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mercoledì 27 gennaio 2016

Massoneria. Dopo 108 anni l’incontro delle due gran logge italiane / Avvenire


Eccolo qui il volto cordiale, pacifico, dialogante, universale della massoneria italiana. «Siamo tutti figli dello stesso cielo, a cui guardiamo», tutti fratelli, muratori e non. È un momento storico, quello celebrato ieri pomeriggio al Casinò di Sanremo. Dalla rottura del 1908 non si erano mai incontrati pubblicamente. Loro, i Gran Maestri: Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, e Antonio Binni, Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori. Cantano in coro e si sorridono, caro Stefano, fratello Antonio. Non un attrito, sintonia perfetta. Di fianco a loro Aldo Mola, storico di vaglia della massoneria ma non solo. L’occasione è la ripresa dei prestigiosi “Martedì letterari” al Casinò sanremese, nati nel 1982 sulla tradizione dei Lunedì letterari degli anni Trenta. C’è un anniversario da celebrare, i 70 anni della Carta costituzionale. Nella quale i valori massonici traboccano e sulla quale ebbe un ruolo di primo piano, tra gli altri, il fratello Meuccio Ruini. Mola porge l’assist, la Costituzione come architettura. Parola che scivola come rosolio sulla platea doppia, il Teatro del Casinò e la limitrofa Sala Biribissi, più di 600 partecipanti stipati e concentratissimi, capaci di applaudire sempre e solo al momento giusto, misurati come i Gran Maestri. I valori della massoneria, che innervano la Carta, sono condivisibilissimi: il lavoro, rimarca Bisi, «dramma del nostro tempo», la convivenza, l’amor di patria, con il ricordo della maestra che insegnava a cantare, ma anche spiegava “Fratelli d`Italia”. Ma soprattutto l’articolo 2 che per Binni contiene «tutto l`insegnamento massonico. I diritti non sono concessi, ma riconosciuti dallo Stato. Sono i diritti dell`uomo, centrale, costruttore di futuro». E la laicità? Binni scuote il capo, con garbo: «Non la pensiamo come i fratelli francesi. Per noi è il luogo sacro del confronto, con l’uomo frutto di una creazione e da qui scaturiscono eguaglianza e fratellanza: siamo tutti figli di un unico cielo». Bisi ricorda che una frase assai simile, «Io e lei guardiamo entrambi il cielo» gli fu detta dall’allora vescovo di Massa Marittima monsignor Agostinelli; e poi l’ha sentita dall’imam di Firenze. «Siamo figli di un unico cielo», ribadisce. Mola incalza: e la bioetica? Il rischio che la scienza si disumanizzi? Binni precisa: la ricerca scientifica è cosa ottima, progressiva come la massoneria; preoccupa di più la tecnologia: «Bioetica? Riteniamo che non si possano dare soluzioni su basi unicamente religiose. Occorrono soluzioni eticamente condivise». Qui, però, sulla soglia del conflitto, si ferma. L’imbrunire s’impadronisce della riviera e nel Teatro dove Nilla gorgheggiava “Grazie dei fior” il clima è altrettanto idilliaco. Sarà un caso, ma viene citato pure il fratello Giovanni Pascoli. Che, ricorda Bisi, venne ammesso gratis perché talentuoso ma squattrinato: «Dovremmo fare lo stesso con le maestre, dallo stipendio magrissimo, perché loro sono la chiave dell’educazione che ci sta tanto a cuore. Abbiamo tanti professori universitari e pochissime maestre», i professori in sala annuiscono convinti. E ancora: ben venga a legge sull’associazionismo, così non ci sarà più chi s`inventa la sua loggia, magari con finalità losche, senza che si possa intervenire. «Non alziamo steccati, costruiamo ponti» concludono all`unisono, all`insegna del perfetto ecumenismo massonico. Qualcuno in sala ha i lucciconi. L’orgoglio massonico pulsa nelle vene, Bisi soprattutto lo rinfocola. Non è che questo è il primo passo verso la ricomposizione della frattura in un`unica comunione? I lucciconi si fanno lacrima e scendono, in segno d’approvazione. (Umberto Folena)