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martedì 14 marzo 2017

Ma la massoneria è veicolo di cultura di Giancarlo Costabile | Corriere della Calabria



di Giancarlo Costabile*
Martedì, 14 Marzo 2017 09:03
Caro Direttore,
ero consapevole che accettare il gentile invito alla discussione pubblica organizzata dal Grande Oriente d’Italia, tenuta ad Aiello sabato scorso, avrebbe generato in amici e conoscenti più di una (legittima) curiosità. Non mi sottraggo affatto all’interrogativo posto con la consueta acribia ermeneutica da una giornalista di valore come Alessia Candito, alla quale va il mio personale ringraziamento per il coraggio sempre dimostrato nella denuncia del malaffare e della pervasività del potere mafioso.
Chi come il sottoscritto è portatore di una educazione militante, che si misura con la complessità del territorio meridionale, non può rifiutare per metodo il confronto con chi, come la Massoneria, è portatore di una cultura (bi)millenaria che non è riducibile all’esperienza, pur importante, di Palazzo Giustiniani. Non bisogna mai fuggire dinanzi al dialogo: meno che mai può farlo chi ha scelto di percorrere la strada tortuosa dell’insegnamento, della ricerca e dell’educazione. Quello di sabato era un esercizio pubblico e collettivo che meritava attenzione morale e rispetto culturale. Ho più volte detto, in aula e nei convegni, che si può non condividere un modo di vedere la vita e di sentire l’esistenza sulla propria pelle, ma il compito dell’educatore democratico, e cristiano, è abbracciare ogni discussione civile e trasparente. Partendo da quella più difficile. La democrazia esige tolleranza come ascolto del grido di dolore dell’altro: la semantica di chi è diverso da noi, merita un approccio laicamente sacro. Cristo, che è la mia unica appartenenza, è pratica dell’ascolto e abbraccio verso ogni segmento di vita umana. La cultura massonica e la sua complessa ritualità percorrono i binari della Pedagogia democratica, pur nella scelta dell’organizzazione elitaria, se assumono come valori chiave la mitezza e la fratellanza. Sotto questo aspetto hanno costituito lo strumento principale della modernizzazione occidentale, a partire dall’Illuminismo. Sono stati, cioè, il linguaggio della Rivoluzione industriale, pur tra contraddizioni ed errori storici. In Italia, ad esempio, ci sarebbe da discutere sulle molte, forse troppe, zone d’ombra del processo risorgimentale e di costituzione della nostra nazione, sulle quali la cultura accademica, tace rinchiusa in un silenzio inaccettabile.
Non nascondo, caro direttore, che mi piacerebbe confrontarmi con questa comunità anche su questo aspetto nodale della nostra storia e identità. Vengo alla definizione a me attribuita: “Massoneria come pedagogia del terzo millennio”. Ogni riflessione filosofico-educativa che oggi sceglie di combattere i muri dell’odio e i roghi dell’ipocrisia, e la cultura massonica (che va oltre le obbedienze italiane) è tra queste, così come il cristianesimo, si pone inesorabilmente come pedagogia del terzo millennio. E’ un dato di fatto che non si può scientificamente disconoscere. Questo non può e non deve essere il millennio delle guerre, dei migranti che muoiono nei nostri mari tra l’indifferenza della politica e l’ipocrisia della società civile. Resta un altro nodo sul campo, che avrebbe potuto consigliarmi prudenza nell’accettare l’invito: il rapporto Massoneria-mafia. Le mafie italiane sono state, e in parte ancora lo sono, il linguaggio del potere centrale attraverso il quale è stato gestito il sottosviluppo economico-civile del Mezzogiorno. Senza un preciso indirizzo della politica romana, le mafie non sarebbero potute diventare storicamente lo Stato parallelo con il quale oggi ci confrontiamo tutti. Giulio Andreotti non era uomo del Grande Oriente, o almeno le informazioni attuali non ci dicono questo. Si indaghi sulla Massoneria, certamente, ma la politica abbia anche la dignità di consentire alla magistratura di indagare su di essa, così come la società civile abbia la forza morale di denunciare costa sta diventando certa antimafia, lautamente pagata con il denaro pubblico.
L’antimafia, e non parlo di Libera e don Ciotti sia chiaro, si sta trasformando in industria editoriale. Siamo certi che con centinaia di migliaia di euro buttati per soddisfare i vaniloqui di qualcuno si possa realmente costruire una cultura della cittadinanza attiva? Io, in sei anni di militanza resistenziale, com’è noto, non ho toccato un euro di denaro pubblico perché la parola che libera non può essere quella pagata. Perché sono andato ad Aiello? Per studiare e capire. Per guardare in faccia tanti calabresi come me. Per difendere il diritto di tutti alla Parola. Ha ragione Alessia Candito: è una provocazione. Ma della coscienza. Di chi sa di non appartenere a quel mondo. Di chi sa di avere sul Risorgimento una idea profondamente diversa. Ma di chi sa anche che il compito degli intellettuali militanti è saper ascoltare per poi giudicare liberamente. Conosco il valore morale e culturale di tanti massoni cosentini. Abbiamo percorsi diversi, ma Cristo è morto sulla Croce per consentire a tutti di potersi interrogare sul significato dell’esistenza. È stata una provocazione: dell’amore per la conoscenza. Ed un bisogno intimo: la lotta contro ogni ipocrisia, di Stato e di appartenenza. Se vogliamo combattere le mafie, lasciamo stare i teatrini e partiamo da due cose minimali: una legge seria sul voto di scambio e la rinuncia al denaro pubblico quando si pratica la cultura dell’antimafia. I soldi dobbiamo darli agli imprenditori che denunciano. Ai giovani che vogliono costruirsi un mestiere. Non sarebbe, inoltre, un cattivo esercizio se prendessimo in considerazione l’enorme flusso di denaro utilizzato in questi anni per finanziare l’antimafia di professione. Qualcosa in Calabria è già uscito. Ma sono certo che molto potrebbe, e dovrebbe, ancora uscire. L’ipocrisia è il peccato peggiore. Non lo insegna il Goi, ma Gesù Cristo. Ed i farisei sono i criminali peggiori perché capaci di sparare alle ali degli angeli.
Ti abbraccio Direttore, con l’affetto sincero di sempre, così come ringrazio Alessia Candito per gli spunti offerti. Vi aspetto entrambi all’interno del mio corso universitario di Pedagogia della R-Esistenza.
*Docente Unical