Sullo scaffale
Un inquieto pittore disegna le sue opere 'sub specie musicae'. Impasta colori e ombre, ricorda a se stesso la magia dell'equilibrio che regola l'universo. Caravaggio appare costantemente impegnato a liberare le cose dallo "spazio" cui sembra destinato il loro esistere quotidiano. E lo fa a favore dell'esplicitazione di una sorta di "ritmo" originario. Quello di cui le cose medesime mostrano di essere, ai suoi occhi, gelose custodi. Il filosofo Massimo Donà nel suo nuovo libro 'L'angelo musicante. Caravaggio e la musica', edito da Mimesis (pp. 82, euro 4.90) mostra come il Merisi dipinga ritrovandosi sempre e comunque mosso all'atto pittorico da un furore essenzialmente musicale. E quindi dalla volontà di riconsegnare le cose tutte al fondo abissale, nero e indecifrabile che, solo, è in grado di ricordarci quel che nelle cose pulsa ingovernabile. Il pittore che spesso dipinse strumenti musicali ha un segreto: la narrazione dell'ombra e del suono. Fa emergere le sue figure da un abisso. Il fenomenico in Caravaggio –il pittore che prendeva a modello popolane e prostitute facendole diventare maestri e Madonne- non è solo reale, ma identità. Voce che si distingue, e allarga spazi di altre ricerche. L'angelo della musica, senza farsi riconoscere, accompagna i fuggitivi della Sacra Famiglia, ma anche ogni cercatore di senso. (Fonte Salvatore Balasco Agenzia Radicale) |