di Valentina Marelli
Proseguendo il nostro viaggio attraverso i siti romanici delle Marche non poteva assolutamente mancare una visita alla Pieve di San Ginesio
San Ginesio è un comune italiano di 3 746 abitanti della provincia di Macerata nelle Marche. Fa parte del circuito de I borghi più belli d'Italia ed è anche uno dei 184 comuni che possiede il marchio turistico-ambientale della Bandiera arancione. La città è dedicata a San Ginesio martire protettore degli attori degli artisti e patrono della Diocesi di San Miniato. Il corpo del martire riposa all'interno della Collegiata, uno dei monumenti più interessanti di tutto il territorio maceratese.
La facciata della Collegiata La Pieve di San Ginesio si presenta con un solo magnifico portale in travertino corrispondente alla navata centrale; essa è suddivisa in due parti di cui quella inferiore, di stile romanico, è la più antica. A pochi centimetri dal riquadro esterno del portale inizia la parte superiore di stile gotico realizzata oltre 300 anni dopo la costruzione della chiesa. Anche qui assistiamo al passaggio del tempo in cui, per motivazioni estetiche e di ristrutturazione legate a motivi strutturali sono largamente evidenti segni di rimaneggiamenti e ricostruzioni che segnano il passare dei secoli. Ma è opinioni di storici, e cultori dell’arte in generale legati al territorio, che tali rimaneggiamenti siano stati attuati allo scopo di nascondere evidenti collegamenti presenti tra questo edificio e i più noti Cavalieri Templari, che proprio in questa provincia, da documenti storici ritrovati, avevano ingenti possedimenti. È interessante sottolineare come, a differenza di quello che avvenne in altre regioni, qui nei processi che ebbero come protagonisti gli sfortunati Cavalieri si astennero dall’usare la tortura come metodologia di indagine al fine di estorcere delle confessioni, e quasi tutti i Templari furono assolti. Non impedì invece che i loro beni passassero agli Ospitalieri ed ai Cavalieri di Malta, non impedì il tentativo di eliminare, quanto fu più possibile, le loro tracce. La nostra fortuna è legata all’interesse ed alla passione di molti ricercatori Ginesini che si sono spesi in prima persona proprio per cercare di riscoprire un percorso di senso ancora attivo, che ricolleghi questo edificio con le gesta dei Cavalieri, molti come il Prof. Giovanni Cardarelli, scomparso nel 2015, hanno cercato , hanno con un attento esame di ricostruzione storica, tentato di dimostrare che la Collegiata, nel suo assetto originario, fu opera dell’Ordine legato a Bernanrdo da Chiaravalle, e come attenti ricercatori, dopo aver spulciato le fonti storiche alla ricerca delle prove, si sono attivati in prima persona andando a cercare le risposte li dove solo i veri cercatori osano: nella pietra.
In tale percorso è di notevole interesse il testo del Cardarelli “ Il Mistero dei Templari a San Ginesio” di cui ci siamo serviti.
Il primo elemento in cui ci si imbatte è appunto una mano che regge un globo (espressione plastica della potenza divina), che è presente sul portale in alto sulla sinistra:
L’interno della Collegiata appare come “una galleria – scrive Febo Allevi – dove sei invitato a osservare i segni che dopo il Mille ogni secolo ha voluto imprimervi senza evidenti contrasti”. Questi segni iniziano a pochi centimetri dall’ingresso principale, nella controfacciata sinistra, con un’edicola affrescata da Stefano Folchetti, un pittore ginesino vissuto tra la seconda metà del Quattrocento e la prima del secolo successivo, il quale vi ha dipinto una Madonna in trono tra due santi e col bambino. L’affresco, di cui riportiamo un immagine, suscitò un forte interesse nell’allora Storico ed Archivista del Clan Sinclair Ian Sinclair, che fu portato a visitarla da alcuni soci fondatori del Clan Italia. Come si evince chiaramente dall’immagine quello che salta di più agli occhi è l’enorme Coppa che la Donna reca nelle sue mani, possibile riferimento al Graal, o altrettanto possibile riferimento all’ampolla di Maria Maddalena. Ciò che è evidente è la mancanza di proporzione del dipinto, la Coppa infatti è sovradimensionata rispetto agli elementi che compongono l’affresco, quasi come se il pittore volesse darle un posto di rilievo all’interno della composizione.
Nelle memorie degli storici locali si legge che: “ Intorno al secolo decimoprimo (1098) esisteva già una grande chiesa edificata dove il colle su cui si distende l’ampia piazza, attualmente intitolata ad Alberico Gentili, comincia a digradare verso il rione Trenzano. Il maestoso edificio, che, come tutte le chiese del periodo paleocristiano e dell’età di mezzo, fu eretto con la facciata rivolta a ponente e l’abside a levante, risulta adagiato per intero su un declino dal terreno scarsamente compatto che non di rado ha causato fenomeni di instabilità alle strutture murarie, nonostante la loro perfetta progettazione. I materiali con cui esso venne edificato furono reperiti in loco e si ridussero sostanzialmente a due: pietra calcarea proveniente dai vicini monti del preappennino e pietra arenaria, impiegata soprattutto nei muri esterni, abbondantissima anche nelle immediate adiacenze del paese”. Gli studi del Prof. Cardarelli si sono incentrati sui capitelli che adornano le colonne della collegiata, capitelli che a suo avviso sono sopravissuti alla scalfitura dell’Inquisizione e che mostrano simboli evidenti di matrice Templare, come il
Fiore della Vita o Esapetalo che resta uno dei simboli più diffusi nelle chiese templari, e che è un vero e proprio marchio o contrassegno intenzionale per comunicare una precisa presenza.
La Palma simbolo presente nel Vangelo di Giovanni, albero tipicamente orientale simboleggia il pellegrinaggio in Terrasanta, ma è altresì il simbolo della rigenerazione, della vittoria della Vita sulla Morte, simbolo quindi attribuito alla Resurrezione del Cristo.
Il Serpente simbolo della vita e delle forze presenti in ciascuno di noi, è strumento di salute, ma elemento maggiormente importante, come non manca mai di sottolineare Massimo Agostini Vice Presidente del Clan Italia, simbolo legato a Maria Maddalena perché rappresentazione della tribù di Dan.
La chiesa riserva un’ultima emozione: la cripta, denominata Oratorio di San Biagio, presenta affreschi di notevolissimo interesse. Alcune pitture, datate e firmate, si devono al pennello di Lorenzo Salimbeni, e hanno assunto di recente non poca rilevanza per definire meglio la personalità pittorica del severinate che, come è noto, lavorò spesso in collaborazione col fratello Jacopo.
Sul lunettone di fondo dell’Oratorio di San Biagio, è rappresentata la Vergine in trono tra Santo Stefano lapidato e San Ginesio in atto di suonare il violino.
L’immagine che vedete testimonia la visita di Ian Sinclair alla Collegiata accompagnato da Guido Vitali, Sven Bohen ed Estefania Monti e Fabio Zandri, tra gi altri, rimase particolarmente colpito dal ciclo di affreschi, non solamente per la pregevole fattura ma anche per aspetti legati alla simbologia nella quale intravedeva riferimenti di matrice alchemica.
Il lavoro di studio da fare su questi affreschi è ancora lungo e faticoso, ci auguriamo di riuscire un giorno a portarlo avanti e di poter pubblicare in questa rubrica un altro articolo che riguardi proprio San Ginesio.