di Valentina Marelli
Sono passati esattamente due anni dalla prima volta che, con il Rito di York, ci recammo a Lisbona. La prima volta su suggerimento di Tiziano abbiamo scoperto dei luoghi ricchi di storia, fascino e soprattutto di simboli, questa volta abbiamo avuto la fortuna di avere il Presidente del Clan come guida esoterica d’eccezione in questi luoghi che molto hanno da raccontare. Per questo motivo si è deciso di redigere questa sorta di “diario di viaggio” che racconti le sue riflessioni e gli insegnamenti che solo chi percorre i sentieri della Conoscenza è in grado di poter trasmettere.
Se mi è concessa una piccola riflessione personale devo ammettere che Tiziano è una persona che ho imparato ad apprezzare con il tempo e con la frequentazione; perché non è una di quelle persone a cui piace ostentare la propria conoscenza, anzi, si pone sempre un passo dietro gli altri consapevole del fatto che poi alla fine ognuno di noi deve percorrere la propria strada. Alle mie insistenti domande, da curiosa ed irruente profana, molto spesso non ha risposto direttamente, anzi il più delle volte non ha risposto proprio, imponendomi di ricercare e di studiare per poi ritornare da lui con una interpretazione, con delle ipotesi che sono state la chiave per accedere a discussioni nelle quali mi ha fornito spunti per approfondimenti e riflessioni, solo allora sono arrivati dei suggerimenti, quasi a voler dire, parafrasando il suo modo di esprimersi “bene!, adesso prova a collegare questo che mi stai dicendo con quello che sai della storia dei Templari” e li poi arrivava in genere una perla, o un piccolo regalo; una citazione di un pezzo delle Scritture ad esempio. Ma nulla più.
Qualche volta invece si limitava a notare ad alta voce un particolare esclamando “bellissimo! Due animali che mangiano il fiore della vita!” e poi il silenzio.
Ecco alla fine quando frequenti Tiziano devi studiare per forza, ed ogni pezzo di Conoscenza te lo guadagni con fatica ed ore passate davanti al PC o sui libri, quando basterebbe un' ora nella quale ti spiegasse quello che sa. Invece no, lui quello che sa non te lo dice nemmeno sotto tortura! All’inizio reputavo odioso questo atteggiamento, poi chissà ormai sarà l’abitudine o meglio la rassegnazione ho imparato a conviverci, e vi dirò che forse ho anche imparato ad apprezzarlo in un mondo nel quale tutti soffrono di sindrome di protagonismo e vogliono a tutti i costi riversarti addosso quanto sanno non tanto per permetterti di crescere, ma molto spesso per dimostrarti che “loro” sanno. Ecco a Tiziano, purtroppo per me, non importa dimostrare nulla.
Ora vi starete chiedendo dove voglio andare a parare con questo preambolo e che ha che vedere con Lisbona, era solo per dire che quello che leggerete è il frutto di questi ami lanciati nel mare della interpretazione dei simboli e dei pesci che hanno abboccato.
Forse è solo frutto di coincidenze, o più probabilmente il fatto di essere il Presidente di un Clan come quello dei Sinclair la cui storia familiare si intreccia con quella dell’Ordine del Tempio è una sorta di Vip Pass per elementi strettamente connessi con i Templari. Nonostante due anni fa avessimo visitato il Castello de S. Jorge la statua di Alfonso il Conquistatore proprio non l’avevamo vista. Il Re portoghese Alfonso I il Conquistatore (1139-1185) infeudò i cavalieri del Tempio della regione montuosa delimitata dai corsi del Nabão, dello Zêzere e del Tago per ricompensarli del ruolo avuto nella guerra di Reconquista a partire dal 1147.
Come sappiamo il Portogallo, al pari della Scozia, dopo la soppressione dell’Ordine da parte della corona francese, accolse i Templari superstiti, gli anni in cui si svolsero i fatti appena citati mostrano una relazione con l’Ordine del Tempio già a partire dal loro periodo d’oro e le fattezze della statua sono evidente segno che Re Alfonso fosse un appartenente all’Ordine; lo possiamo vedere dall’abbigliamento, la tipica cotta da Cavaliere, e dallo scudo di foggia templare su cui fa bella mostra di se la croce patente simbolo da sempre degli appartenenti all’Ordine.
Non deludendo le nostre aspettative, anche la Cattedrale di Lisbona ci ha regalato momenti di crescita, avevamo già parlato di lei in un precedente articolo di questa rubrica “i luoghi della leggenda” da cui prenderemo qualche informazione giusto per ricollocare i simboli su cui ci siamo maggiormente soffermati.
Due accenni storici sono doverosi:
Nel 1150 Alfonso I il Conquistatore fece costruire, sul terreno dove sorgeva una Moschea, una sontuosa Cattedrale il cui destino e la cui architettura furono segnati da ben tre terremoti; motivo per il quale quello che ci ritroviamo ad ammirare oggi è un mosaico di architetture molto diverse motivate da azioni di restauro e di manutenzione o addirittura di ricostruzioni successive. La facciata principale di questa Cattedrale è in stile Romanico, ma contiene elementi che richiamano più lo stile Gotico di ispirazione squisitamente Francese, perché a questa facciata romanica, sono affiancati due torri campanarie gemelle, e al centro ed in altro, in corrispondenza del portale, il grande rosone circolare. Le parti più antiche restano quindi il deambulatorio ed il chiostro; perché sono le uniche rimaste integre dopo il terremoto, sono risalenti quindi all’epoca della costruzione. Il deambulatorio nascosto dietro l’abside, è costituito da nove cappelle gotiche, il chiostro del XIII secolo custodisce importanti scavi archeologici, come manufatti in pietra del VI secolo A.C., una cisterna medievale, botteghe e fondamenta islamiche. Nella cappella dei Santi Cosma e Damiano, troviamo i sarcofagi del XIV secolo di Lopo Fernandes Pacheco, compagno d’armi di Alfonso IV, e di sua moglie Maria Villalobos, tra i migliori esempi di sarcofagi della Cattedrale e di tutta la produzione tumulare portoghese. Lopo Fernandes Pacheco fu elevato Cavaliere dallo stesso Alfonso IV, e scelse personalmente come dimora per il suo sonno eterno la Cattedrale di Lisbona in modo da poter essere sempre al fianco del Re che aveva in vita servito con onore e lealtà.
L’effige del suo sarcofago lo dimostra in quanto lo ritrae con la sua spada da Cavaliere ed un cane ai suoi piedi. Nell’antichità il cane era uno dei simboli che rappresentavano il Male solo nel Medioevo venne associato alla fedeltà.
Ma è un particolare di non poco conto che ci riporta all’Ordine del Tempio; la lunga barba di Lopo Fernandes Pacheco, infatti i Templari portavano come segno distintivo la barba lunga.
Ma un altro particolare presente sul sarcofago ha attirato l’attenzione di Tiziano; l’immagine di due cani che sembrano aver divorato un terzo animale di cui si intravede solo una zampa.
Tutto lascia pensare che si tratterebbe di un Gallo, che cosa potrebbe voler significare? Ad un primo e frettoloso sguardo potrebbe sembrare una scena cruenta, ma da un punto di vista simbolico, spiega Tiziano, l’atto di “Mangiare” divorando qualcosa o qualcuno ha a che vedere con l’atto stesso di appropriarsene. I cani, nel momento in cui lo mangiano si appropriano simbolicamente delle caratteristiche esoteriche rappresentate dal gallo. Le fanno letteralmente proprie.
Da sempre Il Gallo è un animale strettamente legato al Sole, di cui annuncia il sorgere. E' il simbolo della rinascita ed è un alleato delle forze benefiche e protettrici, in tal modo molto probabilmente i due animali, che sono coloro deputati a vegliare per l’eternità il Cavaliere, nutrendosi del Gallo vogliono appropriarsi delle sue caratteristiche protettrici. Sicuramente questo sarà oggetto di studi e riflessioni più approfondite una volta tornati in Italia.
Immersi in un Universo simbolico composto fa Green Man, pentalfa e sigilli di Salomone, nel chiostro una statua lignea di una Maddalena evidentemente gravida, tanto che viene chiamata la Madonna “riempita”.
Non poteva mancare il misterioso capitello di cui avevamo parlato nel precedente articolo, di cui riportiamo qualche frase:
Infervorata dalle allora recenti letture sulla più famosa Cappella di Rosslyn nelle vicinanze di Edimburgo edificata dai Templari, mi sembrava di aver scoperto qualcosa di eccezionale e di molto simile al mais presente nella cappella, ovviamente senza tralasciare tutto il discorso che ne consegue. Ho quindi sottoposto l’immagine ad altri per averne un parere, e con mio sommo piacere si è intavolata una lunga ed accesa discussione sui simboli; alla fine arrivammo ad un compromesso più che ad una vera e propria conclusione, poteva trattarsi di “frutti” di Agave, più precisamente assomigliava al bulbo della pianta che viene lavorato al fine di estrarne il succo. Prima che esistesse la tequila, gli aztechi mischiavano succo d’agave e sale come rimedio per diverse infezioni della pelle. Studi recenti hanno confermato che l’agave ha effettivamente molte proprietà curative, ma noi ne sfruttiamo quelle alimentari nelle diete ipoglicemiche e ipocaloriche. Il succo o sciroppo d’agave si ricava dall'agave blu (Agave Tequilana), appartenente alla famiglia delle Agavaceae, una pianta succulenta del deserto del Messico. Ha radici lunghe e numerose, fusto breve, con rosetta di foglie carnose dotate di molte fibre, se tagliate presentano una struttura gelatinosa. Nelle foglie è quasi sempre presente la spina apicale, a volte le spine compaiono anche lungo i margini. Fiorisce presentando un'alta infiorescenza ai 7-8 anni di età della pianta, che in genere alla maturazione dei frutti secca. La zona dove si registrano le migliori condizioni ambientali per la coltivazione dell’agave è l’area geografica di Jalisco, vicino a Tequila. L'agave è piantata in territori estesi, dove i contadini la fertilizzano e la nutrono per diversi anni. Dopo i primi tre anni, le cime delle foglie vengono tagliate per accelerare la crescita e farla così maturare in 8 - 11 anni, per poter ricavare il miglior succo d'agave Lo sciroppo d'Agave è prodotto dall'amido della pianta, contenuto nelle radici a bulbo simili ad ananas, e chiamate dalle popolazioni locali "cuore". Si ottiene con un processo di estrazione e concentrazione totalmente naturale. Il succo viene filtrato dalle parti solide, poi lo si fa scaldare in modo da trasformare i carboidrati (l'amido) in zuccheri (fruttosio) e poi viene concentrato fino a ottenere uno sciroppo, leggermente più fluido del miele, ma senza sapore, in grado di dolcificare il 25% in più dello zucchero bianco.
La cosa curiosa è che effettivamente c’erano dei parallelismi con Rosslyn, infatti anche l’agave era una pianta originaria della porzione meridionale del Nord America, delle isole caraibiche, e della parte settentrionale del Centro America, con una maggiore concentrazione di varietà e diffusione nell'attuale Messico. Solo A partire dal XVIII secolo furono esportate dapprima in Europa, per motivi di studio e come piante ornamentali; successivamente furono esportate per le loro capacità produttive soprattutto in colonie di paesi europei che avessero caratteriche climatiche simili a quelle dei paesi d'origine. Come poteva essere conosciuta in Portogallo nel 1100?
Arrivati a questo punto del racconto credo che tutti noi conosciamo la risposta.
Nella colonna della foto, di cui purtroppo non abbiamo informazioni, sembrano rappresentate le tre processioni della consacrazione del Tempio di Salomone. Ma la colonna è incompleta o fortemente danneggiata e fa parte di un gruppo di reperti in marmo bianco abbandonati in un angolo del chiostro. Sembrano far parte di un blocco unico ma non sappiamo la loro funzione ne tanto meno la collocazione originaria, sugli altri sono rappresentate scene che richiamano ad episodi del Vecchio Testamento, ma visto lo stato in cui si trovano è difficile ricostruirne il percorso di senso.
Interessante è anche il sarcofago abbandonato quasi rivenuto in una nicchia del chiostro accanto a tanti altri in pessimo stato conservativo, curiosa è la rappresentazione di due diversi tipi di bastoni; il primo che richiama il bastone vescovile che ha il nome di Pastorale che è simbolo dell’autorità ecclesiastica e spirituale del Vescovo. Accanto un bastone che potrebbe essere una rappresentazione simbolica del Bastone Fiorito di Aronne.
Sebbene molti sono gli spunti di riflessione emersi da questa visita e nonostante forte sia il senso di appagamento tante restano le domande che non hanno una risposta, tanti i simboli su cui lavorare ed interrogarci. Nonostante nella nostra visita abbiamo perso il senso del tempo, come conviene che accada in un luogo sacro, siamo consci di aver percorso appena pochi passi sul cammino della conoscenza.