Stefano Bisi ha dovuto trascorrere alcuni anni nella massoneria prima di veder sorridere Armandino Corona. Quando lo incontrò la prima volta, a Siena, il «grande Grande Maestro» aveva uno sguardo severo che non si addolcì per tutta la visita alla loggia. Il Corona allegro lo vide tempo dopo a Roma, al Vascello. Era una foto: «L’unico ritratto sorridente in tutta la galleria dei Grandi Maestri nella sala della Giunta. E faceva a cozzi col volto accigliato che quel giorno a Siena mi aveva colpito tanto. Ero un giovanissimo Apprendista, all’epoca».
Ora il Grande Maestro del Goi, il Grande Oriente d`Italia, è lui: Stefano Bisi, giornalista toscano di 59 anni, cranio lucente e volto sostanzialmente senza età, martedì era a Cagliari per intitolare la loggia di piazza Indipendenza al Grande Maestro di Villaputzu, che i massoni italiani ricordano per l’allontanamento dei piduisti mentre per i sardi – massoni o meno poco importa, basta aver conosciuto la Prima Repubblica o uno scorcio della Seconda – rimane la più asciutta e densa sintesi del potere. Eppure Bisi, che spiega di volersi muovere sulla strada di Corona, racconta una massoneria caritatevole e rassicurante, intenta a celebrare i 70 anni della Repubblica, a organizzare cure dentistiche gratuite e a rifornire di tende i braccianti africani che raccolgono le olive a Mazara del Vallo.
La massoneria è percepita come un centro di influenze e affarismo, dove si entra per avere una marcia in più. Lei parla di braccianti e operai: quand’è l’ultima volta che è stato affiliato un operaio? «Chi entra per avere una marcia in più esce subito, perché capisce immediatamente che non è il luogo giusto. Quanto agli operai, certo che ne entrano. Anche perché appartenere al Goi non è costoso come qualcuno immagina: di media servono quattro, cinquecento euro all’anno, che si possono pagare anche ratealmente».
Sono davvero tempi di crisi se si può pagare a rate anche la quota della massoneria. «È una cosa che esiste da sempre, non è una novità di questi giorni. Ma la crisi c’è, questo sì, e colpisce i fratelli come chiunque altro. Noi stiamo attenti a chi è in difficoltà e se qualcuno non può sostenere il peso di queste quote, lo si aiuta. La nostra non è un’elite professionale o sociale: è e vuole essere un’elite di sensibilità e di attenzione».
C’è anche crisi di vocazioni? «Per nulla: proprio ieri siamo arrivati a 23.111, il record storico del Grande Oriente d’Italia, distribuiti in 850 logge in tutte le province d’Italia».
Quanti sono i massoni sardi? «Circa 1.400. Quella sarda è una bella massoneria, con una storia importante e fratelli molto impegnati nel sociale. Per questo, quando a Cagliari ebbi l’impressione che il ricordo di Armando Corona si stesse lievemente affievolendo, capii che era giusto ricordarlo nella sua città dedicandogli una loggia. Parliamo del Grande Maestro che ha salvato il Goi: le liste della P2 avevano gettato una luce negativa sul Grande Oriente e fu lui con molta pazienza, con molta forza e con tutto il peso della sua autorevolezza – a riportarlo nell’alveo della migliore tradizione».
A rifletterci dopo vent’anni di berlusconismo, non sembra che ai piduisti le cose siano andate tragicamente. «La Propaganda 2 era nata nel Grande Oriente d’Italia, ma deviò: Licio Gelli la organizzò come volle e a quel punto non era più una loggia, era una cosa diversa. L’ho detto anche alla commissione Antimafia: una loggia è esclusivamente un luogo dove si fanno i lavori rituali con indosso il grembiule e i guanti, chiunque faccia dell’altro è fuori. Oggi di P2 nel Goi non è rimasto nulla ed è merito di Corona, che abolì anche i “fratelli all’orecchio del Gran Maestro”».
Vale a dire? «Lei è massone e lo sappiamo solo noi due, gli altri fratelli no. Questa cosa non esiste più, i fratelli sono solo quelli che figurano nel ruolo del Goi».
Perché non pubblicare i nomi? «Perché direbbero: “E gli altri perché non ce li dite?”. Io penso che ogni uomo abbia diritto a una sfera di riservatezza e che sia sbagliato chiedere di pubblicare l’elenco di qualunque organizzazione, che sia un partito, un sindacato, un’associazione cattolica o musulmana. Hai il diritto di dire che ne fai parte, non l’obbligo. Stefano Rodotà, che è stato garante per la Privacy e non mi pare certo in odore di massoneria, ha detto che la trasparenza assoluta è tipica dei regimi dittatoriali, dove vogliono sapere tutto di tutti e ti controllano ogni minuto. E infine tenga conto che la rivista dell’Isis ha indicato come bersagli sinagoghe, supermercati e logge massoniche. Siamo certi di poter tutelare l’incolumità di tutti i massoni? E se invece a forza di dire la massoneria di qua, la massoneria di là armiamo la mano a qualche squilibrato?».
Celestino Tabasso