Lunedì 30 ottobre a Roma davanti a Palazzo Giustiniani verrà ricordato Achille Ballori ucciso a colpi di pistola da un folle alle 18.15 del 31 ottobre del 1917 mentre si trovava seduto nella sua stanza all’interno del Palazzo che allora era sede del Grande Oriente d’Italia e che il Fascismo confiscò ai massoni.
Stimato medico già direttore degli ospedali riuniti, assessore e vice sindaco di Roma, Ballori allora 67enne ricopriva la carica di Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico Ed Accettato in attesa dell’insediamento quale nuovo Gran Maestro del Grande Oriente al posto di Ettore Ferrari.
Alla cerimonia che avrà inizio alle 16.30 parteciperanno il Gran Maestro Stefano Bisi e il Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico ed Accettato Leo Taroni. Verrà deposta una corona d’alloro. Alle 18 invece al Vascello ci sarà un incontro nel corso del quale verrà ricordata la figura di Achille Ballori.
Scheda
Il 31 ottobre 1917, mentre a Nord è in atto la ritirata di Caporetto, verso le 18,15 un uomo sulla quarantina con pizzetto, abito grigio e cappello a lobbia, di media statura e robusto, suona il campanello del portone in via della Dogana Vecchia di Palazzo Giustiniani a Roma. Si presenta come Giobbe Giobbi e chiede di parlare con il 67enne Gran Commendatore del Rito Scozzese Achille Ballori, nonché Gran Maestro Aggiunto e sicuro successore di Ettore Ferrari alla Gran Maestranza.
Il presunto Giobbi si era recato già, senza trovarlo, a casa di Ballori in Via San Martino al Macao dicendo che doveva parlargli di un affare importante, ma Filomena la governante gli aveva riferito che era uscito e che lo avrebbe trovato appunto nella sede della Massoneria a Palazzo Giustiniani.
L’uomo viene fatto accomodare dagli usceri di Palazzo Giustiniani su una sedia all’ingresso, mentre un impiegato, Santolini, raggiunge Ballori nel suo ufficio per avvisarlo dell’ospite. Ballori, che è in compagnia del professor Ulisse Bacci, il Gran Segretario della Massoneria, si reca dal visitatore.
Racconta Santolini che l’uomo chiese: “È lei il commendator Ballori?”. E che alla risposta affermativa del primo, gridò: “Voglio parlare con lei, solo, fuori tutti” e “così dicendo – è la testimonianza dell’impiegato- fece un gesto largo con la mano e si vide che era armato di rivoltella. Contemporaneamente cominciò a sparare dei colpi contro Ballori che mi sembrarono tre o quattro. Avvenne una grande confusione, ed io, che mi trovavo nella seconda camera, ove si trova l’archivio, corsi verso gli uffici per chiedere aiuto”.
Ballori è lasciato solo, si rincantuccia in un angolo ma quando tenta di fuggire l’assassino spara 4 colpi, uno fa cilecca. Rimette la pistola in tasca, non va però via subito, anzi si mette a fischiare l’incipit di Cavalleria. Tranquillo solo quando un altro abitante dello stabile sale le scale ed entra impugnando una pistola si allontana.
Continua Santolini. “Tornato nella camera, trovai in quella della Giunta il Comm. Ballori sorretto dal Bacci e da qualche altro, il quale disse solamente: mi pare che mi abbia ferito qui, ed accennando la nuca cadde per terra. Cercammo di sorreggerlo, trasportandolo poi sul divano, ma egli quasi subito spirò”.
Dall’esame autoptico, eseguito all’Istituto di Medicina Legale in San Bartolomeo all’Isola, emerge che la morte è avvenuta per un colpo entrato alle spalle che gli ha spappolato mezzo cuore.
L’assassino lascia Palazzo Giustiniani e in tram, alle sette e mezzo è al n. 9 di via Augusto Valenziani dove è la casa dell’ex Gran Maestro Ettore Ferrari. Si rivolge alla portiera Clorinda Discepoli, affermando di dovergli consegnare una grossa somma di denaro. Ma lei ha la prontezza di dirgli che non c’è, che rientrerà solo la mattina dopo.
Lasciata casa Ferrari l’assassino è a palazzo Sciarra, sede del “Giornale d’Italia” dove ferma un fattorino a cui chiede perché non sia ancora uscito il giornale. Quando però questi gli risponde che il ritardo è dovuto all’annuncio dell’uccisione del professor Ballori lui esulta. Quasi ne è felice.
La Questura, allertata decide di porre in sicurezza tutte le case dei massimi dirigenti della Massoneria, ed a ragione. Tant’è il sedicente Giobbe Giobbi viene arrestato il giorno dopo verso le tre e mezzo da due poliziotti proprio mentre si aggira in via Torino, dinanzi casa dell’ex Gran Maestro nonché ex sindaco di Roma Ernesto Nathan.
Interrogato in strada dai due agenti in borghese, l’uomo esibisce il passaporto. E’ intestato a Lorenzo D’Ambrosio di anni 47, nato ad Avellino e residente a Roma in via Carlo Alberto 63, di professione farmacista. Ha moglie e due figli. Portato al commissariato di P.S. di via Magnanapoli, viene perquisito. In tasca ha un coltello a serramanico «a foglia d’olivo» di 9 cm e un revolver Smith & Wesson a 5 colpi, calibro 7,65 scarico.
Anarchico individualista, dinanzi al commissario manifesta tutta la sua avversione psicotica contro la Massoneria, che accusa delle peggiori cose del mondo secondo un ossessivo canone persecutorio. Era stato edotto a questa visione sotto le armi dal commilitone Angiolillo, l’anarchico che nel 1897 ammazzò il primo ministro spagnolo Cánovas del Castillo.
Assurde le accuse che D’Ambrosio rivolge all’Obbedienza: la porta di casa imbrattata di sterco, ricoperta di «segni minatori». Eppoi minacce ai suoi clienti per dissuaderli dall’entrare nella sua farmacia al punto da essere costretto a venderla.
Ed ancora la considera colpevole del suo internamento nel manicomio di Nocera nel 1916, e di ogni altro accidente o follia connessa alla sua vita, come la morte della sorella Costantina in America, asfissiata dalle esalazioni di gas illuminante per un rubinetto lasciato aperto.
Uscito dal manicomio di Nocera Inferiore, D’Ambrosio decide di vendicarsi. Dopo esserci stato già altre volte, si trasferisce definitivamente a Roma, qui trova lavoro presso alcune farmacie da cui per comportamenti strani viene ripetutamente licenziato. Ha un buon stipendio, 250 lire al mese. Dopo essersi fatto ancora licenziare il 24 ottobre si reca dall’armiere Armando Frinchillucci, in via Quattro Fontane 118 e acquista per 40 lire un revolver. Trova gli indirizzi dei massoni sulla Guida Monaci. Ed inizia a pedinare per primo lo scultore Ettore Ferrari, ma decide che la sua prima vittima deve essere Achille Ballori, il futuro Gran Maestro.
Durante l’interrogatorio dirà: “Debbo dichiarare che non avevo ragione alcuna di speciale antipatia per il Ballori, persona di ottimo cuore e di grande onestà. La mia intenzione era di colpire la Massoneria nelle sue personalità più rappresentative: avevo idea di uccidere, oltre il povero Ballori, anche Ettore Ferrari ed Ernesto Nathan. Che io non avessi ragione di odio contro il Ballori ve lo dimostri il fatto che stamane ho comprato due mazzi di fiori per deporre sulla sua tomba. Se non mi aveste arrestato avrei seguito fino all’ultimo il mio programma. Sabato mi sarei recato ai funerali del Ballori, e avrei fatto una strage […]
Nel corso dell’istruttoria il giudice Mosca, per il sospetto che fosse pazzo, chiede una perizia psichiatrica dell’imputato. Da essa risulta che Lorenzo D’Ambrosio è un «alienato criminale» affetto da «demenza paranoide», pertanto ritengono che ai sensi dell’art. 46 del Codice Penale egli non sia imputabile, ma essendo la sua libertà «pericolosa a sé e agli altri» si ordina il suo ricovero in manicomio. (Autore: Servizio Biblioteca)
Chi era Achille Ballori
Achille Ballori: medico, nacque a Dicomano (Pisa) il 29 aprile 1850. Fu direttore dell’ospedale civile di Mantova prima e degli ospedali Riuniti di Roma poi. Sotto l’amministrazione Nathan fu assessore all’igiene al Comune di Roma.
Nel 1874 risulta Maestro nella Loggia “Umanità e Progresso” di Pisa e nel 1891 fu Maestro Venerabile della Loggia “Rienzi” di Roma. Nel 1893 fu eletto Grande Maestro Aggiunto del Grande Oriente d’Italia. Il 20 marzo 1899 fu insignito del 33° grado e nel 1906 divenne Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico ed Accettato, carica che ricoprì sino alla morte. Per sua volontà fu cremato e seppellito nella tomba monumentale dei Gran Maestri al Verano.
Un Radio dramma per ricordare la tragedia
Durante la Gran Loggia di Rimini del 2016, in apertura delle porte del tempio a conclusione della prima giornata di lavori, venne mandanta in onda una drammatizzazione radiofonica intitolata “Il delitto di Palazzo Giustiniani” che ricostruiva appunto l’assassinio di Achille Ballori. A firmare l’opera, della durata di circa 6 minuti, e realizzata sulla base di documenti giudiziari originali, rapporti della polizia che indagò sul caso, articoli pubblicati dalla stampa d’epoca, Enzo Antonio Cicchino e Andrea Giuliano. Ballori era un personaggio noto nella capitale – fu direttore degli Ospedali Riuniti, consigliere comunale, vicesindaco e assessore nella giunta Nathan – e i giornali si occuparono molto del suo omicidio. Il radio dramma ha ricostruito quei fatti e il delirio dell’omicida, Lorenzo D’Ambrosio, che riferì agli inquirenti: “debbo dichiarare che non avevo ragione alcuna di speciale antipatia per il Ballori, persona di ottimo cuore e di grande onestà. La mia intenzione era di colpire la Massoneria nelle sue personalità più rappresentative: avevo idea di uccidere, oltre il povero Ballori, anche Ettore Ferrari ed Ernesto Nathan”.
Della vicenda si interessò anche il criminologo Enrico Ferri: “D’Ambrosio è evidentemente un allucinato […] la sua forma di follia mi sembra essere la paranoia o il delirio di persecuzione”. Il 29 aprile 1918, l’assassino venne prosciolto perché ritenuto “totalmente infermo di mente” e rinchiuso per sempre in manicomio.