La splendida statua di Venere
«Per pesare il cuore con entrambe le mani ci vuole coraggio, e occhi bendati, su un cielo girato di spalle». Un verso di una canzone che emoziona perché parla il linguaggio dell’anima. E ci sono tante cose che hanno le loro parole, una sintassi dell’estasi e della commozione. Come il giardino inglese della Reggia di Caserta. Il suo linguaggio massonico è noto – voluto dalla regina Maria Carolina, la giovane moglie di Ferdinando IV, commissionato dal botanico tedesco John Andreas Graefer e dall’onnipresente architetto Carlo Vanvitelli in un clima culturale dominato dalla figura di Raimondo Di Sangro, Principe di Sansevero. E non volle il solito giardino all’italiana, tutto righe e angoli piatti e perfetta disposizione. Volle caos, disordine, apparente casualità, piante che prosperano libere. La natura è utilizzata come fine dell’essenza estetica. Un luogo dalla duplice lettura, perché la natura espone un significato ‘iniziatico’ che incanterà poeti, filosofi, scrittori. Solo chi sa ne conosce la natura, solo chi sa può interpretarne i simboli.
Tiziano Busca
Scrive Marcello Fagiolo: «Maria Carolina, adepta della massoneria napoletana, volle nascondere nel giardino una sorta di itinerario iniziatico che, attraverso una serie di tappe segnate da fabriques dalla chiara valenza simbolica – come la piramide, il sepolcreto neogotico e il tempietto a tholos che campeggia al centro del labirinto – si concludeva, come in una sorta di catarsi lustrale, nello spazio incantato del laghetto dedicato a Venere. Nel luogo più appartato del giardino, sui resti di una cava tufacea e ai bordi di un piccolo stagno, il Vanvitelli dà vita a un ambiente di grande suggestione dove gli scogli, costituiti da grandi massi tufacei, la copiosa vegetazione e la statua di Venere formano uno spettacolare insieme che riechieggia le magiche atmosfere dell’antro della Sibilla Cumana. Sullo sfondo Vanvitelli colloca il criptoportico romano in rovina con statue e pezzi archeologici tratti direttamente dagli scavi di Ercolano e Pompei, dove vegetazione e architettura si fondono in una cornice fantastica e simbolica che evoca ancora il mito della Sibilla e rimanda a una mitica Età dell’Oro. Ancora ispirato a mitiche età è il tempietto realizzato sull’isola circondata dalle acque del lago dei Cigni. Il tempietto, caratterizzato dalla copertura in paglia della cella, sormontata da una cupola ellittica, rimanda alla teoria vitruviana della derivazione degli ordini classici dalla natura da cui discendeva il complesso simbolismo dell’architettura gotica» (Marcello Fagiolo, Architettura e Massoneria, Gangemi Editore, Roma 2006, pag. 227-228).
Ancora un particolare
L’eredità di questa cultura è del tardo Seicento. Uno ‘spirito’ che arriva alla Loggia «Perfetta Unione» da esperienze importanti come quelle della Rosacroce d’Oro, di personaggi come il Cavalier Borri, Federico Gualdi e che il Venerabile Henri Tschudi scolpirà nei suoi rituali massonici, praticati a Napoli, quelli che poi saranno ripresi e riorganizzati nella seconda metà del Settecento da Don Pernety. Primi balbettii questi, vale la pena ricordarlo, addirittura precedenti la fondazione della Gran Loggia Unita d’Inghilterra. Un filone sapienziale che si rifà a Bernardo Travisano, Basilio Valentino, il Filalete, il Cosmopolita. «È il destino il tema dominante del giardino inglese della Reggia di Caserta, come dell’humus culturale e iniziatico di cui è informato», dice il Sommo Sacerdote del Rito di York Tiziano Busca. «Perché camminare tra le piante, avventurarsi oggi in questi sentieri vuol dire questo: indovinare la partita dell’uomo. Farlo oggi in cui tutto è rovina. Un giardino lasciato alla curiosità dei turisti. E una Massoneria che qualche volta perde il suo autentico significato».
Un libro da avere