di Michele Allegri*
Totem
Che cos’è una religione? Che cosa distingue il sacro dal profano? Quali sono gli elementi che devono essere presenti in una religione per poterla definire tale? Queste domande, apparentemente elementari, hanno dato origine a molteplici e differenti teorie che mostrano quanto sia difficile definire l’ambito del religioso. Molti affermano che l’elemento essenziale di una religione debba essere la nozione di sovrannaturale, ma questa idea appare in realtà molto tardi nella storia di alcune religioni e non è mai apparsa in molte religioni primitive. Per concepire l’idea di sovra-naturale, infatti, si deve contemporaneamente essere consapevoli che esiste un ordine naturale delle cose, un insieme di leggi che regola l’universo, e questo lo si comprende attraverso la scienza. Altri affermano che la religione è caratterizzata dalla presenza di divinità o esseri spirituali (anime dei morti, spiriti, demoni, dei). Anche questa definizione, però, non si adatta a tutte le religioni perché esistono religioni senza dei né spiriti. È il caso del buddismo, definito appunto ‘religione senza dio’ (Oldenberg, 1984) la cui essenza è costituita dalle Quattro Nobili Verità e dal percorso per la salvezza che conduce l’uomo dal Samsara (la Ruota della vita, il ciclo di nascita, morte, reincarnazione in cui l’uomo è intrappolato nel dolore, nelle passioni e nell’ignoranza) al Nirvana (lo stato in cui si ottiene la liberazione dal dolore). Esistono, inoltre, riti e sacrifici che sono ritenuti efficaci e validi di per sé, senza la presenza e l’intermediazione di una divinità. Nella religione dedica, per esempio, il sacrificio esercita un’influenza diretta sui fenomeni celesti e ci sono persino sacrifici che generano divinità.
Secondo il sociologo Émile Durkheim, autore della monumentale opera Le forme elementari della vita religiosa, ciò che caratterizza la religione è quindi un sistema di credenze e pratiche relative a cose sacre, cose che devono essere mantenute rigorosamente separate dalle cose profane.
La commistione dei due ambiti, infatti, causa danni irreparabili, come avviene quando si viola un tabù e tutta la comunità è colpita da gravi disgrazie (incendi, morie di animali, catastrofi naturali e pestilenze).
La tragedia greca avvalora questa tesi con molti esempi, nell’Epido Re di Sofocle, per citarne uno, Atene è colpita dalla peste dopo l’incesto di Edipo con la madre Giocasta e il parricidio, sebbene commessi inconsapevolmente. Durkheim poté osservare una forma di religione molto elementare che confermava le sue tesi: il totemismo australiano. Ancora viva e praticata, questa tradizione religiosa ha mantenuto quasi intatti le sue caratteristiche originarie (a differenza del totemismo dei Nativi americani che si è evoluto e si è profondamente modificato a causa dell’invasione straniera) e permette di gettare uno sguardo su quelli che potevano essere i primi culti umani.
Quando fu per la prima volta riconosciuto e studiato come fenomeno antropologico a fine Settecento, il totemismo fu giudicato una bizzarra curiosità etnografica. Fu solo dopo la metà dell’Ottocento che si cominciò a capire che si trattava di una religione, connessa ad una specifica forma di organizzazione sociale: il clan. In lingua algonchina, infatti, il termine totem significa il tuo segno/la tua famiglia. I membri di un clan, sia presso i Nativi americani sia presso gli Aborigeni australiani, si considerano uniti da un legame di parentela che non si riduce alla consanguineità. Essi sono parenti perché portano lo stesso nome, sono indicati da una stessa parola, ed è il nome del totem, un oggetto sacro unico con cui tutto il clan ha un rapporto di parentela. Il totem è dunque essenzialmente un nome, un emblema di famiglia. Molti oggetti possono fungere da totem: tutti ricorderanno, nella filmografia del West, i famosi pali di legno intagliati dai Nativi americani. Questo è solo un esempio della realizzazione del totem tra le popolazioni più stanziali. Tra le popolazioni nomadi, invece, il totem è dipinto sugli scudi, sulle pelli, sugli abiti e può essere persino tatuato sui corpi e sulle maschere rituali usate nelle feste e nei riti ed è dipinto sui corpi dei defunti.
Il disegno del totem è poi impresso sugli oggetti sacri del culto: i churinga (pezzi di legno o pietre lisce ovali o allungate, legate insieme da capelli umani o peli di opossum), fatti roteare in aria per produrre un particolare suono durante le cerimonie religiose; e i nurtunja (aste verticali o lance o più lance riunite a ciuffi d’erba con lacci fatti da capelli e decorate da piume d’aquila o falco), usati soprattutto nel rito dell’iniziazione dei giovani. Le raffigurazioni del totem provengono in gran parte dal regno animale o vegetale, si riscontra anche qualche fenomeno atmosferico e alcuni corpi celesti. Il totem è un vero e proprio antenato mitico del clan, un essere molto spesso indifferenziato, a metà tra il mondo animale e il mondo umano, dotato di poteri straordinari e di coraggio sovrumano, in grado di abitare il mondo con la sua potenza anche dopo la morte, che in genere è concepita come una trasformazione dalla dimensione materiale a quella energetica. Solitamente, un nuovo nato acquista il totem della madre e, poiché la sposa deve sempre venire da un clan diverso da quello del marito (esogamia), accade che i membri di uno stesso clan siano sparsi su territori diversi. Per questo motivo, in Australia, esistono le fratrie, gruppi di clan uniti da vincoli di fratellanza con un totem.
Ma cerchiamo di capire meglio la natura del totem. Nella religione totemica è severamente proibito mangiare l’animale o la pianta totemica, perché questo sacrilegio conduce alla morte chi lo compie e getta tutto il clan in disgrazia. Ciò significa che in esso risiede un principio di straordinaria potenza. Inoltre, il fatto che ogni individuo porti il nome del totem, lo fa partecipare alla natura sacra del totem stesso. Ogni membro di un clan, quindi, ha una doppia natura: uomo e animale/pianta. In alcune tribù australiane e in molte tribù dell’America del Nord, ogni individuo ha anche un totem personale, in genere un animale che si è rivelato al soggetto dopo un lungo periodo di ritiro solitario, digiuno e fatiche corporali. Tra l’uomo e il suo animale totemico esistono rapporti strettissimi: l’animale protegge e consiglia il soggetto, l’uomo acquista le abilità dell’animale e, in casi di estremo pericolo, l’uomo può persino trasformarsi nell’animale, che ne è considerato l’alter ego. Questo animale totemico personale è chiamato manitù presso gli Algonchini e nagul in Messico. Il principio comune che rende sacro il totem e tutto ciò che ne porta l’emblema e il nome sembra essere una forza anonima, impersonale e immanente. Presso le società che hanno raggiunto uno stadio più evoluto del totemismo o che hanno superato lo stadio totemico, questa forza assume l’aspetto di una divinità ma, in genere, resta sempre un principio superiore agli dei. È il caso del Wakan dei Sioux, dell’Orenda degli Irochesi, dell’energia Vril tibetana, del Mala della Melanesia o anche del Destino dei Greci antichi (Tuke), una forza cui gli stessi dei sono sottomessi. Questa forza impersonale, questa sorta di energia, è l’origine della vita e la nozione di base di ogni sentimento religioso. Sebbene il totemismo sia un culto antichissimo e, ai giorni nostri, limitato a poche popolazioni primitive, possiamo scorgerne delle sopravvivenze anche nelle nostre culture popolari europee e nelle religioni più evolute, compresi i monoteismi. Vediamo qualche esempio. Come abbiamo detto, il totem è un nome, un emblema che caratterizza un clan. Questa è esattamente la funzione dei simboli araldici o delle bandiere nazionali.
L’organizzazione in clan, poi, è a tutt’oggi tipica della Scozia e dell’Irlanda. Il termine clan, infatti, è di origine gaelica (clann), significa letteralmente figli oppure famiglia e identifica un gruppo di persone unite da gradi di parentela, di individui che discendono da un unico antenato. Famosi sono i clan delle Highlands, tribù della Scozia costituite da piccoli gruppi famigliare con un cognome comune.
I clan delle Isole Highlands probabilmente erano celtici in origine sebbene anche un sassone o un normanno potesse crearsi un clan riunendo i membri di una tribù celtica disgregata o senza un capo. I clan scozzesi, infatti, erano anche un’organizzazione di tipo militare, sottoposta alla guida di un capo. Ogni clan un un tartan (il particolare e personale disegno scozzese impresso sulla lana del kilt, diverso per ogni famiglia), registrato e ufficiale, solitamente in due o tre versioni: il tartan per il kilt da giorno e quello da campagna, per esempio. Altre interessanti sopravvivenze totemiche si possono riscontrare tra le famiglie nobili della Liguadoca, che possiedono antichi emblemi araldici che raffigurano l’antenato mitico a metà tra uomo e animale. Tra gli animali mitologici, oltre a draghi, grifoni, fenici e unicorni, si osservano anche creature a metà tra uomo e animale, come le sirene e i centauri, tra le quali spicca la Melusina, la bellissima fata dotata di una coda di pesce o di serpente, moglie di Raimondo da Lusingano, che la incontrò presso una fonte in un bosco e se ne innamorò. Un’altra figura che sembra derivare dal pensiero totemico è il lupo mannaro o licantropo (dal greco likos=lupo, anthropos=uomo). Secondo antiche tradizioni orali, si tratta di un uomo condannato da una maledizione a trasformarsi in una bestia feroce ad ogni plenilunio: la forma di cui si racconta più spesso è quella del lupo, ma in determinate culture prevalgono l’orso o il gatto selvatico. Nella narrativa e nella cinematografia horror sono stati aggiunti altri elementi che invece mancavano nella tradizione popolare, quali il fatto che lo si può uccidere solo con un’arma d’argento, oppure che il licantropo trasmetta la propria condizione ad un altro essere umano dopo averlo morso. Altre volte invece per ‘licantropo’ non si intende il lupo mannaro: quest’ultimo infatti, si trasformerebbe contro la propria volontà, mentre il licantropo si potrebbe trasformare ogni volta che lo desidera e senza perdere la ragione (la componente umana). Altra figura inquietante, a metà tra il mondo dei vivi e quello dei morti, tra quello umano e quello animale è il vampiro, generalmente raffigurato come un non morto con ali di pipistrello, animale in cui è in grado di trasformarsi per raggiungere le sue vittime inosservato. Nel 1500 Ambroise Parè, padre della chirurgia moderna, scrisse: «Ci sono dei mostri che nascono per metà umani e per metà bestie che sono il prodotto dell’accoppiamento di atei e di sodomiti con degli animali bruti». Il giudizio del medico cattolico del re francese Enrico II denota tutto l’orrore che queste creature hanno sempre suscitato. Nel passato le cose non erano molto diverse. Se andiamo all’antica tradizione micenea, troviamo il celebre Minotauro, mostro dal corpo umano con testa e collo di toro, figlio di Pasifae, già moglie di Minosse, il re miceneo che fece rinchiudere il mostro nel famoso labirinto di Cnosso a Creta. Se il Minotauro era un reietto per i Cretesi, gli Ateniesi non lo odiavano meno. Atene era infatti a quel tempo sottomessa a Creta ed era obbligata ad inviare ogni anno sette ragazzi e sette ragazze che andavano in pasto al Minotauro. Fu poi Teseo a liberare Atene da questa schiavitù uccidendo il Minotauro grazie all’aiuto di Arianna, la giovane e coraggiosa figlia di Minosse e Parafe. Nell’antica cultura greca si trovano altri esempi di sopravvivenze totemiche, come le figure dei celebri fauni (mezzi uomini e mezzi capri) e dei silenzi (umani spesso raffigurati con tratti animaleschi) o il dio Pan, metà uomo e metà caprone, legato indissolubilmente all’Arcadia. Non si possono non citare, infine, il dio indù Ganesha con la testa d’elefante, Quetzalcoatl, il dio-re azteco raffigurato come serpente piumato, il dio egiziano Toth con la testa di falco e Kermunnos, il dio celtico dei boschi e degli animali con le corna da cervo, che è sempre raffigurato in posizione seduta con le gambe incrociate, come il Buddha.
Da ultimo, abbiamo Gesù, che è detto agnello di Dio, animale cui lo accomunano la mitezza e anche la destinazione sacrificale. Come per le divinità più antiche, anche nel caso del Salvatore l’animale può sostituire completamente l’immagina umana del dio nelle raffigurazioni. Totò è spesso ritratto come un falco, Quetzalcoatl come un serpente piumato e Gesù è spesso sostituito dall’agnello. La straordinaria diffusione e l’abbondanza di queste testimonianze nel mondo e tra culture diverse, sembrano dimostrare che il totemismo fu il culto-base da cui poi si svilupparono forme di religiosità più sofisticate e articolate. Nella cultura popolare le tracce di questo antichissimo culto sono ancora vive nelle figure mitologiche di cui si raccontano le leggende con affetto e simpatia, dallo Yeti dell’Himalaya al nostrano Gigiat della Val Masino (Valtellina), un essere seminano con sembianze di camoscio che si mostra a volte terribile e orripilante, a volte dispettoso e comico.
Quetzalcoatl
* Tratto dalla rivista «Enigmi». Su gentile segnalazione e concessione dell'autore
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