Le Commissioni Parlamentari di inchiesta. Diritti incomprimibili. E’ questo il tema del convegno, organizzato dalla Fondazione Einaudi, che si è tenuto il 26 luglio a Roma, nella Sala della Regina, Camera dei Deputati e al quale sono intervenuti Piero Tony, presidente del Dipartimento Giustizia, Comitato Scientifico Fondazione Einaudi; Giampiero Di Florio, Procuratore della Repubblica di Vasto; Davide Giacalone, giornalista e scrittore; Beniamino Migliucci, Presidente Unione Camere Penali Italiane; Enrico Costa, ex Ministro per gli Affari Regionali. Ha moderato Andrea Pruiti Ciarello, Cda Fondazione Einaudi, che a conclusione dell’incontro ha chiamato al microfono Stefano Bisi, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, che nei mesi scorsi ha affrontato nel corso di numerosi incontri questo tema, che è un tema di grande interesse giuridico oltre che politico e che solleva innumerevoli interrogativi.
Questi organismi vanno riformati, non garantiscono il cittadino
Bisi, nel suo intervento, ha ricordato come il Grande Oriente e lui stesso siano state vittime di un’iniziativa, che ha definito “illegittima sotto più aspetti”, messa in atto proprio da uno di questi organismi parlamentari al centro del dibattito: la Commissione Antimafia. Il Gran Maestro ha raccontato “l’incubo cominciato il 3 agosto di un anno fa quando venne audito per la prima volta da 50 parlamentari che lo interrogarono “in maniera violenta”. Un incubo culminato il primo marzo quando la Commissione inviò al Vascello, sede del Grande Oriente, 13 finanzieri dello Scico che eseguirono una perquisizione durata 14 ore e conclusasi con il sequestro degli elenchi degli iscritti alla Massoneria di Calabria e Sicilia. Un vero e proprio abuso, ha detto il Gran Maestro, al quale il Grande Oriente ha replicato rivolgendosi alla Magistratura ordinaria e alla Corte Europea. “Il potere di cui dispongono le commissioni parlamentari –ha sottolineato Bisi- è enorme, strasborda e lede i diritti dei cittadini. Sarebbe ora che il legislatore cominci a ripensare a questi organismi e a rimetterci mano. Spesso sentiamo dire –ha aggiunto- che i magistrati fanno un uso politico dello strumento giudiziario, ma io dico che il politico che usa lo strumento giudiziario per fare politica è molto peggio”.
Il potere delle commissioni d’inchiesta parlamentare è senza limiti
“Le norme non devono essere bandiere ma regole che diano garanzie”, ha sottolineato in apertura dei lavori l’ex ministro per gli Affari Regionali Enrico Costa, lamentando che troppo spesso i provvedimenti che vengono presi nella vita parlamentare “trovano il loro principio direttivo nella comunicazione all’esterno” e che in gran parte dei casi “il messaggio che di essi viene recapitato sia fuorviante”. Piero Tony nella sua relazione ha ricostruito la storia dell’istituto della commissione parlamentare, che ha il suo fondamento –ha ricordato- nell’articolo 82 della Costituzione . “Le commissioni parlamentari di inchiesta –ha osservato- secondo il dettato della nostra carta fondamentale, sono strumenti penetranti, necessari per conoscere la realtà e consentire al parlamento di legiferare nella maniera più adeguata”. Ma l’articolo 82 che le prevede, conferisce loro gli stessi limiti e poteri dell’Autorità Giudiziara. “Cosa –ha spiegato- che mette a soqquadro le idee chiare che avevamo con Montesquieu”. Non solo. Mentre infatti il potere dell’Autorità Giudiziaria, che è costituita dal Pm, che esercita l’azione penale nei confronti delle persone indagate e dal giudice che valuta le accuse mosse dal Pm, ascolta la difesa e decreta se debba essere celebrato il procedimento oppure no, è bilanciato, quello delle commissioni d’inchiesta, che possono anche utilizzare la polizia giudiziaria, come ha stabilito una storica sentenza della Consulta nel 1975 (la numero 231), non lo è affatto. “Il potere delle commissioni parlamentari d’inchiesta – ha sottolineato Tony- è senza limiti di sorta”.
Quali garanzie vengono fornite ai cittadini?
Quando questo organismo venne ideato fu in nome dell’interesse pubblico che non si volle creargli un perimetro . Ma oggi le commissioni , ha rimarcato dal canto suo il Procuratore Di Florio, sono sempre di più un istituto parallelo rispetto all’Autorità Giudiziaria. Possono, ad esempio, disporre le intercettazioni telefoniche più facilmente di quanto sia in grado di fare un magistrato. “Quali garanzie vengono dunque fornite ai cittadini? E’ evidente che il sistema non è corretto e che va senz’altro bilanciato”, anche se c’è chi osserva che le commissioni garantiscono il diritto alla difesa, ammettendo la presenza in audizione di un proprio legale, e anche se c’è chi ricorda che la loro funzione resta quella legislativa. “E’ vero che la Commissione non processa e non condanna”, ha osservato poi nel suo intervento Giacalone, ma è vero anche che “questo nell’era della comunicazione non ha alcun valore. La questione è grave e pesante, perché la commissione nel suo ruolo conoscitivo rischia di diventare una vera e propria fucina di notizie di reato e di notizie per la stampa”. Dello stesso avviso Migliucci, Presidente Unione Camere Penali Italiane, che ha ricordato anche il grande potere che hanno le commissioni, attraverso le libere audizioni, la raccolta di prove anche anonime, la stesura di rapporti di carattere generale, di influenzare l’autorità giudiziaria e il procedimento penale. Ha concluso l’incontro con un saluto il presidente della Fondazione Einaudi Giuseppe Benedetto.