«Ancora ricordo quel 7 febbraio 1986, 31 anni fa, quando la ’ndrangheta uccise mio padre Filippo Salsone a fucilate appena fuori della casa di campagna a Brancaleone. Avevo 14 anni. Lui che era un maresciallo di polizia penitenziaria morì tra le mie mani e anche mio fratello Paolo venne colpito alla testa da un proiettile di rimbalzo. Si salvò per miracolo. Io avevo 14 anni e la mia vita fu segnata da quel terribile omicidio. Ho avuto una vita difficile finché a 30 anni entrai nella massoneria, un’associazione culturale e filantropica pulita che mi ha dato forza e conforto e questo oggi posso rivendicarlo. Lei crede che con un padre ammazzato dalla ’ndrangheta, mentre era a capo delle guardie carcerarie di un penitenziario calabrese, io sarei diventato massone se avessi avuto gli stessi sospetti che certa opinione pubblica mostra di avere?».
È un torrente in piena quando parla, l’avvocato Antonio Salsone, che oggi presiede il collegio delle logge Goi di tutta la Lombardia. Altra terra in cui i pm ritengono che la ’ndrangheta la faccia da padrone dagli anni ’90 in poi. E consegna al “Tempo” un messaggio chiaro e forte da far conoscere idealmente a tutti quei politici che nelle dichiarazioni dimostrano ostilità e sospetto verso la massoneria… Leggi tutto (articolo di Dimitri Buffa)