Un argomento affascinante e, per certi versi, ancora misterioso come quello che riguarda la storia dell’ordine cavalleresco dei Templari, vantando una bibliografia a dir poco sterminata, può essere indubbiamente affrontato ed esaminato sotto diversi approcci.
Un argomento affascinante e, per certi versi, ancora misterioso come quello che riguarda la storia dell’ordine cavalleresco dei Templari, vantando una bibliografia a dir poco sterminata, può essere indubbiamente affrontato ed esaminato sotto diversi approcci. Ne fanno fede due saggi usciti recentemente, “I Templari e la Sindone di Cristo” di Barbara Frale, edito dal Mulino, e “I cavalieri templari” di Paolo Cavaleri, pubblicato dalla Hobby & Work. In effetti, si tratta di due ricostruzioni storiche che differiscono non solo nelle loro rispettive finalità, con il primo che evidenzia un interessante connubio storico tra la storia del Templarismo e il lenzuolo nel quale sarebbe stato avvolto il corpo del Cristo, dopo la deposizione dalla croce, e il secondo che introduce la storia dell’Ordine del Santo Sepolcro attraverso una disamina dell’architettura degli edifici templari disseminati in Europa, ma soprattutto negli intenti squisitamente storiografici.
Barbara Frale (che vediamo nella foto a fianco), allieva di Franco Cardini e apprezzata storica con una solida formazione teologica, da anni lavora nell’Archivio Segreto Vaticano, indagando soprattutto i risvolti politici ed economici delle accuse rivolte ai Templari che portarono alla dissoluzione dell’ordine cavalleresco per volere di re Filippo il Bello, con la passiva complicità di papa Clemente V. L’indubbio valore del suo saggio, che si legge con enorme interesse e partecipazione, sta nel fatto che l’autrice è stata in grado di trattare una materia a dir poco “esplosiva” - tenuto conto dei suoi inevitabili e allettanti richiami verso una letteratura “esoterica”, che riporta alla mente autori quali Dan Brown e Graham Hancock, maggiormente votata al puro e semplice sensazionalismo - attraverso un’indagine scientifica rigorosa, mantenuta nei canoni della storiografia più cauta e attenta.
D’altronde, se non ci si attiene a un’indagine rigorosa, è estremamente facile cadere in possibili trappole nelle quali l’approccio storiografico lascia inevitabilmente campo a soluzioni più fantasiose o, quantomeno, non sostenute da debite prove documentative. Al contrario, Barbara Frale ha avuto il merito di presentare i risultati di un lavoro che sta portando avanti da più di un decennio, nel quale oltre a mettere definitivamente fine alla leggenda del cosiddetto “Bafometto” (che vediamo in una ricostruzione popolare nel corso di un rito), ossia l’entità demoniaca che i Templari avrebbero adorato al posto di Gesù Cristo, riprende, con maggiori prove e documenti a disposizione, l’affascinante tesi che i cavalieri del Santo Sepolcro sarebbero stati in possesso della Sindone per circa un secolo, ossia tra la presa di Costantinopoli da parte dei componenti della quarta Crociata, nel 1204, e la fine dell’ordine del Tempio, avvenuta all’indomani dell’arresto in Francia dei suoi appartenenti, il 13 ottobre 1307. Non solo, questo saggio di Barbara Frale rappresenta solo la prima parte di un avvincente argomento spirituale e storico, qual è la Sindone, che sarà ulteriormente approfondito ed esaminato in un volume di prossima pubblicazione, dal sintomatico titolo “La Sindone di Gesù Nazareno”.
Approccio, invece, completamente diverso quello scelto da Paolo Cavaleri, storico dell’arte ed esperto di architettura cristiana nell’area mediterranea, il quale ha voluto nel suo agile testo “I cavalieri Templari” proporre una lettura che si potrebbe definire più convenzionale, visto che al di là di presentare in diversi capitoli distinti le chiese templari giunte fino a noi, partendo dalla loro pianta ottagonale, che riprenderebbe quella della moschea di Omar, la quale si trova sulla celeberrima spianata di Gerusalemme, si pone l’obiettivo di non mettere del tutto da parte aspetti e particolari di chiara matrice esoterica, riscontrabili proprio nei dipinti, nelle componenti architettoniche e nei simboli che si possono vedere all’interno di quegli edifici sacri.
Così, partendo dalla cappella di Notre-Dame de Laon, in Piccardia, al tempio di Lanleff, dalla chiesa di Montsaunès fino a quella misteriosa di San Bartolomeo a Soria, dalla celeberrima cappella di Rosslyn (fatta conoscere dall’immancabile Dan Brown ne “Il codice da Vinci”) fino alla roccaforte portoghese di Tomar (che vediamo nella foto), l’autore cerca di mantenere vivo un interesse del fenomeno templare partendo da una disamina architettonica per addentrarsi, attraverso interrelazioni storiche ed ermetiche, per dimostrare quanto la storia dell’ordine del Tempio abbia ancora da dirci, seguendo l’impostazione data ai tempi da Fulcanelli nel suo leggendario libro “Il mistero delle cattedrali”. Certo, i presupposti sono molto diversi rispetto al saggio di Barbara Frale, tenuto conto che Cavaleri non rinuncia ad ammiccare verso autori e opere che appartengono maggiormente alla sfera di un certo “esoterismo alla buona”, con rimandi all’immancabile “Il santo Graal” di Baigent - Leigh - Lincoln e ai “Misteri dei Templari” di Charpentier.
Un argomento affascinante e, per certi versi, ancora misterioso come quello che riguarda la storia dell’ordine cavalleresco dei Templari, vantando una bibliografia a dir poco sterminata, può essere indubbiamente affrontato ed esaminato sotto diversi approcci. Ne fanno fede due saggi usciti recentemente, “I Templari e la Sindone di Cristo” di Barbara Frale, edito dal Mulino, e “I cavalieri templari” di Paolo Cavaleri, pubblicato dalla Hobby & Work. In effetti, si tratta di due ricostruzioni storiche che differiscono non solo nelle loro rispettive finalità, con il primo che evidenzia un interessante connubio storico tra la storia del Templarismo e il lenzuolo nel quale sarebbe stato avvolto il corpo del Cristo, dopo la deposizione dalla croce, e il secondo che introduce la storia dell’Ordine del Santo Sepolcro attraverso una disamina dell’architettura degli edifici templari disseminati in Europa, ma soprattutto negli intenti squisitamente storiografici.
Barbara Frale (che vediamo nella foto a fianco), allieva di Franco Cardini e apprezzata storica con una solida formazione teologica, da anni lavora nell’Archivio Segreto Vaticano, indagando soprattutto i risvolti politici ed economici delle accuse rivolte ai Templari che portarono alla dissoluzione dell’ordine cavalleresco per volere di re Filippo il Bello, con la passiva complicità di papa Clemente V. L’indubbio valore del suo saggio, che si legge con enorme interesse e partecipazione, sta nel fatto che l’autrice è stata in grado di trattare una materia a dir poco “esplosiva” - tenuto conto dei suoi inevitabili e allettanti richiami verso una letteratura “esoterica”, che riporta alla mente autori quali Dan Brown e Graham Hancock, maggiormente votata al puro e semplice sensazionalismo - attraverso un’indagine scientifica rigorosa, mantenuta nei canoni della storiografia più cauta e attenta.
D’altronde, se non ci si attiene a un’indagine rigorosa, è estremamente facile cadere in possibili trappole nelle quali l’approccio storiografico lascia inevitabilmente campo a soluzioni più fantasiose o, quantomeno, non sostenute da debite prove documentative. Al contrario, Barbara Frale ha avuto il merito di presentare i risultati di un lavoro che sta portando avanti da più di un decennio, nel quale oltre a mettere definitivamente fine alla leggenda del cosiddetto “Bafometto” (che vediamo in una ricostruzione popolare nel corso di un rito), ossia l’entità demoniaca che i Templari avrebbero adorato al posto di Gesù Cristo, riprende, con maggiori prove e documenti a disposizione, l’affascinante tesi che i cavalieri del Santo Sepolcro sarebbero stati in possesso della Sindone per circa un secolo, ossia tra la presa di Costantinopoli da parte dei componenti della quarta Crociata, nel 1204, e la fine dell’ordine del Tempio, avvenuta all’indomani dell’arresto in Francia dei suoi appartenenti, il 13 ottobre 1307. Non solo, questo saggio di Barbara Frale rappresenta solo la prima parte di un avvincente argomento spirituale e storico, qual è la Sindone, che sarà ulteriormente approfondito ed esaminato in un volume di prossima pubblicazione, dal sintomatico titolo “La Sindone di Gesù Nazareno”.
Approccio, invece, completamente diverso quello scelto da Paolo Cavaleri, storico dell’arte ed esperto di architettura cristiana nell’area mediterranea, il quale ha voluto nel suo agile testo “I cavalieri Templari” proporre una lettura che si potrebbe definire più convenzionale, visto che al di là di presentare in diversi capitoli distinti le chiese templari giunte fino a noi, partendo dalla loro pianta ottagonale, che riprenderebbe quella della moschea di Omar, la quale si trova sulla celeberrima spianata di Gerusalemme, si pone l’obiettivo di non mettere del tutto da parte aspetti e particolari di chiara matrice esoterica, riscontrabili proprio nei dipinti, nelle componenti architettoniche e nei simboli che si possono vedere all’interno di quegli edifici sacri.
Così, partendo dalla cappella di Notre-Dame de Laon, in Piccardia, al tempio di Lanleff, dalla chiesa di Montsaunès fino a quella misteriosa di San Bartolomeo a Soria, dalla celeberrima cappella di Rosslyn (fatta conoscere dall’immancabile Dan Brown ne “Il codice da Vinci”) fino alla roccaforte portoghese di Tomar (che vediamo nella foto), l’autore cerca di mantenere vivo un interesse del fenomeno templare partendo da una disamina architettonica per addentrarsi, attraverso interrelazioni storiche ed ermetiche, per dimostrare quanto la storia dell’ordine del Tempio abbia ancora da dirci, seguendo l’impostazione data ai tempi da Fulcanelli nel suo leggendario libro “Il mistero delle cattedrali”. Certo, i presupposti sono molto diversi rispetto al saggio di Barbara Frale, tenuto conto che Cavaleri non rinuncia ad ammiccare verso autori e opere che appartengono maggiormente alla sfera di un certo “esoterismo alla buona”, con rimandi all’immancabile “Il santo Graal” di Baigent - Leigh - Lincoln e ai “Misteri dei Templari” di Charpentier.