Malta". In un'altra sala sono a confronto il ritratto di cavaliere costantiniano di San Giorgio di frà Galgario, uno dei più bei ritratti dell'arte italiana, e il ritratto del castrato Santarelli come cavaliere di Malta di Pompeo Batoni. Due opere che illustrano le metamorfosi dei cavalieri in età moderna, ma anche due opere straordinarie "in dialogo". E poi, dagli Uffizi, il ritratto della contessa di Chinchon di Goya, del 1801, che racconta meglio di qualsiasi altra opera come anche l'onore di una donna potesse passare attraverso l'ingresso in un ordine cavalleresco. E' l'unica "cavaliera"? No. Accanto è il ritratto che Anton Graf ha fatto nel 1792 a Carolina Maria Teresa di Borbone, principessa di Sassonia, come dama della Croce stellata e dell'ordine di Maria Luisa di Spagna. Quali sono le opere in mostra di cui siete più orgogliosi? Tutte ci sono egualmente care. Ognuno di noi, poi, ha le sue simpatie. Quando abbiamo tolto dalla cassa la predica del Battista di Mattia Preti e mi son trovato di fronte all'autoritratto del pittore che mi osservava, tenendo in mano, stretti insieme, la spada e il pennello (l'onore e il merito: appunto), confesso che mi sono emozionato. E ci sono opere rare a vedersi. Il preziossimo manto dell'Ordine del Toson d'oro del 1712. Il modello della grande Galera "bastarda" del gran maestro dell'Ordine di Malta: un modello di inizio Ottocento lungo circa tre metri per oltre uno e mezzo d'altezza, di grandissima maestria. Un'opera rarissima è la medaglia coniata durante la Rivoluzione Francese per i membri dell'Assemblea legislativa. Modellata sull'esempio delle insegne cavalleresche, la medaglia non portava un simbolo religioso, ma la dichiarazione dei diritti dell'uomo ed era retta da un nastro bianco-rosso-blu. Notizie utili - "Cavalieri. Dai Templari a Napoleone. Storie di crociati, soldati, cortigiani". Dal 28 novembre all'11 aprile 2010. Venaria Reale (Torino). Sale delle Arti, primo piano della Reggia. A cura di Alessandro Barbero e Andrea Merlotti. Promossa dal Consorzio di valorizzazione culturale "La Venaria reale" (presidente Fabrizio Del Noce, direttore Alberto Vanelli). Catalogo Electa. Allestimento Studio Gritella con Stefania Giulio. Ambientazione musicali Nicola Campogrande. Biglietti: intero 8 euro, ridotto 6; scuole 4. Biglietto mostra, Reggia e giardini intero 18 euro; scuole 7. ridotto 13. Orari: da martedì a venerdì 9-18,30; sabato 9-21,30; domenica 9-20; 1° gennaio apertura ore 11. Ultimi ingressi: un'ora prima della chiusura. Chiuso il lunedì tranne i lunedì festivi e 7 dicembre (orari della domenica). Chiuso 25 dicembre. Informazioni e prenotazioni +39 011- 4992333; http://www.lavenaria.it/ - prenotazioni@lavenariareale.it. Per le scuole 011-4992355; http://www.lavenaria.it/ - prenotazioneservizieducativi@lavenariareale.it.
Una mostra di storia (avvenimento abbastanza raro in Italia) piena di storie, quella degli ordini cavallereschi. Dai Templari ricchissimi e per questo finiti sul rogo all'ordine di Malta nato ospitaliero, che batteva moneta, aveva relazioni diplomatiche con gli Stati e una flotta con la quale partecipò alla battaglia di Lepanto (e in epoca moderna una flotta aerea). Rubens raffigurava i cavalieri di Malta nei suoi dipinti, accanto alle regine. Per finire a Napoleone. Dai difensori della Terra Santa, protettori dei pellegrini, contro i musulmani violatori del Santo Sepolcro, al fondatore della Legion d'onore, sogno di ogni francese (di ieri e di oggi). Quasi un millennio di storia europea fra religione e servizi al prossimo, guerre agli Infedeli, assedi, saccheggi, conquiste e perdite di regni, caccia ai pirati barbareschi, obbedienza al papa, fedeltà e tradimenti ai re. Dal 1095 della prima Crociata, al 1792 quando la Rivoluzione francese abolisce gli ordini cavallereschi (salvo creare un "souvenir" della Rivoluzione da mettersi al collo), al 1815 quando l'imperatore d'Austria e re del Lombardo-Veneto, istituisce il nuovo Ordine della Corona Ferrea, in risposta a Napoleone, che, come re d'Italia, l'aveva istituito. Era un ribadire i diritti al trono d'Italia. E infatti, nel 1866, sconfitta l'Austria nella terza guerra d'indipendenza, Vittorio Emanuele III istituì un omonimo ordine sopravvissuto sino al 1946. Palcoscenico ideale per gli ordini cavallereschi la Reggia di Venaria subito al di là della "tangenziale" di Torino (e arrivata ai primi due anni di vita moderna con un milione 950 mila visitatori). Titolo della mostra "Cavalieri. Dai Templari a Napoleone. Storie di crociati, soldati, cortigiani" (dal 28 novembre all'11 aprile 2010). Reggia di Venaria Reale, con una novità. Questo è un altro pezzo riconquistato della "Reggia di Delizie" dei Savoia, mai aperto al pubblico: il primo piano della costruzione di fondo che chiude il grandioso cortile di ingresso (la "Corte d'onore" con la "Fontana del Cervo"). Sulla sinistra ci sono le sale battezzate "Sale delle Arti" perché sono dedicate alle mostre. Più di 800 metri quadri rimessi all'"onore del mondo" e 600 per uffici. Una zona che non aveva né solai né intonaci e il tetto bucato, pesantemente tenuta su da putrelle in ferro e cemento armato "anni 70". Qui sono state ritrovate (e mantenute) decorazioni di fine Ottocento con trionfi militari, scudi, lance, elmi, scudo Sabaudo: tracce di caserma, una delle tante vite della Reggia. A Venaria il "dentro" e il "fuori" sono un tutt'uno come ha insegnato Juvarra con la "Galleria Grande" (la "Galleria di Diana"). Il "dentro" di saloni, stucchi, dipinti e il "fuori" della luce, di giardini e orti, e delle montagne. E allora le "Sale delle Arti" si aprono allo straordinario panorama dei giardini storici (80 ettari). Il grande architetto barocco compare nella mostra come cavaliere dell'ordine portoghese di Cristo in un ritratto di Agostino Masucci (1724 o 1736).
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I visitatori della mostra vedono un'altra novità recuperata. Lo scalone di fine Settecento progettato da Giuseppe Battista Piacenza (lo "Scalone del Piacenza") per collegare la "Corte d'onore" agli appartamenti dei duchi d'Aosta. Lo vedono, non lo percorrono. Per loro c'è un nuovo scalone di acciaio e vetro, ma con una emozione in più. I 120 scalini e pianerottoli sono ricoperti dal legno delle travi secolari della Reggia e di un altro monumento storico, il castello del duca di Agliè. C'è anche un ascensore vetrato per 21 persone (a Venaria non ci sono "barriere architettoniche"). La mostra (costo 634 mila euro più 250 mila di "promozione") è a cura di Alessandro Barbero, che insegna storia medievale all'Università del Piemonte Orientale (Vercelli) e di Andrea Merlotti, responsabile dell'ufficio studi e biblioteca della Venaria Reale (catalogo Electa). Sono stati scelti oltre 110 fra dipinti (con ritratti di cavalieri di Tiziano, Goya, Agostino Carracci, Mattia Preti, Frà Galgario, un ritratto equestre di Rubens); alcune sculture, bronzetti; codici, miniature, rari manoscritti; spade di ferro e acciaio; lo scudo in ferro del Tosone; armature con particolari da parata come gli speroni di bronzo dorato, leggere armature anche per bambini; manti regali come quello di Giuseppe Napoleone, re di Napoli e Spagna; collari e insegne degli ordini che sono gioielli (Toson d'oro, Annunziata, Elefante, Santo Spirito, Santo Stefano, Due Sicilie, Corona Ferrea, eccetera). Oggetti particolari: l'olifante da caccia in avorio del re di Portogallo con la Croce dell'Ordine di Cristo; insegne di pellegrinaggio in lega di piombo e stagno che inalberano San Giorgio e San Giorgio che uccide il drago. "I filoni dalla mostra sono tre e corrispondono alle fasi della storia degli ordini cavallereschi - osserva Andrea Merlotti - La prima fase inizia nel XII secolo, quando per difendere i regni di Terra Santa nacquero i Templari e gli Ospitalieri, seguiti più tardi dai Teutonici che sono Templari di lingua tedesca. Cavalieri che erano anche monaci e per questo si possono chiamare "cavalieri di Cristo". Dalla metà del XIV secolo, quasi tutti i sovrani europei diedero vita a ordini cavallereschi guidati da loro stessi e formati dai principali nobili: il modello erano re Artù e i cavalieri della "Tavola Rotonda". Nacquero allora l'Ordine della Giarrettiera, in Inghilterra, l'Ordine del Toson d'oro, in Borgogna, l'Ordine dell'Annunziata, nello Stato sabaudo e molti altri. I loro componenti erano "cavalieri dei re". Dal Seicento, al concetto di onore si affiancò sempre più quello del merito. Luigi XIV fondò due ordini (San Michele, in realtà già esistente, e San Luigi) per premiare il merito militare e civile. Durante il Settecento diversi sovrani fondarono ordini di merito: un percorso che si realizzò pienamente con l'istituzione dell'Ordine della Legion d'onore da parte di Napoleone nel 1802. Da allora si può dire che nei paesi democratici sia passato il principio - almeno sulla carta - che il vero onore è il merito". "Moltissimi sono ancora coloro che amano potersi far chiamare cavaliere perché la parola mantiene un fortissimo fascino - continua Merlotti.. Alcuni si accontentano dei titoli che offre il proprio ordinamento istituzionale, altri si ingegnano per esser cooptati negli ordini più disparati. Si potrebbe scrivere un trattato sulla fortuna degli ordini monarchici nelle moderne repubbliche". Gli ordini cavallereschi sono stati (e sono) centinaia. C'è un Paese che non li ha? "In antico la Repubblica delle Province Unite (attuale regno d'Olanda) non aveva ordini cavallereschi, che erano caratteristica dei paesi monarchici. Fra Otto e Novecento tutte le repubbliche si sono dotate di ordini. L'unica che è restata fedele alle radici dell'antico repubblicanesimo è la Svizzera". I Templari (nati col nome di "Cavalieri del Tempio" di Gerusalemme) con tutte le popolari e sbrigative trattazioni, storie e leggende in libri, cinema, televisione, magari rinforzate dalla "soap opera" del Santo Graal, fanno da "locomotiva" al titolo e alla mostra, con la loro tragica, sempre affascinante parabola di "potere e morte". La loro immagine moderna è legata al lungo mantello bianco con la Croce rossa, mentre nella "storia il mantello, per segno di umiltà, non era tinto e quindi aveva un colore grigio". In effetti i Templari sono stati l'ordine "più potente e illustre del Medio Evo cristiano". E possono essere considerati l'ordine cavalleresco più antico. "L'origine dei primi ordini non è del tutto chiara -precisa Merlotti - Quasi certamente gli Ospitalieri nacquero prima, ma all'inizio non erano un ordine militare. Per cui i Templari, pur se nati dopo, furono probabilmente il primo ordine a scegliere la vocazione delle armi". Nato nel 1119 ai tempi delle prime Crociate, dalla Terra Santa l'ordine si diffonde in tutta Europa espandendosi in prestigio, potere e ricchezze. In mostra c'è una tavola di Taddeo Gaddi, 1335-1340 circa, in cui papa Innocenzo III vede in sogno Francesco d'Assisi che sostiene a spallate la basilica Lateranense, simbolo della Chiesa. E il sonno del papa è vegliato da un Templare. Ma potere e ricchezze sono un binomio che non poteva non attirare altri potenti alla ricerche di denaro. Come il re di Francia Filippo IV il Bello che per attaccare i Templari e impadronirsi delle immense ricchezze usò il vecchio sistema di accusarli presso il papa di pratiche eretiche, pagane ed immorali. Le accuse e il processo andarono avanti per sette anni, dal 1307 al 1314. Filippo riuscì a far riunire un concilio che sancì l'abolizione dell'ordine il che avvenne nel 1312. Ma i Templari dovevano essere fisicamente eliminati: pochi in prigione, molti al rogo, compreso il Gran Maestro Jacques de Molay, uno dei riconquistatori di Gerusalemme, arrestato a tradimento, bruciato vivo a Parigi nel 1314. Filippo non riuscì ad incamerare tutte le ricchezze dei Templari perché il papa pretese che una parte arrivasse all'Ordine di Malta. Dalle ceneri dei Templari nascono in Aragona l'Ordine di Montesa e in Portogallo l'Ordine di Cristo. Dagli Archivi nazionali di Parigi e della Biblioteca nazionale di Francia, sono esposti il progetto della cancelleria reale di Filippo con la preparazione di un interrogatorio dei Templari (in cui i cavalieri confessavano di tutto e ancora di più pur di uscire da quei tormenti), e la copia manoscritta dell'ordine di arresto di tutti i Templari in territorio francese, del 14 settembre 1307. Una tempera e oro su pergamena, del 1416-1420 raffigura Filippo il Bello che si gode un bel rogo di Templari, da un'opera di Giovanni Boccaccio. Dell'odissea dei Templari fa parte l'opera più enigmatica della loro storia presentata in mostra. Una tavola di nessuna qualità formata da cinque assi orizzontali (141 per 74 cm), che l'esame al carbonio 14 ha datato al 1280, dipinta da autore anonimo di probabile origine medio orientale. Raffigura la cosiddetta "Testa di Templecombe", dalla omonima località inglese del Somerset e dalla omonima parrocchia. La testa non fu trovata in un luogo sacro, ma murata in un granaio e scoperta per le conseguenze di un inutile bombardamento tedesco sulla campagna inglese durante la Seconda Guerra Mondiale. In una formella mistilinea appare un volto di qualità pittorica rudimentale, di colore azzurrino contornato da capelli e barba rossiccia. Bocca e occhi spalancati. Il fatto di essere stato trovato in un villaggio sede di una precettoria dei Templari, di essere stato datato con attendibilità al 1280, a poco meno di trent'anni dall'inizio delle accuse che avrebbero distrutto l'Ordine, hanno fatto nascere ipotesi divergenti. Volto di Cristo. No, dell'idolo a forma di testa umana, denominato "Baphomet" (Bafometto), che i Templari avrebbero adorato in segreto. Testa del Battista. Ora nel catalogo della mostra Barbara Frale, specialista dei Templari, ricercatrice dell'Archivio segreto vaticano, ribadisce le sue tesi basate su documenti del processo contro i Templari trovati nell'archivio vaticano. Quel volto è il volto di Cristo, più precisamente il volto che era la sola parte visibile del lenzuolo della Sindone quando era piegato in forma di rettangoli. Perché i Templari sono stati i segreti custodi della Sindone dalla scomparsa del telo nel 1204 a Costantinopoli fino a metà Trecento quando ricomparve in Europa. Erano stati loro a rubarla dalla cappella degli imperatori bizantini durante il saccheggio della quarta Crociata. Fu un culto segreto perché sui ladri della Sindone c'era la scomunica di Innocenzo III. Un culto che veniva attuato anche nella cerimonia di ingresso dei nuovi cavalieri. I Templari erano stati spinti al furto per sottrarre la sacra reliquia che testimoniava la natura umana e la morte del Cristo agli eretici, come i Catari, che negavano l'una e l'altra. Come detto, questa è una mostra di storia. Che cosa significhi lo spiega Merlotti. Una mostra storica deve condurre il visitatore attraverso una vicenda che gli appartiene, ma di cui, probabilmente, ha perso il ricordo. Per questo essa deve parlare non solo ai sensi (aspetto peraltro indispensabile quanto si tratta di arte), ma alla coscienza. Nella mostra affrontiamo concetti come onore e merito, che hanno (o dovrebbero avere) una parte importante anche nella società in cui viviamo. Una mostra storica deve invitare con garbo il visitatore a guardare con occhi nuovi ciò che sin a prima gli appariva in un certo modo. Alla propria storia, ma anche alla propria arte. Le mostre di storia sono piene di copie moderne, riproduzioni che chiamano "parchi a tema". Le opere in mostra sono tutte "autentiche" e di grande qualità. Basti pensare a quelle che esponiamo nella prima sala per raccontare cosa fossero i cavalieri. Le più significative sono certo tre acquamanili - di fatto tre statue in bronzo - a foggia di cavaliere. Capolavori del Due e Trecento dal Museo del Bargello e dai Musei civici di Bologna. Nel Medio Evo anche i signori mangiavano con le mani e avevano bisogno di lavarsi le dita. Accanto ad essi sono due spade del Duecento e un elmo d'inizio Trecento (dal Museo di Palazzo Venezia e da Castel Sant'Angelo) che sono fra i più bei pezzi al mondo del loro genere. Completano la sala spada e speroni d'un cavaliere ritrovati dieci anni fa in una sepoltura in una chiesa di Aosta. Già solo queste opere varrebbero la visita. Oltre agli oggetti ci sono molte opere d'arte, in grande maggioranza dipinti. In realtà, anche molti 'oggetti' sono da considerarsi opere d'arte. La lapide mortuaria del cavaliere Giovanni Emo, del Museo di Treviso, per il suo committente, probabilmente, non era un'opera d'arte. Ma chi l'ammira oggi, e ne guarda le insegne degli Ordini del Dragone e della Giara, difficilmente pensa di trovarsi di fronte solo a un 'oggetto'. Lo stesso vale per le stupende armature (fra cui spicca il bellissimo scudo del Tosone, fra i prestiti più generosi che il Kunsthistoriches di Vienna ha voluto concedere) o ai sigilli di certi documenti. È indubbio, comunque, che l'arte figurativa faccia la parte del leone. Si va da Taddeo Gaddi, allievo diretto di Giotto, a Jean Perreal, il maggiore pittore francese fra Quattro e Cinquecento; da affreschi siciliani del Quattrocento, di Tomaso da'Vigilia, a tavole della scuola di Dürer. Fra le opere più belle è difficile non ricordare almeno il ritratto di cavaliere ospitaliero di Tiziano, dagli Uffizi, e il ritratto equestre di Giovan Marco Doria di Rubens: una 'pietra miliarè del genere, dalla Galleria nazionale di Palazzo Spinola. Non vi è quasi sala che non presenti dei capolavori: in quella sull'Ordine di Malta ci sono due capolavori di Mattia Preti: la "Predica di San Giovanni Battista" con l'autoritratto del pittore come cavaliere e il "San Giovanni Battista come cavaliere di Malta". In un'altra sala sono a confronto il ritratto di cavaliere costantiniano di San Giorgio di frà Galgario, uno dei più bei ritratti dell'arte italiana, e il ritratto del castrato Santarelli come cavaliere di Malta di Pompeo Batoni. Due opere che illustrano le metamorfosi dei cavalieri in età moderna, ma anche due opere straordinarie "in dialogo". E poi, dagli Uffizi, il ritratto della contessa di Chinchon di Goya, del 1801, che racconta meglio di qualsiasi altra opera come anche l'onore di una donna potesse passare attraverso l'ingresso in un ordine cavalleresco. E' l'unica "cavaliera"? No. Accanto è il ritratto che Anton Graf ha fatto nel 1792 a Carolina Maria Teresa di Borbone, principessa di Sassonia, come dama della Croce stellata e dell'ordine di Maria Luisa di Spagna. Quali sono le opere in mostra di cui siete più orgogliosi? Tutte ci sono egualmente care. Ognuno di noi, poi, ha le sue simpatie. Quando abbiamo tolto dalla cassa la predica del Battista di Mattia Preti e mi son trovato di fronte all'autoritratto del pittore che mi osservava, tenendo in mano, stretti insieme, la spada e il pennello (l'onore e il merito: appunto), confesso che mi sono emozionato. E ci sono opere rare a vedersi. Il preziossimo manto dell'Ordine del Toson d'oro del 1712. Il modello della grande Galera "bastarda" del gran maestro dell'Ordine di Malta: un modello di inizio Ottocento lungo circa tre metri per oltre uno e mezzo d'altezza, di grandissima maestria. Un'opera rarissima è la medaglia coniata durante la Rivoluzione Francese per i membri dell'Assemblea legislativa. Modellata sull'esempio delle insegne cavalleresche, la medaglia non portava un simbolo religioso, ma la dichiarazione dei diritti dell'uomo ed era retta da un nastro bianco-rosso-blu. Notizie utili - "Cavalieri. Dai Templari a Napoleone. Storie di crociati, soldati, cortigiani". Dal 28 novembre all'11 aprile 2010. Venaria Reale (Torino). Sale delle Arti, primo piano della Reggia. A cura di Alessandro Barbero e Andrea Merlotti. Promossa dal Consorzio di valorizzazione culturale "La Venaria reale" (presidente Fabrizio Del Noce, direttore Alberto Vanelli). Catalogo Electa. Allestimento Studio Gritella con Stefania Giulio. Ambientazione musicali Nicola Campogrande. Biglietti: intero 8 euro, ridotto 6; scuole 4. Biglietto mostra, Reggia e giardini intero 18 euro; scuole 7. ridotto 13. Orari: da martedì a venerdì 9-18,30; sabato 9-21,30; domenica 9-20; 1° gennaio apertura ore 11. Ultimi ingressi: un'ora prima della chiusura. Chiuso il lunedì tranne i lunedì festivi e 7 dicembre (orari della domenica). Chiuso 25 dicembre. Informazioni e prenotazioni +39 011- 4992333; http://www.lavenaria.it/ - prenotazioni@lavenariareale.it. Per le scuole 011-4992355; http://www.lavenaria.it/ - prenotazioneservizieducativi@lavenariareale.it.