–di Roberto Galullo
In un crescendo misurato, ieri in tarda serata il Gran Maestro del Goi Stefano Bisi ha scaldato la platea di circa duemila massoni del Grande oriente giunti alla Fiera di Rimini da ogni parte d'Italia, attaccando frontalmente la Commissione parlamentare antimafia. Alla fine è stato interrotto da una ventina di applausi, il più caloroso dei quali quando ha toccato il tema degli elenchi sequestrati.
Nella sua allocuzione – così si chiama il discorso solenne svolto nella Gran Loggia 2017 – Bisi ha nominato solo una volta la presidente Rosy Bindi che il 1° marzo ha mandato la Guardia di finanza a sequestrare a quattro obbedienze – con in testa il Goi che conta circa 23mila affiliati – gli elenchi dei massoni calabresi e siciliani dal 1990 ai giorni nostri. Sequestri svolti nell'ambito dell'inchiesta che la Commissione bicamerale antimafia sta conducendo sui rapporti tra mafia e massoneria.
Massoneria, Gran Maestro Bisi: sequestro elenchi contro la legge
Il leit motive dato alla Gran Loggia 2017 – “La memoria del passato, le radici nel futuro”, in coincidenza con i 300 anni di vita della muratoria universale – è stato rispettato da Bisi fino a che non è partito l'attacco frontale. «Nessun regime e nessun sistema politico è riuscito a sottomettere, piegare, abbattere la libera muratoria – ha scandito Bisi – . Noi osserviamo, riflettiamo e non abbiamo paura di chi, dietro una veste apparentemente democratica, cambia la pelle d'agnello e tira fuori il vero volto e gli odiosi artigli della discriminazione per fare della propaganda e del populismo in un momento delicato per l'Italia e gli italiani. Il nostro mondo è lontano anni luce dall'oscurità e dalla malavita organizzata, al contrario di quello che certe anime candide pensano di far passare nell'opinione pubblica. Uomini e donne che pensano di fare dell'antimafia il loro emblema, il loro hashtag nella carriera politica e che forse dovrebbero interessarsi maggiormente dei veri problemi dei cittadini e non fare la caccia all'untore o alle streghe come accadeva nel Medioevo».
Dopo la durissima premessa, l'affondo ancor più deciso. «Cinquanta contro uno nella Patria del diritto – ha detto Bisi riferendosi alla doppia audizione sostenuta in Commissione parlamentare tra agosto 2016 e gennaio di quest'anno –. Si è mai vista un cosa del genere? E' pensabile che in una Repubblica piena di equilibrati contrappesi esista una Commissione con poteri così spropositati? Noi crediamo di no, che questo non sia giusto per qualsiasi cittadino o associazione. Non si può essere potere legislativo e potere giudiziario insieme. Non si può. Sono voluti andare avanti. Non è bastato quello che ho detto. Non è bastata la disponibilità mostrata. No, vogliono gli elenchi a tutti i costi, perché il loro obiettivo primario è uno solo: vedere chi è iscritto al Grande oriente d'Italia. Un'ossessione dura a morire. Viene da lontano. Ce l'aveva l'Inquisizione, ce l'hanno i regimi totalitari. Ce l'ha avuta un magistrato nel '92. È stato battuto dai suoi stessi colleghi. Ce l'ha questa Commissione antimafia».
Non resta ora che attendere la replica della Commissione parlamentare antimafia e della sua presidente anche alla luce di un'altra notizia che ha aspetti paradossali. Ieri Bisi ha mostrato trionfante alla platea un primo fascicolo tra quelli sequestrati nel '92 dal giudice di Palmi Agostino Cordova. La Procura di Roma, proprio ieri, ha cominciato infatti a restituirè gli 800 faldoni al Grande oriente d'Italia.
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