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lunedì 30 gennaio 2017

Tutto esaurito al Teatro Vascello per il convegno sulla migrazione dei simboli


La necessità di difendere i simboli, è il messaggio che esce dal convegno. Gli integralisti li distruggono perché il simbolo rappresenta un’idea e l’idea fa pensare.

Roma 238.01.2017
Posti esauriti al Teatro Vascello la mattina del 28 gennaio per un convegno che sembrava annunciarsi solo per specialisti e che poi si è rivelato invece di grande interesse per tutti e, parlando di simboli, fortemente collegato all’attualità. L’occasione dell’incontro, promosso dal Servizio Biblioteca del Grande Oriente d’Italia e del suo responsabile, il Gran Bibliotecario Bernardino Fioravanti, è stata la presentazione dell’ultima fatica di Mino Gabriele, il libro “Il primo giorno del mondo” edito da Adelphi, che approfondisce il tema della “migrazione dei simboli” affrontato alla fine dell’Ottocento da Eugène Goblet d’Alviella, storico delle religioni e massone, che pubblicò nel 1891 un saggio intitolato proprio La migration des symboles. I simboli che ‘migrano’ nel tempo e nello spazio, attraversando anche culture diverse, è il tema che è stato esaminato, insieme all’autore, da Claudio Strinati e dallo storico belga Marc D’Hoore, Conservatore della Bibliothéque Royale de Belgique. Il Gran Maestro Stefano Bisi ha portato in apertura il saluto del Grande Oriente d’Italia.
È stato D’Hoore ad introdurre il discorso attraverso la figura di Gobliet d’Alviella che ha definito un antesignano dello studio della storia delle religioni in Europa e primo scienziato in Belgio dove istituì la cattedra che lui stesso ricoprì fino alla prima guerra mondiale. Il blasonato Gobliet (era conte) era un eclettico e s’interessava anche di antropologia, archeologia, storia, geografia, linguistica ed era un instancabile viaggiatore, nonché politico governativo, fu anche ministro, fortemente impegnato nell’ala dei liberali. Tutti questi suoi interessi-impegni si combinavano con la sua appartenenza alla Massoneria in cui raggiunse la carica di Gran Maestro del Grande Oriente del Belgio e di Sovrano Gran Commendatore del Rito Scozzese Antico e Accettato del suo paese. Forse nasce dall’adesione ai principi massonici la sua necessità di trovare un piano comune al suo studio delle religioni richiamando la universalità dei simboli dopo averne passati in rassegna tantissimi (come la croce in tutte le sue forme), patrimonio di culture diverse in tempi e in luoghi geografici anche lontanissimi. Gobliet dimostrò che, migrando, il simbolo può cambiare forma o significato tanto da non potersi individuare talvolta chi sia il ‘prestatore’ e chi il ‘mutuante’. Ecco perché, ha spiegato Marc D’Hoore, Gobliet sosteneva il sincretismo religioso: “un tale sincretismo – ha aggiunto lo storico belga – avrebbe permesso al mondo, secondo Gobliet, per la prima volta nella storia, di godere di una pace religiosa fondata, non sull’unità delle forme e delle formule, ma sull’ammissione di quanto, sulla varietà dei simboli, tutte le religioni racchiudono di vero e di fecondo”.
Rilievo con Phanes, II sec. ca. Modena, Museo Civico Archeologico, inv. 2676.
Rilievo con Phanes, II sec. ca. Modena, Museo Civico Archeologico, inv. 2676.
I profani in materia potrebbero usare il termine ‘trasversalità’ per definire la capacità di uno stesso simbolo di depositarsi in contesti diversi tra loro, e di mantenere, oppure no, il significato delle origini. Claudio Strinati, storico dell’arte, ha spiegato questo concetto con limpida chiarezza catturando l’attenzione del pubblico per oltre un’ora. Ha descritto il libro di Mino Gabriele con attenzione e la sua capacità divulgativa ha reso intellegibili le immagini a corredo che sono il corpo fondante del saggio con il loro apparato concettuale piuttosto complesso, soprattutto quando ci si addentra nell’ambito dell’alchimia. Strinati ha percorso le storie in cui si dipana il saggio, quasi come un romanzo, per spiegare il cammino, la migrazione dei simboli in epoche e luoghi diversi, lungo la traccia seguita da Gabriele. Il viaggio parte da un bassorilievo del II secolo che rappresenta il primo giorno del mondo (non a caso il titolo del libro), con il dio orfico Phanes al centro contornato dallo zodiaco e di inequivocabili simboli che ispirarono la cultura alchemica più tardi. Infatti al bassorilievo si ispirarono, senza mai menzionarlo, diversi artisti cinquecenteschi: nel libro si parla, in particolare, della raffigurazione di un drago immortale le cui radici risalgono fino a un antico dramma indiano; di un raro amuleto giudaico-cristiano del XVI secolo, subito condannato dalla Chiesa; di una singolare incongruenza astrale, coniugata con la teoria dei quattro elementi, del ciclo decorativo del celebre Studiolo di Francesco I de’ Medici. Strinati ha descritto le immagini nei particolari definendo le relazioni nei vari contesti.
A Gabriele il compito di spiegare il senso del suo nuovo saggio, cosa che ha fatto anche lui con estrema chiarezza in virtù della sua lunga esperienza di studi e insegnamenti. Ricordiamo che Mino Gabriele insegna iconografia, iconologia e scienza e filologia delle immagini all’Università di Udine. Lo studioso ha spiegato al folto pubblico in Teatro di aver proposto con il suo libro un cammino di nuova comprensione della realtà che viviamo – senza diluire i pensieri e le idee che hanno dato forma alle immagini che la testimoniano – specificando che occorre tenere sempre ben chiaro che ogni simbolo, di ogni luogo e di ogni epoca, è sempre la rappresentazione di una idea o  di un pensiero. La storia lo testimonia. L’interessante è individuare il viaggio che il simbolo percorre, la migrazione. Gabriele ha spiegato che il suo studio intende arricchire la trama e i concetti dei simboli in spazi sempre più ampi, fino ad arrivare ad oggi quando assistiamo a forze violente e integraliste che vogliono cancellare i simboli, quelli che esprimono la storia e l’identità di culture diverse. Perché, ha ribadito Gabriele, il simbolo è la rappresentazione di una idea e l’idea fa pensare.
Il Gran Maestro Stefano Bisi, presente al convegno, anche se poi ha dovuto lasciare i lavori per concomitanti impegni istituzionali, aveva anticipato in apertura i concetti espressi da Mino Gabriele evidenziando proprio come l’apparato culturale della Massoneria sia definito da simboli. Simboli che hanno una tradizione e una storia importanti e che spesso vengono sbeffeggiati, attaccati anche in maniera volgare e violenta e solo per ignoranza o pregiudizio generico. Fino ad essere inseriti in contesti negativi a loro estranei. Ecco perché, ha ribadito il Gran Maestro, non bisogna cedere alle provocazioni e agli attacchi, sebbene brutali. “Non è la prima volta che la Massoneria viene messa a dura prova e non dobbiamo avere paura”, ha detto ai numerosissimi Fratelli in sala. “E vi invito a prendere in prestito – ha aggiunto – il bellissimo slogan dei ragazzi terremotati di Arquata del Tronto: ‘Il coraggio non trema’ hanno scritto nelle magliette. Ecco, mi piacerebbe che anche noi adottassimo quel motto e non solo per noi ma per essere a loro sempre più vicini, insieme alle migliaia di nostri connazionali che stanno soffrendo il dramma del terremoto nel centro Italia”.