“Massoneria e Fascismo” è il tema del convegno storico in programma a Terni il 12 dicembre, presso Palazzo Gazzoli, sede dell’amministrazione comunale. L’iniziativa è dell’Associazione Giuseppe Petroni con il patrocinio del Comune e della Provincia di Terni. I lavori avranno inizio alle ore 10:30 e, dopo i saluti delle autorità, prenderanno la parola il Gran Maestro Aggiunto del Grande Oriente d’Italia Santi Fedele, professore Ordinario di Storia contemporanea presso l’Università di Messina, il giornalista Sergio Bellezza, cultore di storia locale, e Santino Rizzo, presidente della Corte Centrale del Grande Oriente, al quale sono state affidate le conclusioni del convegno.
Gli interventi riguardano il periodo del regime mussoliniano, partendo dall’assassinio dell’onorevole Giacomo Matteotti, evento che sancì il carattere violento del Fascismo. Sergio Bellezza e Santi Fedele tracceranno l’excursus storico del periodo più buio della giovane democrazia italiana quando dai primi anni Venti fino alla morte del Duce, il concetto di libertà, nelle sue varie espressioni, diventò illusorio e anche la Massoneria, come tutto ciò non incline al regime, fu colpita. I suoi esponenti dovettero celare la propria identità per non essere perseguitati e nel tempo, chi non riuscì a difendersi, conobbe l’esilio, i campi di concentramento, la morte.
Dopo l’uccisione di Matteotti le forze democratiche avevano reagito ritirandosi sull’Aventino, mentre nel Paese si erano sviluppate tendenze rivoluzionarie da parte di gruppi come “Italia Libera” e “Patria e Libertà”, in cui si riunivano socialisti, anarchici e comunisti, quest’ultimi infiltrati tra i sovversivi da Carlo Farini, nel sostegno dei connazionali all’estero, raggruppati nelle Avanguardie garibaldine. Forte dappertutto la presenza massonica, da Pacciardi a Misuri, da Mario Angeloni ad Alfredo Morea, da Bencivenga al generale Capello, da Peppino Garibaldi a Tito Zaniboni. Direttamente coinvolta, secondo alcune fonti, anche l’Istituzione massonica nazionale, a cominciare dallo stesso Gran Maestro Domizio Torrigiani, all’epoca al vertice del Grande Oriente d’Italia.
Difficoltà organizzative e l’amore per la legalità, spinsero Giovanni Amendola a sperare fino all’ultimo in un intervento della re frenando gli slanci. I tempi si allungarono e l’onorevole Zaniboni agì per conto proprio. Fu arrestato il 4 novembre 1825 in un albergo romano mentre si apprestava ad attentare alla vita del Duce, che si sarebbe affacciato a Palazzo Chigi per celebrare l’Anniversario della Vittoria. L’attentato venne abilmente sfruttato dalla propaganda di regime, per far passare in second’ordine l’assassinio di Matteotti e liquidare definitivamente la Massoneria, cui notoriamente appartenevano Zaniboni e Capello che fu arrestato a Torino con l’accusa di essere coinvolto nell’attentato. Il loro processo si trasformava così in un processo alla Massoneria.
La promulgazione delle Leggi Speciali portarono alla chiusura in Italia delle logge, perquisizioni e arresti, anche in Umbria e soprattutto a Terni, prigionie e confino politico colpirono gli oppositori, spingendo all’esilio, più o meno volontario, molti antifascisti, tra cui tanti massoni, che all’estero continuarono la loro lotta contro il regime fascista e mantennero vivo, anche se fuori dai confini nazionali, il Grande Oriente d’Italia che si risvegliò in Italia dopo la caduta di Mussolini.