di Paolo Callari
Dato l’argomento massimamente esteso minimamente comprensibile ho preferito fare da me piuttosto che utilizzare lo “scialbo” compilativo copia e incolla dal web, tanto, errore per errore, sbaglio di testa mia. Per una definizione della fisica spazio e tempo si equivalgono. Per il tempo determinato che c’è dato da vivere e la coscienza di dovere morire lo squilibrio della paura potrebbe avere indotto il genere umano a trovare in se stesso ciò che resiste al disfacimento del corpo. Il cammino spirituale, pertanto, se l’uomo fosse eterno, nella sua consistenza materiale, probabilmente, non si sarebbe mai ritenuto utile ed opportuno da percorrere. Il tempo, pertanto, potrebbe essere lo spazio dell’Universo che ci è stato assegnato da vivere. Resta incluso nel concetto che, dato lo spazio da vivere nel quale muoversi, nulla è concesso fuori da questo spazio, se non in quella consistenza, mai pesata da nessuno, che chiamiamo cammino spirituale. La letteratura sulla quale si fonda la spiritualità del Cristianesimo e dell’Ebraismo, sia vecchio che nuovo testamento, raccontano di storie, a volte dal taglio della leggenda, del mito, della favola. Storie d’amore bellissime, ineguagliabili, il Cantico dei Cantici, il Libro di Ruth, e la terminologia che Maria rivolge a suo figlio Gesù di Nazareth, storicamente esistito secondo gli atti del processo che sono arrivati fino a noi. Se il tempo è lo spazio che ci è stato affidato per svolgere il nostro compito all’interno della storia dell’ Universo non mi dilungherò oltre nella mia trattazione per non rubare tempo alle meditazioni che la mia potrà promuovere in ciascuno di noi.