Intervento del SGC Leo Taroni
Il Rito Scozzese Antico e Accettato che ho l’onore di rappresentare costituisce una parte importante nella storia e nello sviluppo della Libera Muratoria e affonda le sue radici negli ordini della cavalleria occidentale.
La sua prima apparizione in una forma organizzata risale al 1733 e da allora cominciò la sua ascesa in parallelo con la nascita delle Grandi Logge fino alla costituzione dei Supremi Consigli nelle rispettive giurisdizioni nazionali. Il Supremo Consiglio d’Italia, terzo dopo gli Stati Uniti e la Francia, fu fondato a Milano nel 1805.
Il Rito Scozzese oltre ad offrire ai suoi adepti un processo di perfezionamento articolato in gradi ai quali possono essere elevati secondo la loro maturità e i loro meriti, e quindi attraverso una ricerca fondata sullo studio e sulla riflessione dei rispettivi rituali, persegue quegli scopi che derivano proprio dallo spirito della cavalleria antica come la pratica della rettitudine, il culto della verità, della giustizia e della libertà, in un’ azione che deve sempre essere caratterizzata dalla tolleranza e dalla saggezza.
Al primo posto sta la difesa dei più deboli contro le prevaricazioni e le ingiustizie dei più forti e ne consegue un’opera costante per l’affermazione dei diritti delle donne e degli uomini.
Non è, quindi, un caso che dalla stesura dell’Atto di indipendenza degli Stati Uniti fino alla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, sia stata costante la presenza e l’impulso di importanti personalità della Liberia muratoria e del Rito scozzese in particolare.
Si è trattato di una grande operazione umanitaria e culturale nello stesso tempo.
Infatti, l’art 26 della Dichiarazione universale nell’affermare che ogni individuo ha diritto all’istruzione, precisa che la stessa «deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni e i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace».
Da ciò il nostro grande interesse per la cultura e per le istituzioni che la promuovono, al vertice delle quali stanno le Università, punti di riferimento, ma anche centri formativi di altissimo valore per i nostri giovani e, come è stato detto, «strumenti essenziali per lo sviluppo ed il consolidamento di società democratiche stabili e pacifiche».
Il concetto di pace e di pacifismo dovette essere rivisto con la fine della guerra fredda.
Non furono più le divergenze fra potenze grandi e piccole a giocare un ruolo determinante per la pace o per la guerra, che non potevano più essere in alcun modo tenute sotto controllo dai governi, come avveniva un tempo.
Oggi, almeno la metà dei conflitti in atto hanno origini etniche e quindi è necessario, per potere influire sulle cause, agire avendo sempre ben presente, come ricordava a suo tempo il presidente della Commissione europea, Jacque Delors, che se l’uomo è dotato dell’istinto della sopravvivenza, non possiede certo quello della convivenza. Vivere con gli altri è una conquista culturale e dunque la capacità di vivere insieme e quindi la pace riposano su una grande operazione culturale.
Per questo motivo il primo punto chiave di ogni nostro progetto riguarda proprio il rapporto pace – educazione, una educazione che non sia limitata all’età scolare, ma che consenta a tutti, nelle diverse condizioni socio economiche, di poter sviluppare per tutta la vita, o riprendere in qualsiasi momento, il loro processo educativo e formativo.
Secondo punto è l’affermazione della parità delle culture e dunque della importanza di tutte le radici culturali e il diritto per tutti di dedicarsi con particolare attenzione e amore alla loro ricerca.
Per radici culturali si intende concretamente il patrimonio costituito dalla lingua, dall’arte, dalle tradizioni, dai culti, dai riti e da tutte le altre possibili espressioni di un popolo sia materiali che immateriali.
Ma l’uomo che da una parte viene esortato ad esaltare le sue radici, deve nel contempo, con evidente contraddizione, diventare a pieno titolo cittadino del mondo. Naturalmente conciliare queste due esigenze non è certamente facile, ed è questa la sfida del terzo millennio soprattutto per i giovani: tenere assieme il rispetto di radici e tradizioni con la necessità di essere protagonisti del mondo moderno come soggetti con pieno diritto al libero accesso al progresso della scienza e della tecnologia.
Poiché la pace e la cultura, come ho voluto sottolineare, sono al vertice dei nostri obiettivi non potevamo restare indifferenti al processo di internazionalizzazione avviato dal Rettore Fabio Roversi Monaco in occasione del IX centenario dell’Università di Bologna, che non solo ha destato un grande interesse, ma ha fatto pure emergere l’esigenza di scrivere la storia di questa storica vicenda promuovendo, con uno specifico premio di studio, una ricerca che ne mettesse in luce gli aspetti più significativi. Prezioso è stato l’appoggio del prof. Roversi Monaco, presidente onorario dell’Osservatorio della Magna Charta Universitatum, al quale desidero esprimere la nostra riconoscenza, sia per i consigli e il sostegno fondamentale per la sua realizzazione, sia per aver voluto mettere a disposizione della ricercatrice il bagaglio indispensabile costituito dalla sua profonda conoscenza della materia e dalla fondamentale documentazione in suo possesso.
Desidero ringraziare il Rettore dell’Università di Bologna, prof. Francesco Ubertini, il Dipartimento di Storia Culture e Civiltà per il patrocinio concesso al nostro progetto, i membri della Commissione giudicatrice, prof. ssa Francesca Sofia, prof. Stefano Cavazza e dott. Luigi Milazzi, la prof. ssa Ilaria Porciani per aver seguito la dott. ssa Valentina Casini nel corso della sua ricerca.
Un grazie al prof. Roberto Balzani che ha sottolineato nel suo intervento l’importanza del ruolo svolto dall’Università di Bologna nell’internalizzazione degli studi universitari, che ha cambiato il volto delle relazioni intellettuali in Europa
Alla dott. ssa Valentina Casini, vincitrice del premio, vanno le mie più vive congratulazioni per l’approfondita ricerca che si concretizza nella presentazione di un pregevole lavoro che d’ora innanzi costituirà un punto di riferimento per la comunità internazionale degli studiosi.
Ultimo, ma non ultimo il mio grazie al prof. Morrone che ha seguito da vicino per il Rito Scozzese la realizzazione del programma di cui oggi celebriamo con grande soddisfazione il suo compimento.
La sua prima apparizione in una forma organizzata risale al 1733 e da allora cominciò la sua ascesa in parallelo con la nascita delle Grandi Logge fino alla costituzione dei Supremi Consigli nelle rispettive giurisdizioni nazionali. Il Supremo Consiglio d’Italia, terzo dopo gli Stati Uniti e la Francia, fu fondato a Milano nel 1805.
Il Rito Scozzese oltre ad offrire ai suoi adepti un processo di perfezionamento articolato in gradi ai quali possono essere elevati secondo la loro maturità e i loro meriti, e quindi attraverso una ricerca fondata sullo studio e sulla riflessione dei rispettivi rituali, persegue quegli scopi che derivano proprio dallo spirito della cavalleria antica come la pratica della rettitudine, il culto della verità, della giustizia e della libertà, in un’ azione che deve sempre essere caratterizzata dalla tolleranza e dalla saggezza.
Al primo posto sta la difesa dei più deboli contro le prevaricazioni e le ingiustizie dei più forti e ne consegue un’opera costante per l’affermazione dei diritti delle donne e degli uomini.
Non è, quindi, un caso che dalla stesura dell’Atto di indipendenza degli Stati Uniti fino alla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, sia stata costante la presenza e l’impulso di importanti personalità della Liberia muratoria e del Rito scozzese in particolare.
Si è trattato di una grande operazione umanitaria e culturale nello stesso tempo.
Infatti, l’art 26 della Dichiarazione universale nell’affermare che ogni individuo ha diritto all’istruzione, precisa che la stessa «deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni e i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace».
Da ciò il nostro grande interesse per la cultura e per le istituzioni che la promuovono, al vertice delle quali stanno le Università, punti di riferimento, ma anche centri formativi di altissimo valore per i nostri giovani e, come è stato detto, «strumenti essenziali per lo sviluppo ed il consolidamento di società democratiche stabili e pacifiche».
Il concetto di pace e di pacifismo dovette essere rivisto con la fine della guerra fredda.
Non furono più le divergenze fra potenze grandi e piccole a giocare un ruolo determinante per la pace o per la guerra, che non potevano più essere in alcun modo tenute sotto controllo dai governi, come avveniva un tempo.
Oggi, almeno la metà dei conflitti in atto hanno origini etniche e quindi è necessario, per potere influire sulle cause, agire avendo sempre ben presente, come ricordava a suo tempo il presidente della Commissione europea, Jacque Delors, che se l’uomo è dotato dell’istinto della sopravvivenza, non possiede certo quello della convivenza. Vivere con gli altri è una conquista culturale e dunque la capacità di vivere insieme e quindi la pace riposano su una grande operazione culturale.
Per questo motivo il primo punto chiave di ogni nostro progetto riguarda proprio il rapporto pace – educazione, una educazione che non sia limitata all’età scolare, ma che consenta a tutti, nelle diverse condizioni socio economiche, di poter sviluppare per tutta la vita, o riprendere in qualsiasi momento, il loro processo educativo e formativo.
Secondo punto è l’affermazione della parità delle culture e dunque della importanza di tutte le radici culturali e il diritto per tutti di dedicarsi con particolare attenzione e amore alla loro ricerca.
Per radici culturali si intende concretamente il patrimonio costituito dalla lingua, dall’arte, dalle tradizioni, dai culti, dai riti e da tutte le altre possibili espressioni di un popolo sia materiali che immateriali.
Ma l’uomo che da una parte viene esortato ad esaltare le sue radici, deve nel contempo, con evidente contraddizione, diventare a pieno titolo cittadino del mondo. Naturalmente conciliare queste due esigenze non è certamente facile, ed è questa la sfida del terzo millennio soprattutto per i giovani: tenere assieme il rispetto di radici e tradizioni con la necessità di essere protagonisti del mondo moderno come soggetti con pieno diritto al libero accesso al progresso della scienza e della tecnologia.
Poiché la pace e la cultura, come ho voluto sottolineare, sono al vertice dei nostri obiettivi non potevamo restare indifferenti al processo di internazionalizzazione avviato dal Rettore Fabio Roversi Monaco in occasione del IX centenario dell’Università di Bologna, che non solo ha destato un grande interesse, ma ha fatto pure emergere l’esigenza di scrivere la storia di questa storica vicenda promuovendo, con uno specifico premio di studio, una ricerca che ne mettesse in luce gli aspetti più significativi. Prezioso è stato l’appoggio del prof. Roversi Monaco, presidente onorario dell’Osservatorio della Magna Charta Universitatum, al quale desidero esprimere la nostra riconoscenza, sia per i consigli e il sostegno fondamentale per la sua realizzazione, sia per aver voluto mettere a disposizione della ricercatrice il bagaglio indispensabile costituito dalla sua profonda conoscenza della materia e dalla fondamentale documentazione in suo possesso.
Desidero ringraziare il Rettore dell’Università di Bologna, prof. Francesco Ubertini, il Dipartimento di Storia Culture e Civiltà per il patrocinio concesso al nostro progetto, i membri della Commissione giudicatrice, prof. ssa Francesca Sofia, prof. Stefano Cavazza e dott. Luigi Milazzi, la prof. ssa Ilaria Porciani per aver seguito la dott. ssa Valentina Casini nel corso della sua ricerca.
Un grazie al prof. Roberto Balzani che ha sottolineato nel suo intervento l’importanza del ruolo svolto dall’Università di Bologna nell’internalizzazione degli studi universitari, che ha cambiato il volto delle relazioni intellettuali in Europa
Alla dott. ssa Valentina Casini, vincitrice del premio, vanno le mie più vive congratulazioni per l’approfondita ricerca che si concretizza nella presentazione di un pregevole lavoro che d’ora innanzi costituirà un punto di riferimento per la comunità internazionale degli studiosi.
Ultimo, ma non ultimo il mio grazie al prof. Morrone che ha seguito da vicino per il Rito Scozzese la realizzazione del programma di cui oggi celebriamo con grande soddisfazione il suo compimento.
Leo Taroni 33°
SGC
SGC