PRATO – Ill.ma Rev.ma Eminenza Gianfranco Card. Ravasi, dopo la Sua cordiale lettera di risposta alla mia del 20 marzo u.s. nella quale chiariva che i Cari fratelli massoni era il titolo dato al Suo articolo dalla direzione del Sole 24Ore mi sono affrettato a leggere, come da Lei consigliato, il libretto della Congregazione per la Dottrina della Fede Dichiarazione circa le associazioni massoniche, il quale sottolinea, ancora una volta, attraverso recenti documenti ufficiali, l’inconciliabilità tra l’adesione alla Chiesa cattolica e alla massoneria.
Documenti invero noti alla gran parte dei massoni. Quello che manca in tale libretto sono i tentativi di dialogo succedutisi nel tempo non solo in Italia, a carattere del tutto spontaneo come la Chiesa ha sottolineato più volte, ma non privi di un tacito assenso della Stessa per decenni e non privi di argomentazioni veritiere. Del resto come ha trovato spazio l’articolo del p. Giandomenico Mucci S.J. del 1991 (l’ho riconosciuto dallo stile) se ne poteva, almeno a titolo di cronaca, citare qualcuno anche del fu p. G. Caprile S.J., se non altro più competente in materia e meno datato culturalmente.
Anche se non ufficiali quei numerosi documenti di don R. Esposito, p. G. Caprile, don V. Miano, J. Ferrer Benimeli fecero Storia e sono agli atti (per citarne uno: Massoneria e Chiesa Cattolica. Ieri, oggi e domani. Di J.F. Bemimeli e G. Caprile. Ed. Paoline. Roma, 1979 e 1982). Costoro furono lasciati andare in avanscoperta senza che la Chiesa ufficiale li avesse trattenuti. Fu anche grazie a costoro, alle loro competenze, ai loro studi approfonditissimi che si aprì un vero dialogo fra Chiesa cattolica e massoneria italiana, foriero di quel cambiamento del Codice canonico del 1983. Cambiamento arrestatosi anche per la nota vicenda P2.
E’ innegabile che molte cose sono cambiate nelle due Istituzioni come del resto anche Lei ammette nell’articolo, per cui vi è la possibilità di collaborazione in ambiti benefici. Per esempio la condanna In eminenti la madre di tutte le scomuniche, ci accusava di mischiarci fra classi diverse e fra religioni diverse. Oggi come si vede è la Chiesa cattolica accusata anche dai suoi aderenti interni di sincretismo religioso.
Noi non siamo mai stati né deisti, né sincretisti. Soltanto distorte interpretazioni degli Antichi doveri, più volte ripetute pappagallescamente, ove si affermava nel primo articolo «… oggi per altro si reputa più conveniente obbligarli soltanto a quella Religione nella quale tutti gli uomini convengono, lasciando ad essi le loro particolari opinioni…» non significava, per i nostri maggiori, aderire ad un sincretismo religioso, bensì all’ interno della Loggia essere buoni Cristiani senza manifestare le proprie diversità religiose di cui l’Inghilterra in tale tempo era colma e le lotte religiose avevano stremato l’Europa.
Se dovessi usare una parola per definire tale atteggiamento non userei il sincretismo, ma l’agnosticismo che vige in loggia in merito al sentimento religioso, augurandomi che tale nome preso in prestito da altra fattispecie non crei maggiori confusioni se interpretato in modo letterale. Ma al di là di ogni interpretazione e approfondimento la Chiesa ha comunque il diritto di rimarcare i propri confini e dichiarare chi ne stia dentro e chi ne è fuori; pur tuttavia non possiamo non ricordare che Leone XIII (1810-1903) fu l’ultimo papa che condannò, scomunicò, la massoneria con una certa veemenza e non senza una certa fantasia taxiliana (Humanum genus) pur in parte discernendo:
« …Questo per altro, che abbiamo detto o diremo, va inteso della setta Massonica considerata in se stessa, e in quanto abbraccia la gran famiglia delle affini e collegate società; non già dei singoli suoi seguaci. Nel numero dei quali può ben essere ve ne abbia non pochi, che, sebbene colpevoli per essersi impigliati in congreghe di questa sorta, tuttavia non piglino parte direttamente alle male opere di esse, e ne ignorino altresì lo scopo finale. Così ancora tra le società medesime non tutte forse traggono quelle conseguenze estreme, a cui pure, come a necessarie illazioni dei comuni principi, dovrebbero logicamente venire, se la enormità di certe dottrine non le trattenesse. La condizione altresì dei luoghi e dei tempi fa che taluna di esse non osi quanto vorrebbe od osano le altre. Il che però non le salva dalla complicità con la setta Massonica, la quale più che dalle azioni e dai fatti, vuol esser giudicata dal complesso de’ suoi principi …».
Successivamente Benedetto XV, autore del Codice di dir. can. del 1917, e lo stesso Pio XII furono gli ultimi ripetitori non originali; in seguito fu il materialismo storico il nemico d’abbattere. Del resto, nonostante le insistenze del prefetto Ratzinger, papa Giovanni Paolo II non permise alcun riferimento storico ecclesiale, come le altre Declaratio hanno sempre annotato a margine. Anche questo è motivo di riflessione.
Non voglio qui, Eminenza, prolungarmi. Nei miei trentennali studi sul problema già scrissi numerosi saggi sotto l’occhio vigile di don R. Esposito e Aldo A. Mola; voglio comunque ribadire lo spirito cristiano delle origini inglesi della massoneria (il Congresso internazionale di Losanna nel 1875 lo riaffermò con forza). L’antico e nuovo Testamento sull’Ara del Tempio doveva essere e lo fu anche per l’Italia nel periodo storico del G. M. G. Gamberini, la Verità rivelata e soltanto fattori storici intervenuti nelle varie nazioni portarono ad altre derive non compatibili.
Le stesse derive che parte minoritaria della Vostra Chiesa Vi addebita quando denuncia che anch’Essa è contaminata dalla gnosi spuria (vedasi don E. Innocenti: La Gnosi spuria, Città ideale, Prato, 2009, 2011, 2013), che poi diventa non si sa perché lo spirito massonico penetrato in ambiti vaticaneschi. «… Da qui le accuse ventilate da parte di certi ambienti integralisti cattolici che – per colpire alcuni esponenti anche gerarchici della Chiesa a loro sgraditi – ricorrevano all’arma dell’accusa apodittica di una loro appartenenza massonica…». Parole Sue, Eminenza; ma la connotazione negativa di massone è in gran parte opera Vostra nei trecento anni di conflitto e che si è riverberata anche sulle Vostre persone. Ma non si preoccupi, da principio l’atteggiamento infamante irrita, poi inorgoglisce, poiché se ne misurano le distanze abissali fra gli ingiuriosi e noi.
In fede e ricambio la viva cordialità rimanendo aperto ad ogni dialogo costruttivo anche con la parte più fondamentalista esistente al Vostro interno. Guglielmo Adilardi