La risposta arriva sul Fatto di oggi: è Profumo che ha sentito l’odore e ne ha poi parlato con de Bortoli, il quale a sua volta ne ha parlato alla scuola di Letta, il quale a sua volta ha fatto un tweet, il quale a sua volta ha eccitato Travaglio, il quale a sua volta l’ha sbattuto in prima pagina.
Sentite come recita oggi il titolo d’apertura: “Mps, Profumo con De Bortoli: Ho visto i massoni all’opera”. Si parla di Alessandro Profumo, presidente di Mps dal 2012 all’anno scorso. E Profumo l’odore della massoneria sostiene di averlo sentito davvero. Scrive il Fatto: “Per spolpare la banca, secondo l’analisi di Profumo, i vertici hanno condotto una gestione dissennata, fra dirigenti che aiutavano i soliti amici e dirigenti incapaci promossi per affiliazione”.
Ci scuseranno Profumo e Travaglio, ma per rovinare una banca in questo modo non c’è bisogno di scomodare la massoneria: lo si fa abitualmente a tutte le latitudini.
La passione del Fatto per la massoneria – come per qualsiasi cosa abbia un sapore di trama oscura, di complotto, di manovra tenebrosa – nasce dal tentativo di dare addosso a Renzi anche su questo fronte: e francamente non si riesce bene a capire perché e in che modo, visto che tutti i guai di Montepaschi precedono questo governo e sono anzi riconducibili proprio a quell’area politica di centrosinistra che ha combattuto e continua ferocemente a combattere Renzi.
Ma tant’è: ai complotti si può solo alludere oscuramente, perché se potessero essere provati cesserebbero di essere complotti.
Da segnalare semmai che lo zelo antimassonico del Fatto non risparmia neppure la buonanima di Carlo Azeglio Ciampi, esaltato nell’editoriale del direttore perché “da buon arbitro fischiava i falli e i fuorigioco, estraendo fior di cartellini gialli e rossi”, ma condannato come perfido massone a pagina 3. “Certo è che la Dc – scrive Giorgio Meletti – riservò ai reduci del Partito d’Azione (ad alto coefficiente massonico) il potere su tre pilastri della finanza, Comit, Credit (con annessa Mediobanca) e Bankitalia”.
E se non fosse abbastanza chiaro, Meletti cita Lamberto Dini: “I governatori che ho conosciuto – Menichella, Carli e Baffi – non erano certamente iscritti alla massoneria”. E Ciampi? “Una deprecabile dimenticanza”, scrive allusivo il Fatto riportando una precisazione successiva dello stesso Dini.
Poi ci sarebbe anche Mozart, tra i massoni: ma di lui Travaglio pare non essersi ancora accorto.