Il 17 marzo, data che richiama la proclamazione del Regno d’Italia e che dal 2012 è per legge la “Giornata nazionale dell’Unità, della Costituzione, dell’inno e della bandiera”, sarà celebrato in tutto il paese. In quel giorno, il Comune di Rimini ricorderà l’anniversario con lo scoprimento di un busto di Giovanni Venerucci, il primo e più celebre patriota risorgimentale riminese che perse la vita nella sfortunata spedizione organizzata dai Fratelli Bandiera nel 1844. L’evento è organizzato con la collaborazione dell’Associazione “Giovanni Venerucci” che si è fatta promotrice dell’iniziativa donando al Comune il busto del patriota riminese realizzato dallo scultore Orazio Vitaliti, esponente del Grande Oriente. L’opera sarà collocata nel centro storico in via Fratelli Bandiera all’incrocio di via Giovanni Venerucci. La cerimonia si svolgerà alle ore 16.30.
L’Associazione “Giovanni Venerucci”, fondata a Rimini nel 1983 su impulso di Antonio Calderisi, Gran Maestro Onorario “alla memoria” del Grande Oriente d’Italia, scomparso nel novembre del 2011, e grande animatore, fino all’ultimo dei suoi giorni, della “primavera” della Massoneria, è da anni iscritta al Registro regionale dell’Emilia-Romagna delle associazioni di promozione sociale e, come espressione profana, riunisce le logge riminesi “Giovanni Venerucci” (849) e “Guido Nozzoli” (1282) e quelle di Riccione “Europa” (765) e “Giovine Europa Orgoglio Massonico” (1466).
L’idea di realizzare un busto del patriota riminese fu lanciata dall’Associazione “Venerucci” il 25 luglio 2011, in occasione delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia, durante un convegno di “Omaggio a Giovanni Venerucci”, realizzato dal Comune di Rimini con la collaborazione dell’Associazione “Giovanni Venerucci”, dell’Associazione Mazziniani d’Italia – sezione di Rimini e dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano – comitato di Rimini. Al protomartire risorgimentale è già dedicata una targa, posta sotto il municipale Palazzo dell’Arengo, inaugurata il 28 ottobre 1900 dalla Federazione “Giuseppe Mazzini” con una cerimonia che vide la partecipazione di quattromila persone. La targa fu rimossa nel 1916 a seguito del terremoto e ripristinata soltanto il 29 luglio 1961 per iniziativa dell’Associazione Veterani e Reduci Garibaldini in occasione del primo centenario dell’Unità d’Italia. Di Venerucci esisteva in realtà un busto in gesso, modellato nel 1912 dallo scultore Enrico Panzini e appartenente ai discendenti dell’eroe, ma rimase distrutto nei bombardamenti aerei della Seconda Guerra Mondiale. Dell’opera resta una foto conservata nella civica Biblioteca Gambalunga. Di qui l’idea di realizzare un busto in bronzo dedicato al patriota riminese. Grande anima del progetto, nonché vivo esecutore, è Orazio Vitaliti. L’approvazione dell’Assessore alla Cultura Massimo Pulini, il perfezionamento dell’atto di donazione al Comune di Rimini-Assessorato alla Cultura, l’individuazione di un luogo idoneo per la collocazione del busto bronzeo e i relativi problemi tecnico-burocratici hanno protratto i tempi dell’iniziativa. E ora la soddisfazione dell’Associazione Giovanni Venerucci per il compimento del progetto è grandissima. L’opera, patrimonio della città di Rimini, testimonierà nel tempo, attraverso la figura di un uomo appassionato, quei valori e principi universali che hanno motivato tanti Italiani a combattere fino all’estremo sacrificio per realizzare l’unità e la libertà del paese.
Giovanni Venerucci nasce a Rimini il 2 novembre 1808. Fabbro-ferraio, giovanissimo partecipa ai moti del 1831 la cui fiammata da Modena si propagò subitamente nelle Romagne, raggiunse le Marche e accese l’Umbria. Affilato alla “Capanna” carbonara dei “Fratelli del Dovere”, sottoposto a una rigorosa sorveglianza della polizia pontificia, perse il lavoro. Ciononostante, nell’aprile del 1832, ottenne il passaporto per recarsi a Foligno, città funestata da un recente terremoto, dove sperava di trovare lavoro. Verso il 1837 lo ritroviamo a Trieste, dove salpò per Corfù, isola allora protettorato inglese in cui gli era stato promesso un lavoro. Qui si affiliò alla Giovine Italia e fu membro della Loggia “Fenice” n. 1 all’Oriente di Corfù, fondata con patente del Grande Oriente di Francia il 23 giugno 1843. Partecipa alla sfortunata spedizione dei Fratelli Bandiera che si conclude con la cattura da parte delle truppe borboniche di Venerucci e di altri undici compagni di spedizione. II 25 luglio 1844, in località Vallone di Rovito in provincia di Cosenza, Giovanni Venerucci e altri otto partecipanti alla spedizione vengono mandati a morte, mentre a tre loro compagni è comminato l’ergastolo. Fiero e imperturbato, con l’intrepida serenità del martire, di fronte al plotone di esecuzione, dopo aver baciato ad uno ad uno i compagni, si rivolge ai soldati gridando loro: “Fratelli, tirate al petto e risparmiate la testa; poi gridate come noi: Viva l’Italia!”. Per l’irregolarità delle scariche, morì per ultimo, di nuovo gridando: “Viva l’Italia, viva la libertà, viva la patria”. Di lui ci resta un ritratto disegnato prima dell’esecuzione da uno dei graziati della spedizione dei Bandiera, Giovanni Pacchioni (1819-1887), litografo e scultore, repubblicano e Libero Muratore.