Con un convegno il 2 dicembre si chiudono a Perugia le celebrazioni in ricordo di Mario Angeloni, illustre perugino leader antifascista in esilio, morto in combattimento all’inizio della guerra di Spagna. Avvocato, repubblicano, Angeloni aderì alla Massoneria del Grande Oriente d’Italia durante l’ascesa fascista continuando a condividere gli ideali liberomuratori anche all’estero nel Grande Oriente in esilio. La singolare circostanza che nel 2016 ricorrano il 120esimo anniversario della sua nascita e l’ottantesimo della morte ha indotto lo scorso anno la storica Società generale di Mutuo Soccorso di Perugia a costituire un Comitato per le onoranze a suo nome al quale hanno aderito vari soggetti istituzionali, culturali e della società civile. Una prima commemorazione è avvenuta il 24 giugno con una lectio magistralis di Valdo Spini nella Sala dei Notari a Perugia.
L’incontro “Mario Angeloni, un antifascista europeo”, questo è il titolo del convegno del 2 dicembre, chiamerà a raccolta più esponenti del mondo della cultura per delineare il quadro completo di un personaggio che, con la sua vicenda, esprime i valori più alti di un’epoca buia e violenta e il cui esempio si affianca a tanti altri di quella storia poco conosciuta e non troppo lontana. La Università per stranieri di Perugia, a Palazzo Gallenga, ospiterà l’incontro che si svolgerà, per tutta una giornata – dalle ore 10,30 – a cura dell’Istituto per la Storia dell’Umbria Contemporanea. Tra i relatori anche la pronipote di Garibaldi, Annita Garibaldi Jallet. La sessione pomeridiana si chiuderà con un concerto, realizzato in collaborazione con l’Associazione Mazziniana Italiana, di Stefano Ragni, musicista di formazione umanistica e apprezzato divulgatore del repertorio italiano che è stato ospite anche del Grande Oriente, al Vascello, in occasione delle ultime celebrazioni per il XX Settembre. Iniziative a corollario del convegno di Perugia saranno la presentazione di una biografia di Mario Angeloni, curata da Renato Traquandi, e lo scoprimento di una lapide collocata in quella che fu la sua abitazione nel centro storico di Perugia.
Nel 1956, in occasione del ventesimo anniversario della guerra civile di Spagna, all’illustre perugino fu conferita la medaglia d’oro alla memoria. Anche il Grande Oriente d’Italia lo ricorda con una loggia a Perugia che porta il suo nome dal 1970.
Un profilo massonico di Mario Angeloni, con la sua tragica esperienza spagnola, è stato pubblicato lo scorso anno nell’edizione di maggio (numero 9-10) di “Erasmo”, il bollettino del Grande Oriente d’Italia. Autore dell’articolo, che qui riproduciamo integralmente, è lo storico Marco Novarino.
Mario Angeloni, il massone anti-franchista
Tra i massoni che scelsero la via dell’esilio per non sottostare al regime fascista la figura di Mario Angeloni assume una luce particolare sia per la giovane età, la coerenza delle scelte e la tragica morte facendolo diventare un simbolo della lotta ai totalitarismi. Angeloni rappresenta l’archetipo del libero muratore che pone al centro della propria esistenza la libertà e la difesa dei diritti umani. Figlio di un massone (il padre Publio fu il punto di riferimento della massoneria perugina all’inizio del Novecento), fu un dirigente della Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo e un convinto repubblicano ma al contempo fu uno strenuo sostenitore dell’unità delle forze antifasciste e per questo stimato dagli esponenti di ‘Giustizia e Libertà’ , dai socialisti e persino dai comunisti e dagli anarchici. Iniziato nel 1922, ventiseienne, nella loggia “Concordia” di Perugia, partecipò attivamente alla resistenza antifascista in Umbria, facendo parte della direzione del Partito repubblicano e costituendo, nel 1924, l’associazione “Italia libera”. Vittima delle violenze fasciste, venne arrestato e confinato prima a Lipari, poi a Ustica e infine a Ponza. Nel 1932 riuscì a espatriare in Francia e durante la dura vita dell’esilio divenne uno dei massimi esponenti della Lidu, che svolse un ruolo importante nel ‘fuoriuscitismo’ antifascista, e ricoprì per un breve periodo la carica di segretario del Partito repubblicano. Nel luglio del 1936 fu tra coloro che intuirono che la rivolta militare contro il legittimo governo repubblicano spagnolo, era il sinistro crepitio di una fiammata che nel giro di poco tempo sarebbe diventato un incendio spaventoso. I massoni furono fra le vittime designate dalla coalizione reazionaria facente capo al generale Francisco Franco che il 18 luglio 1936 iniziò «una crociata contro la politica, il marxismo, la massoneria» scatenando una guerra civile, che durò quasi tre anni e fu il preludio sotto molti aspetti, ideologico, politico, militare, della Seconda conflagrazione mondiale. In Spagna, oltre agli orrori della guerra, si instaurò un clima d’autentica persecuzione nei confronti dei massoni mano a mano che i nazionalisti conquistavano nuovi territori. Appartenere alla Libera Muratoria significava la condanna a morte senza processo né appello: esecuzioni sommarie avvennero a Salamanca, Zaragoza, Logroño, Burgos, Ceuta, Algeciras, Valladolid e a Malaga, per 80 massoni l’esecuzione avvenne con la “garrota”, medievale strumento che fu orrendamente usato dal regime franchista fino al 1974. Questo isterismo non colpì solamente i vivi ma si abbatté anche sui morti con profanazione di tombe di massoni, tanto che nel 1938 un decreto impose la distruzione dei simboli libero-muratori nei cimiteri.
Di fronte a tanta violenza e consci che in terra spagnola erano in gioco i principi di libertà, eguaglianza e fratellanza numerosi massoni accorsero come volontari in difesa della repubblica democratica spagnola. Tra questi non poteva mancare il giovane avvocato perugino che alla fine del luglio 1936 si recò a Barcellona insieme alla moglie, Maria Giaele Franchini, che s’impegnò come infermiera durante la guerra e in seguito diresse l’ufficio consolare italiano di Barcellona. Immediatamente Angeloni si mise in contatto con Carlo Rosselli, Camillo Berneri e ad altri, e il 17 agosto firmò l’atto costitutivo della Colonna Italiana che raggruppava i primi italiani che erano accorsi in Spagna per combattere il fascismo, dato che i generali golpisti avevano ricevuto fin dall’inizio l’aperto e concreto sostegno di Mussolini. Forte della sua esperienza militare acquisita come ufficiale della cavalleria durante la Prima guerra mondiale preparò inizialmente alle armi i componenti della Colonna per poi partire per il fronte di Huesca al comando di una compagnia di mitraglieri. La mattina del 28 agosto, sul Monte Aragón – che venne soprannominato dallo stesso Angeloni, Monte Pelato, per la sua totale mancanza di vegetazione – situato fra Huesca e Almudevar, gli uomini della Colonna italiana vennero attaccati dalle truppe franchiste, e Angeloni venne colpito da una raffica partita da un’autoblindo. Trasportato in ospedale, morì il giorno stesso a Sariñena, piccolo villaggio aragonese. Non fu il solo massone che diede la propria vita in questa guerra e tutti meriterebbero di essere ricordati. I massoni del Grande Oriente d’Italia in esilio lo fecero nel corso dell’Assemblea del 20 giugno 1937, esaltando le loro figure come un esempio per le future generazioni e il loro sacrificio venne collegato a quello dei fratelli Rosselli. (Marco Novarino)