Sono trascorsi esattamente novantadue anni da quell’11 Ottobre 1924, giorno in cui le Sedi del Grande Oriente d’Italia di Roma, Milano e Palermo furono assaltate e devastate dalle squadracce fasciste.
La persecuzione antimassonica da parte del fascismo era iniziata già nel 1912, quando la rivista “L’Idea Nazionale” si era fatta promotrice di una sistematica campagna di diffamazione contro le Obbedienze Massoniche allora esistenti in Italia. Nel primo congresso fondativo del partito nazionale fascista, tenuto a Roma dal 7 all’11 Novembre del 1921, la proposta di incompatibilità tra fascismo e Massoneria fu approvata per acclamazione.
Tale incompatibilità fu ancor più fermamente sancita nella seduta del Gran Consiglio del Fascismo del 13 Febbraio del 1923. La Gran Loggia di Piazza del Gesù, nata dalla scissione dal Grande Oriente d’Italia nel 1908, si allineò pronamente e prontamente alla deliberazione del Gran Consiglio fascista affermando in una dichiarazione stampa che i massoni aderenti “obbediscono devotamente alla gerarchia fascista, superiore a tutte le contingenze e quindi possono continuare a servire la Patria e l’organizzazione fascista, fedeli e disciplinati al supremo duce Benito Mussolini e al suo governo” e rendendo obbligatoria una dichiarazione di fedeltà al fascismo da parte dei propri affiliati.
Subito dopo, il 13 Febbraio del 1923, esplose la violenza contro i Massoni ed Templi Massonici del Grande Oriente d’Italia. Il giornale “Cremona Nuova”, controllato dal gerarca Roberto Farinacci, invitava le autorità ad entrare in possesso degli elenchi dei nomi dei massoni per “fucilarli in massa, come traditori della patria” mentre a Firenze il Direttorio del Fascio pubblicò un manifesto in cui si proclamava: “Da oggi in poi, né i massoni né la Massoneria devono rimanere anche un solo attimo liberi dalla persecuzione. La distruzione delle Logge è diventata una farsa. Si devono annientare, senza misericordia, i massoni, i loro beni, i loro interessi. Essi devono venir cacciati via dai pubblici impieghi… Nessuno deve restare escluso.
I bravi cittadini devono schivare ogni massone. Sotto il peso della nostra forza, essi devono venir isolati, come lebbrosi; noi dichiariamo guerra a questa associazione di codardi e vogliamo fare il nostro dovere, liberare finalmente l’Italia da questi acerrimi nemici”.
Intanto le squadracce fasciste attuavano un sistematico piano di distruzione di tutte le sedi massoniche italiane, colpendo in maniera selvaggiamente distruttiva a Torino, Pistoia, Lucca, Livorno, Siena, Firenze, Bari ed Ancona. A Venezia gli arredi sequestrati alle logge vennero esposti nella casa del fascio e il 7 agosto e il 13 settembre 1924 a Roma furono compiuti due tentativi di assaltare la sede del Grande Oriente a Palazzo Giustiniani. L’11 Ottobre 1924 tali assalti ebbero esiti assai devastanti a Roma, Milano e Palermo.
L’atto formale finale di questa crescente ondata di persecuzioni si ebbe il 19 Maggio del 1925 con l’approvazione, con 289 voti favorevoli e solo 4 contrari, da parte della Camera dei Deputati della legge sulla disciplina delle associazioni (“Sulla disciplina di associazioni, enti e istituti e sull’appartenenza ai medesimi del personale dipendente dallo Stato”), presentata da Mussolini e mirante soprattutto allo scioglimento della massoneria.
La stesura del testo venne preceduta dal lavoro di una Commissione di studio, denominata dei Quindici, specificamente dedicata alla storia e all’opera della Massoneria. La commissione, presieduta dal senatore Giovanni Gentile, giunse alle conclusioni che la Massoneria era portatrice di una mentalità straniera, che il segreto massonico corrompeva il costume e i caratteri degli italiani disposti “naturalmente alla franchezza e sincerità”; che l’anticlericalismo massonico era “meschino, fazioso e antiquato” e ostacolava l’avvicinamento tra l’Italia e la Chiesa cattolica e che dietro l’istituzione massonica si nascondeva una specie di “organizzazione camorristica di difesa di interessi puramente privati”.
Nella famosa notte di San Bartolomeo, tra il 3 ed il 4 Ottobre 1925 a Firenze gli squadristi della Legione di Tullio Tamburini uccidevano i massoni Giovanni Becciolini, Gaetano Pilati e Gustavo Console e l’11 ottobre 1925 la sede della Gran Loggia di Piazza del Gesù, nonostante le precedenti supine sottomissioni al fascismo, venne completamente distrutta.
Quindi il Senato approvò a sua volta il 20 novembre, con 208 voti favorevoli 6 contrari e 21 astenuti, la legge liberticida, che venne poi promulgata il 26 novembre 1925 e per evitare inutili spargimenti di sangue e ulteriori violenze, come abbiamo già detto, il 22 novembre il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Domizio Torrigiani, senza attendere la promulgazione della Legge, ordinò l’autodissoluzione delle Logge italiane alla sua obbedienza e la “Rivista Massonica” dopo 54 anni di vita regolare cessò le pubblicazioni.
La persecuzione antimassonica proseguì per tutto il periodo della dittatura, tanto che Mussolini, rivolgendosi a un gruppo di federali, disse: “I massoni che sono in sonno potrebbero risvegliarsi. Eliminandoli si è sicuri che dormiranno per sempre”.
Molti massoni, tra cui lo stesso Gran Maestro, intrapresero la via dell’esilio pur di non sottostare agli arbitrii e soprusi fascisti. Il 23 Aprile del 1927 Torrigiani, di ritorno dall’esilio in Francia, fu arrestato ed inizialmente tradotto presso il Carcere di Regina Coeli e successivamente inviato al confino dapprima a Lipari, poi a Ponza.
Le misure di sicurezza adottate nei suoi confronti furono particolarmente dure e intense; prevedevano infatti vigilanza diurna e notturna con la scorta raddoppiata, pattuglie militari a vigilanza della sua abitazione ed un servizio di pattugliamento marino al fine di evitare qualsiasi tipo di fuga. Liberato solamente nell’aprile del 1932, ormai cieco a causa delle sofferenze patite al confino, il 31 agosto 1932, nella sua casa toscana di Lamporecchio, passò all’Oriente Eterno.
Per tornare a rivedere i labari massonici dissepolti dai più reconditi nascondigli si sarebbe dovuta attendere la fine del ventennio fascista e della seconda guerra mondiale. (di N.C.)
“Non è il potere che corrompe, ma la paura. Il timore di perdere il potere corrompe chi lo detiene e la paura del castigo del potere corrompe chi ne è soggetto.”
Aung San Suu Kyi.