È di prossima uscita la biografia di Giacomo Costantino Beltrami, massone, viaggiatore fra le tribù Sioux e Chippewa nel Nord America dell’Ottocento, scopritore di una delle sorgenti del Mississippi e autore del primo dizionario della lingua sioux, tuttora stampato negli Stati Uniti. La biografia di Beltrami (Mimesis Edizioni) è stata scritta da Luigi Grassia, giornalista del quotidiano La Stampa. In archivi ancora parzialmente inesplorati Grassia ha rinvenuto un diploma massonico intestato a Beltrami e diverse lettere inedite che lo stesso Beltrami scambiò con corrispondenti del calibro di Jefferson, La Fayette, Chateaubriand, Constant. Il libro sarà presentato nel mese di aprile alla Gran Loggia di Rimini dall’autore e dal responsabile del Servizio Biblioteca del Grande Oriente d’Italia, Bernardino Fioravanti.
Introduzione del libro a firma Luigi Grassia
Chi ha scritto il primo dizionario della lingua sioux? Non un americano ma un italiano, che si chiamava Giacomo Costantino Beltrami. E chi ha scoperto la sorgente del Mississippi più lontana dalla foce, andando da solo alla ventura in mezzo ai Sioux e ai Chippewa, vestito di pelli d’animale? Di nuovo quell’italiano, Beltrami. E chi ha raccolto la prima collezione di oggetti sacri, pipe, canoe e abiti delle tribù pellerossa, in un periodo storico (l’inizio dell’Ottocento) in cui nessuno in America lo faceva, perché ai nativi si sparava e basta? Sempre Beltrami. Che oggi negli Stati Uniti è conosciuto molto più che in Italia, come esploratore, studioso delle lingue sioux e azteca e pioniere della multiculturalità, in anticipo di varie generazioni sui suoi tempi. Uno spirito universale che nel momento in cui culmina la sua avventura, cioè quando scopre le sorgenti del “Padre dei Fiumi”, scioglie un inno al Grande Architetto dell’Universo.
Nel nostro XXI secolo il «Sioux Vocabulary 1823» di Beltrami è pubblicato in America dalla più autorevole casa editrice di testi sioux. E le collezioni di oggetti nativi di Beltrami suscitano tanto interesse che lo Smithsonian Institution di Washington ha chiesto (invano) di comprarsele e riportarle oltreoceano. Oggi quei reperti fanno bella mostra di sé presso il museo Caffi di Bergamo e il palazzo Luchetti Gentiloni di Filottrano (Ancona). Molti oggetti della collezione sono stati prestati nel 1987 al Glenbow Museum di Calgary, in Canada, per una grande esposizione internazionale di arte amerinda. E vale la pena di raccontare che cosa è successo quando una delegazione di stregoni sioux è arrivata a Bergamo apposta per ispezionare quel tesoro.
Gli sciamani erano sempre più entusiasti, mentre giravano fra le teche del museo Caffi. Si sono emozionati soprattutto davanti a un pezzo senza eguali, un tamburo-da-medicina come non se ne conservano in America, per i motivi detti sopra. Ma gli stregoni sono rimasti interdetti nel trovare i calumet, cioè le pipe sacre, esposti in maniera sbagliata. Il personale del museo non poteva neanche immaginarsi il problema: i cannelli erano attaccati ai rispettivi fornelli, mentre il rituale prevede che le due componenti vengano innestate solo al momento di fumare. Una cosa che avrebbe scandalizzato il famoso sciamano Alce Nero del famosissimo libro “La sacra pipa”. Da allora, al Museo Caffi i cannelli e i fornelli sono esposti nelle loro teche vicini gli uni agli altri, ma rigorosamente staccati, nel pieno rispetto del rituale. È il trionfo di multiculturalità.
Beltrami si considerava antropologo, linguista e promotore di ideali di fratellanza universale, anche in quanto espressione dello spirito massonico in cui si riconosceva; e soprattutto vedeva se stesso come esploratore: è stato questo il cuore della sua azione e della sua apertura multiculturale al mondo. Esploratore in senso lato, ricercatore spirituale, ma anche esploratore del mondo fisico. Vestito un po’ da “Ultimo dei Mohicani” come nel romanzo di James Fenimore Cooper, Beltrami raggiunge il 31 agosto 1823 le sorgenti sconosciute all’estremo nord della valle del Mississippi, facendosi rispettare lungo la strada dalle tribù native (senza mai uccidere nessuno) come grande guerriero e anche un po’ come stregone. Nel nostro XXI secolo quella sorgente, il Lake Julia, porta ancora il nome che Beltrami gli ha dato in onore della donna amata. E nel Minnesota ci sono pure una cittadina che si chiama Beltrami, e una Contea Beltrami. Proprio quel Beltrami lì.
Non bisogna farsi ingannare dalle apparenze: sotto la scorza rude e i vestiti di pelle a frange da pellerossa, Giacomo Costantino Beltrami nascondeva una personalità raffinata. Era un gentiluomo, già soldato di Napoleone, patriota, giudice, scrittore e alla fine viaggiatore un po’ per gusto e un po’ per forza. L’Italia post-napoleonica era divisa in tanti staterelli reazionari e Beltrami non poteva più vivere nella sua natia Bergamo, ormai occupata dagli austriaci, e neppure nelle Marche, dove aveva comprato una bella proprietà ma la polizia del papa lo vessava in quanto libero pensatore, simpatizzante carbonaro e massone. Per questo Beltrami se ne andò esule per il mondo. Un esule capace di dominare gli eventi, però. Da segnalare che il presidente degli Stati Uniti, James Monroe (fra parentesi, un fratello massone), ricevette Beltrami alla Casa Bianca in visita privata. E che i corrispondenti epistolari di Beltrami erano del calibro di Jefferson, La Fayette, Chateaubriand, Constant. Alcune lettere inedite sono state trovate da me in archivi poco esplorati, al pari di un diploma massonico con il suo nome.
Ma questo è il contorno: il piatto forte è la grande avventura di Beltrami fra i pellerossa in stile “Balla coi lupi” (il film), o meglio “Balla coi Sioux”, come un Kevin Costner italiano. Però un Kevin Costner vero.
Luigi Grassia
Il corto per ragazzi su Giacomo Costantino Beltrami della Fondazione Bergamo nella Storia