La presidente della Camera Laura Bodrini ha inaugurato il 27 aprile a Montecitorio la mostra “Gramsci, i Quaderni e i libri del carcere” realizzata in collaborazione con la Fondazione Gramsci per celebrare l’ottantesimo anniversario della morte di Antonio Gramsci. Presente il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La mostra rimarrà aperta fino al 7 giugno.
Nel ritratto di Gramsci tracciato dalla presidente, il ricordo dell’unico discorso parlamentare tenuto dal leader politico il 16 maggio del 1924 durante la discussione della legge voluta da Mussolini per mettere fuori legge la Massoneria e qualsiasi manifestazione di libertà.
“Esattamente ottant’anni fa, all’alba del 27 aprile del 1937 – ha detto la presidente della Camera – moriva Antonio Gramsci. Era ricoverato nella clinica Quisisana di Roma, dopo aver trascorso gli ultimi anni in carcere. Il carcere aveva minato irrimediabilmente un fisico già colpito dalla malattia fin dai suoi primi anni di vita. La Camera dei deputati, che lo ebbe tra i suoi membri, tra il 1924 e il 1926, l’anno in cui venne arrestato, rende a lui omaggio con questo momento di riflessione e con una mostra che inauguriamo oggi, promossa dalla Fondazione Gramsci, che ringrazio anche per aver deciso di realizzarla qui, a Palazzo Montecitorio. Per la prima volta sarà possibile vedere, e sfogliare integralmente, grazie alla versione digitale, i 33 quaderni del carcere. E poi una selezione di 100 titoli dei libri e delle riviste che Gramsci leggeva durante la detenzione”. “Una mostra così importante ha un indubbio valore storico. E spero – ha proseguito Laura Boldrini – che tante persone vengano a visitarla. Ma ha anche un significato politico. Qual è questo significato? Come è noto, al momento del processo, che si celebrò nel 1928, e che si concluse con la condanna a vent’anni, il pubblico ministero terminò la sua requisitoria con parole, rivolte a Gramsci, che sarebbero restate famose: “Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”. Ecco, l’esposizione che inauguriamo oggi mostra concretamente che il regime fascista fallì nel suo obiettivo, perché quel cervello non smise affatto di funzionare. Si alimentò ancora di una vasta produzione letteraria e scientifica e produsse, con i Quaderni, una delle pietre miliari della cultura italiana ed europea. Tolsero a Gramsci la libertà. Gli tolsero ancora la salute e infine la vita. Privarono la sua parte politica di un dirigente colto e stimato. Ma non riuscirono a compromettere le sue facoltà intellettuali e la sua sete di conoscenza. L’intelligenza di Gramsci ebbe dunque la meglio sulla violenza del regime. Fu deputato, come ho detto, per poco tempo. *Intervenne una sola volta nell’Aula di Montecitorio, il 16 maggio del 1925, durante la discussione di un disegno di legge contro le società segrete e in particolare, così lo presentava il Governo Mussolini, contro la massoneria”.
“Invito, chi non l’abbia ancora fatto, a leggere il resoconto di quella seduta e dell’intervento di Gramsci. Un intervento nel quale denunciava il vero intento di quel disegno di legge che non era tanto volto a colpire la massoneria, quanto le organizzazioni dell’opposizione antifascista. Vale la pena leggere quel discorso, non soltanto perché vi si ritrova il tratto razionale, lucido e profondo del suo modo di argomentare, ma anche perché racconta di come il regime fascista aveva ridotto il confronto parlamentare. Gramsci – prosegue la presidente – fu interrotto dai deputati fascisti almeno 30 volte, di cui diciotto dallo stesso Mussolini. Quasi sempre frasi provocatorie e minacciose. Si trattava d’altronde di quel Benito Mussolini che pochi mesi prima, il 3 gennaio del 1925, nell’Aula della Camera, aveva dichiarato di assumersi “la responsabilità politica, morale, storica” del delitto Matteotti”. “Il delitto Matteotti provocò la protesta dei deputati aventiniani che, come ricorda la targa che è qui alle mie spalle, si riunirono in questa sala nell’estate del 1924. Ma Gramsci e i comunisti, ritenendo inefficace la scelta aventiniana, nel novembre di quello stesso anno decisero di riprendere posto tra i banchi del Parlamento e di proseguire da lì la loro opposizione al regime. Antonio Gramsci, socialista e poi tra i fondatori del Partito Comunista, di cui divenne segretario nel 1926, fu un marxista originale, mai dogmatico, mai prigioniero di schemi precostituiti. Come dimostra la lettura dei Quaderni, nonostante fosse recluso materialmente tra le quattro mura del carcere, la sua mente indagava libera sulla storia italiana, sul ruolo degli intellettuali, sulla questione meridionale, sulla natura del partito politico, sui grandi autori della letteratura, del teatro, del pensiero filosofico. Il carattere libero della sua ricerca ha influenzato la vita politica dell’Italia repubblicana ed ha contribuito alla diffusione della sua opera in tutto il mondo. Ancora oggi Gramsci è tra gli autori più studiati in molti Paesi. E’ anche per questo che il prestigio di Antonio Gramsci va ben oltre la parte politica che più si è riconosciuta nel suo pensiero e nella sua azione. Il 28 aprile del 1947, l’Assemblea Costituente commemorò Gramsci a dieci anni dalla morte e decise di collocare in sua memoria un busto che ancora oggi ne ricorda la figura. Intervennero rappresentanti di diversi gruppi politici, anche dei più distanti dalle sue idee. A nome della Democrazia Cristiana intervenne Giovanni Gronchi, che pochi anni dopo fu eletto Presidente della Repubblica. Disse Gronchi: “Per noi, ogni combattente per un ideale di libertà e di giustizia è degno di omaggio, al di sopra di ogni dissenso. Ma quando un combattente ha la statura morale e intellettuale di Gramsci. raggiunge un’altezza che può per noi rappresentare la incarnazione di quel principio di devozione alla propria fede, che è a fondamento del nostro pensiero e delle nostre idealità”. Ho citato questa frase del discorso di Gronchi per ribadire che oggi, a ottant’anni dalla sua morte, tutti gli italiani, pur nella diversità delle opinioni, possono riconoscersi nel ricordo di Antonio Gramsci. Un uomo che ha seguito fino all’estremo sacrifico un ideale di giustizia e di libertà e a cui l’Italia deve molto”, ha concluso Laura Boldrini. (ANSA)
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